mercoledì 31 ottobre 2012

SCUOLA 2 - LA FATICA DI INSEGNARE

(Dalla relazione di Valerio Vagnoli al Convegno "Star bene a scuola") - A rendere sempre più drammatica l’ esperienza di molti docenti, vi è da tempo una loro diffusa e ben orchestrata colpevolizzazione che sempre più frequentemente li vede indicati come i soli responsabili delle situazioni ingestibili, come incapaci di motivare e coinvolgere studenti spesso demotivati, ma sostenuti da genitori iperprotettivi che accusano la scuola di non essere in grado di capire e valorizzare i loro figli. Va detto con forza che aver colpevolizzato la scuola quale pressoché unica responsabile dei fallimenti degli studenti, ha contribuito a deresponsabilizzare le famiglie rispetto ai loro compiti educativi, con la conseguenza che sono sempre più numerosi i ragazzi (ma anche i bambini) che non riconoscono autorevolezza al docente e che intendono la scuola, nella migliore delle ipotesi, come un castigo a cui si devono sottomettere per legge, per consuetudine o per volontà dei genitori. 
Va aggiunto, inoltre, che la mancanza di un serio sistema di formazione professionale obbliga molti adolescenti a frequentare le aule scolastiche contro la loro volontà, senza quindi reali motivazioni. La conseguente, inevitabile serie di frustrazioni si traduce spesso in continue provocazioni nei confronti dei loro docenti che si trovano talvolta isolati nell’affrontare situazioni di ogni genere,   che molti di voi purtroppo conoscono assai bene.
Sono fermamente convinto che certa deriva populista dei nostri ultimi anni abbia trovato la propria palestra proprio nella politica scolastica degli scorsi decenni, che ha destrutturato la qualità del sistema scolastico facendo credere che la scuola di massa equivalesse alla soddisfazione delle pretese, delle aspettative dell’utenza, quest’ultimo orribile termine che inaugurò un vocabolario scolastico educativo di cui vergognarsi se paragonato ai termini chiari e specifici della nostra tradizione scolastica. 

Scatti di anzianità fermi
Gli scatti periodici di anzianità si trovano in numerosi contratti: metalmeccanici, bancari, commercio e colf. E' piuttosto normale che un dipendente inizi con uno stipendio basso e che con il trascorrere degli anni esso venga aumentato. Per il Ministro Gelmini gli scatti degli insegnanti sarebbero un "privilegio" (Rino Di Meglio)  

 

