










Note di costume e società. Web diary of social cognizer.
Valentino Rossi che biascica poche sconfortate parole sotto la luce delle telecamere che pornograficamente lo inquadrano mentre soffre per la morte dell'amico e collega Marco Simoncelli e, accanto a lui, qualcuno - un giovane tifoso, a quanto pare - gli dice: «Sei un grande, Vale» e sembra che l'eco di quelle parole ne diffonda altre e conclusive tipo: «...anche in questi momenti», spinge a una riflessione. Le parole suggerite dal tono del tifoso indicano che Rossi è un grande, è un mito anche quando soffre. È un mito quando vince, è un mito quando polemizza, è un mito, un punto di riferimento per migliaia di giovani e non di questo (e presumiamo altri) Paesi per il solo fatto di esistere e di essere come è.
Ma com'è Valentino agli occhi dei giovani? Come viene percepito e perché? Diciamo quali sono i primi aggettivi che vengono in mente pensando a lui: forte, campione, grintoso, schietto, abile, ricco, giovane, belloccio. Uno che è riuscito ad arrivare sul tetto del mondo diventando un maestro di professionismo in quello che inizialmente doveva apparirgli un divertimento. Le prime gare da ragazzino, il talento che viene fuori, poi la MotoGP e le vittorie, gli sponsor, i soldi, le donne, le polemiche con gli avversari in cui allunga una battuta delle sue nel suo accento, gli spot, la totale copertura mediatica della sua vita. Valentino è un mito perché è figo, e tutto ciò che lo circonda è altrettanto figo. Il giovane, il tifoso lo ammira, lo mitizza appunto, perché corre con le moto e guadagna tutto quello che si può guadagnare.
Lo adora perché il centauro rappresenta tutto ciò che lui non potrà mai essere: libero di fare quello che sa fare e di e di dire ciò che vuole dire e alla fine di passare all'incasso. Una lunga scia di popolarità avvinghiata al numero di zeri sul suo conto corrente. E se poi Valentino evade le tasse, ciò lo rende una specie di Robin Hood in cui lo Stato fa la figura pulciara dello Sceriffo di Notthingam.
E ancora miti, belli e dannati, tanto amati perché talentuosi e folli. Amy Winehouse, per esempio, morta da poco, grande voce e fragilissima personalità. Se l'è sbranata l'eccesso. Ora la sua foto campeggia sui quadrati dei profili dei social network, sulle «bacheche», sulle magliette dei fan. Il mito che vocalizza dagli mp3 col timbro nostalgico di chi c'era e non c'è più. Schiere di ragazzi che se la spartiscono, Amy, in rete, e che dicono sui blog che «nessuno la capiva» e che in questo consisteva la sua grandezza. Truccate come lei ma un tantino più stonate, su youtube puoi trovare piccole grossolane figure di cantanti replicanti, piccole Amy che una vita come quella della star (tra droghe e alcol e amori violenti) non la vorrebbero, ma fa cool credere di sì. Valentino Rossi solare. Amy sola. Le due facce del mito a confronto. Amarli è una missione.
E Steve Jobs, il mago della tecnologia, già mito e guru in vita ora in morte assimilato a Dio, trasformato nella Sua versione terrena ma speculare da orde di Mac-dipendenti che mandano e rimandano sui loro iPad il discorso di Stanford, con quell'intronante «siate affamati, siate folli» che rimbalza ovunque come un Padre Nostro o un atto d'accusa alla mediocrità. O, peggio, alla normalità.
Morderò la mela della vita anch'io, pare ripetersi l'ammirato fan che corre in libreria a comprarsi e forse leggersi la biografia autorizzata del Vate, morderò la mela anch'io se mi impegnerò in ciò che so fare, anche se poi non so fare niente. Sarò affamato, folle, geniale. Sarò Steve perché Steve era come me. L'ammiratore che assurge a mito per interposto sogno.
