mercoledì 17 settembre 2008

Tempo di vendemmia






Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore. E di nuovo, guardandomi intorno, pensavo a quei ciuffi di piante e di canne, quei boschetti e quelle rive – tutti quei nomi di paesi e di siti là intorno – che sono inutili e non danno raccolto, eppure hanno anche quelli il loro bello – ogni vigna la sua macchia – e fa piacere posarci l’occhio e saperci i nidi. Le donne, pensai, hanno addosso qualcosa di simile.
La luna e i falò, Cesare Pavese

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domenica 14 settembre 2008

"Mi piaci": è amore

Scoprire l'acqua calda in amore è un risultato scientifico degno di nota. A quanto pare infatti, secondo uno studio condotto da psicologi dell'università di Aberdeen (Gb), che apparirà sulla rivista "Psychological Science", la formula magica per essere amati è dire semplicemente "mi piaci" alla persona che ci interessa. E il gioco è fatto: ai suoi occhi appariremo subito più attraenti, nonostante i nostri difetti fisici. La ricerca sarà presentata al BA Festival of Science, in corso a Liverpool fino all'11 settembre. La ricerca, che ha coinvolto 230 fra uomini e donne, ha dimostrato che l'apprezzamento manifestato a parole, o anche con sorrisi e sguardi molto diretti dai pretendenti, li fa magicamente apparire più appetibili agli occhi di chi viene corteggiato. In pratica a interesse esplicito corrisponde, se non un sì assicurato, almeno più chance di riuscita nell'impresa amorosa. Un fenomeno sociale evidenziato da un esperimento altrettanto semplice: a tutti i partecipanti allo studio sono state mostrate fotografie di persone in diversi atteggiamenti. Alcuni sorridevano e sembravano ammiccare, altri apparivano assolutamente seri e poco interessati. Dopo aver domandato ai volontari quali persone sembrassero più attraenti, la maggior parte ha risposto indicando i personaggi che mostravano più interesse nei confronti di chi li guardava. «È come se imparassimo a quotare la nostra attrattività - sottolineano gli esperti - attraverso il comportamento degli altri nei nostri confronti: è apparsa evidente la preferenza che le persone manifestano nei confronti di uomini o donne per così dire del loro livello, cioè con un carico di sex appeal e bellezza simile a quella che loro pensano di avere».