SCUOLA1 - VIALE DEL TRAMONTO



"Di fronte alla cattiveria e al grottesco della realtà, l'ironia è un modo di reagire, di farsi del bene" (D. Pennac)
Il vecchio preside, basso di statura (fisica e morale), burbero e dall’animo imbevuto di cattiveria, si trascinava stanco sulle gradinate del teatro, dove si era appena svolta una rappresentazione, seguita da un rinfresco.
Basso, nel suo metro e cinquantadue di statura, era solo come un cane, ma arzillo come sempre, dietro quegli occhialoni e l’aria arcigna, i capelli che sapevano di unto e la camminata claudicante. Fisicamente ripugnava a tutti. E poi era abituato a comandare lui. Ad averla sempre vinta. Sempre. Un fagotto di ossa stupide che voleva spadroneggiare sul mondo.
Era stato fatto fuori tante volte dal consiglio comunale perché gli altri arrampicatori ne avevano capito l’arrivismo e la smania di spadroneggiare su tutto e su tutti. E poi era un fatto noto che gli piacessero i ragazzini, a quel vecchio bavoso. Non ne faceva un gran mistero. Lo sapevano tutti. Una volta gli alunni della sua scuola gli avevano fatto una foto da dietro, mentre lui, nel suo metro e cinquantadue si protendeva romanticamente verso la faccia di un biondo ragazzo adolescente dagli occhi cerulei, e poi l’avevano messa su facebook. E poi l’avevano commentata nelle classi, ridendo e sghignazzando fra loro. Salvo poi fare la parte degli spolverini quando si trattava di mettere in cattiva luce questo o quel prof per via di qualche brutto voto o di una nota sul registro, dettata magari dal giocare a dadi lungo i corridoi o dal bere lattine di coca cola in classe, risucchiandone in contenuto durante le spiegazioni. Allora lui si ergeva a paladino della loro libertà e del loro diritto all’autodeterminazione. In quel caso il professore era un emerito cretino, degno di un processo come il peggiore dei criminali, ed il povero, compunto ragazzo, vittima della prepotenza dell’adulto. «Questa scuola è famosa per il trattamento a cui vengono sottoposti i professori», aveva detto una mamma ad un’insegnante arrivata lì quell’anno ed ignara del pettegolezzo da corridoio e della cattiveria giovanile e genitoriale, diretta a ricamare pure sulla virgola profferita dai poveri docenti, tutti egualmente ricattabili pur di estorcere la promozione dei propri mostruosi figlioli.
Note, richiami, urla, sguardi sprezzanti erano all’ordine del giorno, ed equamente distribuiti soprattutto tra le docenti, sì, proprio tra le donne, colpevoli di essere di quel sesso, e quindi, in un certo modo, anche se molto lontano, assomiglianti alla moglie che la sorte aveva attribuito al vecchio e incattivito preside. Quella specie di uomo che lo comandava a bacchetta sempre e comunque e che gli rendeva necessario uno sfogo di malvagità gratuita su chiunque incontrasse sul suo cammino. Che gli rendeva indispensabile pensare di dovere vincere sempre, e comunque, anche se lui, col suo denaro e con gli appoggi politici di cui godeva, in quarant’anni si era comperata una posizione sociale invidiabile, ma non il rispetto delle persone. Nemmeno di quegli alunni che andavano da lui per presentargli ogni sorta di ciarla di basso profilo, da lui presa come oro colato, purché si gettasse fango su qualsiasi malcapitato.
E poi era egocentrico. Doveva parlare sempre lui, lui doveva interloquire con i giornali cittadini, lui riempirsi la bocca di fandonie sulla scuola in pubbliche conferenze di uomini politici e funzionari venduti ai quali della scuola non gliene fregava nulla, lui a dover sapere, giudicare, mettere il naso nelle faccende di chiunque, fossero stati anche trenta secondi di ritardo per entrare in classe tra una lezione ed un’altra.
Una volta aveva beccato un cancro al sangue. Guarito. Miracolosamente. Neanche quella volta aveva finito di esistere e di togliere il disturbo che arrecava nel mondo.
Peggio il cancro all’anima, il livore e la malvagità che lo rodeva 24 ore su 24. Dev’essere come dice Platone: l’anima è indistruttibile, contrariamente al corpo.
Insomma, la situazione era così da fantascienza che lì, in quella scuola, ognuno faceva solo il suo lavoro, non fiatava ed a fine giornata andava a casa. Senza alcuna soddisfazione personale. Tanto lui, il meschinello, il povero infelice in preda alla smania continua di dimostrare il suo potere (ma, l’aveva mai avuto?), mobbizzava chiunque. Persino la suora. Persino la docente alle soglie della pensione, che diceva di aver ritrovato la fede dopo tutto quello che aveva dovuto patire con questo disgraziato. Eh sì, perché è lì, nei patimenti, che ti dici: dovrà finire una volta. Una si era beccata un bell’esaurimento nervoso da stress legato al mobbing sul luogo di lavoro. In decine, trattati da lui come emeriti imbecilli (chissà perché a certi soggetti non va mai bene nulla, anche se tu ti sforzassi di fare i miracoli per fare sempre meglio), si erano trasferiti in altre scuole nel corso degli anni.
Insomma, una vera e propria piaga. Uno che non ci dormiva la notte per rimuginare come rovinarti.
In questo clima di totale tristezza e demotivazione, il preside, che non era affatto un signore, era andato avanti per vent’anni. Rimediando incarichi qua e là. Portando sua moglie a mangiare ovunque e poi arraffando a fine pasto le pirofile dove ci fosse qualche avanzo di cibo allo scopo di portarle a casa. Prendendo plessi scolastici qua e là e andando a rompere di nuovo le scatole a quelli che, quando la misura della sopportazione era colma, lo avevano abbandonato per altre scuole. Non solo non dava spazio a nessuno, il nostro eroe, ma rendeva la vita impossibile a tutti. E tutti sapevano benissimo che una denuncia, anche di gruppo, sarebbe stata fatale per la salute e per la carriera di chiunque. Allora non restava che abbozzare. O assecondarlo, come si fa coi pazzi. E lui era proprio questo.
Un bel giorno che era inverno al preside arrivò un rinvio a giudizio. L’accusa era di malversazione, cioè di essersi appropriato del denaro di quell’ente di formazione regionale in cui lui faceva parte del consiglio di amministrazione.
Il vecchio bavoso sta per andare in pensione e questa, dopo una vita di scorrettezze non pagate, non se l’aspettava. ‘Dio punisce lentamente’, recita il proverbio.
Forse non andrà in galera, perché la burocrazia vince anche sulla giustizia, ma la sua punizione l’ha già avuta.
E’ già stato dimenticato da tutti.

venerdì 26 ottobre 2012

NOMI E COGNOMI ASSURDI... TUTTI REALI!

