sabato 23 gennaio 2010

IL PIU' GRANDE

Leggo e rileggo la lista dei cinquanta italiani illustri che da ieri si contendono su Raidue il televoto dei loro connazionali e rimango allibito. Lui non c’è. Ma com’è possibile? Quale autorevolezza potrà mai avere un referendum sul più grande italiano di sempre che non contempli il più grande presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni, migliore persino di De Gasperi? Nella griglia dei finalisti c’è Garibaldi, e va bene. C’è Fiorello, e ci mancherebbe. Ci sono addirittura due Mazzini (Giuseppe, patriota, e Mina, cantante). E non si è trovato uno strapuntino per quel gigante del pensiero (anche se non di statura)? Nessuno può vantare una storia di successo così fulminante e, a suo modo, romantica. La cavalcata inarrestabile di un imprenditore innovativo - un uomo del fare - che in un momento difficile della storia patria decide di lasciare la sua azienda per scendere in campo. Un po’ cascamorto con le donne, ammettiamolo. E abbastanza spregiudicato nelle frequentazioni. Ma vitale, vivaddio! Lavoratore instancabile, capace di conservare il potere nonostante l’ostilità di una nomenclatura ancorata ai propri privilegi e malgrado i rapporti non facili con il capo dello Stato. Qual è la causa di questa discriminazione inconcepibile? Forse la sua provenienza dal Nord produttivo e operoso, di cui può considerarsi a buon diritto il campione? O la sua appartenenza al centrodestra, mentre la Rai - si sa - è in mano ai comunisti? Scusate lo sfogo, ma è davvero una vergogna che abbiano lasciato fuori uno come Cavour.

(Massimo Gramellini, La Stampa)

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