mercoledì 26 maggio 2010

LUCCA


A casa mia, in Egitto, dopo cena, recitato il rosario, mia
madre ci parlava di questi posti.
La mia infanzia ne fu tutta meravigliata.
La città ha un traffico timorato e fanatico.
In queste mura non ci si sta che di passaggio.
Qui la meta è partire.
Mi sono seduto al fresco sulla porta dell'osteria con
della gente che mi parla di California come d'un suo podere.
Mi scopro con terrore dei connotati di queste persone.
Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue
dei miei morti.
Ho preso anch'io una zappa.
Nelle cosce fumanti della terra mi scopro a ridere.
Addio desideri, nostalgie.
So di passato e d'avvenire quanto un uomo può saperne.
Conosco ormai il mio destino, e la mia origine.
Non mi rimane più nulla da profanare, nulla da sognare.
Ho goduto di tutto, e sofferto.
Non mi rimane che rassegnarmi a morire.
Alleverò dunque tranquillamente una prole.
Quando un appetito maligno mi spingeva negli amori
mortali, lodavo la vita.
Ora che considero, anch'io, l'amore come garanzia della specie,
ho in vista la morte.

Giuseppe Ungaretti

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