mercoledì 25 dicembre 2019

LA FOLLIA E' IL LEGAME DELLA SOCIETA' UMANA


Un pizzico di ipocrisia è fondamentale in ogni rapporto umano, anche in quelli più stretti come ad esempio il rapporto tra marito e moglie. Erasmo da Rotterdam offre qui un campionario di questi rapporti, e ci dice che sono tutti conditi dalla Follia.

 

Insomma nessuna società, nessun legame nella vita potrebbe essere gradevole o duraturo senza di me: né un popolo potrebbe sopportare a lungo il suo principe, né un padrone il suo servo, né una serva la sua padrona, né un maestro il suo discepolo, né un amico l’amico, né una moglie il marito, né un locatore il locatario, né un compagno il compagno, né un ospite il suo ospite, se non si ingannassero continuamente a vicenda, se non si adulassero, se non chiudessero prudentemente un occhio, se non si lusingassero vicendevolmente col miele della follia. Certamente tutte queste cose vi sembreranno delle enormità, ma ne sentirete di più belle.



Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, Newton, Roma 1995, pag. 55

giovedì 21 novembre 2019

GIORNATA MONDIALE DELLA FILOSOFIA E CONSIGLI DI LETTURA IL PRATO


21 Novembre #WorldPhilosophyDay! 🎭
Oggi è la Giornata mondiale della filosofia!
Nel corso della settimana vi abbiamo consigliato alcuni dei libri della nostra collana #filosofica e oggi concludiamo con una delle nostre ultime novità!
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🔴 Il #libro di oggi:
“Capire il pensiero di Martha Nussbaum. Politica, pedagogia, emozioni, cittadinanza” di Lucia Gangale.
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🤔E voi? Quale pensiero filosofico o filosofo vi appassiona? Rivelatecelo in questa giornata filosofeggiante!
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#philosophyday #ilpratoedizioni



domenica 10 novembre 2019

QUANDO L'IMPRESA E' ETICA



L'imprenditore italiano Matteo Marzotto ed il presidente di Confindustria nonché imprenditore Filippo Liverini parlano di impresa etica al Teatro San Vittorino di Benevento (8 novembre 2019).

