sabato 19 febbraio 2011

MORIRE DI LAVORO

Una insegnante 40enne dell'alta Italia pochi giorni fa è morta in un incidente stradale andando al lavoro. Era diventata madre da poco, per la seconda volta. Andava a lavorare lontano quest'anno. La scellerata politica tagliacattedre della Gelmini ha ridotto la classe insegnante ad elemosinare incarichi qua e là, a sperare nella supplenza annuale, a fare chilometri per uno stipendio da fame. Sì, da fame, perché non tiene in conto la mole di lavoro da portarsi a casa, l'aggiornamento continuo, lo stress a contatto con classi snervanti, genitori rompipalle e sempre convinti di avere dei figli geni, di riunioni fiume, della cattiveria a volte gratuita dei colleghi, dei dirigenti e via discorrendo.
Non è sempre così, chiaro, ma è certo, e gli ultimi dati
Ispesl lo confermano che la categoria più colpita da stress è proprio quella degli insegnanti. Tant'è vero che i sindacati negli ultimi tempi si sono mobilitati proprio per chiedere ai presidi di inserire nel documento di valutazione dei rischi anche lo stress da lavoro.
C'è poi il caso dell'anziano preside di scuola, dal discutibile passato privato (e magari fossero state donne) e dalle velleitarie aspirazioni politiche sempre rimaste tali (nonostante il proprio accanimento ad emergere nell'agone politico), che ha mobbizzato intere generazioni di docenti e che ha solo aumentato, con la vecchiaia, oltre ai motivi di risentimento e di disprezzo nei suoi confronti, anche il numero dei plessi scolastici a sua disposizione.
E allora, a fronte di questi episodi, davvero c'è da pensare che la giustizia non è di questo mondo.
Adesso vogliono impedire ai precari del Sud di mettersi in graduatoria nel Settentrione d'Italia.
E così, fino a quando politici ignoranti con figli altrettanto ignoranti detteranno legge la giustizia non ci sarà mai.

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