Farebbe bene ricordare, però, che sotto la polvere del grigiore e della medietà, sui banchi di scuola della quotidianità ci sono altri tipi di miti del tutto ignorati, cui i giovani forse dovrebbero prestare più accurata attenzione: tuo padre che ogni mattina si alza e va a lavorare, per esempio, al tornio nella oscura chiassosa dimenticata fabbrica o nella redazione ticchettante di un giornale di provincia a raccontare i nudi fatti, pochi soldi e tanta passione. Tua madre che pulisce le scale nei grandi stabili dove si muovono milioni di euro al minuto, un colpo di straccio, una goccia di sudore che le imperla il naso mentre pensa che è stanca, che non ce la fa più. Tua sorella che insegna in una scuola dove è precaria, aule fatiscenti, gessetti portati da casa, uno studente che sbadigliando pensa al Milan e la ignora, ignora il suo impegno per ficcargli un po' di sale in zucca.
Spegnere la televisione o il pc, ogni tanto, e guardare alla vita di chi ti circonda. Non sarà inebriante come l'inclinazione di Valentino in curva sulla sua Ducati, o abbagliante come le luci dei flash quando passa Justin Bieber. Ma partire dalla realtà e non dal sogno patinato è già capire che il mito è nelle piccole cose semplici. Poi, se verrà il tuo tempo di correre o inventare, saprai almeno raccontare da dove hai cominciato.
* Scrittore, autore de "La sfuriata di Bet" (Einaudi)
Questa espressione è usata da Hegel nella “Prefazione ai lineamenti di diritto”, dove il filosofo afferma che gli uomini si affannano a conoscere la Natura, tuttavia lo fanno con metodo. Quando poi essi scandagliano anche la Storia lo fanno col metodo sbagliato. Infatti l’uomo vuole predicare al mondo come deve essere, non studiare il mondo per quello che è.
Cinque affermazioni di Hegel
1. La razionalità sta nell’essere stesso dell’uomo, produttore di Storia. Egli deve scoprire nella Storia la razionalità ad essa intrinseca.
2. La Filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero. Non è correre in avanti, ma è comprensione del proprio tempo attraverso la ragione. Engels e Lenin erano entusiasti della sua concezione storica e della dialettica della Storia.
3. Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale. Frase mutuata da Parmenide, III frammento: “Pensare ed essere è la stessa cosa”. Struttura della mente e struttura della realtà sono identiche. Le leggi della Storia sono intrinseche alla Storia. Il reale, per Hegel, è ciò che ha una prospettiva di futuro. Lo storico e il filosofo devono “sentire il polso della realtà”, cioè il battito della vita, la dialettica che è dentro la Storia.
4. La Filosofia è una ricerca che deve trovare “la rosa nella croce”. Hegel la ricava dallo stemma di Lutero (una croce in un cuore contenuto in una rosa). Cioè nella croce dell’esistenza presente, noi dobbiamo trovare la rosa del futuro. La razionalità dovrà divenire, non è qualcosa di definito. Nella croce del presente bisogna trovare la rosa.
5. La Filosofia è la nottola di Minerva. Non ci dice cosa accadrà domani, non fa come gli indovini, è una disciplina seria. E’ interpretazione del proprio tempo. La Filosofia arriva quando il mondo è già fatto e quindi quando lei stessa vola sulla giornata di lavoro dell’onesto cittadino del mondo.
(Sintesi della relazione tenuta dal prof. Aniello Montano al Festival della Filosofia di Ascea Velia, ottobre 2011)
(Blogosfere) - La democrazia deve partire dal basso: è questo lo slogan fondamentale degli indignados, movimento di protesta nato il 15 Maggio scorso a Madrid con l'occupazione di Puerta del Sol, la piazza più rappresentativa della capitale spagnola. Un movimento di protesta che, inizialmente limitato alla Spagna, si scaglia contro la dissocupazione, l'incapacità del Governo di dare risposte concrete e il ruolo centrale delle banche nella crisi spagnola.
In poche settimane gli indignados hanno trovato terreno fertile in un'Europa sgretolata dopo la crisi del 2007, il movimento di protesta ha varcato i confini spagnoli, toccando Parigi, Berlino e arrivando fino ad Atene, centro di una Grecia messa in ginocchio dalla bancarotta.
In Spagna la situazione sembrava essersi tranquillizzata una settimana fa, dopo la decisione degli indignados di smobilitare la "cittadella libertaria" di Puerta del Sol ma ieri il movimento è tornato a farsi sentire per le strade della capitale spagnola con sei cortei che hanno confluito nel centro storico della capitale, spostandosi poi nelle vicinanze del Parlamento per alzare il loro grido di protesta. I rappresentanti del movimento parlano di oltre 150mila persone riunite a Madrid per protestare contro le politiche governative anti-crisi e contro le direttive europee del Patto dell'Euro colpevoli di aver portato Paesi come Spagna e Grecia in una situazione economica disastarata.