sabato 19 ottobre 2019

RITROVIAMO L'AMBIZIONE DI STUDIARE


Il rapporto di Unioncamere sulla fame di laureati del nostro sistema economico, con il deprimente scenario che quota tra 160 e 230 mila i ruoli qualificati potenzialmente scoperti nei prossimi cinque anni, smentisce una serie di luoghi comuni largamente diffusi nel Paese: la laurea serve a poco. Non garantisce un lavoro o un reddito decente. All’Italia servono più falegnami e idraulici, meno studenti di economia e discipline sociali (e figuriamoci di filosofia).
È un filone di pensiero che nel lunghissimo tunnel della crisi si è fatto pervasivo, anche attraverso i giudizi di imprenditori italiani e internazionali di gran successo mediatico. Da Fulvio Briatore a Elon Musk, la critica alla formazione universitaria è stata il perno di molti ragionamenti sul tardivo ingresso dei ragazzi nel mondo della produzione, insieme all’esaltazione di percorsi più semplici e immediati finalizzati al lavoro manuale. Ma non solo: serie cinematografiche popolarissime come «Smetto quando voglio», con la sua galleria di latinisti e biochimici ridotti a fare i benzinai o gli sfasciacarrozze, hanno incardinato nell’immaginario collettivo l’idea della laurea come inutile impegno, o peggio aspirazione da perdenti.
Ora i dati ci dicono l’esatto contrario: non abbiamo troppi laureati, ne abbiamo troppo pochi. Il polmone dello sviluppo, cioè chi studia, inventa, coltiva competenze e ambizioni, è in affanno e rischia di smettere di respirare senza un cambio di direzione. Il calo delle immatricolazioni registrato dal 2017 fa prevedere un rapido ed enorme scostamento tra domanda e offerta non solo nei celebrati settori dell’area economico-statistica ma anche nel bistrattato comparto umanistico: insegnanti, laureati in letteratura, lingue, scienze motorie. Ci serviranno architetti, medici, geologi, a migliaia, e non li avremo. Ci serviranno medici e odontoiatri: dovremo cercarli altrove. Ci serviranno persino 71 mila laureati in Giurisprudenza, la facoltà spesso definita come la più affollata e professionalmente improduttiva. Non troveremo neanche loro.
Oltre ogni ragionamento tecnico sull’insufficienza del nostro sistema universitario, sui suoi costi, sul disinteresse per chi abbandona, sul numero chiuso che porta all’estero migliaia di diciottenni, è chiaro che serve un’inversione di tendenza culturale. L’Italia deve recuperare l’idea che lo studio universitario costituisca un’ambizione da incoraggiare, che valga la pena per le famiglie e i ragazzi investire in quella direzione tempo e denaro. Che la fatica sui libri vada socialmente sostenuta perché, come diceva Antonio Gramsci, è già «un mestiere e un tirocinio»: non una perdita di tempo.
Lo scetticismo sull’importanza di «fare l’università» ha accomunato negli ultimi tempi sia la destra sia la sinistra, come dimostrano le molte e infelici citazioni sull’inutilità dei curriculum («Meglio giocare a calcetto»), sulla futilità degli sforzi per raggiungere il 110 agli esami, sulla cultura che non si mangia o sulla superiore furbizia di chi a sedici anni sceglie il professionale ammettendo che alla laurea forse non arriverà mai. Ecco, magari anche in politica sarebbe il momento di cambiare narrazione, alimentando nei nostri figli sogni e autostima anziché depressione e sfiducia. Fra l’altro, la svalutazione dell’importanza degli studi universitari non ha portato a un significativo aumento della propensione a scegliere i celebrati lavori manuali. Non abbiamo più falegnami o idraulici, ma il triste record europeo dei Neet, i giovani che non studiano e non lavorano: qualcosa di sbagliato deve esserci per forza, è ora di occuparsene.
FLAVIA PERINA, La Stampa, 13 ottobre 2019


lunedì 30 settembre 2019

LES AMOREUX DE LA BASTILLE

Willy Ronis, Les Amoureux de la Bastille, Parigi, 1957. Ministère de la Culture / Médiathèque de l’architecture et du patrimoine /Dist RMN-GP © Donation Willy Ronis
Willy Ronis, gli amanti della Bastiglia, Parigi, 1957. Ministero della cultura / Mediateca dell'architettura e del patrimonio / dist nmr-GP © Donazione Willy Ronis

giovedì 29 agosto 2019

CAPIRE IL PENSIERO DI MARTHA NUSSBAUM

Martha Nussbaum, filosofa e accademica statunitense, maestra del nostro tempo, attualmente docente di diritto ed etica all'Università di Chicago, è una pensatrice molto amata e dibattuta e autrice, insieme ad Amartya Sen, della celebre 'teoria delle capacità'. Studiosa del mondo classico, esordisce con un'opera dal titolo 'La fragilità del bene', che la fa conoscere in tutto il mondo. Eppure, di questa docente e conferenziera di caratura mondiale, nel nostro Paese ancora non esistono opere che la riguardino, se non alcune tesi di dottorato reperibili nel catalogo Opac online, comunque non destinate al vasto pubblico. [...] Allora ho pensato che vi sia la necessità di spiegare in sintesi i concetti fondamentali della sua filosofia, racchiusa per lo più in volumi di grosso spessore, che, come tali, possono forse scoraggiare la lettura di chi non ha pazienza per addentrarsi in un pensiero tanto ricco, complesso e affascinante. Il libro scaturisce dalla lettura attenta che l'autrice ha fatto di quattro sue opere in versione integrale, "La fragilità del bene", "Coltivare l'umanità", "Non per profitto", "Emozioni politiche".

