domenica 23 dicembre 2007

Feudalesimo infinito...

Secondo un esimio professore di una Università meridionale, il feudalesimo nel Sud Italia non è mai finito. E forse ha ragione...
Conversazioni reali ascoltate in treno, lungo lo stivale.
Il primo. Un carrozziere del napoletano, tra pochi anni in pensione. Si è trasferito da alcuni anni nelle Marche dopo aver lavorato per venti anni autonomamente. Ora è vedovo e perennemente ad elemosinare l'affetto dei figli, tutti sposati. Mostra la sua busta paga, parla compiaciuto che la situazione contributiva è in regola e che sul luogo di lavoro è apprezzato e stimato perché serio e lavoratore. Sta faticando duro per arrivare alla pensione. Ma a Napoli non aveva prospettive...
La seconda. Una copywrighter per conto delle aziende. "Sono anni che schiatto in corpo. Quando si lavora in una piccola azienda del Sud, i capi ti fanno pesare mille volte la tua inferiorità". E' stata cinque anni a nero, adesso c'è una causa in corso per cui lei spiffererà tutto ai tribunali, il capo finirà nei guai. "Alla fine sono sempre tornata per bisogno", ammette. Il capo le ha fatto sfornare migliaia di pezzi, "badano alla quantità e non alla qualità, tanto non li legge nessuno". Ed i suoi colleghi tutti a fare lunghe pause caffè, perché abituati a scopiazzare qua e là. E centinaia di ragazzine con la terza media pescate dal rione Sanità, tenute lì per dieci anni a 178 euro al mese.
La speranza: sposare il suo fidanzato settentrionale e traferirsi per sempre su...
La terza. Una neoimpiegata di banca. "Al Sud c'è proprio questa mentalità per cui il capo è il capo, devi sempre abbassarti e se alzi la testa lui ti dice: "Vattene pure, tanto per te che te ne vai ne trovo altre cento che bussano alla porta".
"Mi feci il concorso in banca (una grande città del Nord, Ndr), non dissi niente a nessuno. Mi presi le ferie e sostenni il concorso. Lo vinsi. Quando tornai giù dissi al capo: "Allora mi regolarizzi o no?". Erano anni che mi faceva contratti a tempo determinato... "Eh, ma te lo devo dire adesso?". "Sì, adesso". "Ma dai che ci sta tempo, fai passare questo mese e poi vediamo...". "Non vediamo proprio niente, perché io me ne vado, do le dimissioni"". Il capo rimase basito ed ha rimpiazzato la dinamica impiegata con l'incapace figlia (a cui l'impiegata ha trasferito le proprie conoscenze). La ditta familiare si occupa di importazione di continers. Ma pare che adesso più nessuno parli l'inglese lì. La signora continua: "Lavorare con una ditta familiare del Sud Italia è una cosa che non auguro nemmeno al mio peggior nemico. Sfruttano il bisogno della gente, e non capiscono che se la produttività dell'impiegato aumenta c'è a fronte un aumento del fatturato per tutta l'azienda. Il sistema funziona proprio così. Fino a quando non cambierà la mentalità sarà sempre così".
Buon Natale

sabato 10 novembre 2007

Donne italiane, le più discriminate

Il World Economic Forum di Davos, blasonato istituto di studi, ha stilato la classifica delle donne più e meno emancipate del mondo. L'elenco comprende 128 Paesi. In vetta le donne svedesi, norvegesi, finlandesi e islandesi (che per tradizione storica comandano sugli uomini). All'84° posto le donne italiane, che scivolano ulteriormente ad un 111° posto per quanto riguarda l'uguaglianza dei salari. Per un soffio superano l’africana del Malawi.
Le donne italiane sono le più discrimate sul lavoro. Keniane ed albanesi stanno meglio di lei...

sabato 27 ottobre 2007

Riceviamo e pubblichiamo

Del Boca a Napoli: "Non ci sono giornalismi, non esistono giornalisti di serie A o serie B. Esiste una categoria che va difesa, tutelate, seguita nella sua connotazione naturale che è quella culturale". Il presidente dell'Ordine Nazionale dei giornalisti Lorenzo Del Boca interviene a Napoli all'incontro organizzato e promosso dalla nuova lista "Giornalisti per la professione" candidata alle prossime elezioni del 28 e 29 ottobre per scegliere i delegati che prenderanno parte al congresso della FNSI. (fonte: giovanidelsud.it)

Egregio presidente Del Boca,
è pur vero che tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare, ma Lei evidentemente non è aggiornato sulla nostra professione in Campania.
Dire che non esistono giornalisti di seria A o di serie B non è soltanto una fandonia, ma è la chiara volontà di nascondere una prassi morale, un modus vivendi, che sta portando il nostro mestiere alla deriva. E badi bene: non ho parlato di demagogia, anche se pare proprio che si tratti di quello. Invece di riempirsi la bocca di parità e di tutele che in effetti non esistono e non sono mai esistite, perché non si occupa di quell'esercito sconfinato di giornalisti di serie C, D ed E che non hanno che mangiare, che non li vuole nessuno perché non hanno il santo in paradiso, che non hanno tessere di partito nelle tasche già bucate e che non possono contare sulla tutela di nessuno se non la propria e a proprie spese? Le si chiede troppo? Perché non va ad infilare il naso nel gotha dell'ordine regionale della Campania dove vivono sulle spalle dei contribuenti senza avere nemmeno la sensibilità di trattarti come una persona e non come un numero d'ordine? Perché il giornalismo italiano sta diventando tanto simile alla politica da quasi emularla? E' mai possibile che i rapporti con le sfere alte della categoria professionale vadano mantenuti solo ed unicamente in vista di elezioni di qualsiasi genere? Io ad esempio, come giornalista non catalogato in nessuna serie perché inesistente, ma buono solo ad andare a votare o a pagare l'obolo annuale ad ordine e sindacato, vengo preso in considerazione da qualche rappresentante di Via Cappella Vecchia solo ed unicamente quando si ha bisogno del mio consenso elettorale, o quando non risulto essermi svuotato il portafogli per far campare loro. Le sembra giusto? Anch'io, come migliaia di colleghi campani come me, ho dei bisogni e delle necessità urgenti ed impellenti, ma io non ho il santino da mostrare innanzi alle porte di S. Pietro, né posso dire "mi manda Picone". Io non ho mai avuto fortuna in questo lavoro che amo più d ogni altra cosa, e quel poco che sono riuscito fare è stato solo grazie a imprese ciclopiche e rischi personali. Mica sono uno delle decine di redattori nullafacenti che mammarai napoletana ha sistemato (do ut des) a stipendio fisso dentro le mura di viale Marconi, né sono una delle tante (a questo punto mi rammarico di non essere nato donna) che sculettando a destra e a sinistra si son fatte spazio nel mondo dell'informazione regionale ed extraregionale.
Io appartengo a quella categoria di giornalisti che se inviano un curriculum non ricevono neppure risposta, a quella sfera di dimenticati ed abbandonati che neppure se si propongono 'gratis et amore dei' riescono a carpire un si subordinato o meno che sia;uno di quelli che se va da un politico per una raccomandazione, sbaglia sempre politico e non ottiene nulla se non aria fritta ceduta gratuitamente. D'altra parte vengo da Benevento, la patria della politicizzazione della categoria, il fulcro del sistema politica-informazione, il pianeta delle scimmie, dove se non ti batti il petto e ussi alla luna rossa, o sotto ad un campanile, Le assicuro che non succede nulla. Allora, mi domando e dico: perché continuare a fantasticare ed idealizzare un mondo professionale che non esiste? Dov'è la giustizia, o la parità de diritti? Costa così tanto in termini pratici dire ad alta voce che chi è dentro è dentro e chi è fuori resta irrimediabilmente fuori?
Per non dirlo significa che il giornalismo vuole emulare la politica: illudere, sempre illudere, mai dare, solo ricevere. Questa è l'Italia della seconda repubblica, purtroppo.
Parola di uno che si è ustionato troppe volte e continua ad ustionarsi.

Rosario Lavorgna
Un giornalista di serie z

http://rosariolavorgna.splinder.com

sabato 13 ottobre 2007

Ad ognuno la sua faccia

Attaccati ai muri di un paese ho visto due manifesti giganti emblematicamente vicini.
A sinistra la faccia rassicurante di Rosy Bindi, capelli grigi corti, occhiali, espressione serena ed immagine di donna abituata ad occuparsi di grandi questioni. “Partito democratico per davvero” è lo slogan scelto ad accompagnare la foto della ministra.
A destra la valletta Elisabetta Canalis, che è stata ospite presso una discoteca dal nome evocativo: “Mediterraneo”. Sguardo e bocca ammiccanti, schiena in evidenza, lunghi capelli sciolti sulle spalle, il top della vanità femminile.
Ho provato mentalmente ad invertire le due immagini ed è stato subito chiaro che l’effetto sarebbe comico. Nessuna delle due donne avrebbe più credibilità nel ruolo che non è il proprio e che non le compete.
Ve la immaginate una Bindi una bomba del sesso a dimenarsi tra una manica di ragazzini esagitati, o una Canalis a discutere dei massimi sistemi della famiglia e dei valori italiani in consessi politici?
E chi ci crederebbe?
Forse è stata una mancanza di spazio, ma quelli che hanno sistemato i manifesti in questo modo forse non sanno che danno ai passanti degli spunti di riflessione. Ad ognuno il ruolo e la faccia che gli compete. Non bisogna essere un mago dell’immagine per capirlo.

