mercoledì 13 aprile 2011

LE VIRTU' DELLA SVIZZERA

La posta di Sergio Romano sul Corriere

Sono uno svizzero come lo può essere un ticinese e cioè: di cultura italo-lombarda e di ordinamento politico robustamente svizzero. Dopo un po’ di tempo che la stampa italiana non si occupava più della Svizzera, il Corriere ha dedicato un’intera pagina a una intervista al presidente della Confederazione, la signora Micheline Calmy-Rey. Mi ha fatto piacere anche perché non sono stati tirati in ballo i soliti luoghi comuni. A proposito di luoghi comuni, devo purtroppo constatare che la maggior parte degli italiani conosce la Svizzera in modo altamente riduttivo. Per oltre 30 anni ho partecipato a campagne di scavo archeologico in Italia e purtroppo ho sempre constatato che anche i giovani sono convinti che la Svizzera sia solo o in gran parte: cioccolata, orologi, banche. È molto radicata l’idea che la Svizzera sia un Paese noioso e spesso e volentieri ho sentito la solita storiella: «Oltre ai 500 anni di neutralità, sembra che la Svizzera abbia prodotto nel corso della sua storia soltanto orologi a cucù». Della complessità della società che forma la Svizzera hanno solo una pallida idea. Ad esempio, la stragrande maggioranza degli italiani non conosce il sostegno dato dai ticinesi alla causa risorgimentale. Un mio antenato ha combattuto al fianco dei milanesi nelle Cinque giornate (conserviamo in famiglia, con orgoglio, il fucile usato allora). Sarebbe bello se qualche italiano facesse conoscere ai suoi connazionali anche questo particolare oltre, ovviamente, a spiegare chi sono gli svizzeri e che fanno. Libero Regazzi ,

 LE VIRTÙ DELLA SVIZZERA I SUOI RAPPORTI CON L’ITALIA Caro Regazzi, Lei ha ragione. Gli italiani non dovrebbero dimenticare che il Ticino ospitò molti esuli, fra cui Mazzini, che le edizioni di Capolago dettero uno straordinario contributo alla diffusione dei loro scritti, che Carlo Cattaneo amò la Confederazione, ne studiò gli statuti, ne divenne cittadino e vi trascorse l’ultima fase della sua vita. Farebbero bene a ricordare inoltre che il «Paese dell’orologio a cucù» (la battuta è del personaggio interpretato da Orson Welles ne «Il terzo uomo», il bel film del 1949 diretto da Carol Reed) fu anche il Paese (cito a caso) di Zwingli, Jean-Jacques Rousseau, Benjamin Constant, Madame de Staël, Johann Heinrich Pestalozzi, Ludwig Burckhardt, il linguista Ferdinand de Saussure, il saggista Denis de Rougement, lo storico e critico della letteratura Jean Starobinski, i romanzieri e poeti Charles-Ferdinand Ramuz, Friedrich Dürrenmatt, Max Frisch, Francesco Chiesa, Grytzko Mascioni. Il fatto che abbiano scritto le loro opere in francese, tedesco e italiano ha forse oscurato agli occhi di molti la loro origine svizzera. Non basta. Credo anche che gli italiani farebbero bene a vedere nella Svizzera, soprattutto in questo momento, uno straordinario modello di ordinamenti civili per un Paese che desidera creare istituzioni federali. Questo non significa che la Confederazione sia priva di ombre e difetti. La sua maggiore anomalia, a mio avviso, è stata per molti anni l’esistenza, accanto ai tre poteri classici (legislativo, esecutivo, giudiziario), di un quarto potere, quello bancario, che ha spesso dettato e imposto le sue esigenze alla Confederazione. Ma ho l’impressione che la situazione, dopo alcuni clamorosi incidenti ed errori degli ultimi anni, stia cambiando. A proposito di banche e finanza, caro Regazzi, un’ultima osservazione. La presidente della Confederazione ha detto a Paolo Valentino che l’Italia, a differenza di altri Paesi europei, non ha ancora ratificato l’accordo della Ue con la Svizzera sulla lotta alle frodi fiscali e non sembra interessata alla firma di un accordo sulla doppia imposizione. Non conosco i termini esatti della questione e le ragioni per cui il ministro italiano dell’Economia abbia adottato questa linea. Ma credo che dovrebbe a questo punto spiegarne meglio le ragioni anche ai suoi connazionali.

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