Dove acquistare il libro:
Mondadori Store
Amazon.it
oppure direttamente dalla Edizioni Il Prato

lunedì 26 agosto 2019

UNA DRASTICA DIETA PER L'UMANITA'

Sto leggendo alcune regole di vita dei monaci dei Camaldoli - che tra l'altro hanno anche un modo ammirevole di gestire il rapporto con la natura - e le sto stranamente mettendo in connessione con il modo in cui oggi viviamo.
Mangiamo troppo, parliamo troppo e diciamo cose senza senso.
La gente fa troppi selfie e posta le cose che mangia sui social.
Un ragazzo ha appena confessato sul suo profilo facebook che ha ammazzato il suo migliore amico.
Un papà si è schiantato in auto con suo figlio mentre girava un video ad una velocità folle. Così, per provare il brivido di un'emozione.
Ma siamo impazziti?
Abbiamo perso ogni regola? Ogni freno?
Uomini politici bulimici di comizi, parole, potere, poltrone, spiagge estive e foto che li ritraggono sui social, che fanno e disfano governi, che si credono padreterni ed usano linguaggi e simboli in modo improprio.
In giro vedo troppa gente obesa.
Vedo anche troppa dipendenza dagli smartphon
e.
Bisognerebbe bandire una giornata mondiale di astinenza dalle dipendenze: dal cibo, dalla connessione, dalle parole di troppo, dette, scritte e lette.

Vivere per un giorno da eremiti, nel silenzio e nel digiuno.
Una buona dieta rigenerante e purificante per l'umanità.
Proprio per riprendere possesso del proprio corpo e del proprio cervello.

Sarebbe come tornare alla Madre Terra.

Magari saremmo tutti più amorevoli
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Semplicemente più umani.

sabato 24 agosto 2019

UNA POESIA DI GIUSEPPE UNGARETTI SU CALITRI (AV)

Che piacere girare per la nobile e bellissima Calitri (AV) - di cui mi sono occupata alcuni anni fa su questo blog, prima di andarci di persona - e trovare su un pannello comunale una ispirata poesia dell'eccelso Giuseppe Ungaretti. Ho avuto meno fortuna nel cercare di reperire in loco una guida turistica (il minimo, per un paese dell'Alta Irpinia che ospita uno dei più grandi festival della Campania che è lo Sponz Fest di Vinicio Capossela). Proprio non ne hanno, nemmeno all'ufficio turistico. Una brochure, quella invece c'è. Non fa niente, ho rimediato su Amazon. Ne ho trovate anche tre di guide ai luoghi. Ne ho comprate due. Stampate col self-publishing. Devo dire che Calitri è proprio bella. La gente buona e signorile. Chiedi un'informazione e loro ti scortano di persona sul luogo che stavi cercando. Si mangia fuori a prezzi accessibili. Trovo un hotel di buon livello ad un prezzo onesto, con una vista magnifica sul paese di fronte. Una sorta di Matera in miniatura. Anche Calitri ha avuto ed ha i suoi sassi e le grotte, in cui abitavano le famiglie. Oggi sono luoghi in cui si vendono salumi e formaggi e si effettua la mescita del vino. Forse qualcuno ne ha anche parlato dal punto di vista letterario o storico. Non so. Certo è che in questo comune di cinquemila abitanti (dieci anni fa erano diecimila) la produzione editoriale è davvero impressionante. Una sorta di house organ paesano è "Il Calitrano", periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni. Arriva per posta ai sostenitori e nel mondo si può leggere online. I santi patroni sono Santa Lucia e San Canio. Il nome Canio qui è molto diffuso. Il cognome tipico, invece, è Di Milia.
Pensare che ho conosciuto un Canio Di Milia. Era il sindaco di Stresa, nel periodo in cui ci lavoravo. Una volta l'ho anche intervistato per un giornale del posto.
E' impressionate trovare una serie variegata di talenti racchiusi in un solo comune: artigiani, pittori, orafi, incisori, ceramisti, scrittori, professionisti di ogni tipo. In questo paesello sospeso tra il verde e il cielo, ritto sui suoi costoni di roccia sui quali svetta l'antico Castello, ci sono persone laboriose e creative. Ci sono molti servizi. Considerate che è un paese dell'Alta Irpinia, quindi lontano dai grossi centri e con collegamenti che sono quelli che sono: 80 km da Avellino, 80 da Benevento, 80 da Potenza. Per nascite e malattie l'ospedale più vicino è quello di Bisaccia.
Ti rechi in centro storico e percorri un labirinto infinito di case e casette, di gradini e gradoni. Poi basta poco per imparare ad orientarti tra le arterie principali. 
Ti immergi in una natura dal sapore mistico. Una bella e faticosa scarpinata per arrivare in cima alla chiesa del Calvario, e sei ripagato dalla vista di tutte le colorate case che si stringono compatte a formare questo paese. Stupendo.
L'alba qui è qualcosa di magnifico. Di indescrivibilmente bello. La notte non è da meno e non delude. Calitri di guarda sognante. Non puoi non volergli bene.


