mercoledì 20 ottobre 2010

SABRINA CHI?

Dottore mi ascolti, la prego, in questi giorni ho serie difficoltà a relazionarmi col prossimo. Non riesco a farmi coinvolgere dallo psicodramma collettivo. La ragazzina uccisa dallo zio e dalla cugina, credo, non so. Ecco il problema: non so. Ci ho provato, ma non ci riesco. Sui giornali salto a piè pari gli articoli (mi bastano e avanzano le foto) e appena in tv se ne parla (cioè sempre) cambio canale. Eppure i miei colleghi fanno soltanto il loro mestiere, servire il lettore. Su dieci lettere che arrivano in redazione, otto trattano di Sarah. Fra le dieci notizie più cliccate sul web, nove riguardano Sarah. Fra i dieci programmi più visti in tv, undici parlano di Sarah. E della cugina. E dello zio. E della zia. E del cognato (ci sarà di sicuro un cognato, c’è sempre un cognato).

Non ho scuse, l’insensibile sono io. Mi sento uno di quegli snob che si lasciano attrarre dalla «moviola del male» (copyright di Carlo Freccero) solo se i protagonisti hanno il sangue blu. Apro un sito e in agguato c’è un sondaggio che mi chiede: Sabrina è complice o testimone? E che ne so? Non so neanche chi sia, questa Sabrina, con cui tutti sembrate avere così grande dimestichezza. Perché l’orrido e il torbido non mi attraggono più? Perché preferirei indagare la psiche di una ragazza che scrive poesie o fa volontariato in un ospizio? Non per imitarla, si figuri. E’ che la trovo più sorprendente, più originale. Il segreto che mi interessa scoprire abita dentro di lei, non dentro Sabrina. O lo zio. O la zia. Con tutto il rispetto. Ho qualche speranza di guarire, dottore?
MASSIMO GRAMELLINI
La Stampa, 19 ottobre 2010

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