lunedì 24 novembre 2008

IL SALVATORE D’ITALIA

Stavolta il Cavaliere merita davvero dei fiori per la sua ultima alzata d’ingegno. Per risollevare l’Italia dalla crisi economica – dice Silvio Berlusconi – occorre che gli italiani spendano di più, non si facciano prendere dal panico della terza settimana e facciano circolare più denaro. Bene bene bene. Si vede che l’altra notte il premier ha ripassato Keynes, mentre nel frattempo dava una sbirciata ai programmi di satira che lo prendono come bersaglio (ma a lui basta apparire, sempre e comunque, in tutte le salse, e se non è kui a fare le battute basta che ci sia chi le faccia su di lui).
Siamo grati al Cavaliere per questa genialata, e ci auguriamo che al più presto i nostri parlamentari diano il buon esempio. Cominciando con il distribuire i loro ventimila euro e passa mensili a fare beneficenza alle famiglie povere d’Italia, quelle, per intenderci, che campano con 700 euro al mese (e ce ne sono, oh se ce ne sono), iniziando a acquistare di tasca propria le ricariche dei loro cellulari, la benzina nell’automobile, i viaggi in aereo, nonché a pagare i salatissimi conti quando vanno a consumare abbondantemente in caffè e ristoranti (mi sembrano tutti più panciuti ultimamente…).
Una scuola a Rivoli è crollata ed un ragazzo di 17 anni – poteva essere loro figlio o nipote – è morto. Da anni non veniva effettuata alcuna manutenzione all’edificio, e ricordiamo che è appena stata varata la riforma Gelmini, che tagli tutti i fondi possibili sull’istruzione, anche se la ministra, a danno avvenuto, si è affannata a precisare che sarebbero pronti 300 milioni di euro per l’edilizia scolastica.
Ora.
Dopo decenni che le scuole facevano richiesta al Ministero per avere quattrini in modo da rimettersi letteralmente in sesto.
Con la speranza che quelli che ci rappresentano e siedono in quegli scranni inizino a far circolare moneta, in modo che gli italiani seguano a ruota e riscoprano con essi l’altruismo e la propensione al dono - su cui i nostri politici potrebbero dare lezioni -, offriamo questi fiori virtuali al Cavaliere.

giovedì 20 novembre 2008

I LAUREATI? VANNO A ZAPPARE

Fonte: La Stampa, 19 novembre 2008

Perché un commercialista con uno studio ben avviato, o un esperto di informatica, dovrebbe mollare tutto per mettersi a fare l’agricoltore? Difficile dirlo, ma è quel che sta succedendo in mezza Italia. La terra sta tornando di moda. Sarà colpa della crisi, che ha fatto riscoprire il gusto dell’economia reale, ma i bandi regionali per ottenere i finanziamenti destinati ai giovani che vogliono aprire un’attività agricola sono presi d’assalto. Il caso più eclatante, forse, è il Piemonte: 1700 richieste, alla scadenza dei termini saranno duemila. I 30 milioni di euro stanziati potrebbero non bastare.
“C’è fermento – conferma il ministro dell’agricoltura Luca Zaia -. Ricevo decine di mail, ragazzi che mi chiedono come iniziare l’attività agricola. Questa è una rivoluzione: il mondo crolla sotto il macigno dell’economia virtuale e i giovani tornano a quella reale”.
“Voglio andare a vivere in campagna”, l’inno alla crisi esistenziale cantato da Toto Cutugno, oggi sembra più vero che mai. La terra fa tendenza, anche se qui non ci sono romantici, ma giovani quasi sempre laureati, con progetti in cui si parla di business plan, tecnologie e macchinari sofisticati. Altro che sognatori: chi prende i finanziamenti e poi fallisce dovrà
restituire i soldi.

