domenica 31 luglio 2016

CONTRO LA JIHAD SERVE LA CULTURA

La lezione di Elie Wiesel e l’antidoto al jihadismo


31/07/2016
La Stampa
Caro Direttore, i tristi eventi che oramai ci accompagnano quasi quotidianamente mi hanno fatto andare a rileggere un articolo apparso nel 2007 su Physics Today dal titolo «Science and the Islamic world - The quest for reapprochment» (Scienza e mondo islamico - la ricerca per la riconciliazione). L’autore, Pervez Hoodbhoy, professore del dipartimento di Fisica dell’Università di Islamabad, presenta una disamina onesta delle ragioni del declino e dell’enorme ritardo accumulato nel mondo islamico in campo scientifico, riconoscendo che le radici precedono di secoli la dominazione attuale dell’«imperialismo mercantile».  

A un certo punto Hoodbhoy presenta un dato cruciale che mi sembra sia stato ingiustamente trascurato. Citando uno studio del 2002 commissionato dalle Nazioni Unite a un gruppo di intellettuali arabi e pubblicato al Cairo, l’articolo riporta: «Con l’eccezione dell’Iran e della Turchia (Paesi non di lingua araba), il tasso annuale di traduzione da lingue straniere è basso. L’intero mondo arabo traduce circa 330 libri all’anno, un quinto del numero dei libri tradotti in Greco moderno. Nei 1000 anni trascorsi dal regno del califfo Maa’moun, gli arabi hanno tradotto tanti libri quanti se ne traducono in spagnolo in un anno».  
Sta di fatto che con ogni probabilità il mondo arabo, tranne rarissime eccezioni, non ha la possibilità di confrontarsi con il nostro Abc. Quanti hanno mai letto una pagina di Cervantes, di Victor Hugo, di Dostoevskij, di Manzoni, insomma del corpus di letteratura che piaccia o meno «spiega» la nostra civiltà?

Massimo Robberto

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Caro Robberto, quanto lei scrive ricorda la tesi espressa da Bernard Lewis nel suo «What Went Wrong» (Cosa è andato storto) che uscì in America poco dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001. Lewis spiegava che alla radice del jihadismo c’è un rifiuto della modernità che si alimenta dalla carenza di conoscenza, nel mondo arabo, sulle rivoluzioni francese ed americana.  
Nelle università arabe di studia l’Occidente assai meno di quanto in quelle occidentali si studi l’Islam. Quando si chiedeva a Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace sopravvissuto alla Shoah, quale era il miglior antidoto all’odio la sua risposta era, puntualmente, «lo studio». Ecco perché una delle risposte migliori che il mondo arabo può dare al jihadismo è lo studio delle battaglie per i diritti dell’uomo che, dalla Bastiglia in poi, sono avvenute nei Paesi dell’Emisfero Settentrionale. 

