venerdì 12 settembre 2008

'Raccontare con le immagini'

Il lavoro del fotogiornalista sannita Roberto Boccaccino

Nasce a Benevento, fotografa da quando aveva 18 anni, oggi ne ha 24 e vive a Milano. E’ il profilo di Roberto Boccaccino, fotogiornalista e collaboratore dal 2007 dell’agenzia Grazia Neri di Milano. Appassionato della fotografia in bianco e nero e del reportage, ha realizzato da poco un lavoro sugli ospedali psichiatrici giudiziari e un altro, ancora in corso, sulle case occupate nei centri urbani italiani. In un’intervista al Quaderno.it spiega come con la fotografia sia stato “un amore a prima vista”.

Come è iniziata la sua passione per la fotografia?
Ho avuto un primo approccio a 18 anni con la macchina fotografica a pellicola. Da sempre ho avuto un certo interesse per la comunicazione visiva, poi ho capito che negli anni stavo costruendo qualcosa e pian piano è diventato il mio lavoro. Attualmente mi occupo di fotografia di reportage.

Come si racconta una storia con le immagini?
Sto ancora sperimentando come raccontare in modo originale una vicenda. Bisognerebbe evitare di essere eccessivamente didascalici e trovare una suggestione in quello che si fotografa. Per parlare dei campi rom, ad esempio, non basta fare le foto ai bambini davanti alle case distrutte. Sarebbe interessante, invece, avvicinare l’osservatore alle emozioni che si possono provare in quel contesto. Una foto singola può riassumere un avvenimento?Può farlo sicuramente, ma in maniera parziale. Se uno scatto, anche emblematico, fosse inserito in una serie, avrebbe di sicuro una potenza maggiore. Molte volte un articolo di giornale raggiunge la sua completezza quando è corredato da più immagini.

Quanto è importante viaggiare per un fotografo?
Se si vuole fare carriera è necessario viaggiare. Sono stato recentemente al festival di fotogiornalismo a Perpignan, in Francia, e ho potuto constatare che le tematiche sono sempre relative ai paesi in via di sviluppo oppure a situazioni di conflitto. Mi sembra giusto raccontare le storie più tragiche con le immagini, ma sembra quasi che il fotogiornalismo debba raccontare solo questo. Quello che manca nelle tematiche è un po’ di eterogeneità in più. A volte dipende anche dai giornali cosa richiedono.

Quanto incide il mercato nel mestiere di fotogiornalista?
Molte volte bisogna scendere a compromessi. E’ ancora molto diffuso l’amore per l’esotico. Ad esempio vale più un reportage sulle case occupate a Caracas rispetto a un altro che tratta lo stesso argomento ma realizzato in Italia. Personalmente apprezzo molto chi riesce a raccontare storie apparentemente banali in maniera esemplare.

Quanto è importante il luogo di lavoro per chi svolge questa professione?
All’inizio è importante vivere i grandi centri culturali italiani, soprattutto per stabilire i contatti, fondamentali per questo lavoro. A volte succede di stare un paio di settimane a Milano e un’altra fuori. Le notizie non sono tutte nello stesso luogo, bisogna muoversi per trovarle e raccontarle. Una volta stabilito i rapporti con le agenzie e le redazioni si può anche vivere in una città di provincia.

Quindi ritornerebbe in una città come Benevento?

Non ritornerei soprattutto perché oramai ho gli amici e la mia ragazza da un’altra parte, sarebbe difficile per me restare qui. Per motivi personali tra breve mi trasferirò a Firenze, so che sto facendo un passo indietro soprattutto perché è un decimo di Milano. Io credo che al di là della professione una persona deve badare anche alla propria felicità.

Secondo lei una città come Benevento ha un bacino di notizie che può creare fotogiornalismo?
Questa città, al di là delle foto, non ha notizie importanti a livello nazionale. E’ difficile crescere in questo ambiente perché non si ha molta materia su cui lavorare.Spesso i fotografi pensano per immagini.

Se lei dovesse isolare un fotogramma che ricorda il suo luogo di nascita, come sarebbe?
Immagino una foto notturna, alla fine del Viale Mellusi, senza nemmeno una macchina. Credo che rappresenti molto la realtà, in inverno a tarda sera gira solo la polizia. Benevento la vedo una città molto bella ma priva di vita, manca il fervore di una grande città.

Che tipo di fotografia non sopporta?
Quasi tutte le foto che girano sui quotidiani. Il mercato dei giornali ha rovinato questo lavoro. Spesso alle foto a basso prezzo corrisponde bassa qualità. Nel campo del giornalismo chi fotografa ha lo stesso valore di chi scrive?Anche il paparazzo può fare il fotogiornalista, fa informazione e pubblica sui giornali. Il fotografo viene visto più come un operatore perché credo ci siano diversi campi di lavoro che abbassano la qualità e non permettono un riconoscimento ufficiale.Scatti in bianco e nero o a colori?Se fosse per me fotograferei sempre in bianco e nero. Il problema è che la maggior parte delle persone del settore acquista scatti a colori.

Pellicola o digitale?
Oggi direi digitale, anche se la pellicola ancora non è stata raggiunta come qualità. Fotografare col rullino è anacronistico, sono pochi i professionisti che la utilizzano.

Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Sto lavorando a un progetto sul calcio storico fiorentino. Ci sono vari quartieri che si sfidano, una manifestazione simile al palio ma meno famosa. E’ molto violento, ricorda un po’ il rugby, infatti è stato sospeso per tre anni. Mi piacerebbe fare qualcosa anche sulla comunità cinese a Prato, dicono che sia una delle più grandi d’Italia. Sarà difficile realizzarlo perché i cinesi hanno un carattere molto chiuso.Roberto Boccaccino ha studiato all’ università di Perugia, conseguendo la laurea in Tecnica Pubblicitaria. Nel 2006 ha frequentato uno stage di cinque mesi presso l’agenzia fotogiornalistica Grazia Neri di Milano, con la quale attualmente lavora. E’ possibile vedere i suoi scatti sul sito http://www.robertoboccaccino.it/

Lorenzo Palmieri

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