sabato 6 ottobre 2007

I bamboccioni vadano via di casa

Non è piaciuta a nessuno la battuta di Padoa Schioppa riferita ai ventenni e trentenni italiani, definiti "bamboccioni", rei di rimanere ancora a casa di mamma e di papà. Per "risolvere" il problema il ministro dell'economia suggerisce il bonus fiscale di mille euro per l'affitto. Come se questo bastasse a risolvere i mali endemici della disoccupazione de della precarietà in questo nostro Paese.
Mentre ancora stanno lì a discutere se e quando ridursi gli stipendi, i nostri parlamentari non si accorgono che il Mezzogiorno è in ginocchio, che le strade del Nord Italia sono affollate di meridionali in cerca di lavoro e di una dignità di vita. Ma dove vivono? Che cosa fanno?
Ieri sera ho seguito l'intervista di donna Assunta Almirante alle "Invasioni barbariche". Affermava che una volta per un politico era un motivo di vanto e di buona capacità politica riuscire a dare una raccomandazione. Soprattutto per quei giovani che non avendo conoscenze, ma avendo tutte le capacità, non sarebbero riusciti a sistemarsi nella vita.
Ed oggi? I politici non la sanno neanche più fare una raccomandazione, non ci sanno neanche più andare tra la gente. Parlano solo di televisione e di programmi "sgradevoli" perché danno loro fastidio. Ed allora che ci vanno a fare?
E poi si lamentano dei "vaffa" e dell'antipolitica........................

lunedì 1 ottobre 2007

La fiction su Moscati, medico sannita

Forse non mi sono mai commossa tanto davanti alla tv come davanti allo sceneggiato Rai “Giuseppe Moscati” trasmesso nelle sere scorse ed interpretato da un bravissimo Beppe Fiorello (per me, una scoperta come attore).
Moscati, medico nato a Benevento, svolse la sua attività a Napoli all’Ospedale degli Incurabili.
La sua grande vocazione lo portava a recuperare i malati nei quartieri più poveri ed a rischio di Napoli, a sobbarcarsi intere nottate insonni al fianco dei pazienti, a curare gratis indigenti ai quali comprava a sue spese cibo e medicinali. Si ridusse per questo in povertà e condivise l’aiuto portato ai pazienti con la sorella. La sua fama si diffuse ben presto e la casa divenne un luogo dove quotidianamente stazionavano poveri ed ammalati in cerca di cure e di conforto.
Formidabili ed estremamente precise le sue diagnosi sui pazienti. Fu molto osteggiato dai professoroni dell’epoca, convinti, nella loro presunzione, di essere in possesso della verità infallibile, e in più di un caso smentiti dalle diagnosi di Moscati. Una storia che si ripete sempre nella vita dei migliori: essere ostacolati e fraintesi da uomini pieni di sé, obnubilati dall’amor proprio.
Ma Moscati nel suo testamento spirituale lascia un pensiero che potete rifilare ai colleghi di lavoro invidiosi o ai capi intransigenti solo con voi:
Lavorare sempre, incessantemente, sordi alle lodi e alle critiche.
Lo ha detto un Santo.

Suore litigiose, chiude il convento

Neanche in convento si sta tranquilli. Cronaca di fine settembre: nel convento di Santa Chiara di Biseglie, provincia di Bari, un gruppo di anziane suore di clausura litiga furiosamente. I litigi si protraggono nel tempo tanto da “impedire il normale svolgimento della vita monastica”.
Il convento viene chiuso. Credevamo che almeno in clausura regnasse la pace dello spirito.
La calda estate dell’anno in corso si è aperta con la notizia del delitto di Garlasco, ancora irrisolto, poi nei giorni scorsi vi è stato il caso della 26enne torinese uccisa da uno spasimante rifiutato, quindi abbiamo appreso che in una scuola siciliana un docente ha sfregiato un collega con una lametta nel corso di un litigio.
Insomma, è successo di tutto. Ma le suore di un convento… No, non lo avremmo mai detto. Naturalmente, come avviene spesso tra donne, le religiose non hanno fatto fronte comune tra loro (e non poteva essere altrimenti, vista la situazione) ed ora il convento diventerà oggetto delle mire di affaristi di tutti i tipi. A dispetto dell’unica suora rimasta nelle stanze vuote dell’immensa struttura, a difesa di questo luogo e della sua vocazione…

giovedì 13 settembre 2007

Al V-day un milione in piazza

Senza dubbio è stato un successone e Beppe Grillo può dirsi soddisfatto. Un milione i partecipanti al V-day, il raduno promosso dal comico genovese per dire no alla elezione al Parlamento di deputati condannati per reati di vario tipo. Una manifestazione pacifica per una politica più pulita. Riporto un commento che ho letto sul forum de "La Stampa": Non c'è dubbio che dobbiamo andare avanti, come non c'è dubbio che il V-day comincia a dare i primi risultati. La cosa più importante è non disperdersi, mantenere costante la pressione, non crogiolarsi per il buon risultato ottenuto. Chiaramente tutti noi vorremmo che le cose cambiassero velocemente, quindi sanare il marciume che regna all’interno della politica (casta). Io credo che dobbiamo obbligare i politici a dare una risposta alle nostre richieste. Se questo gruppo rimane insieme e avrà pazienza, alle prossime elezioni, nel programma politico, chiederemo ufficialmente che le nostre richieste siano accolte, diversamente dovranno tenere conto che qualche milione di italiani non li voterà. Siccome siamo in tanti, saranno costretti a cedere. Altro che demagogia. Forse criticano per invidia, boh! Non so c…i loro.

sabato 1 settembre 2007

La classifica del potere rosa nel mondo

Come tutti gli anni le società demoscopiche hanno effettuato la classifica delle donne più potenti del mondo.
Ecco le prime dieci:

1) Angela Merkel – Cancelliere tedesco (come l’anno scorso)
2) Wu Yi - Vicepremier della Repubblica popolare cinese
3) Ho Ching - Chief executive della Temasek Holdings di Singapore, (nonché moglie del primo ministro e ministro delle Finanze di Singapore Lee Hsieng Loong)
4) Condoleezza Rice - Segretario di Stato americano
5) Indra K. Nooy - Presidente della Pepsi Cola
6) Sonia Gandhi - Presidente dell'Indian National Congress Party e vicentina di nascita
7) Cynthia Carroll - Chief executive della Anglo American
8) Patricia Woertz - Presidente della Archer Daniels Midland
9) Irene Rosenfeld - Presidente della Kraft Foods
10) Patricia Russo - Chief executive della Alcatel

Per quanto riguarda le capitane d’industria italiane figurano Marina Berlusconi al 33° posto e Giuliana Benetton al 91°…
A quando una classifica italiana di sole italiane?

Privilegi e privilegi

Potere politico e potere religioso, si sa, vanno da sempre a braccetto. Non si è ancora spenta la eco relativa ai privilegi della Chiesa cattolica, che in Italia detiene 100mila immobili esenti dall’Ici (oltre donazioni e balzelli vari, un tempo detti “decime”), con un buco di un miliardo di euro per le casse di Stato e Comuni, che si accende la polemica sulle case “svendute” ai politici italiani.
L’inchiesta realizzata dall’”Espresso” –l’hanno chiamata, appunto, svendopoli– non è andata proprio giù ai vari Mastella, Veltroni, Casini, Cossiga eccetera eccetera, in tutto 19 nomi in elenco di politici che hanno acquistato a prezzo stracciato appartamenti ed attici nel centro di Roma. Si tratta di palazzi dell’Ina, Pirelli, Assitalia e Generali.
Il Ministro della Giustizia ha già querelato il settimanale, reo di avere svelato (“insinuazioni ignobili”) che la moglie del guardasigilli ha acquistato dalla società Intium 26 vani e terrazzo per sé e per i figli per un milione e 200mila euro. Mentre Marini, furibondo, smentisce di avere comperato da Scip ex Inpdai 14 vani per un milione di euro, e dice di stare meditando la querela. Invece l’ex presidente Cossiga ammette di avere acquistato con lo sconto, “ma non ingiustamente”. Anche Casini ha acquistato a prezzi di saldo case per la madre, l’ex moglie e le figlie.
Nel dopoguerra il popolo italiano fece una colletta per far acquistare ad Alcide De Gasperi una casa, che l’aveva data a tutti ma non l’aveva per sé.
Chissà: forse se oggi politici e prelati prevedessero leggi per autotassarsi, invece di tassare sempre il popolo sovrano, belle case si potrebbe costruirle anche per chi non ce l’ha.

martedì 28 agosto 2007

La trovata: sciopero del lotto

Dopo l’ennesima frase ad effetto (“tireremo fuori i fucili”) che tanto ha irritato politicanti vari e cittadini onesti, il leader leghista Umberto Bossi rilancia proponendo lo sciopero del lotto contro il “governo delle tasse”.
L’idea pare sia piaciuta anche a Berlusconi, che con i suoi considera questa una forma di protesta fiscale “leale e democratica”. Se ne dissociano invece leader come Alemanno, Tremonti, Rutelli e Fassino.
Il gioco del lotto piace molto agli italiani. Le casse dello Stato nel 2006 hanno realizzato con esso un introito di nove miliardi di euro, mentre nei primi 5 mesi di quest’anno più di quattro.
Inevitabile il parallelo con le cinque giornate di Milano, che scaturirono dallo sciopero dei milanesi di acquistare lotto e tabacco che erano monopoli imperiali. Correva il 1° gennaio 1848, il governo sulla Lombardia era austriaco. E l’Austria punì i cittadini sfoderando davvero le armi e la violenza. Tre mesi dopo la rivolta delle “cinque giornate”, episodio clou del Risorgimento italiano.
Altri tempi, altri uomini, altra mentalità. Un’impennata di vero orgoglio nazionale contro il barbaro invasor. E adesso? L’attesa per il Vaffanculo Day, promosso da un comico genovese.
Come sono cambiati i tempi!