ULTIMA FERMATA DALLAS

Massimo Gramellini
La Stampa
Dopo Silvio, anche J. R. ha fatto un passo indietro, precipitando in un burrone di sbadigli che ha costretto Canale 5 a sospendere la nuova serie di Dallas già alla seconda puntata. Ogni tanto la vita sa offrire coincidenze ineffabili. Chi fra voi è diversamente giovane ricorderà come la saga dei petrolieri texani abbia segnato il destino pubblico del Cavaliere. Prima di Dallas, un imprenditore in carriera come tanti. Dopo Dallas, il rabdomante dei gusti popolari che acquista uno sceneggiato americano rottamato dalla Rai e trasforma Canale 5 e se stesso in fenomeni televisivi di massa. Esagerando un po’, ma neppure troppo, senza Dallas non avremmo avuto il ventennio berlusconiano. Fu quel telefilm a lanciare la tv commerciale in Italia e a rieducare al ribasso i palati degli italiani, abituandoli al lusso volgare, alla ricchezza ostentata, al cinismo simpatico e agli altri stereotipi con cui la cultura pop degli Anni Ottanta ha innervato la proposta politica del berlusconismo.
La riproposizione, trent’anni dopo, di quei valori di sfrontato materialismo va letto come l’ultimo tentativo di restare aggrappati a un mondo della memoria. L’esito è stato inevitabilmente patetico. La seconda serie di Dallas, con i divi incartapecoriti che si muovevano fra giovani affamati di denaro e potere, restituiva l’atmosfera falsamente allegra di certe «cene eleganti» o, nei momenti peggiori, dei vertici di palazzo Grazioli. E la faccia liftata dell’ottantenne J.R. richiamava inesorabilmente quella che ieri, col sopracciglio sinistro ormai paralizzato dal bisturi, ha letto sul gobbo di una telecamera il suo testamento politico.

domenica 21 ottobre 2012

L'AUSTERITY ITALIANA E LA PARABOLA DEI TALENTI

L'ultimo rapporto Unioncamere dice che il calo dell'occupazione azzererà il patrimonio delle famiglie in 20 anni. Mentre le analisi sul mercato del lavoro dicono chiaramente che in Italia la metà degli uomini è disoccupata, aggiungendo che i tassi di occupazione in Campania per donne e uomini sono tali da essere equivalenti a quelli del Pakistan. 
Mario Monti si dice fiducioso per la ripresa, e spera.
Dal canto suo, la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, dal palco della manifestazione per il lavoro che si e' svolta in piazza San Giovanni a Roma, attacca il governo dei 'professori', senza mezzi termini: "La politica del rigore e dell'austerita' non solo e' fallita, ma e' colpevole delle difficolta' del Paese".
Le suore si incatenano per strada, a Napoli, perché senza sovvenzioni i loro conventi sono a rischio chiusura.
Mentre incerta è la fine della Minetti: darà o non darà le dimissioni insieme a tutta la Regione Lombardia, oppure aspetterà che passi anche oggi per maturare il vitalizio che spetta ai parlamentari? E, se poi si dovesse votare per far scomparire questi assurdi privilegi della politica, potrebbe qualche ex parlamentare, inquisito o meno, condannato o meno, avere voglia di fare ricorso per farsi restituire il maltolto?
Credevamo che l'Ancièn Régime fosse scomparso con la Rivoluzione Francese nel 1789, ma forse ci sbagliavamo.
Come sempre, la risposta ai grandi problemi esistenziali, ed in questo caso, economici, della vita è nel Vangelo. Si trova nella parabola dei talenti: chi aveva avuto cinque talenti dové restituirne dieci; chi due, quattro. Il che significa che chi più riceve, più deve dare. In base a quel principio di giustizia distribuiva così poco applicato nel nostro Paese, a causa dell'assenza del quale a pagare sono sempre i fessi ed a mangiare sempre gli esponenti della casta. Lupi famelici che perdono di vista il contatto con la realtà, derubando la vita altrui. Proprio poche sere fa, una trasmissione Rai mostrava vecchietti vergognosi nell'atto di rovistare negli avanzi della spazzatura dopo il mercato ortofrutticolo. Seguivano le scene, cui siamo ormai abituati, di politici indifendibili pronti a fare la voce grossa sparando a zero sui nemici di partito, rei di aver rubato di più di quelli del loro, di partito.
Già: vecchietti affamati che conoscono il senso della vergogna, e lupi famelici che, oltre l'avidità, non conoscono un minimo di dignità e di pudore.
In base alla parabola dei talenti, chi ha di più deve dare di più.
In base ai bocconiani al governo, a pagare e ad essere spremuti sono la massa dei cittadini onesti.    
Intanto la Camusso rilancia: "Saremo ancora in piazza il 14 novembre insieme al sindacato europeo, saremo in tutte le piazze d'Europa". 

mercoledì 17 ottobre 2012

CUBA APRE ALL'EMIGRAZIONE E YOANI SANCHEZ SPIEGA PERCHE' PARTIRA'