LA RIFORMA DEI MENO

Fonte: La Stampa, 19 novembre 2008

GIANNI OLIVA
GIANNA PENTENERO

(Estratto). Appena iniziato, questo è già un anno profondamente “nuovo”. C’è chi parla di una riedizione del ’68. Il clima della mobilitazione è analogo, ma c’è una differenza profonda: il ’68 è stato un fenomeno europeo contro un modello di scuola e di società superati dalle trasformazioni economiche degli anni ’50-’60; il 2008 è un fenomeno solo italiano, scatenato da provvedimenti che hanno il titolo pretestuoso di “riforma” e che invece sono solo tagli, ridimensionamenti, destabilizzazione.
Otto miliardi di euro in meno nei prossimi tre anni; 87mila docenti in meno; 45 mila unità di personale Ata in meno; soppressione dei plessi scolastici con meno di 50 alunni. Quando mai le riforme di fanno con i “meno” e con le soppressioni?
Il nostro sistema scolastico ha molti difetti e necessita di interventi. Non ha però bisogno di smantellamenti.
Caro ministro, non è con i grembiulini che si costruisce la scuola dell’uguaglianza, ma con le pari opportunità di apprendimento offerte a tutti; è quello che c’è stato finora e che i suoi tagli vogliono distruggere.

Assessore alla Cultura
Assessore all’Istruzione della Regione Piemonte

venerdì 14 novembre 2008

Streghe

Dall'ultimo libro di LILLI GRUBER "Streghe. La riscossa delle donne d'Italia" - Rizzoli, ottobre 2008

L’ultima “strega” d’Europa, ufficialmente, fu la svizzera Anna Göldi, decapitata nel 1782. Ma alcuni contano anche Barbara Zdunk, mandata al rogo nel 1811. Barbara aveva quarantadue anni ed era polacca. Nel 1806 il piccolo villaggio in cui abitava, Reszel, fu devastato da un incendio gigantesco. Barbara fu accusata di aver scatenato il disastro. Oltre che, come decine di migliaia di donne prima di lei, di essere posseduta dal demonio e avere oscuri e maligni poteri. Oggi non ha molta importanza stabilire se fu giustiziata per stregoneria o come incendiaria. Ma mi incuriosisce il suo stato civile: single e con un fidanzato molto più giovane. Una strega piuttosto moderna. La cosiddetta “caccia alle streghe” nel suo momento più intenso, nel XVI secolo, aveva fatto 50.000 vittime ufficiali, ma probabilmente sono molte più del doppio, dato che gli atti dei processi finivano sul rogo assieme alle condannate. Uno dei grandi eccidi silenziosi della storia. E una persecuzione dalla forte dimensione sessuale: secondo gli inquisitori, le streghe avevano il potere di ammaliare gli uomini, di renderli pazzi d’amore o, al contrario, impotenti. (…). Non è un caso che avessero natura sessuale anche le torture perpetrate per estorcere alle sospettate la “confessione” dei loro misfatti e del loro legame con il maligno. Si infieriva sulla loro femminilità, concentrandosi sui genitali: seni strappati con tenaglie roventi e dati in pasto ai figli, cunei metallici inseriti negli orifizi, vagine dilaniate con oggetti acuminati o introducendovi animali vivi.
Ma si poteva anche essere chiuse in un sarcofago pieno di lame, la famosa “vergina di Norimberga”, oppure impalate. Infine venivano bruciate vive, in un fuoco purificatore più ardente di quello del desiderio, maschile e femminile, che le aveva condannate. C’era anche un supporto ideologico a tanta crudeltà. Alla fine del Quattrocento, papa Innocenzo VIII consentì in via ufficiosa l’adozione da parte degli inquisitori di un famoso libro redatto da due frati domenicani: il Malleus Maleficarum, martello delle streghe. Oltre a essere un vero e proprio “manuale” per i persecutori, spiegava anche i fondamenti dell’inferiorità femminile: la donna è per sua natura un essere incline alle seduzioni del male, creatura capace di minore fede (secondo loro l’etimologia di femina deriverebbe da fe, fede e minus, minore). Secoli prima, d’altronde, il re longobardo Liutprando aveva sancito che la donna, anello di congiunzione tra l’uomo e l’animale, valeva molto meno di un cavallo, mentre erano stati i Romani a coniare per noi l’espressione imbecillus sexus. Sembra offensiva ma la usiamo ancora oggi: significa “sesso debole”.

