venerdì 7 novembre 2008

Controcorrente

Sempre più spesso, nei discorsi con la gente che incontro, sento parlare di mancanza di fede. Scarsa quella in Dio Padre, nonostante le affollate messe domenicali (del resto, anche i Santi hanno avuto i loro tormenti ed i loro momenti di buio, figuriamoci noi poveri Cristi…). Ancora di più diffusa la sfiducia nei tempi. Poi, ancora, assenza di Dio e di Amore in quelle situazioni in cui le persone soffrono particolarmente, come la malattia e la povertà (dove anzi riemerge il thanatos, l’impulso di distruzione di freudiana memoria). E, come in tutte le cose in cui si innesca un circolo vizioso, una reazione a catena che origina espandendosi da un episodio qualsiasi, la crisi si riverbera sul piano mondiale. La crisi bancaria è esplosa e persiste nonostante tutti i correttivi e tutte le manovre per arginare lo spaventoso fenomeno globale. Nei centri commerciali la gente fa la ressa e spezza i cancelli per procurarsi i beni di prima necessità a prezzo stracciato, arrivando alle casse con le ossa rotte ed i volti insanguinati (realmente successo nei giorni scorsi a Roma e a Londra).
Alla gente serve il pane. Ed ecco l’assalto al forno del ventunesimo secolo. Alla faccia di quel grande che duemila anni fa ai suoi discepoli disse più o meno così: “Come volete che il Padre mio che è nei cieli provveda agli uccelli nel cielo e si dimentichi non a voi, che siete infinitamente più grandi di loro?”.
Chi ha la ricetta per curare i mali del mondo è bravo. Certo, come tutti i momenti di crisi anche questa passerà. Ma avremo imparato qualcosa? La nostra povera fede troverà alimento quando sarà superata questa fase storica così difficile? Obama, negli Usa, già ci crede e proclama: “In questo Paese tutto è possibile”. Anche l’elezione del primo presidente nero della storia di quel Paese. Certo, nella grande America tutto è possibile. Lo è sempre stato. Fa parte del Dna pragmatico ed ottimista del suo popolo. Ma qui, in casa nostra? L’unico a crederci che nel nostro Paese tutto sia possibile sembra essere rimasto Berlusconi.
Chi scrive ha pescato uno studio pubblicato nel 1983 sulla rivista Science, riguardante gli infiniti doni che nascono dall’altruismo, parola assai sconosciuta di questi tempi. La psicologa Elizabeth W. Dunn e la sua équipe della Universtity of British Columbia di Vancouver, all’epoca hanno scoperto che la persona più felice è quella che ha maggiore inclinazione al dono, che non spende per sé ma per gli altri, che dona tempo e spende denaro con altruismo. Non il do ut des, ma il dono fatto con spontaneità e libertà, senza aspettarsi nulla in cambio. Del resto, l’amore e il dono non tengono i registri della contabilità.
Innumerevoli volte si dice che quello che oggi conta nella società occidentale è la legge del profitto più che il valore della persona. Basta guardarsi intorno: si vive per fregare il prossimo. La deriva attuale sembra essere la (punizione?…) logica conseguenza di questo modo di pensare. Una sfiga incredibile.
Riflettete sui vostri cari ed i vostri conoscenti e pensate a quanti di loro sono infelici perché non riescono a donare non dico una fetta di torta a qualcuno ma un semplice sorriso. Magari, dal punto di vista materiale, hanno moltissimo. Ed allora scommettete sull’altruismo, che per quelle persone è inconcepibile. Cosa avrete in più di loro? Il sorriso e la gioia. Riportate al centro della vostra visione l’Uomo. Non ponete più limiti alle infinite possibilità che nascono dalla fede. Lasciate fluire amore e generosità intorno a voi. Scommettete e credete in voi ed in quello che potete fare per gli altri. Perché? Perché ogni giorno è un atto di fede ed avere fede è l’unica cosa che potete fare.
Un papa di grande fede ci ha insegnato: “Non abbiate paura”.
I grandi leader hanno mobilitato le masse con il loro carisma, che niente altro è che il loro credo, la loro fede in quello che fanno.
Abbiate ad esempio i vincenti, non gli sfigati. Non c’è più sfigato di colui che non sa dare nulla all’altro e che non crede nemmeno in sé stesso.

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