Libero News

venerdì 12 settembre 2008

La scuola secondo me: stipendi doppi agli insegnanti

Da: barbablog.style.it, di Daria Bignardi

Il ministro Mariastella Gelmini ha gioco facile con noi nati negli anni Sessanta. Uè, Mariastèlla: ci parla di rimettere il grembiule, di tornare ai voti al posto dei giudizi, di ripristinare la bocciatura per cattiva condotta, di iniziare la scuola dopo la metà di settembre, e noi figli di Carosello siamo tutti contenti perché ci sembra di tornar bambini. Si figuri che in prima elementare io scrivevo ancora col pennino e l’inchiostro. E avevo tutti dieci, tranne in ginnastica.Il mio fantastico maestro Eros Benetti, acceso socialista, portava in classe il televisore il giorno dell’elezione del presidente della Repubblica. E ci fumava in faccia un pacchetto di Nazionali senza filtro al giorno. Quando diceva a qualcuno che «era stupido come l’oca del falegname, che stava in Po e andava a casa a bere», nessuno si offendeva. Il maestro non si discuteva, come oggi solo la squadra del cuore: era figo e basta, nonostante la pelata, il doppiomento e le lenti spesse come fondi di bottiglia. Però non basta tornare indietro per andare avanti. Non basterà rispolverare le tabelline e imparare Il sabato del villaggio a memoria per risolvere i problemi della scuola, che sono drammaticamente urgenti. La proposta del maestro unico fa suonare un campanello d’allarme, anzi una sirena. Non è che il grembiulino serve a coprire una realtà inaccettabile di gravi tagli alla scuola?Io voglio credere alla sua buona fede, e pazienza per la sua professoressa siciliana che si è risentita: lei non voleva discriminare quando ha parlato di insegnanti del Nord e del Sud, ma solo segnalare situazioni critiche, vero? Da tempo ho fatto il fioretto di non credere alle dietrologie: ma la posta in gioco, se parliamo di scuola, è troppo alta. La scuola è la vita e il futuro. Non si possono accettare pastrocchi sulla testa dei nostri figli, tanto per citare il presidente che tanto la stima. Se lei è determinata come dicono, cerchi di trovare il modo di aiutarla davvero, questa scuola massacrata dalle riforme cretine e soprattutto dalla mancanza di investimenti e di visione.La scuola non è più il luogo dove si apprende, ma un enorme parcheggio dove succede qualsiasi cosa. Qualche eroico insegnante preparato e motivato ancora resiste, e bisognerebbe dargli la medaglia come alle Olimpiadi, altro che bacchettarlo e licenziarlo. Visto che in Italia in fatto di scuola da decenni il primo che passa dice la sua, le butto lì anch’io un paio di cose che potrebbe fare, signora ministro.Primo: raddoppiare gli stipendi degli insegnanti. Secondo: laurea obbligatoria per i maestri elementari. Terzo: investire nella formazione dei docenti, istituendo corsi di laurea specifici e selettivi.Insegnare deve tornare a essere una professione prestigiosa, e la scuola un posto dove si formano persone e cittadini di qualità. Come fare? E chi lo sa. Ci vorrebbe un miracolo. Ma voi li sapete fare, no?Qualcuno già dice che se va avanti così, a colpi di restaurazione, potrebbe tornare la contestazione. Magari. Sarebbe già qualcosa.Le auguro buon lavoro, e buona fortuna a tutti.

'Raccontare con le immagini'

Il lavoro del fotogiornalista sannita Roberto Boccaccino

Nasce a Benevento, fotografa da quando aveva 18 anni, oggi ne ha 24 e vive a Milano. E’ il profilo di Roberto Boccaccino, fotogiornalista e collaboratore dal 2007 dell’agenzia Grazia Neri di Milano. Appassionato della fotografia in bianco e nero e del reportage, ha realizzato da poco un lavoro sugli ospedali psichiatrici giudiziari e un altro, ancora in corso, sulle case occupate nei centri urbani italiani. In un’intervista al Quaderno.it spiega come con la fotografia sia stato “un amore a prima vista”.

Come è iniziata la sua passione per la fotografia?
Ho avuto un primo approccio a 18 anni con la macchina fotografica a pellicola. Da sempre ho avuto un certo interesse per la comunicazione visiva, poi ho capito che negli anni stavo costruendo qualcosa e pian piano è diventato il mio lavoro. Attualmente mi occupo di fotografia di reportage.

Come si racconta una storia con le immagini?
Sto ancora sperimentando come raccontare in modo originale una vicenda. Bisognerebbe evitare di essere eccessivamente didascalici e trovare una suggestione in quello che si fotografa. Per parlare dei campi rom, ad esempio, non basta fare le foto ai bambini davanti alle case distrutte. Sarebbe interessante, invece, avvicinare l’osservatore alle emozioni che si possono provare in quel contesto. Una foto singola può riassumere un avvenimento?Può farlo sicuramente, ma in maniera parziale. Se uno scatto, anche emblematico, fosse inserito in una serie, avrebbe di sicuro una potenza maggiore. Molte volte un articolo di giornale raggiunge la sua completezza quando è corredato da più immagini.

Quanto è importante viaggiare per un fotografo?
Se si vuole fare carriera è necessario viaggiare. Sono stato recentemente al festival di fotogiornalismo a Perpignan, in Francia, e ho potuto constatare che le tematiche sono sempre relative ai paesi in via di sviluppo oppure a situazioni di conflitto. Mi sembra giusto raccontare le storie più tragiche con le immagini, ma sembra quasi che il fotogiornalismo debba raccontare solo questo. Quello che manca nelle tematiche è un po’ di eterogeneità in più. A volte dipende anche dai giornali cosa richiedono.

