sabato 30 giugno 2012

ALLA LIBRERIA LUIDIG PRESENTATO IL LIBRO 'DAI GRAFFITI A INTERNET' DI LUCIA GANGALE

(Il Quaderno) - Presso la libreria Luidig di Benevento, Lucia Gangale ha presentato il suo libro “Dai graffiti ad internet” Storia e sociologia dei mass-media, Ed. Realtà Sannita. Presenti, oltre all’autrice, Emilia Tartaglia Polcini, dell’Ufficio Scolastico Provinciale e Giovanni Fuccio  Consigliere Nazionale Ordine dei Giornalisti.
Dopo aver riconosciuto il coraggio dimostrato da quanti hanno contribuito alla nascita della libreria Luidig, nel pieno centro storico di Benevento e in uno spazio ormai privo di punti di riferimenti librario e dunque di diffusione della cultura, Fuccio, riferendosi al testo della Gangale, ha tenuto ad evidenziare il tema fondamentale del volume e cioè il problema della comunicazione. Informazione di tipo giornalistico e non, e dunque comunicazione nelle sue varie forme, da quella onesta ed attenta alla notizia documentata, a quella spesso manipolata e superficiale, molto lontana dunque dal corretto stile di una valida comunicazione. Ma poiché quest’ultima è fondamentale nell’assunzione di giuste informazioni, specie quando queste sono dirette ai giovani, è necessario che coloro che la producono siano persone che conoscono i fatti anche nella loro storia e genesi. D’altronde, un libro ha valore se contiene un messaggio e il testo presentato cura la problematica dell’informazione con la particolare attenzione, che sempre si deve avere, in un’opera rivolta ai giovani. La Tartaglia Polcini ricorda che ovviamente la platea si allarga quando le tematiche trattate coinvolgono il tema della quotidianità dell’accesso alla notizia, quando la distrazione sostituisce l’attenzione, quando la ripetitività poco emozionale, uccide il senso profondo della notizia stessa e la necessità di una riflessione su di essa. La comunicazione ha storia antica, l’umanità si contraddistingue, dalla notte dei tempi, per il suo essere soprattutto zoon politikon, portatori del bisogno di una vita associata come esigenza naturale degli uomini; ma lo stare insieme è possibile solo se c’è comunicazione, ma essa ha l’obbligo di essere chiara, onesta, libera ed accurata, rispettosa dei fatti e della loro genesi. Libro breve ed agile, dunque, nel quale, commenta l’autrice, il tema è affrontato con attenzione, dove il senso della comunicazione è offerto ‘in pillole’, ma con cura del particolare, secondo uno stile giornalistico che, parafrasando le parole di Biagio Agnes, non morirà mai, anche nella società di internet.
Ovviamente anche il giornalismo si è evoluto nelle sue forme di approccio informativo, ma quello odierno, secondo l’opinione di Giorgio Bocca, è spesso divertente ed accattivante, ma troppo spesso poco attento al controllo finale su quanto offerto a chi legge.
La società della comunicazione si è dunque evoluta, siamo passati dalle storie raccontate dai nonni, accattivanti e quasi sempre trampolino di fantasia infantile, alla immediatezza quasi asettica e senz’anima dell’informazione via internet, uno strumento veloce, immediato e seducente nelle sue opportunità, diventato il percorso obbligato della conoscenza soprattutto fra i giovani. L’evoluzione ha però cancellato la capacità di ascolto, l’attenzione a ciò che si dice, a chi lo dice e perché lo si dice, dimenticando che se c’è chi parla, chi ascolta deve essere capace di valutare e scegliere di credere oppure no, di condividere o rifiutare ciò che ha sentito.                                                                                                    Eusapia Tarricone 

(Teatrieculture) -  "Dai Graffiti ad Internet. Storia e sociologia dei mass-media" è il nuovo saggio di Lucia Gangale  pubblicato nella Collana Sudi Sociali, edizioni Realtà Sannita, presenatto ieri sera alla libreria Luidig a Palazzo collenea. "E' un libro di cui si avvertiva l'esigenza - ha esordito Giovanni Fuccio nella sua veste di editore - per i tanti cambiamenti che sono in atto nel mondo della comunicazione e che fanno sentiore l'ìesigenza anche di dibattiti ed incontri su questo tema specifico. Chi fa informazione deve sempre essere preparato ed informato e conoscere a fondo le tematiche dell'informazione" (Elide Apice - Continua a leggere)

venerdì 29 giugno 2012

SUPERMARIO

Italia-Germania 2-1 Nel primo tempo due goal del calciatore dalla Nazionale Mario Balotelli.
"Questo è il Mario che farà scendere lo spread" (cit.)