Tra le strade di Madrid i protestanti hanno le idee molto chiare su quale deve essere il modello da seguire per uscire dalla crisi: l'esempio di risposta che dovrebbe venire dai Paesi in crisi economica è quello islandese, dove gli abitanti per referendum, hanno deciso di non pagare i debiti delle proprie banche. Ad oggi l'Islanda è anche il primo paese al mondo che sta costruendo un modello di democrazia dal basso con la possibilità del popolo di interagire con i membri dell'Assemblea Costituente al lavoro in questi mesi per sviluppare un nuovo testo costituzionale.
Le proteste spagnole di ieri non hanno interessato solo Madrid ma anche Valencia e Barcellona programmando per il 15 Ottobre prossimo un Referendum che dia una svolta decisiva alla democrazia spagnola.
Passando per Parigi, Berlino e Bruxelles dove nella giornata di ieri si sono verificate manifestazioni legate al movimento degli indigandos arriviamo ad Atene, città fulcro delle proteste insieme a Madrid.
Nella serata di ieri oltre 5mila indignados si sono radunati sulla Syntagma, la piazza dove sorge il Parlamento greco, per protestare contro le misure di austerity imposte dal Governo per tentare di evitare la bancarotta. Per la quarta domenica consecutiva il popolo greco si è radunato di fronte al centro politico del Paese per chiedere di non pagare una crisi creata da banche e Governi.
L'Euro, pilastro fondamentale su cui si basa il futuro dell'Unione Europea, è uno dei principali bersagli delle proteste degli indignados. Il movimento nato in Spagna e cresciuto in Grecia ormai è diventato adulto e raccoglie proteste in tutta Europa: l'Unione Europea inizia a tremare, da Bruxelles arriveranno riforme forti per calmare le proteste?
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È una storia della nostra Repubblica, quella che tratteggia Giovanni Floris, evidenziando le molteplici dicotomie italiane: Cavour e Garibaldi, Agnelli e Marchionne, Totti e Baggio, Riina e Giovanni Paolo II. Le tante volte in cui la fiducia è andata (sbagliando) all'Uomo della provvidenza, e quelle in cui invece sul ponte di comando sono finiti leader normali: i De Gasperi e i Pertini, i Ciampi e gli Amato. Secondo Floris quelli che, più di tanti altri, sono riusciti a tirar fuori il Paese dalla crisi in cui versava. Da promuovere, per lui, poi, sono soprattutto gli «eroi senza megafono». Due esempi su tutti: Carlo Rosselli e Giorgio Ambrosoli. Storie quanto mai attuali, le loro, e alle quali ispirarsi per individuare un criterio attraverso il quale tentare di costruire una nuova classe dirigente. Che infatti, per il conduttore di «Ballarò», è ciò che serve con maggiore urgenza. Il quesito più difficile al quale rispondere, però, è uno solo: dove cercarla? Scrive Floris: «In mancanza di investimenti sulla formazione, bisogna ripartire da quello che c'è: gli uomini e le donne italiani. Da quello che fanno, quindi dalle loro professioni. Da quello che pensano, quindi la loro attuale formazione politica e culturale».
Esiste poi, secondo l'autore di Decapitati, un forte parallelismo tra l'attuale periodo storico italiano, caratterizzato dal berlusconismo, e la fase craxiana degli anni Ottanta: «A partire dalla modernità tanto agognata e mai raggiunta, che a quei tempi sembrava impersonata dal Psi di Craxi e in questi anni dal pluribattezzato partito di Berlusconi». Adesso, invece, siamo in una fase di transizione, dove «la prossima leadership verrà raccolta, non conquistata... La mia idea è che questo Paese non verrà preso di slancio da un uomo forte, ma consegnato dagli elettori a chi avrà il coraggio di sobbarcarsi una nazione messa in ginocchio da una crisi pesantissima». L'Obama italiano, dunque? «No, una semplice persona per bene che si slanci oltre». Ma il primo passo «tocca ai cittadini: occorre la capacità di diventare un po' leader di se stessi. Ognuno nella sua vita deve riprendere il coltello dalla parte del manico e ricordarsi che il potere dei capi poggia sulle spalle di chi è comandato». Per non farsi più decapitare.
