sabato 23 ottobre 2010

MONTESQUIEU: "LA PLEBE PIU' PLEBE DELLE ALTRE"



Questo l'amaro sfogo di un lettore napoletano a "Il Giornale"

Ci risiamo con l’eterna emergenza, diventata eterna vergogna dei napoletani. Più che al ciclo dei rifiuti, qui sia­mo al ciclo del rifiuto: un osti­nato chiudere gli occhi di fronte alle responsabilità. Che, va detto, sono soprattut­to nostre, di noi napoletani. Il ciclo qui è perverso: le autori­tà locali dormono, la «mon­nezza » si accumula nelle no­stre strade, lo Stato interviene a risolvere l’emergenza, co­stretto dalla situazione a rime­di tampone. E allora scattano le proteste, quasi sempre inci­vili, e i piagnistei contro lo Sta­to stesso, mica contro chi ha lasciato che si accumulasse­r­o quelle montagne di spazza­tura. E ieri, non contenti di es­ser tornati nei titoli dei tg co­me città della spazzatura e delle proteste, ci abbiamo ag­giunto pure le aggressioni agli inglesi. Ma dov’è finito il nostro or­goglio? Non appena entrato nel taxi, il milanese dottor Cazzaniga (film Così parlò Bellavista) deve sorbirsi tutta la poesia Pianefforte 'e notte, declamata con enfasi dal con­ducente. Salvatore Di Giacomo è il primo a essere tirato fuori, quando i napoletani voglio­no farsi vanto dei propri per­sonaggi illustri. Subito dopo si passa a Giambattista Vico, Benedetto Croce, Eduardo De Filippo, e tutte quelle figu­re storiche e artistiche che hanno dato lustro alla città. Fieri del nostro passato mo­striamo la Reggia di Capodi­monte, il teatro San Carlo, il Maschio Angioino eccetera e ricordiamo i primati borboni­ci, che in verità non furono po­chi: prima ferrovia d'Italia, primo orto botanico, prima il­luminazione a gas di città, pri­ma città per numero di con­servatori e teatri, prima flotta mercantile e militare eccete­ra . Primati che fecero di Napo­li la terza città d'Europa. E sta bene. Ma per quanto tempo vorremo campare su questo glorioso passato? Per quanto adagiarci sugli allori? E poi, se vogliamo proprio dirla tutta la verità, anche nei secoli di maggior splendore artistico e culturale (700 e 800) Napoli si mostrava una città semibar­bara, colpa soprattutto della plebe, «molto più plebe delle altre» come scrisse Monte­squieu. Questa plebe, a Napo­­li, non è mai scomparsa. Sia­mo forse l'unica città al mon­do dove sopravvive una clas­se sociale presente a Babilo­nia, Alessandria o Roma anti­ca. Solo che a quei tempi essa non contava niente, e oggi la fa da padrona (viaggia perfi­no in Mercedes). La plebe - per dirla con Domenico Rea - ha stravinto. Si è sostitui­ta alla borghesia e ha finito per inghiottirla. Oggi è lei a fa­re la storia della città. Ed è que­sta plebe, sono questi lazzaro­ni eterni che ci stanno facen­do mettere lo scuorno (vergo­gna) in faccia, dando la cac­cia ai tifosi inglesi, spaccando le vetrine dei negozi, brucian­do la bandiera tricolore. Oggi un napoletano intellettual­mente onesto, alieno da pre­concetti ed obiettivo non può che vergognarsi di appartene­re a un popolo che sta dando lezioni d'inciviltà all'Italia e al mondo. Un popolo incapace perfino di individuare il suo Nemico (come sapeva fare un tempo, quando si oppose allo Spagnolo e al Tedesco): Nemico che non sono le forze di polizia (contro cui i dimo­stranti di Terzigno hanno da­to vita a una specie di intifa­da) o lo Stato, ma la camorra (i rifiuti si accumulano per­ché la malavita organizzata impedisce di raccoglierli, sa­bota gli impianti di raccolta, fa scioperare i netturbini, cor­rompe i funzionari dei con­trolli eccetera) e una sciagura­ta amministrazione politica locale. Già, l'amministrazio­ne politica locale. Sono quin­dici anni che a Napoli e pro­vincia c'è l'«emergenza rifiu­ti ». Come dice Gian Antonio Stella, questo periodo bastò ad Alessandro Magno per conquistare il mondo. Ebbe­ne, da allora Bassolino e poi Iervolino sono stati capaci so­lo di produrre demagogia, chiacchiere e propaganda. Di recente Berlusconi ha dichia­rato: «La colpa di questo ritor­no dell'emergenza rifiuti ha un solo nome: Rosa Russo Ier­volino ». La quale, qualche an­no fa ha dichiarato: «L'emer­genza rifiuti è chiusa». Non ci fosse stato l'intervento del premier del Popolo delle li­bertà, i sacchetti avrebbero superato l'altezza del gratta­cielo di via Medina. Ma Napoli, invece di pren­dersela con chi la sta mandan­do in rovina, se la prende con i tutori della Legge, e scandi­sce slogan antiberlusconiani. Quale tragico errore e quale insensatezza. Nel frattempo gli intellettuali tacciono (com'è naturale, quando si è stati foraggiati, per anni, dal potere) o levano una voce fle­bile flebile, tanto per dimo­strare che hanno corde voca­li. Non agli inglesi dovremmo dare la caccia, ma a quanti stanno affossando Napoli.

Le reazioni a questa lettera sono su
http://www.ilgiornale.it/interni/che_lezioni_dincivilta_ora_mia_terra_mi_fa_solo_vergognare/22-10-2010/articolo-id=481937-page=0-comments=2#1

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