Estratto di una lettera di Costantino Nigra a Cavour, del 1861, sulle condizioni generali del Sud Italia e sulle cause del brigantaggio. Per Napoli “una condizione generale di cose la cui gravità non poteva nemmeno sospettarsi”
Napoli, 20 maggio 1861
Per ordine di S.A.R. il Principe di Carignano, luogotenente generale di S.M., ho l’onore di presentare a V.E. un sunto dell’amministrazione delle provincie napoletane dal principio del corrente anno fino ad oggi (…).
Le storie contemporanee, da Colletta in poi, sono piene de’ biasimi dell’Amministrazione borbonica. Ma nessuna storia ha potuto svelare tutta quanta la immensa piaga. Fatte le debite eccezioni, tanto più onorevoli quanto più rare, ben si può dire con tutta verità, come ogni ramo di pubblica amministrazione fosse infetto dalla più schifosa corruzione. La giustizia criminale serva delle vendette del Principe; la civile, meno corrotta, ma incagliata anch’essa dall’arbitrio governativo. Libertà nessuna, né ai privati né ai municipii. Piene le carceri e le galere dei più onesti cittadini, commisti a’ rei dei più infami delitti. Innumerevoli gli esiliati. Gli impieghi concessi al favore o comperati. Gli impiegati in numero dieci volte maggiore del bisogno. Gli alti impieghi largamente pagati, insufficientissimi gli stipendi degli altri. Quindi corruzione e peculato ampiamente e impunemente esercitati.
Abuso di pensioni di giustizia e di grazia. Ammessi in gran numero ad impieghi governativi ragazzi appena nati, cosicché contavano gli anni di servizio dalla primissima infanzia. Istruzione elementare insufficiente. L’universitaria anche più poca e cattiva. Trascurata più ancora l’istruzione femminile. Quindi ignoranza estrema nelle classi popolari. Pochi i mezzi di comunicazione. Non sicure le strade, né le proprietà, né le vite dei cittadini. Neglette le provincie. Poco commercio malgrado le risorse immense di paese ricchissimo. Pochissime le industrie. Perciò aggiunta all’ignoranza la miseria e la fame. Le spese di amministrazione molto maggiori d’ogni più largo calcolo. Gli istituti di beneficenza, largamente dotati, depauperati da schiera immensa di impiegati, di amministratori, di ingegneri, di avvocati. I proventi loro consumati, di regola generale, per tre quarti in spese di amministrazione e per un quarto solamente nello scopo dell’istruzione. Nelle carceri, nell’esercito, nelle amministrazioni, in tutti i luoghi pubblici esercitata largamente la camorra, il brigantaggio nelle provincie, il latrocinio dappertutto. La polizia trista, arrogante, malvagia, padrona della libertà e della fama dei cittadini. I lavori pubblici, decretati, pagati e non fatti. Ogni potere, ogni legge, ogni controllo concentrato nell’arbitrio del Principe. Clero immenso, ignorante, salvo alcune eccezioni meno rare nelle diocesi di Napoli; sforniti di dignità e della coscienza del proprio ministero. Bassa superstizione nel popolo. La mendicità esercitata, sotto forme diverse, da tutte le classi dei cittadini, non escluse le più elevate. Non giornali, non libri. L’esercito corrotto, non esperto di guerra, privo di fiducia nei capi. (…).
Accanto ai patrioti onesti e liberali che aiutarono la rivoluzione in queste provincie si unirono uomini rei di ogni delitto, di perduta fama, sfuggiti all’azione della giustizia o alle carceri, i quali e per fare dimenticare i commessi misfatti e per acquistare credito o ricchezze, od anche per esercitare private vendette, cooperarono al compimento del rivolgimento politico che stabilì il nuovo ordine di cose. Credevano essi che il nuovo Governo (seguendo esempii non nuovi nelle storie napoletane) non solo avrebbero dimenticato le loro nequizie, ma li avrebbe ricompensati.