Caro latte, caro libri…

Il “tesoretto” inventato da Prodi grazie alla lotta all’evasione fiscale ha registrato un’impennata di un miliardo di euro in più. Grazie ai vari giochi del lotto svariati miliardi di euro (vedi post su).
Non pago di questo, il governo ha pensato bene di tassare ora anche beni come il latte (in arrivo un +15%) ed i libri di scuola.
Mentre la protesta monta da parte dei consumatori e degli imprenditori, la gente si chiede a quando un sostanzioso contenimento dei costi della politica, tanto annunciato e visto dai politici come un “problema da risolvere”, e finora scarsamente attuato.
Ho letto delle dichiarazioni in merito da parte di due capitani dell’industria italiana, Illy e Biraghi. Il primo, produttore di caffè, rileva giustamente che l’impresa italiana non cresce perché è la più tassata d’Europa. Invece il magnate dell’industria casearia Braghi, anticipa che questa stangata sul prezzo di latte e derivati metterà in ginocchio tutto il settore.
E così mi è venuta in mente una frase che ho letto da qualche parte proprio pochi giorni or sono: “La terra ha risorse sufficienti per tutti quanti, ma limitate rispetto all’avidità di alcuni uomini”. Non aggiungo altro.

Lo chiamavano afghanistanesimo…

Era questa l’espressione usata dai giornali una volta per indicare l’esistenza di problemi molto lontani da noi e dal nostro punto di vista occidentale.
Adesso l’Afghanistan, lontano Paese dell’Asia Anteriore, è quotidianamente al centro delle cronache, nonché della letteratura internazionale, visto che i libri ispirati a questa realtà scalano i vertici delle classifiche.
E ci sono almeno due novità, a parte le solite intifade e guerre talebane, che portano il paese asiatico sulle pagine dei nostri giornali. La prima è che il mercato dell’oppio è talmente cresciuto da queste parti che da solo l’Afghanistan rifornisce da solo quasi tutto il mercato mondiale.
La seconda è che anche fra i taleban ci sono uomini gay, le cui foto di coppia sono ora in un libro di 128 pagine, che disvela una realtà ben presente ma da sempre nascosta, in un territorio dove i rapporti omo sono rigidamente vietati, ma dove la cultura omosex e pederasta fu ampiamente impiantata da Alessandro Magno, conquistatore di questi luoghi.

venerdì 3 agosto 2007

Dipendenza da tecnologia

Non c’è docente che entrando in classe e facendo lezione non trovi i propri alunni intenti a giocare col telefonino o mandare sms. Una vera full immersion nel gadget tecnologico.
Che si tratti di una vera e propria dipendenza da tecnologia –alla stregua di altre dipendenze come il gioco d’azzardo– lo ha stabilito una ricerca freschissima condotta da Daniele La Barbera dell’Università di Palermo su un campione di oltre 2.200 studenti delle scuole superiori, ricerca pubblicata sulla rivista Focus. Ne è affetto uno studente su cinque. Alla faccia di tutti i decreti ministeriali, che vietano l’uso del cellulare in classe e vorrebbero far fare da mastini ai docenti per impedirne l’uso sciagurato. Voi spiegate, e loro fanno i giochini. Oppure mandano decine di messaggini inutili. O guardano foto e video di tutti i tipi. Quando non ascoltano l’MP3… Tant’è che lo psichiatra Vittorino Andreoli parla di cellulari ed internet come di “protesi della mente”, di “protesi di sostituzione di regole di comportamento la cui introduzione avrebbe imposto una precisa rieducazione degli adolescenti”.
Le ricerche dicono che fra dieci-vent’anni, crescerà il numero dei ragazzi affetti da problemi psicologici. Infatti, a farci caso, l’incapacità di formulare un pensiero dotato di senso è direttamente proporzionale al numero delle ore passato al cellulare o al rapporto solitario e privo di cognizione con internet. E poi sognano di fare i tronisti e le vallette, preda come sono –alla loro età– delle illusioni virtuali. Ma non possiamo colpevolizzarli, stì ragazzi. La società dei consumi genera mostri, dicevano le teorie del conflitto. Ed io mi chiedevo come mai non nascano più pensatori da un bel pezzo. E adesso questa ricerca mi fornisce la risposta: l’eccesso di tecnologia ha usurato molti cervelli in giro. Come bene avevano visto le teorie contrarie al consumismo negli anni Cinquanta, si è creata una generazione di giovani schiavi. La società dei consumi ha fatto credere che la libertà è comunicare, ma ha privato questi giovani del bene più grande e più prezioso, sempre e comunque: la libertà.

Anna Maria Rimoldi, la signora dello “Strega, ci ha lasciato

Di lei i giornali hanno scritto che era una donna potente. E che, come tutti i potenti, amava schermirsi: «Io? Ma quando mai! Io non gestisco niente, l’unica fatica che faccio è per scoprire un po’ di libri buoni, per cercare di portare avanti nuovi scrittori». E’ morta ieri notte nel sonno la direttrice della Fondazione Maria e Goffredo Bellonci. Se ne è andata nel sonno, come aveva sempre desiderato, nella sua amata isola d’Elba. Aveva 82 anni.
La Fondazione Bellonci nasce per sua volontà nel 1986. Da allora la Rimordi ha organizzato ogni anno il Premio Strega, dando lustro alla nostra lingua ed alla nostra letteratura nel mondo.
Nata il 23 novembre 1924, si laurea in matematica con una tesi sulle statistiche legate alla meteorologia. Intanto coltiva il suo interesse per il teatro. Vince quindi un concorso all’Ufficio ecologia del ministero dell’Agricoltura, rimanendovi in qualità di funzionario fino alla pensione. Da allora comincia a collaborare con la Rai come autrice di radiodrammi e di sceneggiature, nonché con la Bellonci, insieme alla quale aveva sceneggiato la vita di Isabella d’Este e dalla quale andrà ad abitare dopo la morte della madre. Inizia così il suo rapporto con i coniugi Bellonci, con gli amici della Domenica e con il premio Strega, che in quella casa si organizzava dal 1947. Nel 1946, intanto, aveva contribuito alla nascita del Centro Universitario Teatrale e dirigerà attori come Giulietta Masina e Marcello Mastroianni. Nel 2004 fu insignita dal presidente Ciampi della medaglia d’oro alla cultura.
A chi la criticava per la bassa qualità del premio rispondeva: “Noi abbiamo i migliori libri della stagione. La qualità dei concorrenti è altissima, il fatto è che la media dei libri pubblicati dagli editori italiani è bassa”.
Dalle stanze di via Ruspoli 2 a Roma, cinque stanze e 22mila volumi, omaggiata dai grandi editori e riverita dai quattrocento amici della Domenica che si riuniscono per decretare le sorti del riconoscimento, per vent’anni ha gestito le sorti dell’editoria italiana con rigore e metodo. Tenendo tutto sotto controllo. Ma il tutto accompagnato sempre dal suo grande amore per la letteratura.
Ora si apre un eredità pesante, perché sarà difficile trovare la persona che possa sostituirla alla guida del maggior premio letterario del nostro Paese, quello che più influenza le vendite ed il prestigio delle case editrici.