venerdì 29 luglio 2016

FUSARO: LA RIFORMA COSTITUZIONALE E' VOLUTA DALL'UE E DALLE BANCHE

(Il Fatto Quotidiano) - Esprimiamo subito, senza giri di parole, il nostro punto di vista. Proprio perché a chiederci di votare sì al referendum costituzionale sono sire Renzi, il sistema bancario e quell’Unione Europea che di democratico non ha ormai nemmeno più l’apparenza, occorre votare NO, senza dubbi, esitazioni e ripensamenti.
Questa riforma costituzionale “ce la chiede l’Europa”, ossia la stessa entità antidemocratica che ci chiede austerità e spending review, tagli alla spesa pubblica e ai diritti: il sistema neoliberista vincente aspira a destrutturare le costituzioni degli Stati sovrani, per imporre senza limitazioni il proprio regime di mercato assoluto.
L’Unione Europea come trionfo dei capitali e della finanza necessita di istituzioni statali che eseguano cadavericamente e senza possibili obiezioni i diktat voluti dall’alto: l’Unione Europea vuole “riforme” limitative degli spazi di partecipazione democratica; vuole esecutivi forti e parlamenti deboli. Questa riforma costituzionale la vuole, poi, il sistema bancario internazionale, che nella Carta costituzionale italiana vede un fastidioso ostacolo all’instaurazione del proprio dominio assoluto.
Da molti anni, lo sappiamo, le grandi banche internazionali, ma poi anche tutte le autorità non democratiche e connesse agli interessi finanziari (Bruxelles, G7, Fondo monetario internazionale) ci ripetono senza sosta che dobbiamo fare “riforme” volte a migliorare e a rendere maggiormente efficiente la nostra “governance” politica.
La lettera che la Bce mandò all’Italia nel 2011 era solo un “antipasto”: il peggio doveva ancora arrivare, ed è la riforma della costituzione. Una riforma, sia detto per incidens, che il popolo non vuole e che, come ricordato da Zagrebelsky, nasce da un “Parlamento illegittimo, eletto con una legge elettorale obbrobriosa, dichiarata incostituzionale”.
Ovviamente il blocco egemonico mobiliterà l’intero quadro intellettuale, accademico e giornalistico: il caso di Benigni è il primo e non sarà certo l’ultimo. Il grande difensore della “costituzione più bella del mondo” (cit.) che si fa sostenitore della sua riforma, rinnegando in blocco anni di militanza pro-Costituzione: uno spettacolo tragicomico.
È, certo, il caso più interessante, per ora, giacché rivela apertamente la pervasività del sistema e, insieme, la corruzione del clero intellettuale, che si riconferma – come disse Costanzo Preve – un banco di pesci pronto a seguire sempre compattamente le correnti del politicamente corretto e del potere. Preparatevi. Vedremo intellettuali, giornalisti e accademici che peroreranno la causa della riforma costituzionale, delegittimando, silenziando e ingiuriando chiunque ancora resista e non tradisca la repubblica e la storia del nostro Paese.
L’aveva detto Bourdieu: gli intellettuali sono la parte dominata della classe dominante; appartengono a quest’ultima, giacché hanno anch’essi un capitale, di tipo culturale. Ma sono dominati nella classe dominante, perché devono vendere quel capitale culturale: che dunque non può non coincidere con gli interessi di chi lo “compra”, cioè i dominanti.
Mi ha colpito qualche settimana fa, sul “Corriere della sera”, una vignetta: era raffigurato Zagrebelsky, fermo sostenitore del “no” alla riforma, in veste di fascista, inseguito dalle brigate partigiane piddine a favore del “sì”. L’accusa di fascismo cade ora su chi difende la Carta costituzionale che nacque dalla fine del fascismo e dall’incontro tra la visione comunista del lavoro e quella cattolica della dignità della persona.
La signora Boschi ha dato il via a questa pratica oscena, dicendo che chi vota per il “no” è “come Casa Pound”. La storia non è nuova, in fondo: in nome dell’antifascismo, si può agire con i metodi squadristi che furono propri del fascismo. La profezia di Orwell si è realizzata: “la storia era un palinsesto che poteva essere riscritto tutte le volte che si voleva”. È quello che sta accadendo.
Da quando nacque la nostra Costituzione, nacquero anche – lo sappiamo – i tentativi di distruggerla o, come usa dire ora con la neolingua orwelliana, di “riformarla”. Ciò che non riuscì a Junio Valerio Borghese e a Licio Gelli, potrebbe riuscire ora all’Unione Europea, al sistema bancario internazionale e ai loro agenti senza qualità.

martedì 26 luglio 2016

ALIANO, IL PIU' BEL FESTIVAL CHE CI SIA



(wikipedia) - Aliano è un comune italiano di 1.009 abitanti della provincia di Matera in Basilicata. È noto per essere stato il luogo in cui trascorse parte del suo periodo di confino lo scrittore Carlo Levi. Aliano è inoltre affiliato all'Associazione Nazionale Città dell'Olio ed il suo territorio circostante è caratterizzato dal tipico paesaggio dei calanchi. Arrampicato su un colle argilloso a 555 m s.l.m., domina la Val d'Agri e il torrente Sauro nella parte centro-occidentale della provincia al confine con la parte centro-orientale della provincia di Potenza. Nel suo territorio sono presenti numerosi calanchi. I film girati nel territorio di Aliano, sono: Cristo si è fermato a Eboli, diretto da Francesco Rosi e con Gian Maria Volonté (1979). Basilicata coast to coast, diretto da Rocco Papaleo (2010). 