Lo Stato di Cuba dal 2006 è sotto il potere di Raul Castro, fratello di Fidel, ed ora è in arrivo la riforma più attesa del partito comunista: l'abolizione della richiesta di un permesso (a pagamento) per uscire da Cuba ed il permesso di emigrare per un massimo di 24 mesi. La misura, che prevede però, alcune limitazioni, è stata adottata solo ora in concomitanza con una crisi economica che minaccia di travolgere il regime. La speranza di Raul è quella di guadagnarci in turismo e crescita economica, dopo che sono venuti meno gli aiuti dell'Urss e le piantagioni di zucchero non sono più così redditizie. Yoani Sanchez, 37 anni, scrive dall'Avana il blog Generation Y. La rivista americana "Time" l'ha inserita fra le 100 persone più influenti al mondo. Su "La Stampa" (17 ottobre) la Sanchez scrive:
Le barriere insulari cominciano a cadere. A partire dal 13 gennaio 2013, il governo cubano ha annunciato la fine del cosiddetto permesso di uscita. Ho già preparato la valigia per fare quel viaggio che mi è stato negato tante volte! Quando entrerà in vigore la riforma migratoria, cercherò di approfittarne ma non per fuggire: uscirò dal mio Paese soltanto per tornare.  
Non si libereranno delle mie domande, dei miei tweet, delle mie opinioni. Non si libereranno facilmente di me. Mi è stato negato il permesso di viaggio in venti occasioni nel corso di cinque anni. A partire da gennaio, sarò libera di uscire dai confini nazionali, anche se i miei amici mi dicono di non farmi illusioni, perché sono stata inserita nella lista nera. In ogni caso tenterò, perché questa nuova legge migratoria significa che il fidelismo sta cadendo a pezzi. Per strada tutti parlano della riforma, attendono che divenga legge e preparano le valige.  
Certo, restano le trappole del regime, perché non serviranno tarjeta blanca e carta d’invito, ma il passaporto costerà il doppio (100 pesos convertibili invece di 50). La legge prevede diverse restrizioni, persone che per motivi di interesse pubblico non potranno lasciare il Paese, cittadini che per la sicurezza nazionale verranno confinati nelle loro abitazioni. Continueranno i limiti alla libertà di movimento per medici, sportivi professionisti, insegnanti, professori universitari, ma anche per intellettuali non conformi e persone non in sintonia con le idee socialiste. Ma io non mi arrendo. Ho il passaporto pieno di visti. Voglio proprio vedere che cosa accadrà dopo il 14 gennaio… 

BRAD PITT TESTIMONIAL DI CHANEL N. 5

Pare che il 48enne attore Brad Pitt per il nuovo spot di Chanel numero 5 abbia intascato 7 milioni di dollari. La famosa marca di profumo, per la prima volta nella sua storia ed in quella dei profumi da donna, utilizza come testimonial un uomo. E lo spot diventa subito notizia. Con voce roca, stile e poesia, Brad sciorina la frase ad effetto contenuta nei 30 secondi di spot (vedi sotto). E' un'impennata di vendite. L'operazione di marketing centra il bersaglio, attraverso un sottile gioco psicologico: se quello che ti propone la marca di profumo è un uomo maturo, bello, famoso, sposato e con figli, stai pur certa che tu che indossi le due gocce di Chanel non sarai mai la donna oggetto, ma incontrarai l'uomo perfetto, bello e bravo che non ti metterà mai le corna.
Intanto, Chanel annuncia una versione maschile del profumo. 

Non è un viaggio, tutti i viaggi finiscono. Ma noi andiamo avanti. Il mondo gira e noi giriamo assieme a lui. I progetti svaniscono. I sogni prendono il sopravvento. Ma ovunque vada ci sei tu. La mia sorte. Il mio destino. La mia fortuna. Chanel n. 5. Inevitabile
 