lunedì 30 luglio 2007

Mele marce dappertutto…

Forse mai come nell’anno in corso la classe dirigente italiana si è resa tanto protagonista di una serie di défaillances -per usare un termine gentile- e si è così tanto autoscreditata agli occhi degli elettori. L’ultimo episodio, freschissimo, è quello del deputato Udc Cosimo Mele (che io non conoscevo neppure di nome), resosi protagonista di una bollente notte di droga e sesso in un lussuoso hotel romano, in compagnia di una (due?) allegra fanciulla che la mattina dopo si è sentita male per aver fatto uso di stupefacenti. L’onorevole in questione, che a suo tempo ha anche firmato un disegno di legge contro l’uso degli stupefacenti, ha dichiarato di non aver mai fatto uso di “roba”, di essere un buon marito e padre di famiglia e di essersi concesso quest’occasione perché solo soletto da quasi una settimana… (poverino…).
Naturalmente, a noi non incuriosiscono tanto le conseguenze che le sue dimissioni potranno avere nell’Udc, difensore dei valori vita e famiglia tradizionale, quanto le ripercussioni che il fattaccio può aver prodotto nel contesto familiare, moglie in particolare, del malcapitato…
E genera molte domande, inoltre, quanto questi “innocenti momenti di debolezza” possano essere costati allo Stato in termini pecuniari. I tg hanno svelato che la noche caliente ha richiesto una camera d’albergo di 1500 euro, oltre l’extra che l’onorevole ha pagato alla ragazza. Se pensiamo che la media degli italiani quei soldi non li guadagna nemmeno in un mese di lavoro, e ci sono giovani disoccupati che non li vedono nemmeno in un anno, è legittimo avere qualche dubbio sulla bontà dell’azione politica di molti dei nostri rappresentanti.
Prima ancora c’era stata la foto che riprendeva il portavoce del Governo, Sircana, intento a sbirciare dalla sua auto un trans che batteva lungo le arterie della Capitale (anche quello “un momento di debolezza”… ma chi ci governa? Un branco di pappamolli?), e poi ancora voci su presunte presenze di imprenditori e politici su yatch dove si svolgevano party a base di coca, donnine e travestiti. Poi c’è stato il caso dell’onorevole alleatino Selva, che si è fatto trasportare in autoambulanza, fingendo un malore, agli studi televisivi di La7 dov’era atteso per un’intervista, poi ha dato le dimissioni che poi ha fatto rientrare, ed alla fine è trasmigrato nelle file di Forza Italia… Un amico mi ricordava di quando il nostro conduceva “Radio Belva” ed arringava i democristiani contro il compromesso storico, con toni da crociata. Tempi lontani…
E poi ancora, tutta la bagarre montata intorno alla questione delle intercettazioni telefoniche, la paura di dover nascondere qualcosa, il timore/terrore di darsi la zappa sui piedi. Insomma, proprio un bell’ambientino, dove la trasparenza va a farsi benedire.
Sembra aver prevalso, come ha affermato un deputato di Sinistra, “la doppia morale”: quella ipocrita dei valori di cui ci si professa portatori, e quella praticata nel segreto di segrete stanze.
Verrebbe da chiedersi come mai la Chiesa, custode dei valori della vita, non si pronunci mai sulla condotta dei politici (ma non era “libera Chiesa in libero Stato”? O dai Patti Lateranensi non è cambiato niente?…).
Infine, la gente di San Giuliano di Puglia, con un atto di grande dignità ed orgoglio, ha stracciato le tessere elettorali ed ha restituito allo Stato i 50mila euro avuti per i funerali dei figli morti cinque anni fa nel crollo della scuola elementare ”Jovine”. Ha mostrato, questa gente di un Sud da sempre considerato serbatoio di voti, che anche se non si è ricchi, anche se si passa la vita ad abbassare la testa ai potenti di turno, anche se si vive in regioni poco fortunate, ci può essere uno scatto di dignità. Purtroppo ci voleva una tragedia immane e il non aver ancora trovato giustizia, per provocare una reazione forte come questa.
Il libro più letto dell’estate, “La casta”, di Gian Antonio Stella, è una lettura amara perché svela come gli italiani sono quotidianamente frodati per mantenere un sistema politico parassitario che è ormai diventato intoccabile e la cui morale si fonda ormai su azioni di arroganza e diffuso senso dell’impunità.
Ci vorrebbe una epurazione della casta, ma non fraintendetemi: una pulizia morale, un’ecologia di tutto il sistema in sé, ed il togliersi di mezzo di certi personaggi. Ci chiediamo e chiediamo ai nostri politici: ma come volete ancora essere credibili?

La cultura del cibo

Mentre la nostra penisola dal Sud al Nord pullula di manifestazioni enogastronomiche, veniamo a scoprire che il vino sardo allunga la vita e che il superpomodoro sconfigge il cancro.
“L’uomo è ciò che mangia”, dice il filosofo… e come dargli torto.
Dalla Rai tv apprendiamo che gli studiosi hanno stabilito una relazione tra la longevità che si riscontra in alcuni posti della Sardegna ed i vini prodotti in queste zone. Una risposta definitiva non è ancora arrivata, ma pare proprio che in tali località, i consumatori abituali dei più eccellenti vini sardi abbiano superato tutti i cento anni. Pare infatti che in tali vini ci siano delle componenti molto salutari all’organismo in quantità molto maggiore rispetto agli altri vini, soprattutto d’importazione.
Il fantastico superpomodoro, poi, non è un cartone animato, ma il nome di un pomodoro recentemente ottenuto (dopo anni di studi e ricerche) da un incrocio tra il San Marzano 3 ed il Black tomato (pomodoro nero o tomato, quello che i conquistatori spagnoli “rubarono” agli Aztechi). L’incrocio, realizzato in un appezzamento sperimentale di Torre del Greco, è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Napoli. Nessun ogm, ma solo la classica tecnica dell’inserimento del polline nel pistillo (cioè le cellule germinali maschili del Bt in quelle femminili del San Marzano 3).
La nuova varietà di pomodoro ottenuta unisce l’elevato contenuto nutritivo e di vitamina C del Bt alle proprietà ossidanti, antivirali e antitumorali del San Marzano. Inoltre combatte il colesterlolo e non fa ingrassare. Sarà venduto in pacchetti cellofanati e sarà anche utilizzato per farne pappine per i bambini ed una linea di succhi.

I cento anni dello scoutismo

La parola scout significa “esploratore”. A fondare il movimento degli scoutisti fu, il 29 luglio 1907, uno dei più grandi esploratori della storia, sir Robert Baden-Powell (nome intero Robert Stephenson Smyth Lord Baden-Powell). Soldato e scrittore, figura controversa della storia militare inglese (per i motivi che ci apprestiamo a dire), in quel giorno di cento anni fa egli tenne un campo sull' isola di Brownsea con 20 ragazzi di diverse estrazioni sociali, per verificare la praticabilità di alcune delle sue idee relative alle tecniche di sopravvivenza in situazioni difficili. Nel 1922 gli scout erano un milione ed erano distribuiti in 32 Paesi. Nel 1939 erano oltre 3 milioni. Oggi si contano 30 milioni di scout in 300 paesi.
Nato nel 1857 a Paddington, Londra, dal reverendo Baden Powell e da Henrietta Grace Smyth, figlia dell'ammiraglio britannico William Henry Smyth e nipote di Joseph Brewer Smyth che era stato il colonizzatore del New Jersey, Robert univa in sé due mondi: quello ecclesiastico e quello colonizzatore del nuovo mondo. Non fu uno studente brillante, ma aveva grandi doti come attore ed era musicista di un certo talento. Fallito l’esame di ingresso all’Università, vinse un concorso per diventare sottotenente di cavalleria. Divenne capitano a soli 26 anni, fu in India, in Afghanistan, tra gli Zulu del Sudafrica, a Malta. Lavorò nei servizi segreti britannici. Per le sue capacità esplorative era molto temuto dagli indigeni. Durante la guerra in Sudafrica si trovò intrappolato nell’assedio di Mafeking e circondato dall’esercito Boero, in soprannumero di circa 8000 unità. Grazie alle sue tecniche di addestramento il suo esercito resistette per 217 giorni fino alla liberazione. Durante tale assedio, Baden-Powell non fu tenero con la popolazione di colore: oltre a servirsi di una milizia di colore (caso unico nel conflitto e riprovato dagli avversari), fece fustigare, fucilare e morire di fame centinaia di indigeni di colore. E precedentemente, in Rhodesia (1896), oltre a commettere azioni per noi vicine ai crimini di guerra (ma naturali a quei tempi), fece uccidere il capo africano Uwini.
Fu decorato da 28 Paesi e nel 1900, dopo l’assedio di Mafeking, proclamato eroe nazionale.
All’età di 55 anni sposò Olave Soames, una ragazza di 23 anni incontrata sul transatlantico Arcadia in rotta per New York. La sposò in gran segreto, per evitare l’intrusione della stampa. I due condividevano la stessa data di nascita, il 22 febbraio, che è diventato il giorno in cui gli scout di tutto il mondo si riuniscono per la loro festa. Ebbero tre figli e nove nipoti, alcuni dei quali ancora oggi attivi nello scoutismo. La bibbia degli scout è il manuale "Aids to Scouting" (Scoutismo per ragazzi), che Baden-Powell pubblicò nel 1908, ma scrisse molto prima. Sir Robert morì in Kenya nel 1941.
I valori dello scoutismo sono lo spirito d’avventura, l’interesse per la natura e la fratellanza fra i popoli.

mercoledì 25 luglio 2007

Clementina Forleo, giudice con le palle

Nell’estate che arroventa l’Italia (nel senso letterale del termine, viste le centinaia di ettari boschivi andati in fumo), la vicenda delle intercettazioni telefoniche richieste dal gip di Milano Clementina Forleo nell’ambito di bancopoli, rende incandescente il clima politico nostrano. Incandescente e litigioso. E tutta la vicenda, come tangentopoli di tre lustri fa, tiene gli italiani incollati al televisore per vedere se alla fine Senato e Parlamento daranno al gip Forleo l’autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni che vedono coinvolti 68 tra politici e indagati nella scalata ad Antonveneta, Unipol-Bnl e Rcs. Per intanto il Tribunale di Milano ha richiesto il rinvio a giudizio di tutti questi 68, tra cui rispuntano i nomi di Fazio, Consorte e Gnutti.
Anche oggi, come accadde quindici anni fa, la magistratura viene criminalizzata, accusata di protagonismo, diventa finanche “suscettibile di querela”. Se Bertinotti invita i deputati ad essere “al di sopra delle parti”, subito Fassino giudica “sgradevoli le sue parole”.
Chissà perché ognuno che svolga un lavoro, anche misero, deve rendere conto del proprio operato a questo e a quello, ed i parlamentari, che ci rappresentano, oltre ad avere immunità di vario tipo, non dovrebbero rendere conto del proprio operato a coloro che li eleggono.
Per cui via, i politici facciano i politici ed i magistrati facciano i magistrati. E i politici mettano i magistrati nelle condizioni di fare i magistrati, ossia di svolgere il loro dovere di ricercare la verità e punire eventuali colpevoli.
In questi giorni sui giornali vediamo la Forleo sempre sorridente. I diessini Fassino e D’Alema sempre più tirati. Mastella e Di Pietro sempre più litigiosi.
Sulla Stampa di ieri (24 luglio 2007) c’era una simpatica battuta di Jena, che vi riporto: “Se addirittura un Presidente della Repubblica come Napolitano si schiera contro di lei, significa che il giudice Forleo ha proprio sbagliato tutto. Oppure viceversa”…

