Del Boca a Napoli: "Non ci sono giornalismi, non esistono giornalisti di serie A o serie B. Esiste una categoria che va difesa, tutelate, seguita nella sua connotazione naturale che è quella culturale". Il presidente dell'Ordine Nazionale dei giornalisti Lorenzo Del Boca interviene a Napoli all'incontro organizzato e promosso dalla nuova lista "Giornalisti per la professione" candidata alle prossime elezioni del 28 e 29 ottobre per scegliere i delegati che prenderanno parte al congresso della FNSI. (fonte: giovanidelsud.it)
Egregio presidente Del Boca,
è pur vero che tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare, ma Lei evidentemente non è aggiornato sulla nostra professione in Campania.
Dire che non esistono giornalisti di seria A o di serie B non è soltanto una fandonia, ma è la chiara volontà di nascondere una prassi morale, un modus vivendi, che sta portando il nostro mestiere alla deriva. E badi bene: non ho parlato di demagogia, anche se pare proprio che si tratti di quello. Invece di riempirsi la bocca di parità e di tutele che in effetti non esistono e non sono mai esistite, perché non si occupa di quell'esercito sconfinato di giornalisti di serie C, D ed E che non hanno che mangiare, che non li vuole nessuno perché non hanno il santo in paradiso, che non hanno tessere di partito nelle tasche già bucate e che non possono contare sulla tutela di nessuno se non la propria e a proprie spese? Le si chiede troppo? Perché non va ad infilare il naso nel gotha dell'ordine regionale della Campania dove vivono sulle spalle dei contribuenti senza avere nemmeno la sensibilità di trattarti come una persona e non come un numero d'ordine? Perché il giornalismo italiano sta diventando tanto simile alla politica da quasi emularla? E' mai possibile che i rapporti con le sfere alte della categoria professionale vadano mantenuti solo ed unicamente in vista di elezioni di qualsiasi genere? Io ad esempio, come giornalista non catalogato in nessuna serie perché inesistente, ma buono solo ad andare a votare o a pagare l'obolo annuale ad ordine e sindacato, vengo preso in considerazione da qualche rappresentante di Via Cappella Vecchia solo ed unicamente quando si ha bisogno del mio consenso elettorale, o quando non risulto essermi svuotato il portafogli per far campare loro. Le sembra giusto? Anch'io, come migliaia di colleghi campani come me, ho dei bisogni e delle necessità urgenti ed impellenti, ma io non ho il santino da mostrare innanzi alle porte di S. Pietro, né posso dire "mi manda Picone". Io non ho mai avuto fortuna in questo lavoro che amo più d ogni altra cosa, e quel poco che sono riuscito fare è stato solo grazie a imprese ciclopiche e rischi personali. Mica sono uno delle decine di redattori nullafacenti che mammarai napoletana ha sistemato (do ut des) a stipendio fisso dentro le mura di viale Marconi, né sono una delle tante (a questo punto mi rammarico di non essere nato donna) che sculettando a destra e a sinistra si son fatte spazio nel mondo dell'informazione regionale ed extraregionale.
Io appartengo a quella categoria di giornalisti che se inviano un curriculum non ricevono neppure risposta, a quella sfera di dimenticati ed abbandonati che neppure se si propongono 'gratis et amore dei' riescono a carpire un si subordinato o meno che sia;uno di quelli che se va da un politico per una raccomandazione, sbaglia sempre politico e non ottiene nulla se non aria fritta ceduta gratuitamente. D'altra parte vengo da Benevento, la patria della politicizzazione della categoria, il fulcro del sistema politica-informazione, il pianeta delle scimmie, dove se non ti batti il petto e ussi alla luna rossa, o sotto ad un campanile, Le assicuro che non succede nulla. Allora, mi domando e dico: perché continuare a fantasticare ed idealizzare un mondo professionale che non esiste? Dov'è la giustizia, o la parità de diritti? Costa così tanto in termini pratici dire ad alta voce che chi è dentro è dentro e chi è fuori resta irrimediabilmente fuori?