giovedì 28 giugno 2012

LASCIARE L'ITALIA, LETTERA A 'LA STAMPA'

(La Stampa) - Mi sono dato una scadenza semmai il destino vorrà farmela vedere: il giorno della mia pensione. Per quel giorno sono deciso a lasciare l’italia. Me ne andrò. Voglio trascorrere la mia pensione in un Paese migliore.
Lo so, verrò apostrofato come codardo, anti italiano ecc. Non mi importa. O un paesino tedesco o Londra saranno la sede del mio periodo di riposo. Non posso andarmene ora solamente pervia del lavoro, il mio e quello di mia moglie. Altrimenti avrei preferito un sistema scolastico migliore per mia figlia.
Non sono anti italiano. Sono realista. Questo Paese non cambierà mai. Grazie alle mafie grazie alla sotto cultura, alle leggerezza con cui si affrontano le cose, al sistema italia inteso come cattive abitudini e mentalità furbacchiona. Alla corruzione, alle raccomandazioni, al disprezzo per l’eccellenza e per il primo della classe. Al buonismo gratuito. Un paese Vecchio gestito da vecchi, che fa pensare da vecchi anche i giovani. Giovani che o sono bravi e se ne vanno all’estero o sono mammoni e lontani dall’arte dell’arrangiarsi.
Donne discriminate e con poco sostegno in caso di maternità. Donne che sono costrette a fare le casalinghe da mariti italiani ma dalla mentalità talebana. Italia dal cemento di sale e dai capannoni di carta. Italia delle pornostar in regione e addette stampa di stato. Italia con le fabbriche che chiudono ma con ricchi sempre ricchi. Politici che pensano che lo stato sia qualcosa da spolpare. Italiani che non pagano le tasse che negano tutto, anche l’evidenza. Che non ammettono l’errore ma puntano il dito sempre verso qualcun altro. Non è questo il mio Paese. Non è questo che voglio per me e per i miei figli. Lo so, sto scappando. Ma da solo non riesco a cambiare nemmeno il mio vicino ci casa. E non vedo grande partecipazione popolare per un reale cambiamento. Perché in fondo in fondo l’Italia così sta bene a tutti. Anche a chi si lamenta. A me no.
Stefano D.

martedì 26 giugno 2012

'DIRITTI E DOVER', RIFLESSIONI DI UNA DOCENTE SULLA MATURITA' 2012

Daniela Paganelli

Leggo e rileggo, a mente fredda, le tracce dei temi proposte ieri alla Maturità. Cerco e trovo qua e là commenti più o meno autorevoli, più o meno critici, più o meno provocatori; tutti, più o meno, disinformati sull’effettiva realtà della scuola. Nulla, comunque, che riesca a stemperare la penosa impressione provata ieri, i primi frustranti e arrabbiati pensieri.
 Dunque: non sto qui a discutere sull’opportunità di proporre una prosa di Montale (cosa di cui evidentemente si sono resi conto gli stessi estensori della traccia, se si sono sentiti in dovere di precisare che “è noto soprattutto come poeta”). Non commento la ripetitività dell’argomento per l’ambito tecnico-scientifico, già proposto – con poche variazioni – almeno quattro volte negli ultimi otto anni. Non mi voglio chiedere perché si sia sprecato un passo così lucidamente tragico di Hannah Arendt, che si prestava a ben altre considerazioni (bastava riflettere su quel titolo: La banalità del male), per giustificare la generica richiesta di soffermarsi (?) “sullo sterminio degli ebrei pianificato e realizzato dai nazisti”. Non commento infine la scelta di utilizzare un aforisma stile facebook (che poi si tratti invece dell’incipit di un romanzo, sconosciuto ai più, è ancora altra questione) in sostituzione di una traccia più ampia e articolata, come dovrebbe essere quella della tipologia D. Insomma non voglio fare inutilissime riflessioni sull’evidente, decennale scollamento tra le varie commissioni di ‘esperti’ che, ogni anno, preparano i temi per la Maturità e chi, nella scuola, ci lavora davvero. Peraltro, l’argomento per il saggio artistico-letterario era molto originale e stimolante, corredato di documenti significativi e facilmente utilizzabili. Inoltre, c’è da rilevare in positivo come sia stata confermata la tendenza ad allegare non troppi documenti, anche se alcuni di quelli proposti appaiono eccessivamente zeppi di dati e percentuali, altri unidirezionali, altri ancora sinceramente ben poco chiari in alcuni punti.