Steve Jobs era un genio, non un santo. Invece i siti e i giornali di tutto il mondo grondano di allusioni celestiali e riferimenti a Buddha e a Gesù, francamente eccessivi. Sono sicuro che lui si accontenterebbe di essere paragonato a Leonardo: un altro che ha cambiato il mondo nutrendosi di conoscenze spirituali per iniziati. Il discorso di Jobs all’università di Stanford - «La morte è la migliore invenzione della vita» - non smette di commuovermi, ma devo riconoscere di averlo già letto da qualche parte: in qualsiasi testo ispirato di new (e old) age. Se milioni di persone non rendono omaggio soltanto al genio semplificatore di software ma al guru di una setta quotata in Borsa, significa che nei nostri cuori è successo qualcosa di meraviglioso e terribile. Siamo affamati, direbbe Steve. Affamati di valori, di esempi, di storie di successo che indichino una direzione di marcia. A molti le parole delle religioni di massa suonano stereotipate. E da quando neppure Obama è stato capace di fermare il suicidio del capitalismo (o meglio il suo omicidio, perpetrato da certa finanza), nei popoli delle democrazie è subentrata la convinzione che la politica non abbia più alcuna possibilità di cambiare il mondo. Jobs invece ci è riuscito e, nell’innalzarlo alla gloria degli altari laici, manifestiamo il desiderio struggente di altri cavalieri che illuminino il percorso di questo nuovo Medioevo. Il passaggio successivo sarà smettere di rispecchiarci in qualche eroe mitizzato e risvegliare il piccolo Jobs che sonnecchia dentro ognuno di noi. | |
MASSIMO GRAMELLINI |
Avrai sentito dire più volte che le parole creano la tua vita, che l’autostima è la chiave del benessere e tutte queste cose che hai letto in continuazione e che non hai mai voluto applicare. Continua a buttarti giù, a credere nei giudizi di chi ti sta intorno e soprattutto a non fare nulla per cambiare. Sii pessimista, questo ti permetterà di non assumerti responsabilità e di continuare a vivere la tua rassicurante esistenza. Non assumerti rischi, continua a portare avanti le tue abitudini ed i tuoi schemi e prova invidia per chi ce la fa nella vita perché ha deciso di assumersi dei rischi, prenditela a morte con i presuntuosi.
Chi ti esprime i suoi successi deve restarti antipatico, chi raggiunge obbiettivi ti deve apparire come fortunato. Evita di renderti conto che sei il padrone della tua vita, che hai libertà di scelta e che sei responsabile delle tue azioni. Lascia perdere chiunque ti voglia infondere ottimismo e motivazione…
Sii litigioso, non perdonare,ricordati di essere diffidente. Sii sopratutto conformista… presto vedremo come é facile farlo.
Benvenuto nella tua nuova vita…anzi no, nella tua vecchia vita perché in fondo vuoi rimanere fedele a te stesso e non migliorare la tua esistenza.
A presto,
Il tuo demotivatore preferito,
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“Diario Stresiano”, edito dalla Genesi di Torino, è l'ottavo libro dato alle stampe da Lucia Gangale. La scrittrice sannita ha da sempre prediletto la forma del saggio storico-sociologico, ma stavolta si presenta ai lettori utilizzando la forma del racconto. In ottantotto pagine è condensata l'esperienza umana e professionale vissuta dall'autrice a Stresa, dove ha insegnato nel 2006 (infatti il sottotitolo è “Racconto dei miei giorni sul Lago Maggiore”).
Il volume sembra articolarsi su almeno quattro assi: l’emigrazione, la donna, l’insegnante, la spiritualità. Il racconto si situa a metà strada tra il memoriale ed il resoconto di viaggio.
L'autrice parla della sua attività di insegnante presso l'antico e prestigioso Istituto Alberghiero d'Italia (il primo a nascere nel nostro Paese), gemellato con Losanna. Ma lo sguardo spazia sul paesaggio circostante e sulla vita degli abitanti. Così abbiamo un volume ricco di notazioni su tradizioni, usanze, stili di vita dell'alto Piemonte ed acute osservazioni sull'industria del turismo che qui è molto fiorente ed è legata alle bellezze dei laghi e degli scenari naturali di questi luoghi incomparabili e ricchi di fascino.
