mercoledì 5 marzo 2014

LA GRANDE BELLEZZA

(Il Giornale - 5.3.2014) - Illustri Autorità, presidenti e sindaci che vi avventate sull’Oscar alla Grande Bellezza e cercate di salire sul carro del vincitore, come è d’uso nostrano, non avete capito o fate finta di non capire: il film premiato inscena l’agonia del Paese e della Città che voi rappresentate. C’è poco da sentirsi orgogliosi, c’è poco da festeggiare, è l’apoteosi di un declino. È come se davanti alla Pietà di Michelangelo si sentissero coautori gli eredi di chi mise Cristo in croce, così permettendo all’artista di immortalare la Morte. Il film di Sorrentino è un glorioso funerale a una Città/civiltà in decomposizione. Un canto sulle rovine.
Scendete dal carro, Autorità, siete i rappresentanti legittimi della nazione, dello Stato, del Comune descritti nel loro disfarsi, vistosamente inadeguati non solo a quel passato ma anche alle sue vestigia maestose, come mostra il degrado pompeiano. Il film è un capolavoro, lo scrissi sin da quando uscì, ma esprime la gloria passata e il degrado presente, e il loro stridore; mostra la bellezza di quel che fu e il degrado a quel che è. Lo descrive con lo spirito di Petronio, di Flaiano e di Dagospia. Dal Satyricon a Cafonal. Nel film, il simbolo di Roma, e dunque d’Italia, a me sembra Sabrina Ferilli e ancor più Serena Grandi che offre lo spettacolo del suo disfacimento tra i giudizi impietosi della gente.
La Grande Bellezza è un diamante che brilla su un cumulo di rifiuti. E loro si sentono orgogliosi per aver solo contribuito al cumulo dei rifiuti.
Confondono coprotagonisti e coprofilia.
MARCELLO VENEZIANI

Ancora grande bellezza
La grande bellezza di Paolo Sorrentino e un film sensibile, che dentro a un surreale viaggio nella Roma di oggi, incontra la verità nella decadenza umana che contrasta con la storia di quella città. Come è leggera ed elegante la lunga notte di Servillo lungo il Tevere tra poesia e grossolanità. Le terrazze aperte alle voci e agli scandali di una moltitudine che cerca se stessa tra le rovine di una vita gettata via e un futuro che non ha più speranze né idee. Una spiritualità vuota e superficiale di una Roma più' vicina a Nerone che al suo papa.
BRUNO MURIALDO e Don Chisciotte febbraio 2014

 

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