domenica 9 novembre 2008

Cattive ragazze

Un gruppo di bad girls sono descritte nell'ultimo film di Matteo Rovere. Elena Chiantini e le sue amiche Michela e Alice sono le ricche e viziate figlie dell'alta borghesia imprenditoriale italiana, ammiratrici di Kate Moss e Paris Hilton, anoressiche, ciniche, spregiudicate, passano la vita tra feste in discoteca e fiumi di champagne. Per ammazzare la noia della quotidianità e quella rappresentata da scuola e genitori, decidono di sedurre un giovane professore che nel film è forse la figura più patetica. Il giovane professorino, sposato e con un bambino piccolo, si atteggia a salvatore delle tre fanciulle deviate, che passano le giornate a fumare marjuana e rischiano così di essere espulse dalla scuola, ma alla fine cadrà vittima del perverso gioco di seduzione architettato dalle tre. Nella violenta colluttazione con il padre di Elena, che li scopre a letto insieme, costui muore, mentre lui finisce in tribunale. La diciassettenne Elena, incapace di sentimenti, è impassibile difronte al tentativo di suicidio di una delle sue amiche, come lo è di fronte alla morte del padre (che, distratto dai suoi impegni e per il troppo affetto, non si era mai accorto di avere una figlia dallo stile di vita piuttosto... libero).
Che dire? Un ritratto veritiero e aderente alla realtà della gioventù italiana?
E' vero che i padri padreterni fanno i figli crocifissi (come dicono a Roma) e chi lavora nella scuola sa che i ragazzetti più annoiati e pestiferi sono figli di genitori miliardari e assenti. Ma sono un caso su mille.
Ma per fortuna la gioventù italiana, oltre ad essere lontana anni luce dal modello affrescato, è molto, molto migliore di quella descritta nel film..........

venerdì 7 novembre 2008

Controcorrente

Sempre più spesso, nei discorsi con la gente che incontro, sento parlare di mancanza di fede. Scarsa quella in Dio Padre, nonostante le affollate messe domenicali (del resto, anche i Santi hanno avuto i loro tormenti ed i loro momenti di buio, figuriamoci noi poveri Cristi…). Ancora di più diffusa la sfiducia nei tempi. Poi, ancora, assenza di Dio e di Amore in quelle situazioni in cui le persone soffrono particolarmente, come la malattia e la povertà (dove anzi riemerge il thanatos, l’impulso di distruzione di freudiana memoria). E, come in tutte le cose in cui si innesca un circolo vizioso, una reazione a catena che origina espandendosi da un episodio qualsiasi, la crisi si riverbera sul piano mondiale. La crisi bancaria è esplosa e persiste nonostante tutti i correttivi e tutte le manovre per arginare lo spaventoso fenomeno globale. Nei centri commerciali la gente fa la ressa e spezza i cancelli per procurarsi i beni di prima necessità a prezzo stracciato, arrivando alle casse con le ossa rotte ed i volti insanguinati (realmente successo nei giorni scorsi a Roma e a Londra).
Alla gente serve il pane. Ed ecco l’assalto al forno del ventunesimo secolo. Alla faccia di quel grande che duemila anni fa ai suoi discepoli disse più o meno così: “Come volete che il Padre mio che è nei cieli provveda agli uccelli nel cielo e si dimentichi non a voi, che siete infinitamente più grandi di loro?”.
Chi ha la ricetta per curare i mali del mondo è bravo. Certo, come tutti i momenti di crisi anche questa passerà. Ma avremo imparato qualcosa? La nostra povera fede troverà alimento quando sarà superata questa fase storica così difficile? Obama, negli Usa, già ci crede e proclama: “In questo Paese tutto è possibile”. Anche l’elezione del primo presidente nero della storia di quel Paese. Certo, nella grande America tutto è possibile. Lo è sempre stato. Fa parte del Dna pragmatico ed ottimista del suo popolo. Ma qui, in casa nostra? L’unico a crederci che nel nostro Paese tutto sia possibile sembra essere rimasto Berlusconi.
Chi scrive ha pescato uno studio pubblicato nel 1983 sulla rivista Science, riguardante gli infiniti doni che nascono dall’altruismo, parola assai sconosciuta di questi tempi. La psicologa Elizabeth W. Dunn e la sua équipe della Universtity of British Columbia di Vancouver, all’epoca hanno scoperto che la persona più felice è quella che ha maggiore inclinazione al dono, che non spende per sé ma per gli altri, che dona tempo e spende denaro con altruismo. Non il do ut des, ma il dono fatto con spontaneità e libertà, senza aspettarsi nulla in cambio. Del resto, l’amore e il dono non tengono i registri della contabilità.
Innumerevoli volte si dice che quello che oggi conta nella società occidentale è la legge del profitto più che il valore della persona. Basta guardarsi intorno: si vive per fregare il prossimo. La deriva attuale sembra essere la (punizione?…) logica conseguenza di questo modo di pensare. Una sfiga incredibile.
Riflettete sui vostri cari ed i vostri conoscenti e pensate a quanti di loro sono infelici perché non riescono a donare non dico una fetta di torta a qualcuno ma un semplice sorriso. Magari, dal punto di vista materiale, hanno moltissimo. Ed allora scommettete sull’altruismo, che per quelle persone è inconcepibile. Cosa avrete in più di loro? Il sorriso e la gioia. Riportate al centro della vostra visione l’Uomo. Non ponete più limiti alle infinite possibilità che nascono dalla fede. Lasciate fluire amore e generosità intorno a voi. Scommettete e credete in voi ed in quello che potete fare per gli altri. Perché? Perché ogni giorno è un atto di fede ed avere fede è l’unica cosa che potete fare.
Un papa di grande fede ci ha insegnato: “Non abbiate paura”.
I grandi leader hanno mobilitato le masse con il loro carisma, che niente altro è che il loro credo, la loro fede in quello che fanno.
Abbiate ad esempio i vincenti, non gli sfigati. Non c’è più sfigato di colui che non sa dare nulla all’altro e che non crede nemmeno in sé stesso.