Ma non sono stati questi i primi pensieri di ieri.
Ieri ho pensato che era semplicemente triste, tristissimo, che la classe dirigente di un Paese chiedesse ai suoi giovani di riflettere su quanto in fondo è brutto avere vent’anni, di riflettere su un mondo “che ridurrà sempre più le ore dedicate al lavoro”, e che ne inventerà di inutili “per non lasciare sul lastrico milioni o miliardi di disoccupati”; una classe dirigente che sciorina dati e percentuali sulla disoccupazione giovanile, o sulla mancata “coerenza tra titolo posseduto e lavoro svolto”; una classe dirigente che, implicitamente, suggerisce di “trasferirsi […] all’estero per trovare lavoro” e che, come soluzione a una situazione drammatica, indica la ricetta di Steve Jobs, ovvero abbandonare gli studi (evidentemente inutili per emergere e diventare ricchi sfondati), partire per l’India o al massimo frequentare “corsi di calligrafia”. E il tema del labirinto, metafora della vita, non offriva certo prospettive migliori… Insomma una classe dirigente che, invece di lavorare per tentare di risolvere la situazione, si crogiola nel proprio fallimento e vomita addosso ai suoi giovani i dati di una crisi di cui quei giovani non sono responsabili; soprattutto una classe dirigente che forse, anzi certamente, pensa di aver dato prova in questo modo di preoccuparsi del problema, sgravandosi di una responsabilità che invece, appunto, non consiste nel riempirsi la bocca e la penna di dati e percentuali ma nel darsi da fare, dannandosi se necessario, per cambiare le cose.
In quale stato d’animo possono essere caduti ieri i nostri ragazzi, ragazzi che si aspettavano di veder valorizzati anni e anni di studio e invece si sono trovati a dover commentare il buio che li aspetta? Se fossi stata una di loro mi sarei alzata e me ne sarei andata. Che tristezza leggere, oggi, che circa il 63% dei maturandi ha svolto invece proprio la traccia sui giovani e la crisi o quella sulla frase di Nizan. Tutti quei ragazzi sono caduti - nella loro limpida, onesta, ingenuità - nella trappola tesa loro da chi, straparlando sull’incertezza del futuro, ha voluto dare l’impressione di aver chiaro il problema, di occuparsene, di averlo tra le proprie priorità, e invece si è solo alleggerita di un fastidioso fardello.
 E qui sta il motivo più profondo della tristezza di ieri.
Immaginiamo infatti di avere una persona cara, magari un figlio, gravemente malato e con poche probabilità di sopravvivenza. Ora, quale dovrebbe essere l’atteggiamento di un genitore? Cosa dovrebbe dire a quel figlio? Forse guardarlo passivamente dicendo “Eh sì, caro mio, ti resta proprio poco da vivere…”? O non dovrebbe piuttosto, quel genitore, innanzitutto cercare spasmodicamente le cure più aggiornate, più efficaci, più risolutive? Soprattutto, non dovrebbe quel genitore farsi carico di tutte le angosce, i dubbi, le paure del figlio, standogli accanto e rassicurandolo, sussurrandogli “Stai tranquillo, andrà tutto bene”? Si chiama pietas, si chiama amore. Un genitore, o uno Stato, dovrebbe assorbire e tenere per sé le preoccupazioni dei figli, specie quando non ha rimedi immediati da offrire, e non riversare sui figli stessi la propria impotenza o le proprie ansie, per alleggerirsene. Non si tratta di nascondere ipocritamente e colpevolmente la gravità di una malattia, o un futuro precario e buio, ma di assumersi la responsabilità del proprio ruolo di adulto, o di classe dirigente, che consiste anche nel prendere su di sé il peso di situazioni drammatiche senza scaricarlo irresponsabilmente ed egoisticamente su chi avrebbe invece bisogno di essere incoraggiato e tenuto per mano.
Per carità, non chiedevo, ieri, l’analisi di un ridicolmente obsoleto “La donzelletta vien dalla campagna…” (che comunque, se proprio si voleva far riflettere sulle aspettative dei vent’anni, non ci stava male…), e neanche la solita traccia su musica o New Media; però mi sarebbe piaciuto non trovare un pessimismo così martellante e ostentato, così liberatorio per chi l’ha esibito e così avvilente per chi ha dovuto subirlo.
Quali speranze mai potranno avere questi ragazzi, quale determinazione ad andare avanti, ad impegnarsi, se chi avrebbe l’onere di permetter loro di diventare adulti abdica in partenza ai propri doveri?
Cosa mai dovrebbero fare?
 E invece devono, devono, devono poter credere che tutto lo studio di questi anni, di questi giorni, servirà loro a qualcosa; devono poter sperare di costruirsi il futuro; soprattutto, devono poterlo desiderare. Sono tutte illusioni? Forse, anzi nella maggior parte dei casi certamente sì, ma è un loro diritto poter credere di aver in mano la propria vita, ed è un dovere di noi adulti permettere che sia così, non infrangendo prima i sogni che la vita stessa, e presto, si incaricherà di far svanire.
È un loro diritto, è un nostro dovere.
Ma tutto sta sbiadendo, e non ce ne accorgiamo.

