giovedì 28 giugno 2012

LASCIARE L'ITALIA, LETTERA A 'LA STAMPA'

(La Stampa) - Mi sono dato una scadenza semmai il destino vorrà farmela vedere: il giorno della mia pensione. Per quel giorno sono deciso a lasciare l’italia. Me ne andrò. Voglio trascorrere la mia pensione in un Paese migliore.
Lo so, verrò apostrofato come codardo, anti italiano ecc. Non mi importa. O un paesino tedesco o Londra saranno la sede del mio periodo di riposo. Non posso andarmene ora solamente pervia del lavoro, il mio e quello di mia moglie. Altrimenti avrei preferito un sistema scolastico migliore per mia figlia.
Non sono anti italiano. Sono realista. Questo Paese non cambierà mai. Grazie alle mafie grazie alla sotto cultura, alle leggerezza con cui si affrontano le cose, al sistema italia inteso come cattive abitudini e mentalità furbacchiona. Alla corruzione, alle raccomandazioni, al disprezzo per l’eccellenza e per il primo della classe. Al buonismo gratuito. Un paese Vecchio gestito da vecchi, che fa pensare da vecchi anche i giovani. Giovani che o sono bravi e se ne vanno all’estero o sono mammoni e lontani dall’arte dell’arrangiarsi.
Donne discriminate e con poco sostegno in caso di maternità. Donne che sono costrette a fare le casalinghe da mariti italiani ma dalla mentalità talebana. Italia dal cemento di sale e dai capannoni di carta. Italia delle pornostar in regione e addette stampa di stato. Italia con le fabbriche che chiudono ma con ricchi sempre ricchi. Politici che pensano che lo stato sia qualcosa da spolpare. Italiani che non pagano le tasse che negano tutto, anche l’evidenza. Che non ammettono l’errore ma puntano il dito sempre verso qualcun altro. Non è questo il mio Paese. Non è questo che voglio per me e per i miei figli. Lo so, sto scappando. Ma da solo non riesco a cambiare nemmeno il mio vicino ci casa. E non vedo grande partecipazione popolare per un reale cambiamento. Perché in fondo in fondo l’Italia così sta bene a tutti. Anche a chi si lamenta. A me no.
Stefano D.

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