Quanto incide il mercato nel mestiere di fotogiornalista?
Molte volte bisogna scendere a compromessi. E’ ancora molto diffuso l’amore per l’esotico. Ad esempio vale più un reportage sulle case occupate a Caracas rispetto a un altro che tratta lo stesso argomento ma realizzato in Italia. Personalmente apprezzo molto chi riesce a raccontare storie apparentemente banali in maniera esemplare.

Quanto è importante il luogo di lavoro per chi svolge questa professione?
All’inizio è importante vivere i grandi centri culturali italiani, soprattutto per stabilire i contatti, fondamentali per questo lavoro. A volte succede di stare un paio di settimane a Milano e un’altra fuori. Le notizie non sono tutte nello stesso luogo, bisogna muoversi per trovarle e raccontarle. Una volta stabilito i rapporti con le agenzie e le redazioni si può anche vivere in una città di provincia.

Quindi ritornerebbe in una città come Benevento?

Non ritornerei soprattutto perché oramai ho gli amici e la mia ragazza da un’altra parte, sarebbe difficile per me restare qui. Per motivi personali tra breve mi trasferirò a Firenze, so che sto facendo un passo indietro soprattutto perché è un decimo di Milano. Io credo che al di là della professione una persona deve badare anche alla propria felicità.

Secondo lei una città come Benevento ha un bacino di notizie che può creare fotogiornalismo?
Questa città, al di là delle foto, non ha notizie importanti a livello nazionale. E’ difficile crescere in questo ambiente perché non si ha molta materia su cui lavorare.Spesso i fotografi pensano per immagini.

Se lei dovesse isolare un fotogramma che ricorda il suo luogo di nascita, come sarebbe?
Immagino una foto notturna, alla fine del Viale Mellusi, senza nemmeno una macchina. Credo che rappresenti molto la realtà, in inverno a tarda sera gira solo la polizia. Benevento la vedo una città molto bella ma priva di vita, manca il fervore di una grande città.

Che tipo di fotografia non sopporta?
Quasi tutte le foto che girano sui quotidiani. Il mercato dei giornali ha rovinato questo lavoro. Spesso alle foto a basso prezzo corrisponde bassa qualità. Nel campo del giornalismo chi fotografa ha lo stesso valore di chi scrive?Anche il paparazzo può fare il fotogiornalista, fa informazione e pubblica sui giornali. Il fotografo viene visto più come un operatore perché credo ci siano diversi campi di lavoro che abbassano la qualità e non permettono un riconoscimento ufficiale.Scatti in bianco e nero o a colori?Se fosse per me fotograferei sempre in bianco e nero. Il problema è che la maggior parte delle persone del settore acquista scatti a colori.

Pellicola o digitale?
Oggi direi digitale, anche se la pellicola ancora non è stata raggiunta come qualità. Fotografare col rullino è anacronistico, sono pochi i professionisti che la utilizzano.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Sto lavorando a un progetto sul calcio storico fiorentino. Ci sono vari quartieri che si sfidano, una manifestazione simile al palio ma meno famosa. E’ molto violento, ricorda un po’ il rugby, infatti è stato sospeso per tre anni. Mi piacerebbe fare qualcosa anche sulla comunità cinese a Prato, dicono che sia una delle più grandi d’Italia. Sarà difficile realizzarlo perché i cinesi hanno un carattere molto chiuso.Roberto Boccaccino ha studiato all’ università di Perugia, conseguendo la laurea in Tecnica Pubblicitaria. Nel 2006 ha frequentato uno stage di cinque mesi presso l’agenzia fotogiornalistica Grazia Neri di Milano, con la quale attualmente lavora. E’ possibile vedere i suoi scatti sul sito http://www.robertoboccaccino.it/

Lorenzo Palmieri

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