sabato 3 agosto 2019

IL FALLIMENTO DELLA SCUOLA VOCATA AL "SUCCESSO FORMATIVO"

Già da diverso tempo acuti osservatori hanno evidenziato la deriva economicistica della scuola odierna, trasformatasi da luogo di formazione a luogo di produzione e scambio. Ne cito, per la cronaca, solo qualcuno: Martha Nussbaum, Maurizio Bettini, Susanna Tamaro, Dacia Maraini, Massimo Recalcati.
Proprio Recalcati (Insegnanti non scendete dalla cattedra, “Repubblica”, 24 luglio 2019) al riguardo scrive:

È il fondamento umanistico irrinunciabile della nostra cultura che oggi rischiamo di dimenticare attratti dalle illusioni scientiste che hanno sospinto di fatto la Scuola verso l’azienda e l’impresa snaturando la sua vocazione autenticamente formativa. L’importazione di lemmi economicistici (debiti, crediti, assessment, ecc.) unita alla colonizzazione della lingua inglese, non sono sintomi marginali ma rivelano la nostra subordinazione ad una “neolingua” che ha smarrito ogni spessore enigmatico. Gli insegnanti dovrebbero invece difendere il carattere epico della parola. 

Più chiaro di così...
Il declino culturale è reale, tristemente diffuso e percepibile.
E' il fallimento di una scuola, non più agenzia educativa, ma commerciale, dove l'inclusione a tutti i costi impedisce di bocciare e fare selezione e nella quale ci si riempie la bocca di "successo formativo" (altro lemma preso dal lessico economico-aziendalistico) per alimentare il narcisismo di presidi e dirigenti vari, trasformatisi in capitani d'azienda e come tali interessati ai numeri ed a mettersi in mostra con l'utenza, mentre la reale formazione dei giovani e l'apprendimento sostanzioso vanno a farsi benedire.
Mala tempora...


lunedì 22 luglio 2019

BAGLIORI DI LUCE A TORINO

   In questa foto di TorinoDigitale, le due Chiese Gemelle a Torino, in Piazza San Carlo. 
   A sinistra la chiesa di Santa Cristina, fatta erigere nel 1639 per volere di Maria Cristina di Francia, moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, principessa di Francia e duchessa di Savoia. Fu progettata da Carlo di Castellamonte e proseguita dopo la morte di quest’ultimo dal figlio, Amedeo. La bellissima facciata, edificata tra il 1715 e il 1718, è invece opera di Filippo Juvarra. Nell'Ottocento era conosciuta come la “chiesa delle Serve”, perché la messa domenicale del pomeriggio era frequentata dalle donne al servizio delle famiglie nobili e ricche del quartiere.
   A destra la chiesa di San Carlo Borromeo, più antica, in quanto costruita nel 1619 per volontà di Carlo Emanuele I di Savoia, il quale, dopo il suo pellegrinaggio a piedi a Torino, per andare a vedere la Sacra Sindone, guidò la lista degli edifici voluti dai Savoia per la trasformazione in stile barocco della città.