domenica 24 giugno 2012

IL MATRIMONIO TRA IL DUCA ARECHI E ADELPERGA NELLA BENEVENTO LONGOBARDA



 Prima rievocazione storica di un episodio che riguarda la gloriosa Benevento longobarda, con sfilata in costume, 23 giugno 2012. Siamo nell'VIII secolo d.C. Arechi II è duca e principe di Benevento, sotto di lui la città vivrà un trentennio di splendore economico e artistico (vedi chiesa di Santa Sofia, oggi patrimonio Unesco). Adelperga è la figlia di Desiderio, l'ultimo re dei Longobardi.

BENEVENTO LONGOBARDA: IL MATRIMONIO TRA ARECHI E ADELPERGA, FIGLIA DI RE DESIDERIO

Finalmente a Benevento qualcuno ha capito che rispolverare la gloriosa storia longobarda della città puo’ diventare un motivo di turismo e cultura e che bisogna farlo in costume, con una rievocazione medievale.

 

Sono lieta di presentarvi il mio nuovo blog di sole foto, dove potete trovare tutte quelle che ho scattato alla Benevento longobarda

 

sabato 23 giugno 2012

"QUALCUNO OSI CONTRADDIRMI"

(Piccole Cose di un Calzino) - "Gli Emiliani-Romagnoli sono così. Devono fare una macchina? Loro ti fanno una Ferrari,una Maserati e una Lamborghini. Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono farti un caffè? Loro ti fanno la Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Dalla, Morandi, Vasco, Ligabue e la Pausini (nota mia: Esticazzi. Io parlerei piuttosto di Carboni, Bersani e le Mondine). Devono farti una siringa? loro ti tirano su un'azienda biomedicale. Devono fare 4 piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche. Sono come i giapponesi,non si fermano,non si stancano,e se devono fare una cosa,a loro piace farla bene e bella, ed utile a tutti... Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali."

Nella foto: così si esorcizza il terremoto a Finale Emilia (MO) 

venerdì 22 giugno 2012

ROMANTICHERIE D'ESTATE

Questa foto è stata scattata da un giornalista piemontese in una florida città piemontese. Che bello vedere che la gente è ancora capace di queste follie d'amore.

mercoledì 20 giugno 2012

IL BAMBINO E IL RE TIBERIO (FILOSOFEGGIANDO SULLA SPIAGGIA)

Mentre ero sulla fantasmagorica spiaggia di Capri, in queste torride giornate di giugno, tra panorami di sconvolgente bellezza e l'acqua limpidissima che bagna il litorale, ho visto passeggiare sulla spiaggia un bimbetto nero dagli occhi vivacissimi e pieni di gioia. Ho pensato subito al Superuomo di Nietzsche: il bimbo innocente, colmo di vita e di gioia, che non ne sa niente delle convenzioni umane, dei falsi valori della civiltà, delle morali preconfezionate, e che inventa la vita giorno per giorno come se fosse un gioco. E poi ho pensato all'imperatore Tiberio, che di Capri aveva fatto la sua residenza e di quella meraviglia naturale che è la Grotta Azzurra il suo bagno privato. E così, sempre filosofeggiando e prendendo il sole, mi sono chiesta chi fra i due, il bambino pieno di gioia e di vigore, ed il potente imperatore Tiberio, sia più felice. Se non c'è un solo uomo che possa dirsi veramente felice, nemmeno nella ricchezza e nella potenza assoluta, forse forse che negli occhi e nel sorriso di quel bambino ci sia il segreto della vita?