NO IDEALI, NO SOGNI. IL MARCIO DELLA POLITICA

Dicono che c'è crisi. Non solo lo dicono, ma la crisi si sente. E intanto, Fiorito si compra il fuoristrada nuovo coi soldi della Regione Lazio, la Minetti va in pensione a 27 anni, il magistrato Papa utilizzava la Mercedes con l'autista a scrocco per moglie, figli e amanti... Scandali all'ordine del giorno. Schiere di politici indifendibili che vanno in televisione per dire che non hanno rubato, oppure che non hanno rubato solo quelli del suo partito, ma anche quelli degli schieramenti opposti, che se tutti rubavano loro non sapevano, che i suoi accoliti hanno rubato meno di quelli degli altri... Nessuno, ci risulta, parla più di politica. Di progetti per il Paese. Di servizi e infrastrutture. Di giovani e lavoro... Macché. Monti fa il curatore fallimentare (secondo una felice espressione di Beppe Grillo) di un'Italia ormai collassata sotto l'assalto delle sanguisughe pronte a spremere il sangue e la vita altrui, e l'ultima trovata è quella di inserire nel patto di stabilità una tassa sulle pensioni degli invalidi. Come i nazisti, come Hitler, si va a colpire gente già duramente provata dalla vita. Salvo poi ripensarci all'ultimo momento e dire: va bene, allora tassiamo le pensioni di guerra, ma con effetto retroattivo. Ahò, mai che tassassero deputati e senatori con effetto retroattivo, macché, tutti i privilegi della casta stanno in piedi come prima. Dire a deputati plurinquisiti di fare le leggi è come chiedere a Giovanna d'Arco di preparare la legna per il patibolo (cit. Maurizio Crozza).
Che volete, ogni epoca ha le sue mode. Nel Medioevo l'asceta. Nel Rinascimento il cortigiano. Nell'Illuminismo i philosophes. Nel XXI secolo i ladri senza vergogna e senza coscienza.
Una classe politica degenere, priva di qualsiasi valore umano e sociale, attaccata alla poltrona per la propria ingordigia senza fondo, che dà la misura esatta di quello di cui è composta: uomini privi di ideali. I quali hanno privato la gente del sacrosanto diritto di sognare.

