Quando nel 1805 Napoleone lasciò Milano, avviato alla gloria di Austerlitz, commettendo il governo al viceré Eugenio Beauharnais, un addetto alla casa impariale volle rimanere a Milano al servizio del viceré; si chiamava Carlo Hagy Hannat ed era un egiziano venuto in Italia al seguito di Bonaparte come confettiere e credenziere. Questo orientale, venendo ogni giorno dalle cucine imperiali al palazzo Serbelloni Busca sul corso di Porta Orientale, nel passare davanti alle botteghe del Corso e della Corsia dei Servi, vide (e se ne innamorò) una bella milanese; la sposò e naturalmente non volle più abbandonare Milano. Fu detto pertanto che l'Hagy era figlio dell'amore!
Nel 1810 al civico numero 591 del Corso si apriva col nome di Hagy e nel locale dove stette per 122 anni, una vendita di "dolci orientali e spaccio di caffè alla turca". Prima il caffè si chiamava "Levante".
In breve quel centralissimo caffè fu frequentato dal fiore della cittadinanza. L'Hagy ebbe fortuna; nel 1839 l'esercizio si trasformava in "negozio di vini di lusso, di liquori, di distillatore, dirimpetto all'Uomo di pietra". Così è qualificato nelle matricole municipali del tempo. Vi si vendevano anche profumi ed acque da toeletta.
All'Hagy era assiduo il colonnello garibaldino Missori, il salvatore di Garibaldi, uno dei galanti di Milano dell'epoca; vi entrava quasi sempre in compagnia dell'inseparabile ingegner Pozzoli, che tutti chiamavano "Zio Ombrella" perché in ogni stagione, con qualunque tempo, portava un'ombrella.
Enumerare i clienti abituali o di eccezione che sfilarono nel celebre Hagy è arduo compito: principi di sangue, aristocratici, letterati, artisti, celebrità teatrali, arricchirono tutti la grande fama del ritrovo, che per tanti anni fu una delle caratteristiche cittadine della Milano centro intellettuale, industriale, generosa nell'accogliere e nell'allietare il soggiorno di quanti arrivassero attratti nella sua orbita.
Da I caffè storici d'Italia, di Nino Bazzetta de Vemenia, Interlinea Edizioni, Novara 2010, pag. 71 e pagg. 77-78
2 commenti:
Buongiorno Sig. Longhi, grazie per la precisazione.
La fonte da cui ho attinto la notizia che riporto è: "I caffè storici d'Italia", di Nino Bazzetta de Vemenia, Interlinea Edizioni, Novara 2010, pag. 71 e pagg. 77-78.
Magari se Lei avesse un riscontro documentale di quanto afferma potremmo confrontare le fonti. Grazie
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