sabato 27 ottobre 2007

Riceviamo e pubblichiamo

Del Boca a Napoli: "Non ci sono giornalismi, non esistono giornalisti di serie A o serie B. Esiste una categoria che va difesa, tutelate, seguita nella sua connotazione naturale che è quella culturale". Il presidente dell'Ordine Nazionale dei giornalisti Lorenzo Del Boca interviene a Napoli all'incontro organizzato e promosso dalla nuova lista "Giornalisti per la professione" candidata alle prossime elezioni del 28 e 29 ottobre per scegliere i delegati che prenderanno parte al congresso della FNSI. (fonte: giovanidelsud.it)

Egregio presidente Del Boca,
è pur vero che tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare, ma Lei evidentemente non è aggiornato sulla nostra professione in Campania.
Dire che non esistono giornalisti di seria A o di serie B non è soltanto una fandonia, ma è la chiara volontà di nascondere una prassi morale, un modus vivendi, che sta portando il nostro mestiere alla deriva. E badi bene: non ho parlato di demagogia, anche se pare proprio che si tratti di quello. Invece di riempirsi la bocca di parità e di tutele che in effetti non esistono e non sono mai esistite, perché non si occupa di quell'esercito sconfinato di giornalisti di serie C, D ed E che non hanno che mangiare, che non li vuole nessuno perché non hanno il santo in paradiso, che non hanno tessere di partito nelle tasche già bucate e che non possono contare sulla tutela di nessuno se non la propria e a proprie spese? Le si chiede troppo? Perché non va ad infilare il naso nel gotha dell'ordine regionale della Campania dove vivono sulle spalle dei contribuenti senza avere nemmeno la sensibilità di trattarti come una persona e non come un numero d'ordine? Perché il giornalismo italiano sta diventando tanto simile alla politica da quasi emularla? E' mai possibile che i rapporti con le sfere alte della categoria professionale vadano mantenuti solo ed unicamente in vista di elezioni di qualsiasi genere? Io ad esempio, come giornalista non catalogato in nessuna serie perché inesistente, ma buono solo ad andare a votare o a pagare l'obolo annuale ad ordine e sindacato, vengo preso in considerazione da qualche rappresentante di Via Cappella Vecchia solo ed unicamente quando si ha bisogno del mio consenso elettorale, o quando non risulto essermi svuotato il portafogli per far campare loro. Le sembra giusto? Anch'io, come migliaia di colleghi campani come me, ho dei bisogni e delle necessità urgenti ed impellenti, ma io non ho il santino da mostrare innanzi alle porte di S. Pietro, né posso dire "mi manda Picone". Io non ho mai avuto fortuna in questo lavoro che amo più d ogni altra cosa, e quel poco che sono riuscito fare è stato solo grazie a imprese ciclopiche e rischi personali. Mica sono uno delle decine di redattori nullafacenti che mammarai napoletana ha sistemato (do ut des) a stipendio fisso dentro le mura di viale Marconi, né sono una delle tante (a questo punto mi rammarico di non essere nato donna) che sculettando a destra e a sinistra si son fatte spazio nel mondo dell'informazione regionale ed extraregionale.
Io appartengo a quella categoria di giornalisti che se inviano un curriculum non ricevono neppure risposta, a quella sfera di dimenticati ed abbandonati che neppure se si propongono 'gratis et amore dei' riescono a carpire un si subordinato o meno che sia;uno di quelli che se va da un politico per una raccomandazione, sbaglia sempre politico e non ottiene nulla se non aria fritta ceduta gratuitamente. D'altra parte vengo da Benevento, la patria della politicizzazione della categoria, il fulcro del sistema politica-informazione, il pianeta delle scimmie, dove se non ti batti il petto e ussi alla luna rossa, o sotto ad un campanile, Le assicuro che non succede nulla. Allora, mi domando e dico: perché continuare a fantasticare ed idealizzare un mondo professionale che non esiste? Dov'è la giustizia, o la parità de diritti? Costa così tanto in termini pratici dire ad alta voce che chi è dentro è dentro e chi è fuori resta irrimediabilmente fuori?
Per non dirlo significa che il giornalismo vuole emulare la politica: illudere, sempre illudere, mai dare, solo ricevere. Questa è l'Italia della seconda repubblica, purtroppo.
Parola di uno che si è ustionato troppe volte e continua ad ustionarsi.