SCUOLA - LETTERA DI UNA INSEGNANTE DI PISTOIA AL MINISTRO PROFUMO

Signor ministro, mi piacerebbe che questa mail arrivasse fino a Lei e non ad uno dei suoi segretari o membri del suo staff, per poterLe trasmettere, con le mie parole, tutta l'indignazione che provo per le Sue ultime dichiarazioni e per i provvedimenti che il Suo governo intende prendere riguardo alla scuola.
Mi presento: mi chiamo Antonietta Brillante; sono dottore di ricerca in filosofia politica; ho ottenuto tre abilitazioni alll'ultimo concorso indetto alla fine degli anni 90; sono entrata di ruolo nella scuola pubblica nel 2004 e attualmente insegno filosofia e scienze della formazione presso il Liceo Forteguerri di Pistoia.
In base a quanto ho appena letto su alcuni quotidiani, Lei ha argomentato la proposta di portare a 24 ore settimanali l'attività di insegnamento dei docenti della scuola secondaria, sostenendo che "bisogna portare il livello di impegno dei docenti sugli standard dell'Europa occidentale".[*]
Mi chiedo e Le chiedo se Lei è mai stato in una scuola di un Paese dell'Europa occidentale, possibilmente del nord-Europa. E' un interrogativo che non mi pongo da oggi, ma che oggi, a fronte delle Sue ultime dichiarazioni, si fa più impellente ed esige una risposta precisa.
Ebbene, io Le posso dire che ci sono stata. Quattro anni fa, sono stata in Danimarca, in un paesino dello Jutland, Skive, per due settimane. Ho accompagnato una classe ad uno scambio e, dal momento che insegno in un Liceo pedagogico, abbiamo visitato, full-time, per 14 giorni, scuole di ogni ordine e grado: dai Kindergarten ai Licei. Le posso anche dire che le nostre scuole, per quanto riguarda le strutture, i materiali didattici, gli spazi e i tempi della didattica, sono proprie di un Paese arretrato e sottosviluppato: e di questo, la responsabilità è di chi ha deciso, da vent'anni a questa parte che, prima, per entrare in Europa, poi, per far fronte alla crisi, bisogna tagliare la spesa pubblica, cioè la scuola, la sanità, le pensioni (sia mai le spese militari - vedi acquisto degli F 135 - o le missioni militari all'estero). Per inciso, "ricette" per le quali non è necessario un governo di "tecnici", né lo stipendio di ministro o di parlamentare: le saprei proporre pure io, che mi occupo di altro e ho ben altre competenze.
A Skive mi sono resa conto che, per quanto riguarda il curriculum di studi e la didattica, con eccezione di quella che prevede l'uso di laboratori, noi non abbiamo niente da invidiare ai Paesi europei. Non solo il livello di preparazione dei colleghi danesi non era certo superiore al mio o a quello di molti colleghi italiani, ma ho anche rilevato che, per quanto riguarda lo studio analitico dei testi e delle fonti (siano essi letterari, storici o filosofici), mediante il quale gli alunni conseguono diverse competenze, molti docenti italiani potrebbero avere qualcosa da insegnare a quei colleghi.
A Skive ho anche scoperto che i colleghi danesi, che lavorano 18 ore alla settimana, per un anno scolastico di 200 giorni, percepiscono uno stipendio medio di 3.000 euro (parlo di 4 anni fa), a fronte di uno stipendio, quale è il mio, di 1.380 euro, che tale resterà fino al 2017. Non solo: i colleghi di Skive, quando hanno compiti da correggere, inviano una copia in un ufficio a Copenaghen, che calcola il tempo medio di correzione per il numero di alunni e computa, su quelle basi, un compenso aggiuntivo. I docenti di Skive non devono controllare gli alunni durante i lunghi intervalli e neppure hanno l'obbligo di incontrarsi con i genitori, perché il rapporto privilegiato è quello diretto: docente-discente (unica eccezione: 5 minuti di colloquio a quadrimestre, concessi ai genitori degli alunni che frequentano il primo anno).
Ministro, sono questi gli standard europei!
Io sono un'ottima insegnante: non solo perché ho un livello di preparazione nelle mie discipline persino superiore a quello che è richiesto ad un docente di scuola superiore, ma perché ho la capacità - lo attestano i riconoscimenti degli ex alunni e delle loro famiglie - di coinvolgere gli studenti, di sollecitare la loro attenzione, il loro interesse e la loro curiosità. Sono una professionista e come tale voglio essere considerata e trattata. Questo significa anche, signor ministro, che io non lavoro 18 ore, perché, quando torno a casa, leggo, studio, mi auto-aggiorno; preparo nuovi percorsi didattici e di approfondimento adeguati alle classi nelle quali mi trovo ad insegnare, che sono diverse ogni anno, e per le quali è prevista, proprio dal Suo Ministero, una programmazione ad hoc. Correggo i compiti, tanti compiti e non faccio test a crocette, "a risposta chiusa", per i quali la correzione richiederebbe meno tempo e fatica, perché ritengo che con quei test i ragazzi imparerebbero poco e la stessa valutazione non sarebbe adeguata, ma propongo quesiti a risposte aperte e saggi brevi. E quando correggo, non mi limito a fare segni rossi, ma suggerisco alternative corrette. Ha idea di quanto tempo ci voglia?
Io non sono un'eccezione tra i docenti della scuola italiana, perché, fortunatamente, le nostre scuole possono contare su una grande maggioranza di professionisti, che credono nel loro lavoro e lo svolgono con passione ed impegno: che lo praticano come Beruf.
Quanto all'aumento delle ore di insegnamento: Lei sa cosa significa insegnare, cioè svolgere attività didattica per lo più frontale o lezione guidata, perché non abbiamo altri strumenti a disposizione, per 24 ore alla settimana? Lo ha mai fatto? Le posso dire una cosa: ho svolto diversi lavori prima di incominciare ad insegnare e nulla è più faticoso che guidare un gruppo di alunni sulla strada della conoscenza, del sapere. E' una fatica fisica e mentale. E quello che affermo non ha niente a che vedere con il problema della disciplina, con il fatto di dover alzare la voce per farsi ascoltare: un problema che non ho mai avuto, neppure quando svolgevo supplenze temporanee o insegnavo nella scuola secondaria di primo grado a ragazzini più piccoli.
E a proposito di standard europei, signor Ministro, mi fa piacere informarLa che a Skive, e nelle altre scuole danesi che ho visitato, i miei colleghi non solo non hanno cattedre di formica verde, ma hanno un piccolo studio dove possono fermarsi, nelle ore libere tra un impegno e l'altro, e correggere compiti, studiare, riposarsi. Hanno in dotazione computer; hanno sale-professori attrezzate con cucine, salottini con tavolini e divani, distributori gratuiti di bevande calde e fredde. Vuole venire a Pistoia, signor ministro, a vedere che cosa ho a disposizione io, nella mia scuola, quando devo restare intere giornate, perché ho riunioni pomeridiane, e non posso rientrare a casa, non tanto perché la mia abitazione dista 40 km dalla scuola, ma perché il servizio di trasporti regionale è talmente disastroso sulla linea Firenze-Pistoia, che sono costretta a trascorrere intere giornate fuori casa?
Venga, e le mostrerò volentieri la sala-professori, i bagni per gli insegnanti e, se vorrà vederli, anche quelli per gli studenti; se viene quando il freddo sarà arrivato, si copra bene, perché lo scorso anno, a gennaio, per diversi giorni, la temperatura, nelle aule, non superava i 10°. Le mostrerò volentieri le lavagne di ardesia, dove tento di presentare mappe concettuali con gessi talmente scadenti che le cimose polverose non riescono a cancellare i segni. Le mostrerò le poche aule che hanno carte geografiche degne di un mercato del modernariato e quelle invece ancora più spoglie, dove, però, può darsi che penzoli un crocifisso privo di una gamba o di un braccio.
Lei afferma che i soldi risparmiati aumentando le nostre ore di lezione, cioè impiegando meno personale docente e aggravando le difficoltà di una scuola già stremata, verranno investiti in futuro per creare scuole di standard europeo. Non le credo. Sono false promesse e pure offensive per chi nella scuola pubblica lavora e per chi crede nella sua funzione e importanza. Se quella fosse stata la Sua intenzione e l'intenzione del Suo governo, avreste dovuto cominciare perlomeno a darci dei segnali nel corso di questi mesi: non solo questi segnali non ci sono stati, ma quelli che abbiamo visto e vediamo vanno in direzione opposta: l'affossamento e la distruzione della scuola pubblica (per non parlare dell'università).
Il demagogismo non mi attira, né mi attraggono le pulsioni anti-casta. Eppure, signor Ministro mi sento di dirLe che Lei, come molti uomini e donne che hanno responsabilità politiche, siete, parafrasando il titolo di un bel libro di Marco Belpoliti, "senza vergogna": ed è ora, invece, che la vergogna venga riscoperta come virtù civile, e diventi il fondamento di un'etica pubblica, per un Paese, la cui stragrande maggioranza di cittadini e di non-cittadini non merita di essere rappresentata e guidata da una classe politica e "tecnica", ammesso che questa parola abbia un senso, weberianamente miope, non lungimirante, sostanzialmente incapace di pensare all'interesse pubblico e di agire per esso.
Domani sarò in piazza, signor ministro, a gridare con la poca voce che ho la richiesta delle Sue dimissioni!

