Fu un italiano che tenne a Parigi uno dei più antichi caffè; si chiamava Francesco Procopio Custelli, siciliano; il Caffè Procopio, come fu sempre chiamato, diventò un ritrovo di letterati, di filosofi: Jean-Jacques Rousseau, Voltaire, gran bevitore di caffè come Balzac, Fontanella, Diderot, Napoleone e altri illustri lo frequentarono. Il Procopio ebbe due mogl e dodici figli; fu dapprima garzone nel caffè stesso, poi socio, poi unico proprietario.
Dall'Oriente il caffè passò a Venezia e a Padova e s diffuse per l'Italia tuta. E' tradizione che a Torino si aprisse la prima "bottega del caffè"; altri affermarono che Venezia precedesse Torino nel 1640 o che l'apertura fosse contemporanea.
Il caffè, come l'osteria, è la casa di chi non ha una sua casa; il rifugio di chi vuol pensare in solitudine e sognare anche fra la gente; l'oasi di pace e... di salvezza, lontano dalla moglie iraconda o dalla suoera bisbetica. Il posto di osservazione delle svariate psicologie umane, il centralino delle informazioi cittadine, ed infine un angolo di casa propria in casa d'altri. Gloria dunque al caffè, cantato dai poeti, gustato da grandi uomini e piccoli, che nel suo aroma ritrovarono per un attimo sollievo, serenità, forza! Il nostro Parini aveva cantato:
Ma se noiosa ipocondria t'opprime
E troppo intorno alle vezzose membra
Adipe cresce, de' tuoi labbri onora
La nettarea bevanda, ove abbronzato
Fuma ed Arde il legume a te d'Aleppo
Giunto e da Moka...
Ma l'inno imperiale del caffè fu quello di Giacomo Delille, l'autore del Dithyrambe sur l'Etre suprème che glorificando il caffè così lo canta:
Il est liqueur au poete plus cher
qui manquait à Virgile et qu'adorait Voltaire,
c'est toi, divin café...
Dal libro: I caffè storici d'Italia, aut. Nino Bazzetta da Vermenia, Interlinea Edizioni - Novara
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