giovedì 30 agosto 2012

RISCOPRIRE LA CONVIVILITA' IN TEMPO DI CRISI. IL PENSIERO DI IVAN HILLICH

Hivan Hillic è un geniale filosofo austriaco (Vienna, 4 settembre 1926 – Brema, 2 dicembre 2002) che non è mai diventato famoso ed il cui pensiero comincia a circolare proprio in questi ultimissimi anni. E forse non è un caso, in quanto egli è il teorico della convivilità umana, della "disoccupazione creativa" e dell'uomo erroneamente considerato dalla società in quanto soggetto di bisogni inculcati dalla società industrializzata e non di sogni ed aspirazioni.
Come tutti gli innovatori ed i pensatori troppo in contrasto con la propria epoca, Hillic è stato a lungo destinato a rimanere nel dimenticatoio. Ma i tempi sono maturi per una sua scoperta, proprio per i temi da lui affrontati ed in linea con i tempi che stiamo vivendo.
David Cayley, amico e biografo di Hillic, sostiene che l’originalità e l’anticonformismo del pensiero di Illich risiedano nella sua capacità di guardare la società con lo sguardo di un archeologo che studia le tracce di una società diversa. Hillic diceva di essere stato fortunato a non ricevere un'educazione non formale, in quanto, all'età di sei anni, quando già parlava correntemente tre lingue, la scuola a cui venne iscritto, dopo avergli somministrato dei test psicologici, decretò che era una bambino con un ritardo nello sviluppo. Questo gli diede il vantaggio di poter passare due anni a esercitare la sua curiosità all’interno della fornita biblioteca di casa della nonna.
Dopo aver frequentato le scuole media a Vienna ed il liceo scientifico a Firenze, studiò Teologia e Filosofia (occupandosi anche di istologia e cristallografia) ed ottenne anche un dottorato in Storia Medioevale. Ricevette l’ordinazione sacerdotale nel 1951. Negli anni Settanta fu un teorico dell'apprendimento condiviso e dei sistemi di archiviazione di Educational Objects per l’accesso libero, reti per lo scambio di abilità, basate sull’elenco delle competenze di chi le possiede a disposizione di chi cerca persone da cui imparare.

La convivilità. I bisogni. "La Convivilità" è un libro del 1973. In esso Hillic presenta alcune critiche al modello industriale e ne ipotizza il possibile superamento. Secondo Illich, in molti casi lo strumento industriale ha superato la soglia critica ed è diventato controproduttivo. Per esempio, l’iperproduttività produce crisi economiche legate all’eccessiva disponibilità di beni, oppure la larga diffusione di automobili crea il traffico che riduce significativamente la velocità media degli spostamenti rendendo controproducente lo spostamento in auto. Alla società della “produttività” Illich contrappone la società della “convivialità”. Se nella società “produttiva” i valori sono la conoscenza tecnica e il bene materiale, nella società “conviviale” i valori sono l’etica e il bene realizzato. Inoltre, se nella società industriale il fine ultimo è l’accumulazione della ricchezza nella società conviviale il fine è l’amicizia e la reciprocità fraterna. Per Illich, la giustizia è sempre più importante della prosperità materiale. Quest’ultima per Illich impedisce all’uomo di sperimentare la piena libertà e la vera gioia che possono essere percepiti solo in uno stile di vita “austero”. Il progresso, lo sviluppo o la crescita hanno prodotto nell’umanità una larga e diffusa forma di dipendenza dai beni materiali e dai servizi. Questa dipendenza si chiama bisogno! La cultura occidentale – secondo Illich – ha fissato per tutti gli uomini del pianeta quali fossero i bisogni e gli standard di vita dell’umanità, stabilendo che sotto alcune soglie ci sia la povertà e sopra alcune soglie il benessere. Di conseguenza, l’uomo non è più visto per i suoi sogni, le sue aspirazioni, le sue potenzialità ma attraverso la misurazione economica di ciò che gli manca, di cui ha “bisogno”. L’irruzione sulla scena umana dei bisogni ha cambiato la natura umana. La speranza è stata rimpiazzata dall’aspettativa. C’è differenza, dice Illich, tra aspettativa e speranza. La speranza indica una fede ottimistica nella bontà della natura, mentre l’aspettativa è contare sui dei risultati programmati e controllati dall’uomo. (Fonte: Knowledge Addiction)

La disoccupazione creativa. Solo due delle sue principali opere (“Descolarizzare la società” e “La Convivialità”) hanno avuto in Italia una buona diffusione, mentre altre opere sono state ingiustamente considerate minori come, ad esempio: “Per una storia dei bisogni”, “Il genere e il sesso” o “Disoccupazione creativa”. In quest’ultima opera Illich enfatizza, in antitesi alla valorizzazione assoluta del lavoro come finalità dell’uomo, il diritto alla disoccupazione creativa, ossia l’attività dell’uomo libera e fuori dalla logica del salario e del mercato, per dedicarsi ad attività individuali e collettive che lui chiamava vernacolari. Vernacolare era secondo lui quello che nasceva dalla logica del fare qualcosa per sé o per gli altri, dall’orto all’asilo gestito in comune, dal mutuo appoggio al fare artigiano, artistico o letterario. Le tesi di Illich oggi sono riprese da Richard Sennett o da Serge Latouche, mentre le sue “visioni” sul superamento della scuola sono alla base di tutti i moderni sistemi di condivisione della conoscenza. (Fonte: Knowledge Addiction)

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