(Franco Arminio) - Aliano in questi giorni si è candidata come capitale italiana della cultura per il 2018. Questo è un pezzo del dossier che è stato spedito al ministero dei beni culturali.
In tutto il mondo i politici credono molto alle metropoli, vivono nelle metropoli. In tutto il mondo si fanno aeroporti, metropolitane, grandi parcheggi, insomma si pensa ai luoghi dove vivono tante persone tutte assieme. Noi vorremmo che l'Italia diventasse una nazione che dà molto attenzione ai paesi. E questa attenzione dovrebbe cominciare dai paesi del Sud. Meglio ancora, dai paesi del Sud più lontani dai grandi centri. Ecco, un paese ideale su cui l'Italia dovrebbe investire è Aliano. Un luogo che tenta di diventare luogo di accoglienza dopo un passato da luogo di esilio. Di un paese così non hanno bisogno solo i suoi abitanti, ma gli italiani delle città e di altri paesi. Aliano come capitale del margine. L'Italia come nazione in cui il margine riceve grandi attenzioni. Una nazione in cui ogni albero, ogni strada di campagna, ogni piccola masseria, ogni azienda agricola sono considerati come il centro di tutto e di tutti. Il centro per salvarsi deve smettere di rubare linfa ai margini. In questo modo il margine muore e il centro vive male.
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Un piccolo paese viene raccontato dai suoi abitanti partendo sempre da quello che manca. Quando il visitatore chiede: cosa c'è in questo paese? La risposta è molto facile: niente. Aliano è uno dei tanti paesi che a passarci dentro distrattamente puoi pensare che non c'è niente. E invece è un paese pieno di luoghi culturali. E molti di questi luoghi sono legati a Carlo Levi, alla sua scrittura e alla sua pittura. Aliano è un paese fragile dal punto di vista geologico e dal punto di vista demografico. Un paese che cade, un paese da cui si emigra. Sarebbe bellissimo se l'Italia nominasse Aliano come capitale della cultura per il 2018. Un gesto rivoluzionario. Un gesto che sarebbe l'inizio di un nuovo Rinascimento per luoghi dove il Rinascimento non c'è mai stato.
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Ad Aliano è nato il Festival della Paesologia. Non poteva nascere altrove. La paesologia è uno sguardo umorale sui luoghi meno noti. Uno sguardo che intreccia il dentro e il fuori. Nel 2018 sarebbe bellissimo trasformare il festival in un'azione poetica che dura un anno intero. Ogni persona che arriva, ogni dialogo, ogni solitudine, tutto è dentro questo festival che abolisce lo spettacolo, la divisione tra artisti e spettatori. Un anno intero in cui un paese viene attraversato dalle migliori esperienze umane. Aliano accoglie, si lascia attraversare, offre il paesaggio inoperoso dei calanchi, offre le sue debolezze, e tutto questo diventa una sorta di Expo della vita ordinaria, un luogo in cui la poesia e l'impegno civile si intrecciano. Aliano diventa laboratorio dell'Italia interna. Si filano i pensieri, se ne fanno vestiti per il buon umore e per una buona storia. L'Italia non può uscire dal capitalismo, ma può uscire dall'ossessione del Centro. Aliano si dà il coraggio di fare una festa che dura un anno intero, l'Italia dell'arte e l'Italia rurale s'incontrano in una sagra che non esiste: la sagra del futuro.
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I paesi non moriranno. I paesi saranno le capitali del mondo. Aliano può essere un esperimento. La società dell'autismo corale può essere curata solo in luoghi in cui c'è tanto spazio e poche persone. Ci vuole uno spazio che è tutto dentro la modernità, ma che è poco urbanizzato. Uno spazio in cui salutare è un gesto coltissimo, è grande cultura passare il tempo, avvertire quello che accade nei volti, sentire la pioggia, sentire gli animali, sentire i morti. Un paese capitale della vita scampata al genocidio degli affari, alla smania del tempo pieno, al delirio di sfruttare ogni occasione. Aliano non ha avuto fretta, non ha mai fretta. La sua grazia è nel pane, nell'olio. Un paese è bello quando non somiglia a nessun altro, quando ha un'aria solamente sua, un'aria inattuale, un'aria che sembra ignorare quale secolo è in corso. L'Italia deve rialzarsi partendo dai luoghi che ha trascurato. Non bisogna pensare a una cultura che produce economia, ma una cultura che produce emozione, silenzio, dolcezza, lontananza.

