lunedì 24 gennaio 2011

VEDI NAPOLI E POI MIGRI

150 anni dopo l'Unità resiste ancora la spaccatura tra Nord civile e operoso e Sud violento e degradato. Tanto che anche gli intelletti migliori sono scappati
VITTORIO GENNARINI (55 anni, insegnante di Napoli)
Fra poche settimane saremo giunti al 150˚ anniversario dalla proclamazione del regno d’Italia. Era il 17 marzo 1861 e il re Vittorio Emanuele II, che aveva intrattenuto rapporti personali con il liberatore del Meridione dal tirannico regime borbonico, Giuseppe Garibaldi, cinse la corona della patria italiana riunificata.
Prima capitale dell’Italia unita fu l’eroica e splendida Torino, e al governo torinese toccò affrontare i più gravi problemi della nuova nazione: soprattutto, la distanza civile e culturale di quel Regno di Napoli in cui s’arricchivano e spadroneggiavano i briganti e che fino a poche ore prima aveva inneggiato al Borbone.

Quelle due Italie, l’una rigida e austera nella sua dignità regale, l’altra in fin dei conti illegale o almeno caotica, avrebbero dovuto trovare un punto d’incontro. Centocinquant’anni dopo quel giorno fatale della proclamazione dell’Unità d’Italia, siamo ancora alla ricerca di questo equilibrio.

Prendiamo l’esempio di Napoli. Anche la cultura, gli scrittori e giornalisti più illustri della città hanno finito con l’abbandonarla al suo degrado, da Raffaele La Capria a Domenico Starnone a Erri De Luca. Quando questi autori (che oggi vivono tutti nei pressi di Roma) commentano sui giornali i fatti e i misfatti della loro città natale, le loro espressioni di sconforto sono dure, disperate. Da ultimo, Roberto Saviano ha offerto con Gomorra il quadro desolante di un «regno di Napoli» in cui, peggio che alla vigilia borbonica dell’Unità, dominano oggi violenza e criminalità organizzata.

Non riusciamo a dargli torto. L’istintiva repulsione a tutto ciò che rappresenti l’ordine costituito e civile continua a fare vittime a Napoli. Con la differenza che la Napoli del Settecento era un faro - insieme con la Parigi illuminista - di cultura e di civiltà europee. Oggi invece gli intelletti migliori hanno finito con il migrare al centro e al nord d’Italia, aggravandone con la loro assenza il degrado materiale e morale.



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