lunedì 23 luglio 2007

Carmen Lasorella non lavora più in Rai. Intervengono 43 parlamentari

Mala tempora currunt. Da qualche anno, a seconda di come soffia il vento elettorale, apprendiamo di casi di giornalisti allontanati dal video o relegati a fare altro. Santoro, BiagiNuzzolillo (vedi post in basso). Da anni non vediamo più sugli schermi due capaci giornaliste come Donatella Raffai e Maria Giovanna Maglie. Da tre anni è toccato a Carmen Lasorella, giornalista di punta del TG 2, essere allontanata dagli schermi televisivi, un fatto, questo, che nei giorni scorso ha spinto 43 senatori a fare un’interpellanza al Ministro dell’Economia ed a quello delle Finanze per conoscere i motivi del mancato utilizzo di Lasorella in video. La quale si è detta lusingata dell’interessamento dei senatori, ma ferita del fatto che, dopo 20 anni di collaborazione, la Rai non abbia dato risposta alle sue proposte né l’abbia convocata. L’ex direttore del TG1, Mimun, ha scritto una dura lettera alla Repubblica (con replica dell’interessata), definendo in qualche modo la giornalista incapace di fare il suo lavoro. Insomma, giornalisti ostaggi di volta in volta di politici, editori, direttori di testate. Se non sei schierato non lavori. Se sei in qualche modo “scomodo” ti appiccicano addosso il marchio dell’incapace. Sembra di essere a scuola, quando i genitori, per fare il gioco dei loro sfaticati ed intoccabili figli, accusano i docenti di essere degli incompetenti (e poi si fa tanta microsociologia sul bullismo e maleducazione varia…).
Il bavaglio messo all’informazione dimostra che nel sistema Paese qualcosa non va. Non soltanto un problema legato all’informazione, ma a chi la produce, a chi ne detta in qualche modo le regole, al modo di confezionarla per servire interessi di altro tipo. Chissà se questo lo insegnano nelle Scuole di Giornalismo…
E così mi sono detta: sono contenta di avere intrapreso un percorso diverso da quello del professionismo giornalistico. Ho la mia tessera da pubblicista, che mi è costata sette camicie, non ho padroni, non devo fare genuflessioni per andare avanti nella vita, scrivo quel che cavolo mi pare, quando mi pare. E conservo sempre gelosamente una lettera ricevuta da Carmen Lasorella in persona quando avevo diciotto anni e le chiedevo come diventare giornalista. Uno scritto pieno di verità (ed i giovani vogliono sempre verità), da parte di una grande donna del giornalismo italiano, che per me è e resta un mito.

mercoledì 18 luglio 2007

Giornalista trombato dai politici

Benevento è una piccola ed amena città campana dove i giri sono sempre gli stessi, basta uscire durante qualche festa cittadina per impararli subito, o frequentare i soliti ambienti…
Da ieri sta tenendo banco una notizia bomba, che ha lasciato di stucco un’intera categoria professionale della quale solitamente non interessa niente a nessuno, e cioè la categoria dei giornalisti, di cui ci si ricorda solitamente solo per denigrarli. L’attuale amministrazione di Centro-Sinistra, capeggiata dal sindaco Fausto Pepe, di area mastelliana, ha rimosso dall’incarico di capo ufficio stampa il giornalista Billy Nuzzolillo, un ragazzo del ’61, tra i più bravi giornalisti della provincia sannita, e lo ha destinato all’Ufficio Relazioni con il Pubblico. La sua grave colpa? Quella di aver sostenuto, una decina di anni fa, il concorso che lo ha portato a ricoprire tale incarico, quando era in auge in città un governo di Centro-Destra.
Se una volta, e parliamo di decenni fa, i governi al potere a livello locale licenziavano i dipendenti di schieramento politico opposto (a mio nonno, democristiano, i fascisti fecero perdere il posto che ricopriva presso un ente comunale), oggi la tattica è più sottile: si trasferisce il dipendente ad altro incarico.
Tutta la stampa beneventana, politici e sindacalisti sono insorti con toni accorati in difesa dell’illustre e stimato collega, smuovendo gli organi della Stampa regionale e nazionale. Rammentando la qualità dell’informazione istituzionale beneventana che ha fatto da modello anche per altre amministrazioni. Evidenziando le gravi scorrettezze che l’Ente Comune sta da tempo adottando nei confronti della stampa locale nel suo complesso (vedi l’esclusione dei periodici locali dalla raccolta pubblicitaria relativa alla manifestazione “Quattro notti di luna piena”). E sottolineando anche le tensioni tra giornalisti ed esponenti di Palazzo Mosti che mai in passato avevano raggiunto toni così aspri. In una lettera di solidarietà è anche scritto: “Billy si è sempre dichiarato, anche quando fu assunto sotto il sindacato di Pasquale Viespoli (che, lo ricordiamo, nominò, in nome di quella politica da lui portata avanti e che vede privilegiare la testa e non la tessera, anche un altro addetto stampa che certamente non era e non è di centrodestra, Gabriella Debora Giorgione) uomo dalle idee di Sinistra. Figurarsi se non lo fosse stato...”
“Epicentro Benevento” parla di “purghe staliniane” e ricorda che l’ufficio stampa “è istituzionale”. Si rammenta anche che altri sono stati licenziati in quanto non dipendenti di ruolo.
Insomma, una vicenda destinata nei prossimi giorni a fare scalpore e che costituisce senza dubbio un precedente: in nessuna provincia italiana si era finora vista una cosa del genere.
Viene da pensare che fanno più danni gli umori dei politici che le catastrofi naturali. Quando un governo mette mano alla libertà di stampa siamo in presenza di una dittatura. E la storia, eterna maestra di vita, ci insegna che a voler privare della libertà i cittadini sono uomini che, di per sé, non sono affatto liberi.

Incollati alla poltrona

E ti pareva. Il senatore alleatino Gustavo Selva, ex direttore del GR 2, che il 9 giugno scorso aveva dato le sue dimissioni reo di aver usato un’autoambulanza per raggiungere uno studio televisivo in una Roma paralizzata dall’arrivo del presidente Usa Busch, le ha improvvisamente ritirate. Ha accampato la seguente spiegazione: “I cittadini mi invitano a restare”. Ed ancora: “Il pensiero che un voto in meno del centrodestra possa concedere un giorno in più al governo Prodi travolge ogni ragione che mi spingerebbe alle dimissioni”. Un vago senso di disgusto ci assale, sapendo che il suo posto sarebbe stato immediatamente rimpiazzato dal primo dei non eletti in Veneto del suo partito. Circostanza accuratamente omessa dal senatore nella sua dichiarazione. Certi lati del carattere con l’età si cronicizzano. Il nostro Paese ha un primato non lusinghiero: il governo più anziano d’Europa. Non meravigliamoci, se i suoi esponenti sono l’espressione del vegliardo italiano sempre pronto a puntare i piedi ed a pestare quelli degli altri, a sgomitare pur di imporsi, ad incollarsi alla poltrona pur di non mollarla………………………

I furbi

Un manipolo di persone, tra medici, infermieri ed amministrativi, si assentava regolarmente dai posti di lavoro all’ospedale di Perugia, facendo timbrare i cartellini a compiacenti amici e conoscenti. Sono scattati i primi arresti, ma non è il primo e non sarà l’ultimo caso di truffa ai danni dello Stato e degli utenti. Stipendi rubati e completa assenza di umanità e di senso del dovere. Fatto che colpisce di più, quando ci sono di mezzo le professioni mediche e la salute dei cittadini. Secondo una recente ricerca della Deutsche Bank soldi e lavoro fanno la felicità. In questo caso solo i soldi. Giusto per far vedere a quale livello di abiezione umana siano arrivati certi esponenti delle professioni mediche, anche a discapito dell’intera categoria, tra la quale vi sono innumerevoli persone che invece il loro dovere lo fanno. Purtroppo, come dicevo, il caso non è isolato e non interessa solo la professione medica, ma tutte le professioni. Anche se nel caso della sanità si percepisce la gravità della situazione perché vi è di mezzo il bene più prezioso: la salute dei cittadini.

sabato 14 luglio 2007

Benevento rende omaggio a Modugno. E feste varie...

Ieri sera la Rai1 ha trasmesso in prima serata lo spettacolo alla memoria di quel grande artista che è stato Domenico Modugno. In platea si sono alternati cantanti rinomati come Simone Cristicchi, Concato, Gigliola Cinguetti, attori come Giancarlo Giannini, oltre alla presenza di un coro spettacolare. Il tutto tra le mura e le suggestioni del Teatro Romano che si trova in quel di Benevento e che è spesso utilizzato come location delle più prestigiose manifestazioni culturali della città. Città campana che in tal modo ha goduto, come ha anche affermato il sindaco Pepe, di “un ritorno di immagine senza precedenti”. Attraverso le canzoni del grande Modugno (“Volare”, “Meraviglioso”, “L’uomo in frac”, “Tu si ‘na cosa grande”, e tante altre) si è parlato di un’Italia che non c’è più, ponendo l’accento sull’identità di un popolo che proviene dalla propria storia e che ne evita la deriva e la mancanza di prospettive.
L'evento è stato organizzato da Provincia, Regione e Rai.
Parallelamente si è svolta la kermesse “Quattro notti”, sulla quale in questi giorni sulle testate locali (alcune) è un tripudio di articoli e di affermazioni. La manifestazione inonda di spettacoli la città ed è ideata niente poco di meno che dalla signora Sandra Lonardo, la quale, oltre ad essere la presidente del Consiglio Regionale della Campania, è moglie del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che proprio in questi dì si sta affannando sulla riforma della giustizia. Da 11 anni la signora Mastella porta avanti questa manifestazione insieme all’associazione Iside Nova, curando la sua creatura con un impegno ed una costanza tale da farla diventare quella che è diventata oggi: una vetrina di prim’ordine per la città ed un evento attesissimo dai suoi cittadini. Nonostante tutte le critiche della parte politica opposta, che va ad indagare sul modo di spendere i soldi per realizzare l’evento, e tirando dritto tra le critiche di coloro che relegano tale evento tra le sagre paesane. Lady Mastella va avanti per la sua strada, puntando su due armi che ne hanno determinato, secondo me, il successo che riscuote: una maniacale e continua cura dell’immagine della propria persona (dietro la quale si intravede forse una mano esperta?) e l’aver ideato un contenitore che contiene proprio di tutto, per cui la kermesse soddisfa i gusti dell’operaio e dell’intellettuale. Ampia libertà di scelta, dunque, per tutti. Senza fare troppi distinguo. Il che sembra essere molto political correct.