Antonietta Brillante

[*] Piccola nota informativa: è vero che i "colleghi europei" hanno un orario settimanale di 24 ore, ma le loro "ore" sono di 45 minuti. Fatevi i conti: anche noi - secondo questo calcolo, lavoriamo già 24 ore! Non tutti lo sanno, e certamente non lo sa il ministro.

SCUOLA - NO ALLA DISINFORMAZIONE

(Sentieri erranti) - Il numero di ore settimanali di lezione in classe in Italia è nella media europea se non addirittura superiore. Alle medie i docenti lavorano 18 ore, contro le 18,1 della media europea; mentre alle superiori lavorano 18 ore, contro le 16,3 della media europea.

martedì 16 ottobre 2012

"HO IMPARATO CHE FARE POLITICA"...

Oggi
Questa è un'Italia sfasciata che ha perso ogni speranza, è un'Italia umiliata, disperata come poche altre volte nella sua storia.
Pier Franco Quaglieni

Ieri

Ho imparato che fare politica significa sforzarsi di capire le ragioni degli altri.

Nilde Iotti

venerdì 12 ottobre 2012

ADDIO A CARLA PORTA MUSA, DECANA DELLA CULTURA ITALIANA

Aveva 110 anni Carla Porta Musa, scrittrice comasca, decana della cultura italiana. E' scomparsa pochi giorni fa, a causa delle complicanze di una polmonite. Tutta Como l'ha salutata in Duomo e durate la cerimonia sono state lette alcune commoventi poesie della scrittrice. Nata il 15 marzo 1902 da Maria Casella, ticinese cresciuta a Panama, e dal noto ingegnere milanese Enrico Musa, studiò nei migliori collegi europei, vivendo a Losanna, in Inghilterra, al Caldecote Towers di Bushey, e a Parigi, a Groslay. A soli sei anni suo padre le regalò una piccola biblioteca piena di libri, cosa che fece anche con i suoi fratelli. Negli anni Venti, la poetessa organizzò, presso la propria abitazione di Como, un circolo culturale, i "Lunedì letterari". Nel corso della sua vita ha conosciuto scrittori ed intellettuali come Guido Piovene, Benedetto Croce, Salvatore Quasimodo, Riccardo Bacchelli, Giorgio De Chirico, Felice Casorati, Maria Callas, Piero Bargellini, Indro Montanelli, Dino Buzzati, Marino Moretti e Giovanni Papini. Carla Porta Musa ha collaborato con vari giornali e riviste e scritto una trentina di libri, il primo dei quali scritto per una delusione d'amore, l'ultimo scritto a 109 anni. Sposò il medico milanese Carlo Porta, da cui ha avuto una figlia, Livia, nota pediatra. E' deceduta il 10 ottobre. Al momento della scomparsa era tra le tredici persone più longeve d'Italia e la più anziana della provincia di Como. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed esponenti del mondo politico italiano hanno espresso cordoglio per la scomparsa della nota poetessa.


« Se volete ricordare il mio lungo appassionante amore per la città dove mi vanto d’esser nata, non fatelo intestando strade stradine o vicoli reconditi su lapidi che il tempo scolorisce ma fatelo dedicando al mio bel nome (non per mia scelta, ma che mi fu donato) nella vasta piazza prospiciente il lago un’immensa ninfea dai giochi d’acqua, perennemente festosi e palpitanti  »
   (A Como)


VIDEO SHOCK A "CHI L'HA VISTO?"