sabato 9 giugno 2012

PERLE AI PORCI

“Chi voglia praticare un’arte sempre più in disuso, e cioè la bocciatura, deve anch’egli munirsi di un grande coraggio. Bocciare è antieconomico, quindi la scuola che funziona non deve bocciare. E per funzionare non si intende insegnare bene ma far quadrare i conti. (siamo di nuovo scivolati nel libro “Mali e malori della scuola italiana”). L’insegnante che ingenuamente attua il sillogismo «Questo studente non ha fatto un cazzo tutto l’anno, quindi va bocciato», si scontra subito con il preside («non ha fatto niente perché non è stato adeguatamente motivato»), con i colleghi pietisti («poverino, ha una situazione familiare terribile»), con i genitori, che già hanno minacciato ricorso se il caro figlioletto verrà bocciato, poiché era in difficoltà ma la scuola non ha attivato i corsi di recupero. Dal che si evince che la colpa del fancazzismo dello studente è nell’ordine: del professore, della famiglia, della scuola. L’idea che possa trattarsi semplicemente di buona, sana, vecchia mancanza di voglia di studiare – che per generazioni è stata efficacemente curata con una buona, sana, vecchia bocciatura – non sfiora nessuno. Salvo l’ingenuo professore, che viene sistematicamente messo in minoranza e ammonito di adeguarsi ai tempi che corrono”. 


(Gianmarco Perboni “Perle ai porci” – Rizzoli 2009 – pagg. 60, 61)

giovedì 7 giugno 2012

REPORTER DI GUERRA

"Essere un reporter di guerra è la scelta di entrare in una storia estrema, al limite. Non è certo il giornalismo delle e-mail o dei comunicati stampa ricevuti comodamente in qualche ufficio con l’aria condizionata. Il giornalismo di guerra è un’esperienza assoluta. Capace di mostrarti la complessità di quello che c’è dentro. Per me rimane un mestiere stupendo."
MONICA MAGGIONI

mercoledì 6 giugno 2012

LE DIECI REGOLE PER IL CONTROLLO SOCIALE DI NOAM CHOMSKY

L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche.

1 – La strategia della distrazione. L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica. “Sviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli tempo per pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).

2 – Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3 – La strategia della gradualità. Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta.

4 – La strategia del differire. Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. E’ più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. Secondo, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5 – Rivolgersi alla gente come a dei bambini. La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende ad usare un tono infantile. Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà ad una risposta o ad una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

6 – Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione. Sfruttare l’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o per indurre comportamenti…

7 – Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità. Far si che la gente sia incapace di comprendere le tecniche ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori” (vedi “Armi silenziose per guerre tranquille”).

8 – Stimolare il pubblico ad essere favorevole alla mediocrità. Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti…

9 – Rafforzare il senso di colpa. Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire. E senza azione non c’è rivoluzione!

10 – Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca. Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo ed un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.


sabato 2 giugno 2012

IL MAGGIOLINO

Troppo simpatico questo vecchio Maggiolino per non essere fotografato. Avvistato a Benevento, in zona ponte sul fiume Calore.

venerdì 1 giugno 2012

NON INCOLPARE NESSUNO - NERUDA

Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.

Accetta la difficoltà di costruire te stesso

ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.

Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.

Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.

Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.
Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare
e che nessuno è così terribile per cedere.

Non dimenticare
che la causa del tuo presente è il tuo passato,
come la causa del tuo futuro sarà il tuo presente.

Apprendi dagli audaci,
dai forti
da chi non accetta compromessi,
da chi vivrà malgrado tutto
pensa meno ai tuoi problemi
e più al tuo lavoro.

I tuoi problemi, senza alimentarli, moriranno.
Impara a nascere dal dolore
e ad essere più grande, che è
il più grande degli ostacoli.

Guarda te stesso allo specchio
e sarai libero e forte
e finirai di essere una marionetta delle circostanze,
perché tu stesso sei il tuo destino.

Alzati e guarda il sole nelle mattine
e respira la luce dell’alba.
Tu sei la parte della forza della tua vita.
Adesso svegliati, combatti, cammina,
deciditi e trionferai nella vita;
Non pensare mai al destino,
perché il destino
è il pretesto dei falliti.

PABLO NERUDA

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