Rosario Lavorgna
Un giornalista di serie z

http://rosariolavorgna.splinder.com

sabato 13 ottobre 2007

Ad ognuno la sua faccia

Attaccati ai muri di un paese ho visto due manifesti giganti emblematicamente vicini.
A sinistra la faccia rassicurante di Rosy Bindi, capelli grigi corti, occhiali, espressione serena ed immagine di donna abituata ad occuparsi di grandi questioni. “Partito democratico per davvero” è lo slogan scelto ad accompagnare la foto della ministra.
A destra la valletta Elisabetta Canalis, che è stata ospite presso una discoteca dal nome evocativo: “Mediterraneo”. Sguardo e bocca ammiccanti, schiena in evidenza, lunghi capelli sciolti sulle spalle, il top della vanità femminile.
Ho provato mentalmente ad invertire le due immagini ed è stato subito chiaro che l’effetto sarebbe comico. Nessuna delle due donne avrebbe più credibilità nel ruolo che non è il proprio e che non le compete.
Ve la immaginate una Bindi una bomba del sesso a dimenarsi tra una manica di ragazzini esagitati, o una Canalis a discutere dei massimi sistemi della famiglia e dei valori italiani in consessi politici?
E chi ci crederebbe?
Forse è stata una mancanza di spazio, ma quelli che hanno sistemato i manifesti in questo modo forse non sanno che danno ai passanti degli spunti di riflessione. Ad ognuno il ruolo e la faccia che gli compete. Non bisogna essere un mago dell’immagine per capirlo.

sabato 6 ottobre 2007

I bamboccioni vadano via di casa

Non è piaciuta a nessuno la battuta di Padoa Schioppa riferita ai ventenni e trentenni italiani, definiti "bamboccioni", rei di rimanere ancora a casa di mamma e di papà. Per "risolvere" il problema il ministro dell'economia suggerisce il bonus fiscale di mille euro per l'affitto. Come se questo bastasse a risolvere i mali endemici della disoccupazione de della precarietà in questo nostro Paese.
Mentre ancora stanno lì a discutere se e quando ridursi gli stipendi, i nostri parlamentari non si accorgono che il Mezzogiorno è in ginocchio, che le strade del Nord Italia sono affollate di meridionali in cerca di lavoro e di una dignità di vita. Ma dove vivono? Che cosa fanno?
Ieri sera ho seguito l'intervista di donna Assunta Almirante alle "Invasioni barbariche". Affermava che una volta per un politico era un motivo di vanto e di buona capacità politica riuscire a dare una raccomandazione. Soprattutto per quei giovani che non avendo conoscenze, ma avendo tutte le capacità, non sarebbero riusciti a sistemarsi nella vita.
Ed oggi? I politici non la sanno neanche più fare una raccomandazione, non ci sanno neanche più andare tra la gente. Parlano solo di televisione e di programmi "sgradevoli" perché danno loro fastidio. Ed allora che ci vanno a fare?
E poi si lamentano dei "vaffa" e dell'antipolitica........................

lunedì 1 ottobre 2007

La fiction su Moscati, medico sannita

Forse non mi sono mai commossa tanto davanti alla tv come davanti allo sceneggiato Rai “Giuseppe Moscati” trasmesso nelle sere scorse ed interpretato da un bravissimo Beppe Fiorello (per me, una scoperta come attore).
Moscati, medico nato a Benevento, svolse la sua attività a Napoli all’Ospedale degli Incurabili.
La sua grande vocazione lo portava a recuperare i malati nei quartieri più poveri ed a rischio di Napoli, a sobbarcarsi intere nottate insonni al fianco dei pazienti, a curare gratis indigenti ai quali comprava a sue spese cibo e medicinali. Si ridusse per questo in povertà e condivise l’aiuto portato ai pazienti con la sorella. La sua fama si diffuse ben presto e la casa divenne un luogo dove quotidianamente stazionavano poveri ed ammalati in cerca di cure e di conforto.
Formidabili ed estremamente precise le sue diagnosi sui pazienti. Fu molto osteggiato dai professoroni dell’epoca, convinti, nella loro presunzione, di essere in possesso della verità infallibile, e in più di un caso smentiti dalle diagnosi di Moscati. Una storia che si ripete sempre nella vita dei migliori: essere ostacolati e fraintesi da uomini pieni di sé, obnubilati dall’amor proprio.
Ma Moscati nel suo testamento spirituale lascia un pensiero che potete rifilare ai colleghi di lavoro invidiosi o ai capi intransigenti solo con voi:
Lavorare sempre, incessantemente, sordi alle lodi e alle critiche.
Lo ha detto un Santo.

Suore litigiose, chiude il convento

Neanche in convento si sta tranquilli. Cronaca di fine settembre: nel convento di Santa Chiara di Biseglie, provincia di Bari, un gruppo di anziane suore di clausura litiga furiosamente. I litigi si protraggono nel tempo tanto da “impedire il normale svolgimento della vita monastica”.
Il convento viene chiuso. Credevamo che almeno in clausura regnasse la pace dello spirito.
La calda estate dell’anno in corso si è aperta con la notizia del delitto di Garlasco, ancora irrisolto, poi nei giorni scorsi vi è stato il caso della 26enne torinese uccisa da uno spasimante rifiutato, quindi abbiamo appreso che in una scuola siciliana un docente ha sfregiato un collega con una lametta nel corso di un litigio.
Insomma, è successo di tutto. Ma le suore di un convento… No, non lo avremmo mai detto. Naturalmente, come avviene spesso tra donne, le religiose non hanno fatto fronte comune tra loro (e non poteva essere altrimenti, vista la situazione) ed ora il convento diventerà oggetto delle mire di affaristi di tutti i tipi. A dispetto dell’unica suora rimasta nelle stanze vuote dell’immensa struttura, a difesa di questo luogo e della sua vocazione…

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