Per non dirlo significa che il giornalismo vuole emulare la politica: illudere, sempre illudere, mai dare, solo ricevere. Questa è l'Italia della seconda repubblica, purtroppo.
Parola di uno che si è ustionato troppe volte e continua ad ustionarsi.
Rosario Lavorgna
Un giornalista di serie z
http://rosariolavorgna.splinder.com
Egregio presidente Del Boca,
è pur vero che tra il dire ed il fare c'è di mezzo il mare, ma Lei evidentemente non è aggiornato sulla nostra professione in Campania.
Dire che non esistono giornalisti di seria A o di serie B non è soltanto una fandonia, ma è la chiara volontà di nascondere una prassi morale, un modus vivendi, che sta portando il nostro mestiere alla deriva. E badi bene: non ho parlato di demagogia, anche se pare proprio che si tratti di quello. Invece di riempirsi la bocca di parità e di tutele che in effetti non esistono e non sono mai esistite, perché non si occupa di quell'esercito sconfinato di giornalisti di serie C, D ed E che non hanno che mangiare, che non li vuole nessuno perché non hanno il santo in paradiso, che non hanno tessere di partito nelle tasche già bucate e che non possono contare sulla tutela di nessuno se non la propria e a proprie spese? Le si chiede troppo? Perché non va ad infilare il naso nel gotha dell'ordine regionale della Campania dove vivono sulle spalle dei contribuenti senza avere nemmeno la sensibilità di trattarti come una persona e non come un numero d'ordine? Perché il giornalismo italiano sta diventando tanto simile alla politica da quasi emularla? E' mai possibile che i rapporti con le sfere alte della categoria professionale vadano mantenuti solo ed unicamente in vista di elezioni di qualsiasi genere? Io ad esempio, come giornalista non catalogato in nessuna serie perché inesistente, ma buono solo ad andare a votare o a pagare l'obolo annuale ad ordine e sindacato, vengo preso in considerazione da qualche rappresentante di Via Cappella Vecchia solo ed unicamente quando si ha bisogno del mio consenso elettorale, o quando non risulto essermi svuotato il portafogli per far campare loro. Le sembra giusto? Anch'io, come migliaia di colleghi campani come me, ho dei bisogni e delle necessità urgenti ed impellenti, ma io non ho il santino da mostrare innanzi alle porte di S. Pietro, né posso dire "mi manda Picone". Io non ho mai avuto fortuna in questo lavoro che amo più d ogni altra cosa, e quel poco che sono riuscito fare è stato solo grazie a imprese ciclopiche e rischi personali. Mica sono uno delle decine di redattori nullafacenti che mammarai napoletana ha sistemato (do ut des) a stipendio fisso dentro le mura di viale Marconi, né sono una delle tante (a questo punto mi rammarico di non essere nato donna) che sculettando a destra e a sinistra si son fatte spazio nel mondo dell'informazione regionale ed extraregionale.
Io appartengo a quella categoria di giornalisti che se inviano un curriculum non ricevono neppure risposta, a quella sfera di dimenticati ed abbandonati che neppure se si propongono 'gratis et amore dei' riescono a carpire un si subordinato o meno che sia;uno di quelli che se va da un politico per una raccomandazione, sbaglia sempre politico e non ottiene nulla se non aria fritta ceduta gratuitamente. D'altra parte vengo da Benevento, la patria della politicizzazione della categoria, il fulcro del sistema politica-informazione, il pianeta delle scimmie, dove se non ti batti il petto e ussi alla luna rossa, o sotto ad un campanile, Le assicuro che non succede nulla. Allora, mi domando e dico: perché continuare a fantasticare ed idealizzare un mondo professionale che non esiste? Dov'è la giustizia, o la parità de diritti? Costa così tanto in termini pratici dire ad alta voce che chi è dentro è dentro e chi è fuori resta irrimediabilmente fuori?
Per non dirlo significa che il giornalismo vuole emulare la politica: illudere, sempre illudere, mai dare, solo ricevere. Questa è l'Italia della seconda repubblica, purtroppo.
Parola di uno che si è ustionato troppe volte e continua ad ustionarsi.
Rosario Lavorgna
Un giornalista di serie z
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