In un passo del suo libro la Gangale scrive: “L’isola più fascinosa, nel buio della notte, è sempre l’Isola Madre, con il suo intrico di verde e la facciata del palazzo che spicca nel mezzo. Sullo sfondo la lunga fila di luci gialle di Pallanza, con il campanile della chiesa di San Leonardo che si vede anche di sera. Altre infinite luci sulle montagne. Un incanto da cui non ti staccheresti mai. Ho veduto le cime innevate delle Alpi proiettarsi verso il cielo terso. Una vista che è paragonabile solo a quella del golfo di Napoli, la solare città dove ho compiuti gli studi universitari e vissuto per un breve periodo. Qui a fare da sfondo è il Vesuvio. Ho veduto anche tanti altri paesi e città, tutti differenti per bellezza e stili di vita”.
Una lettura da fare per sentirsi trasportare in epoche ed in dimensioni lontane dalla quotidianità, tra laghi scintillanti ed Alpi meravigliose, in una immersione totale nella natura incontaminata del posto e nella cultura legata a Rosmini ed alla duchessa di Genova, ai lungolaghi fioriti ed ai palazzi storici rappresentativi della Belle Époque.
L'editore, Sandro Gros-Pietro, dice: “Il paesaggio, le culture dei luoghi, l’esperienza alla prestigiosa Scuola di Stresa “Erminio Maggia”, l’Istituto Alberghiero più antico d’Italia, ed anche alcune occasioni di alta cultura letteraria e filosofica compongono un mosaico di interessi piuttosto composito, dove il filo rosso tra il Piemonte e la Campania costituisce l’asse del memoriale, quasi in chiave di ritrovata patria e di riunificazione del Bel Paese”.
Al libro di Lucia Gangale è dedicato un sito, www.diariostresiano.wordpress.com, dove è possibile trovare dei videoclip, i resoconti delle presentazioni, nonché il link alla scheda dell'autrice presente sul sito della Genesi Editrice (Via Nuoro, 3 - 10137 TORINO. Tel. 011.3092572. Email: genesi@genesi.org)
Di qui il grido d'allarme, ammantato di fascino femminile, lanciato da fotografo Antonio Oddi che ha potuto notare come le braccia femminili siano scomparse dalla Piana del Fucino. Emancipazione dalla terra? O sconfitta generazionale? Ecco che Oddo ha pensato a una serie di scatti che saranno trasformati in 4000 cartoline, da distribuire in tutta la Regione. L’idea è di invogliare ragazzi e ragazze a tornare al lavoro nei campi.
Le modelle che hanno posato gratuitamente sono: Denitsa Ivanova , Giulia Capodacqua Serena Paponetti, Lucia Bucciarelli, Antonia D’Alessandro, Laura Jaskinaite Federica Ucci. Qui il video del backstage per la regia di Giampietro Nonni.
Scuole Superiori
Ha cambiato 3 licei nel corso dei 5 anni, l'ultimo dei quali, dove si è diplomata, privato.
Università
Laureata con 3 anni fuori corso
Voto di laurea 100, e tesi valutata meno di 1 punto!
Il ricordo del professor D' Andrea, suo relatore: «Per quella tesi non ho voluto dare neanche un punto in più alla media dei voti. Non soltanto per come era stata scritta, a tirar via, ma soprattutto per come la Gelmini venne ad esporla in sede di discussione».
Esame di Stato
Mariastella Gelmini ha superato l’esame di Stato per la Professione di Avvocato presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria, dopo 1 anno di praticantato a Brescia ed il secondo a Reggio Calabria.
(Nella sessione della Gelmini risulta quasi il 57% di ammessi agli orali. Il doppio rispetto a Roma o a Milano. Quasi il triplo che a Brescia. Giustificazione: Così facevan tutti, dice Mariastella)
Divenuta Ministro, poi ha iniziato a puntare il dito contro le scuole meridionali "...alcune scuole del Sud abbassano la qualità della scuola italiana. In Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata organizzeremo corsi intensivi per gli insegnanti".
Carriera Politica
Nel 1998 risulta la prima degli eletti alle amministrative ricoprendo, fino al 2002, la carica di Presidente del consiglio del comune di Desenzano.
Nel 2000 viene sfiduciata da presidente del consiglio comunale per inoperosità (delibera del consiglio comunale n. 33 del 31/03/2000).
Fonti: Corriere della Sera, LogiKaos