Berlusca, ma per piacere!


Silvio, ma perché questa non te la sei risparmiata?
“Obama andrà d’accordo con noi, perché è bello, è giovane ed è anche già abbronzato”.
Fai questa battuta in un contesto serio. E poi ridi solo tu.
A me non fa ridere.
La carica istituzionale che ricopri richiede serietà. Decoro.
Potrai dire che sono bacchettona e moralista.
Io ti rispondo che sono una persona seria e che mi aspetto che quelli mi rappresentano siano persone serie.
E poi perché Obama dovrebbe andare d’accordo con te? Non c’è reciprocità d’azione. Tu non sei né bello, né giovane, né atletico, c’hai il riporto ed il tacco alto.
Quindi………

mercoledì 5 novembre 2008

No, we can't

Fonte: La Stampa, 5/11/2008 MASSIMO GRAMELLINI

Con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è una cosa meravigliosa, a differenza che altrove. Certo, i candidati vengono scelti dopo un duro apprendistato e non si candidano solo quando sono sicuri di vincere, come altrove. Certo, per il rito di iniziazione all’età adulta gli studenti hanno passato la notte nei sacchi a pelo davanti al maxischermo del loro college senza il conforto di mamme e professori (succede anche questo, altrove). Certo, davanti ai seggi ci sono code chilometriche perché da quelle parti si ostinano a stare in fila per uno, anziché sperimentare forme innovative di incolonnamento a fisarmonica, a raggiera, modello arrogance («lei non sa chi sono io») o formato parakul («mi lasci passare, la prego, ché la casa mi va a fuoco e ho dimenticato mio figlio sullo zerbino con un leone a stecchetto da mesi»), molto diffuse altrove. Certo, a Chicago, sperduto villaggio dell’Illinois, ieri sera aspettavano un milione di persone in piazza ed erano terrorizzati dall’idea di non riuscire a gestirle tutte, mentre altrove ne hanno appena ospitate due milioni e mezzo (ma in realtà erano due miliardi e mezzo, anzi due milioni di miliardi e mezzo) senza fare una piega. Certo, laggiù il candidato giovane sembra proprio giovane e il candidato vecchio proprio vecchio, non come altrove, dove al vecchio crescono i capelli e il giovane fa cascare le braccia. Sì, con tutti i suoi difetti, ma la democrazia in America è davvero una democrazia. A differenza che altrove.

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