Andrea Osvart, attrice ungherese

E’ uno dei volti più belli ed espressivi della tivù italiana. La giovane attrice ungherese Andrea Osvart è da quattro anni a Roma e l’abbiamo vista negli sceneggiati “Pompei” ed “Exodus”, ma aveva già avuto una piccola parte ne “La squadra”. In questi giorni la Osvart sta lavorando a due film, “2061” dei Vanzina e “Sound Track” di Francesca Marra. Esordisce come modella a 16 anni, perché non ne poteva più di stare nella campagna ungherese nella quale era nata, inizia a girare il mondo, sua madre la prega di continuare gli studi. E così si laurea in lingua e letteratura italiana a Budapest. Il lavoro di modella le serve per guadagnare qualche soldo, ma la sua grande aspirazione resta il cinema impegnato. Oltre al suo fascino di donna dell’est, la Osvart ha la capacità di trasmettere emozioni, il che è il traguardo principale per ogni artista che voglia dirsi tale. Sentiremo ancora parlare di lei…

Il ritorno di Vanna


Abbiamo visto la teleimbonitrice Vanna Marchi (senza figlia e senza il maestro Donaiscimento) parlare di nuovo in tv. Anticipare la sua prossima conduzione in radio. Parlare del suo processo. Non sapere se dirsi pentita di quello che ha combinato. Ovvero truffe milionarie ai danni di centinaia di disperati, in cambio della promessa di disgrazie o di risoluzioni ai problemi della propria vita tramite pozioni a base di sale. E fa specie che persone che hanno speculato senza ritegno sui guai altrui, che non avrebbero più alcun diritto alla parola o ad esibire la propria faccia, ritornino in questo modo ed in tali platee ad ammorbarci la vita. Ma vada via al c…!

Vergogne italiane

Cinque anni fa il terremoto sconvolgeva il Molise e spazzava via la generazione di ragazzini nati nel’96. Nel crollo della scuola elementare “Jovine” morirono 27 bambini ed una maestra e dopo cinque anni, in un’aula di tribunale ricavata dalla sala di un albergo il giudice ha assolto tutti gli imputati per quel disastro: il sindaco (la cui bambina morì nella stessa scuola), i tecnici e gli imprenditori coinvolti nella costruzione dell’edificio. La colpa è quindi del destino e del terremoto. La sentenza è stata accolta tra urla, grida, insulti ed il lancio di una sedia, e fa riflettere quel cartello “La legge è uguale per tutti”, venuto giù poco prima della lettura perché fissato male alla parete. Dunque, non conta nulla che la scuola fosse stata costruita in dispregio di tutte le norme di sicurezza. Non conta che il solaio fosse così pesante da compromettere l’equilibrio della struttura sottostante. Non che un solo pilastro sostenesse l’intero edificio, e neppure che le troppe finestre indebolissero i muri, o che la scala non avesse strutture di sostegno. Il pm Magrone ha commentato: “Continua la storia per cui in Italia ogni disastro è dovuto alla natura e gli uomini sono tutti santi”. Per i genitori delle vittime si apre un nuovo doloroso capitolo di questo dramma. Ed infatti essi annunciano già il ricorso contro la sentenza.

venerdì 6 luglio 2007

"Emergenza" rifiuti?

Ha ancora senso parlare di una “emergenza rifiuti” in Campania, o non sarebbe meglio parlare di uno stato di malessere cronico che si trascina oramai da tredici anni?
Per definizione l’emergenza è qualcosa che si svolge in un lasso temporale limitato, che richiede interventi seri ed urgenti, che fa prevedere l’imminente risoluzione di una situazione di stallo. In realtà l’immondizia staziona lungo le strade campane senza essere rimossa, proprio come alcuni personaggi politici che da trent’anni stazionano nei palazzi del potere, senza trovare un minimo ricambio generazionale. Puzza di stantio dovunque, insomma. Bertolaso fa il cornuto e mazziato ed abbandona l’incarico di commissario straordinario, perché esausto di una situazione più grande di lui. E poco dopo si scopre che degli abusivi si servono dei liquami degli scarichi per concimare i terreni. Ma nessuno batte la Campania in quantità di feste organizzate da questo o quel partito a scopo elettorale. Fumonegliocchi del popolo sovrano. E poi ci si lamenta che la regione è diventata lo zimbello dell’opinione pubblica europea. Ma, si dice, vogliamo piangere? No, certo. Nemmeno di fronte al rincaro delle tariffe per la “munnezza”. Ed allora viva i tricchebballacche. Sissignore, viva i tricchebballacche.

venerdì 29 giugno 2007

Storie di pattume e di portineria

Dopo Vallettopoli, Coronopoli, Sputtanopoli, mi sono detta: “Oggi è il Corona’s day”. Mi sono piazzata fino alle due di notte a seguire “Matrix”, la trasmissione di Canale 5 dove il cosiddetto re dei paparazzi (che poi paparazzo non è, ma pare abbia un’agenzia di paparazzi prezzolati per immortalare le bassezze di veline, calciatori e uomini di governo), e chissà quale mente eccelsa del crimine mi aspettavo. Invece, eccoti questo ragazzone che, mentre si atteggia a vittima di un sistema dove tutto fa schifo e che manderebbe alla forca i magistrati (Woodckoc in testa) rei di fare il loro dovere, scalpita per interrompere i discorsi dei Mentana, Di Pietro e Gramellini che sono lì per fargli domande sulla sua attività e su presunte responsabilità. E che urla. Troppo. Senza avere nemmeno la finezza mentale di stare ad ascoltare prima discorsi di senso compiuto. Come un bambino che è stato sgamato a rubare la marmellata e che fa le bizze per non essere punito…
Storie di sottobottega, dove un sottobosco di “artisti” che non sanno fare nulla vive una poco esaltante vita tra prestazioni sessuali al potente di turno e sniffate di coca nei privé di discoteche milanesi (e così la Yespica e la Ribas si rimpallano le accuse: “E’ lei che fa uso di coca”, “No, è lei”). Dove il transessuale Fabrizia decide -dietro congruo compenso- di parlare a Corona dei particolari piccanti della sua serata con Lapo Elkann, e poi si scopre che non era l’unico trans frequentato dal rampollo Fiat. Dove Flavia Vento, sempre convinta da Corona, rilascia, al solo scopo di farsi pubblicità, un’intervista sulla sua relazione con Totti. Dove Sircana viene colto nell’atto di guardare dalla sua auto un travestito ai bordi del marciapiede, e dove fa capolino la figlia di Berlusconi, in una foto in cui appare accompagnata da un tale, ma che di scandalistico hanno davvero poco. Dove Corona (ed anche Lele Mora) è un santo, vittima di una schifezza di società dove devi fregare prima di essere fregato, Corona che non ha ricattato nessuno per avere soldi e non pubblicare quei materiali compromettenti, ma che è stato spontaneamente contattato dalla Fiat e dagli agenti di sportivi e veline per comprare le foto incriminate. Un solo difetto: “Mi piacciono i soldi, e questo è un modo veloce e sicuro per farli”.
Il magistrato Di Pietro (notevole quel “tu” usato quasi subito rivolgendosi a Corona, quasi a rimarcare la distanza che corre tra inquisitore e inquisito), dice che di fronte a tanto “fecciume”, si “sente depresso”. Non più le grandi inchieste di Tangentopoli dove c’era da stanare criminali di altissimo profilo, ma robetta squallida come i personaggi che ne sono protagonisti. E Gramellini, mentre raccomanda a Corona di fare un po’ di “ecologia linguistica” (“perché se si parla bene si pensa anche meglio”), si rammarica con la sua categoria, quella dei giornalisti, per avere dato tanto risalto ai personaggi di questa vicenda, che non meritano il clamore e la notorietà che in questo modo hanno ricavato.

La rivoluzione di Ratzinger

Benedetto XVI, il papa tedesco, ripristina la messa in latino. Il che, mentre preserva la tradizione, anche linguistica, del Cattolicesimo, costituisce a detta degli osservatori una mirabile rivoluzione. Per due motivi. Il primo è che la religione cattolica ne recupera in autorevolezza. Il secondo è che non priva della libertà nessuno, anzi aumenta la libertà di scelta, perché ognuno potrà ascoltare la messa in italiano o in latino, come preferisce. Infine, terzo e fondamentale punto, tale decisione è frutto di una mente dotata di acume politico… In tempi nei quali l’identità, non solo religiosa, ma culturale, dell’Europa intera, è minata dal fondamentalismo, dall’estremismo, dall’integralismo di gruppi di popolazioni che a ondate vi si stanziano, non desiderando integrarsi ma volendo imporre la propria visione del mondo, il recupero della tradizione cattolica anche sul piano linguistico costituisce la risposta del Vaticano al rischio di lasciarci travolgere dal relativismo, perdendo così le basi della cultura plurimillenaria che caratterizza la civiltà cosiddetta europea.