(Dalla pagina facebook di Franco Arminio
nel programma sterminato della festa della paesologia
ci sarà posto anche per i monologhi di attori falliti e per le letture di poeti che non riescono a pubblicare neanche a pagamento
scrivete a livarmonio@gmail.com


L'UNIONE EUROPEA: FASE SUPREMA DEL NEOLIBERISMO


venerdì 15 luglio 2016

"NOI ISLAMICI SAPPIAMO SOLO ASSOLVERCI DALLA COLPA"

Immaginate che i giovani occidentali vengano qui e compiano una missione suicida in una delle nostre piazze in nome della Croce. Immaginate di sentire le voci di monaci e sacerdoti, provenienti da chiese e luoghi di preghiera dentro e fuori il mondo arabo, che urlano negli altoparlanti e lanciano accuse contro i musulmani, chiamandoli infedeli e cantando: ‘Dio, elimina i musulmani e sconfiggili tutti’.
Immaginate che noi avessimo fornito ad un numero infinito di gruppi stranieri carte d’identità, cittadinanze, visti, posti di lavoro, istruzione gratuita, moderna assistenza sanitaria gratuita, previdenza sociale e così via, e che poi sia uscito fuori un membro di uno di questi gruppi, consumato dall’odio e dalla sete di sangue, e abbia ucciso i nostri figli nelle nostre strade, nei nostri edifici, negli uffici dei nostri giornali, nelle nostre moschee e nelle nostre scuole.
Queste immagini sono lontane dalla mente del terrorista arabo o musulmano, perché ha la certezza che l’Occidente sia umanitario e che il cittadino occidentale si rifiuti di rispondere così ai barbari crimini dei terroristi islamici. Nonostante gli atti terroristici di Al-Qaeda e dell’ISIS, noi stiamo sul suolo occidentale da anni senza alcun timore o preoccupazione. Milioni di musulmani – turisti, immigrati, studenti e persone in cerca di lavoro – hanno le porte aperte e le strade sicure.
E’ strano che noi condanniamo l’Occidente invece di affrontare ciò che sta accadendo in mezzo a noi: i modi estremisti in cui interpretiamo la sharia e il nostro atteggiamento reazionario l’uno verso l’altro e verso il mondo. E’ strano che noi condanniamo invece di chiedere scusa al mondo.
Certi opinionisti arabi promuovono un messaggio patetico e recitano all’orecchio del loro amico le stesse parole che lui ha ripetuto milioni di volte riferendosi ai terroristi musulmani: ‘Quelli non rappresentano l’islam, ma solo se stessi’.
Questo è tutto quello che sappiamo fare: assolverci dalla colpa.

Nadine Al-Budair

venerdì 1 luglio 2016

IL POTERE DELLA CALMA

"La calma è più dinamica e potente della pace
La calma dona il potere di superare tutti gli
ostacoli della vita…Persino nei rapporti umani, la persona che rimane calma in ogni circostanza è invincibile"

Paramhansa Yogananda

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