Costantino Nigra fu poeta, scrittore, diplomatico e uomo politico di fiducia di D’Azeglio e Cavour. La relazione è compresa nel Carteggio Cavour-Nigra, v. IV
Napoli, 20 maggio 1861
Per ordine di S.A.R. il Principe di Carignano, luogotenente generale di S.M., ho l’onore di presentare a V.E. un sunto dell’amministrazione delle provincie napoletane dal principio del corrente anno fino ad oggi (…).
Le storie contemporanee, da Colletta in poi, sono piene de’ biasimi dell’Amministrazione borbonica. Ma nessuna storia ha potuto svelare tutta quanta la immensa piaga. Fatte le debite eccezioni, tanto più onorevoli quanto più rare, ben si può dire con tutta verità, come ogni ramo di pubblica amministrazione fosse infetto dalla più schifosa corruzione. La giustizia criminale serva delle vendette del Principe; la civile, meno corrotta, ma incagliata anch’essa dall’arbitrio governativo. Libertà nessuna, né ai privati né ai municipii. Piene le carceri e le galere dei più onesti cittadini, commisti a’ rei dei più infami delitti. Innumerevoli gli esiliati. Gli impieghi concessi al favore o comperati. Gli impiegati in numero dieci volte maggiore del bisogno. Gli alti impieghi largamente pagati, insufficientissimi gli stipendi degli altri. Quindi corruzione e peculato ampiamente e impunemente esercitati.
Abuso di pensioni di giustizia e di grazia. Ammessi in gran numero ad impieghi governativi ragazzi appena nati, cosicché contavano gli anni di servizio dalla primissima infanzia. Istruzione elementare insufficiente. L’universitaria anche più poca e cattiva. Trascurata più ancora l’istruzione femminile. Quindi ignoranza estrema nelle classi popolari. Pochi i mezzi di comunicazione. Non sicure le strade, né le proprietà, né le vite dei cittadini. Neglette le provincie. Poco commercio malgrado le risorse immense di paese ricchissimo. Pochissime le industrie. Perciò aggiunta all’ignoranza la miseria e la fame. Le spese di amministrazione molto maggiori d’ogni più largo calcolo. Gli istituti di beneficenza, largamente dotati, depauperati da schiera immensa di impiegati, di amministratori, di ingegneri, di avvocati. I proventi loro consumati, di regola generale, per tre quarti in spese di amministrazione e per un quarto solamente nello scopo dell’istruzione. Nelle carceri, nell’esercito, nelle amministrazioni, in tutti i luoghi pubblici esercitata largamente la camorra, il brigantaggio nelle provincie, il latrocinio dappertutto. La polizia trista, arrogante, malvagia, padrona della libertà e della fama dei cittadini. I lavori pubblici, decretati, pagati e non fatti. Ogni potere, ogni legge, ogni controllo concentrato nell’arbitrio del Principe. Clero immenso, ignorante, salvo alcune eccezioni meno rare nelle diocesi di Napoli; sforniti di dignità e della coscienza del proprio ministero. Bassa superstizione nel popolo. La mendicità esercitata, sotto forme diverse, da tutte le classi dei cittadini, non escluse le più elevate. Non giornali, non libri. L’esercito corrotto, non esperto di guerra, privo di fiducia nei capi. (…).
Accanto ai patrioti onesti e liberali che aiutarono la rivoluzione in queste provincie si unirono uomini rei di ogni delitto, di perduta fama, sfuggiti all’azione della giustizia o alle carceri, i quali e per fare dimenticare i commessi misfatti e per acquistare credito o ricchezze, od anche per esercitare private vendette, cooperarono al compimento del rivolgimento politico che stabilì il nuovo ordine di cose. Credevano essi che il nuovo Governo (seguendo esempii non nuovi nelle storie napoletane) non solo avrebbero dimenticato le loro nequizie, ma li avrebbe ricompensati.
Costantino Nigra fu poeta, scrittore, diplomatico e uomo politico di fiducia di D’Azeglio e Cavour. La relazione è compresa nel Carteggio Cavour-Nigra, v. IV
2 commenti:
Thanks :)
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Ma allora,dato che il Sud era così inguaiato, chi gliel'ha fatto fare di...conquistarlo, provocando con un miliobe di morti? O volevano prendersi solo il meglio,come hanno fatto, senza dare altro che supponenza di superiorità.
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