Grazie Roma

Ricorderete che era il titolo di una famosa canzone di Antonello Venditti. Oggi se ne potrebbe fare un remake, ad opera delle migliaia di extracomunitari che affollano le vie della Capitale.
Grazie Roma, dicono le lucciole venute da ogni dove, perché ci permetti di sostare discinte sulle tue panchine a qualsiasi ora, dalla mattina alla sera, ed i turisti non ci fanno neppure caso perché i pullmann li dirottano in zone ad hoc in cui questo sconcio non esiste.
Grazie Roma, dicono i borseggiatori di borsette, soldi e telefonini venuti dall’Est, dall’Ovest, dal Sud e dal Nord, perché ci accogli nel tuo grembo materno e ci permetti di fare i nostri colpi indisturbati nella metro oppure sui famigerati pullmann di città 105 e 64.
Grazie Roma, affermano in coro gli studenti di colore e di altre religioni, perché a scuola siamo noi a dettare le regole del gioco, l’autorità di questi insegnanti che pretendono di insegnarci qualcosa è pura fantasia, noi facciamo quel che cavolo ci pare e non stiamo ad ascoltarli, e loro hanno anche paura di noi.
Grazie Roma, dicono gli allegri beoni di altre nazionalità che la notte fanno festa e frastuono in centro storico, tra il Granicolo ed il Colosseo, perché teniamo indisturbati l’incivile comportamento che teniamo, togliendo il sonno a gente che la mattina si alza per lavorare e perché al mattino lasciamo sulle strade un tappeto di bottiglie e di vetri rotti che si riformerà la notte dopo, dopo essere stato appena rimosso dagli spazzini.

lunedì 25 giugno 2007

Fiocco di neve

Avvistato e filmato in Val d’Aosta l’unico esemplare al mondo di stambecco bianco. Si tratta di un cucciolo totalmente albino, dagli occhi azzurri e corna molto chiare, che la madre non abbandona mai, tenendo un atteggiamento costantemente protettivo nei suoi confronti. Come fanno tutte le mamme del mondo verso i figli con qualche spiccata caratteristica di diversità nei confronti dei propri simili. Il cucciolo, nato in un monte che, guarda caso, si chiama Blanchet, vive ora nel vallone di Les Laures a Brissogne, esce poco perché il riverbero della neve lo infastidisce e forse presto verrà battezzato dagli uomini della Forestale e dai cacciatori. Da questi ultimi non teme nulla, perché tra i cacciatori circola un detto: “Chi spara ad un animale albino muore entro un anno”. E’ un cucciolo bellissimo, tenero, candido. Immaginiamo che da adulto la sua bellezza diventi fulgente e superba. E così si materializza nella realtà il sogno che Francesco Nuti, alias Romeo Casamonica, faceva nel film “Tutta colpa del Paradiso”, nel cui cast compariva anche Ornella Muti. Sognava di andare alla ricerca di uno stambecco bianco (che altro non era un caprone preso da qualche parte dalla produzione) che poi gli sfuggiva. Ora lo stambecco bianco esiste davvero e si trova sulle montagne italiane. Come gli uomini, anche gli animali hanno un proprio destino. Il tempo dirà quale sarà quello di questo candido cucciolo.

lunedì 18 giugno 2007

Una storia di successo

Taci e lavora. Così si fanno i soldi. Ed i magnati della finanza e dell’industria, si sa, sono personaggi sempre un po’ restii a concedere interviste ai giornali o a parlare troppo di sé. Non sfugge a questa regola il leader del gruppo Ferrero, la fabbrica albese nota in tutto il mondo per il suo cioccolato, per la Nutella, i Kinder, i Rocher eccetera eccetera. Michele Ferrero controlla il gruppo dalla base di Bruxelles ed il figlio Pietro, già consigliere della Ras, è da poco divenuto amministratore delegato del gruppo di famiglia. Come il papà ed il fratello Giovanni (appassionato scrittore) non ama le luci della ribalta. Di lui si sa che è sposato con una gentile signora di Bra, con la quale vive tra Alba e Lussemburgo, vacanze a Saint Moritz ed in Costa Azzurra, poche frequentazioni salottiere ed un premio ricevuto nel 2003 da Carlo Azeglio Ciampi per l’innovazione nel settore alimentare. Amante delle passeggiate in bicicletta, magari in compagnia dell’amico Guido Barilla. Ed uno stile di vita improntato alla riservatezza, in linea con il modus vivendi piemontese.


Il deserto che avanza

E già. Nelle assolate terre del Sud Italia rimarrà il sole a riscaldare le lande desolate che si prospettano nei prossimi trent’anni. L’ultimo rapporto Onu sull’ambiente parla chiaro: a rischio di desertificazione sono cinque regioni. Per la precisione Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Terre dove non resteranno nemmeno gli occhi per piangere.
I vari governi succedutisi alla guida del nostro Paese non hanno saputo fornire risposte concrete al problema della disoccupazione, che attanaglia queste regioni, per cui si assiste ad una massiccia emigrazione di ritorno. Forse è retorico, sicuramente non scopriamo nulla di nuovo, ma è così. I dati Istat lo confermano: il 22 per cento della popolazione meridionale vive sotto la soglia della povertà. E’ un mix esplosivo di precarietà, disagio psicologico, giri clientelari, ricatti malavitosi, scarsa cultura amministrativa, rassegnazione della gente per bene. Ma i giovani non ci stanno. E a ondate se ne vanno via dai luoghi d’origine, dalle lande assolate e desolate. Senza rimpianti né nostalgie. L’alternativa è una vita di lavori precari e di umiliazioni. Ma nessuno ha più voglia di fare il martire o il disperato.

venerdì 15 giugno 2007

Il caso Selva e...

E’ stato formalmente inquisito il senatore alleatino Gustavo Selva, classe 1926, che pochi giorni or sono, durante la visita di Bush a Roma, ha forzato il blocco stradale per giungere in tempo presso gli studi televisivi di La7. Fingendo un malore si era fatto trasportare in tv a bordo di un’autoambulanza. Ne era scaturito un vivace battibecco con gli infermieri. Il senatore aveva minacciato il licenziamento per uno di loro se non lo avessero scortato in fretta presso lo studio del cardiologo di fiducia. Lo stesso senatore aveva poi rivelato in diretta di essere ricorso ad “un trucco da vecchio cronista” per giungere in tempo agli studi televisivi. Criticato da più parti il senatore si è visto costretto a rassegnare le dimissioni. L’accaduto la dice lunga sulla vita di certi personaggi politici, abituati da sempre a sgomitare per avere un posto in prima fila. Nonché sulla smania di fare passerella. Ma non voglio giudicare i politici e la loro etica. Mi viene da pensare a quando siamo in strada al volante: i più accaniti nel volervi sorpassare o nel fare manovre azzardate sono proprio gli uomini anziani di una certa età. Fateci caso. Hanno sempre fretta di arrivare prima degli altri. Si vede che ne sono affetti gli uomini nella fascia senile. La dose di prepotenza è direttamente proporzionale al calo degenerativo dell’età.

martedì 12 giugno 2007

Proposta per risollevare l'economia nazionale

La tranquilla signora milanese che vive da sola in città, posto fisso, indipendente, un discreto numero di relazioni, vacanze nel verde per rilassarsi. Il giovane e brillante studente universitario che aspira ad un impiego presso lo studio legale di grido. Il tranquillo impiegato di banca, impeccabile e preciso sul lavoro, che non si alza dalla sua sedia nemmeno per fare pipì. Il deputato del Parlamento che ti ha sfornato progetti di legge su chissà quante e quali tematiche sociali. L’analista di laboratorio, che passa il tempo tra provette e tamponi, tamponi e provette… Un unico pensiero, magari a fine serata, dopo una buona cenetta in compagnia: tirare fuori le canne ed aspirare per rilassarsi e sentirsi bene. Magari anche un po’ euforici…
Dopo la grande scoperta del CNR -nell’aria di Roma ci sono tracce di sostanze stupefacenti-, ora un rapporto di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, rivela che gli assuntori di tali sostanze sono tra noi. Sono i Mario Rossi della situazione, persone insospettabili che stanno lì a tirare su per il naso, fumare, iniettare, farsi di qualcosa, purché dia lo sballo. L’ultima moda è la colla che protegge le corde di violino. Ma in cima alle preferenze resta l’eroina. Seguita dalla cocaina e dai cannabinoidi. Il rapporto descrive una situazione spaventosa in cui i signor Rossi della situazione oltre ad essere gli abituali assuntori di tali sostanze ne sono anche gli spacciatori (per arrivare a fine mese). Regione per regione vi è la fotografia di quelli che si rivolgono ai Servizi pubblici per le tossicodipendenze e dei decessi. I furbi e gli ingenui sono avvertiti: per mettere da parte fette consistenti dei vostri guadagni una strada maestra è abolire gli stupefacenti dalla propria vita. L’economia nazionale si potrà risollevare se a tirare su per il naso si resterà in dieci. Utopia? E allora non vi lamentate se il vostro portafogli piange!