Il video del bambino padovano di dieci anni prelevato a forza dalla scuola da polizia e papà, da anni in guerra con la ex moglie, dopo essere stato trasmesso dalla trasmissione "Chi l'ha visto?" ha fatto il giro della rete Internet. Pensateci: il fatto che i politici rubino e ogni giorno qualcuno venga scoperto o inquisito per questo è talmente, appunto, all'ordine del giorno, che ci abbiamo fatto e il callo e per i giornali la cosa non costituisce più nessuno scoop. Invece, la vicenda del bambino conteso, sì. Come anche la frase della donna, ufficiale di polizia, rivolta alla di lui zia: "Io sono un ufficiale di polizia, e lei non è nessuno". Magra figura per la Benemerita, ed ulteriore, lampante prova, che l'inciviltà che regna sovrana nel nostro Paese ha portato al marcio attuale. "Nel paese dei corrotti questi erano onesti per abitudine mentale, condizionamento caratteriale, tic nervoso, insomma non potevano farci niente se erano così", scriveva Italo Calvino.

mercoledì 10 ottobre 2012

FORZA MALALA, PICCOLA GRANDE DONNA!

(Fonte: Riflessi d'acqua


"MALALA YOUSAFZAI...quando una voce libera e critica è un ostacolo da eliminare.

Malala Yousafzai, ragazzina pakistana quattordici anni appena, è uno dei simboli dei diritti delle donne, e delle bambine, nel Pakistan delle aree tribali, dominato ancora dai taleban e da leggi ancestrali. 
 

Da tre anni denunciava nel suo blog, sul sito della Bbc in lingua urdu, la condizione delle bambine nello Swat, allora sotto la piena offensiva dei taleban, che facevano chiudere una scuola dopo l’altra, e distruggevano quelle che si opponevano.
Nel 2011 aveva ottenuto del primo premio nazionale per la pace dal governo di Islamabad ed è stata segnalata per l’International Children’s Peace Prize dal gruppo KidsRights Foundation.
Le hanno sparato appena uscita di scuola. Almeno sei colpi di pistola, che hanno raggiunto lei e due sue compagne e che, solo per caso, non l'hanno uccisa, solo ferita, anche se gravemente.

Forza, Malala, piccola grande Donna!
Devi farcela! Siamo tutti con te"

- Riflessi d'acqua -

*Nella foto: Malala Yousafzai

domenica 7 ottobre 2012

IL SENTIERO VERSO LA VERITA' SECONDO KRISHNAMURTI

Non c'è sentiero verso la verità.
La verità deve essere scoperta, ma non c'è formula per questa scoperta.
Ciò che viene formulato non è vero.
Dovete accingervi a navigare un mare non segnato sulle carte, e questo mare incognito siete voi
stessi.
Dovete salpare alla scoperta di voi stessi, ma non secondo un piano o un programma alcuno, perchè allora non c'è scoperta.
La scoperta dà gioia : non la gioia ricordata, comparativa, ma la gioia ch'è sempre nuova.
La conoscenza di sè, è il principio della saggezza, nel silenzio e nella tranquillità della quale è incommensurabile...

Krishnamurti

mercoledì 3 ottobre 2012

RIDIAMO VITA

Massimo Gramellini 
 
La notizia plana in redazione come un’intrusa, posandosi sopra i piagnistei indignati di qualche ladrone e l’ennesima baruffa politica fra Chissaramai e Chissachì. Narra di un furgoncino che batte le strade di Alessandria per ritirare dai negozi, a fine giornata, i prodotti freschi rimasti invenduti e farne dono alle mense e agli ostelli dei poveri. L’iniziativa promossa dalle associazioni locali di volontariato si chiama «Recuperiamoci, ridiamo vita al cibo». Sembrerebbe l’opera estemporanea di un consesso ristretto di anime caritatevoli, ma nelle stesse ore scopro che domenica prossima un’amica metterà in vendita a prezzi simbolici metà del suo guardaroba e che un’anziana benestante, senza parenti e con un orizzonte limitato di futuro, ha imprestato ai vicini di casa le eccedenze del suo conto in banca.  

E’ un filone comunitario che cresce sottotraccia, una delle prime risposte alla crisi epocale che ha cambiato per sempre le nostre vite, restituendoci quel senso della misura la cui sconsolante mancanza rende i potenti così insopportabili. Esaurita l’era dell’accumulazione nevrotica e compulsiva, chi ha qualcosa di cui non sa che farsene sente il bisogno di darlo a chi ne ha più bisogno di lui. Può trattarsi di cibi, di vestiti, di libri già (o mai) letti. Ma anche di un bene altrettanto prezioso e forse ancora più scarso: il tempo. Per ascoltare chi non ha orecchie a cui rivolgersi. Per parlare a chi è in cerca di consigli. Per amare senza condizioni né aspettative, che poi resta l’unico modo di uscire veramente dal tempo e sentirsi, nonostante tutto, persino felici.  
(La Stampa, 3.10.2012)

Lettori fissi