mercoledì 6 giugno 2007

Il femminismo 40 anni dopo

In una grande mostra attualmente in corso nel cuore di Roma delle artiste arabe per la prima volta hanno dato voce a quello che nella loro cultura è il sottaciuto mondo dei sentimenti femminili. L’hanno materializzato in forme, colori, materiali. Con questo mezzo lo hanno denunciato, reso vivo e presente anche alla componente maschile araba che per millenni lo ha negato o ha fatto finta di non vederlo. La rivoluzione femminista in Europa iniziò negli anni ’60 a partire dalla riflessione sul proprio corpo, sulla differenza sessuale (oggi si direbbe “di genere”). La classe dirigente, manco a dirlo, esclusivamente maschile, ne rimase spiazzata, destabilizzata, perché di tutto si sarebbe potuto immaginare, meno che le donne avessero capito che il cuore del problema stesse nella presunta inferiorità biologica da secoli sfruttata dalla componente maschile della società per appropriarsi del potere politico. Ma quelli erano gli anni Sessanta: si parlava di rivoluzione, di lotta di classe, di schieramenti politici di destra e di sinistra. Era questa la roba di cui si occupavano gli uomini. Le donne affrontarono lo spinoso problema dell’emancipazione e dei diritti su di un terreno nel quale gli uomini non avevano competenza: la conoscenza di sé stesse. “Il corpo è mio e me lo gestisco io”. Di lì partì tutto. Da lì si arrivò alla conquista di diritti sociali e politici. Quarant’anni dopo, nella parte del mondo dove l’altra metà del cielo dove questi diritti non esistono ancora, la rivoluzione si fa con mezzi più raffinati. Senza cortei né striscioni. Con le tele, i pennelli, le pietre, il legno, i colori. L’insostenibile leggerezza dell’essere.

lunedì 4 giugno 2007

Claudia, l'esperienza di Dio

Ho letto con interesse l’intervista rilasciata dall’attrice Claudia Koll ad un settimanale nazionale. Mi ha sempre affascinato la storia di questa donna toccata dalla grazia di Dio e rinata a nuova vita in seguito all’incontro con Gesù. Tutti sanno che l’attrice (di successo) ha iniziato la carriera artistica recitando nei film scandalo di Tinto Brass. Poi, sei anni fa, dopo esperienze di grande dolore sulle quali la Koll mantiene un comprensibile riserbo, e dopo aver sperimentato l’amore per vari uomini senza trovare mai la completa felicità, l’incontro con il Signore e la scelta di abbracciare una vita di testimonianza e di amore per il prossimo. La parola di Dio, portate in tutte le trasmissioni televisive. La costruzione di opere in Africa.
Una volta ho incontrato l’attrice dal vivo in una serata in onore di Padre Pio e l’ho salutata ringraziandola per le toccanti parole che aveva rivolto alla platea. Ricordo il suo sguardo sereno e la voce pacata. Ricordo anche la serenità che traspariva dal volto di questa donna che deve aver superato abissi di sconforto e prove durissime. Infatti nell’intervista l’attrice parla di un evento drammatico che le ha sconvolto la vita: è stata attaccata dagli spiriti del Male che la incitavano ad odiare. Lei allora ha cercato l’aiuto di Dio e la risposta alle tentazioni maligne è stata l’amore. Ed oggi si sente infiammata di amore per il prossimo. Un dono raro in un mondo competitivo e poco buonista come quello dello spettacolo.Una bella storia che dimostra come l’esistenza di una persona si può trasformare completamente e che dovrebbe farci riflettere sul significato vero dell’esistenza.

La politica? Roba da anziani

Numerosi studi pongono in luce che in Italia, dalla politica alle professioni quali l’insegnamento, vige una palese gerontocrazia. I numeri parlano chiaro. Alla Camera dei Deputati l’età media è di 51 anni e 6 mesi (52 anni e 6 mesi per gli uomini, 50 e 6 mesi per le donne). E’ la rappresentanza più anziana d’Europa. L’età media dei docenti è di 52 anni, dei rettori 62, dei generali e magistrati 58.
Per il premier Prodi in politica, come in tutte le cose, si affermano coloro che resistono ad una dura selezione. Se i giovani sono pochi è colpa loro. Esiste una meritocrazia.
Contro questa affermazione si leva la ministra Stefania Prestigiacomo, che, com’è noto, è stata tra le più giovani d’Italia. Essa afferma che è proprio in politica che la meritocrazia non esiste e descrive il panorama desolante di “vecchi incollati alla poltrona” che non sanno nemmeno che cos’è “youtube” e pensano ad attuare una politica solo per i propri figli e nipoti.Non sarà per questo difetto di recepire i modelli comunicativi moderni che la politica di casa nostra puzza di stantio? Che è priva di energia? Che sembra rannicchiata su sé stessa ed il dibattito che ne scaturisce è così scadente da non interessare i giovani i quali si interessano di altre cose? Al punto che decidono di optare per campi in cui esista ancora un minimo di meritocrazia e dove possano realmente confrontarsi. Lasciando perdere una politica che spesso non è di servizio. La storia si ripete. Oggi come ieri.

Risvegli

Gli studiosi di fenomeni sociali affermano che il “mutamento sociale” riguarda sempre i governi, le norme, gli status ed i ruoli. Per lo più è frutto di un processo graduale, raramente di rivoluzioni. Lo viviamo in quanto immersi nella società e pian piano ci abituiamo ad esso. Ma se ci coglie improvviso può procurarci sbandamento. E non è solo roba da film, ma pura realtà. Risvegliarsi dopo 19 anni di coma e trovare il proprio Paese cambiato sotto ogni profilo è stata un’esperienza destabilizzante per un ferroviere polacco che l’ha vissuta sulla propria pelle. La cosa più evidente relativa all'azione dei vari regimi o governi sta nelle restrizioni o nella libertà che essi danno ai cittadini. Sta anche nella minore o maggiore libertà di movimento che le persone hanno. Per il ferroviere destabilizzante non è stato trovare intorno a sé undici nipoti sfornati nel frattempo dai quattro figli, ma vedere che il regime comunista non c’è più. Non trovare più bandiere rosse o barbuti e canuti profeti della rivoluzione, ma gente che cammina per strada griffata, abbondanza di merci nei negozi e cellulari dappertutto. Non più cibo razionato, ma benessere che “fa girare la testa”. Il segno esteriore dei cambiamenti di regime sta proprio nelle mode e nei gusti delle persone. Abbattute le frontiere è stato uno sciamare di polacchi verso altre destinazioni europee, in cerca di una vita migliore. Non avendo avuto il tempo per abituarsi al cambiamento il nostro ferroviere appena ripresa coscienza si è chiesto ed ha chiesto che fine avesse fatto il comunismo. Quando la realtà supera la fantasia.

sabato 2 giugno 2007

Recuperare la pazienza

Le persone di successo hanno un segreto. Sono quelle che di fronte agli ostacoli della vita hanno saputo resistere. Hanno tenuto duro. Hanno avuto la pazienza di perseverare nei loro obiettivi. Le delusioni e le difficoltà le hanno temprate. La fede -qualunque essa sia stata- le ha sorrette. Ogni ostacolo le ha fortificate. Un lungo esercizio di tenacia e pazienza le ha rese migliori. Ovviamente parliamo di un successo non regalato, ma duraturo perché conquistato. Queste persone sono tra noi. Ognuno ne conosce almeno qualcuna. E’ però anche vero che la follia che trasuda in questi giorni dalle pagine di cronaca ci parla di un mondo che ha smarrito il grande dono della pazienza. Dal marito fallito dal punto di vista esistenziale che ha liquidato brutalmente la madre dei suoi figli, alla madre che ha accoltellato la figlia di sei anni. Dagli scialbi ragazzetti delle scuole superiori che si sono sentiti qualcuno facendo sesso orale in classe e mettendo i video su Internet, agli orrori di preti pedofili smascherati dalla BBC e da Santoro, fino all’altro orrore consumatosi in una scuola elementare vicino Roma. Sembra di assistere ad un delirio collettivo e ad una degenerazione di umanità, priva di qualunque luce di grazia e degradata in una condizione vicina a quella dei gironi infernali di dantesca memoria. Un mondo che vuole tutto e subito, che si danna per il proibito, che freme per soddisfare gli impulsi più bassi ed oscuri nascondi nei più oscuri meandri dell’anima. Una perdita di controllo generale degli “istinti di base”, o per dirla col filosofo, un grande ammasso di monadi che tendono alla materia bruta invece di elevarsi al divino con la propria vita. Nel mondo in cui tutto corre veloce e ci si sente “connessi” solo al cellulare o dietro lo schermo di un pc, in questo mondo che non sa aspettare, che non ha la pazienza di ascoltare, che tutto pretende e che tutto afferra con la voracità di una mantide, le persone oneste e perbene, che sono tante, si chiedono se è rimasta la speranza. Ed i giovani vogliono risposte che ormai rari maestri possono dar loro. La storia, gran maestra di vita, al solito ci fornisce le risposte chiarificatrici sul significato dell’esistenza. Ne possiamo far tesoro. Primo: non tradire, mai, la propria reale vocazione, per non tradire sé stessi. Secondo: tenere duro e piantare bene i piedi a terra. Terzo: sforzarsi, sudare, sudare moltissimo e soffrire per raggiungere quello che si vuole, e per diventare uomini. Ma soprattutto addestrare la mente ed il cuore all’esercizio spesso ingrato, ma fruttuoso, della pazienza. “Quando avrai le vene e i polsi che ti tremeranno e non avrai nient’altro dentro di te, se non la volontà che dice loro: “Resistete!”, tua sarà la terra, e tutto ciò che è in essa. E soprattutto sarai un uomo, figlio mio” (Kipling).

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