sabato 20 luglio 2019

GREGORETTI, CAMILLERI, DE CRESCENZO: ADDIO A TRE GRANDI

Nello spazio di breve tempo l'uno dall'altro sono andati via tre protagonisti della scena culturale italiana: il regista romano Ugo Gregoretti, lo scrittore siciliano Andrea Camilleri e l'ingegnere-scrittore-regista napoletano Luciano De Crescenzo. 
Volti e vite troppo note perché vengano raccontate ancora nell'ambito di questo blog.
Tre protagonisti della cultura italiana a cavallo tra il XX e XXI secolo. Morti tutti novantenni. Vuoi vedere che la cultura allunga la vita?
Con loro se ne vanno tre immense personalità, appartenenti ad una generazione di uomini colti, forti, signorili. Che con passione, lavoro, talento, tanto hanno prodotto e tanto hanno dato all'Italia. Attirandosi, non poche volte, feroci invidie e sospetti. 
E' il destino dei grandi.
Non sapevano cosa fossero i selfie e cosa fossero gli "influencer". Non invadevano la scena televisiva e mediatica in genere con la loro presenza. 
Quando la "società liquida" non aveva ancora prodotto immagini, testi, foto, video e quant'altro, risucchiato nel gorgo mediatico con la stessa febbrile voracità con cui tutte queste cose sono state prodotte, questi uomini appartenenti ad una generazione lontana da quella attuale ha dato vita a parole, libri, trasmissioni, canzoni e film che ormai sono entrati nel patrimonio culturale.
Di tutta questa truppa di influencer e dei loro selfie non sappiamo cosa rimarrà. E' facile prevederlo.
Di tre grandi uomini, tre intellettuali e artisti di razza, resta oggi il loro esempio ed i loro preziosi insegnamenti.


Nella foto di Giovanni De Noia, Luciano De Crescenzo ospite al Circolo Fotografico Sannita

giovedì 4 luglio 2019

MORTO LEE IACOCCA, ICONA DELL'INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA

Aveva 94 anni il re dell'automobile, il leggendario Lee Iacocca, originario di San Marco dei Cavoti (BN), figlio di emigrati, l'uomo che alla Ford lanciò la Mustang e che poi ha salvato miracolosamente la Chrysler dalla bancarotta.
La sua autobiografia, stampata da Sperling Paperblack in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di San Marco dei Cavoti, il 6 e 7 settembre 1997, vendette sette milioni di copie. In essa mister Iacocca scriveva:

Nicola Iacocca, mio padre, giunse in America nel 1902 all’età di 12 anni, povero, solo e impaurito. Mentre la nave entrava nel porto di New York, vide la statua della Libertà, il grande simbolo di milioni di emigranti. Al suo secondo viaggio, quando rivide la statua, era cittadino americano e aveva con sé la madre, una giovane moglie e tanta speranza. Per Nicola e Antonietta
l’America era la terra della libertà, libertà di diventare qualsiasi cosa si fosse voluto.


Dopo una laurea in ingegneria e un master alla Princeton University, Lee, il cui vero nome era Lido Antony, nel 1946 viene assunto alla Ford e ne diventa presidente nel 1970. Nel 1978 viene licenziato in tronco da Henry Ford III, in parte per il fallimento della Pinto e in parte per divergenze caratteriali. Lee non glielo perdona. Si rimbocca le maniche e si mette a capo della Chrysler, la terza industria di Detroit, che è sull'orlo del fallimento. Ne diventa presidente con uno stipendio simbolico di un dollaro all' anno (ma anche tanti bonus legati alla performance di borsa). Riesce in uno dei salvataggi più insperati della storia dell'umanità. Riporta in attivo i conti in rosso dell'azienda. Diventa una celebrità apparendo personalmente negli spot della Chrysler, nei quali sottolinea l'importanza della "qualità, del duro lavoro e dell'impegno: le cose su cui è stata costruita l'America". Si ritira a vita privata nel 1993, dopo 46 anni passati nell'industria dell'automobile, cedendo il suo posto. In questa occasione ebbe a dire: "Nessuno può essere un cow-boy per tutta la vita, neanche io".
Nelle sue memorie rivela di aver tentato il suicidio almeno un paio di volte. E' stato sposato tre volte. 
A San Marco dei Cavoti, paese di origine dei suoi genitori, gli è intitolata una Fondazione che ogni anno eroga tre borse di studio a professionisti e laureandi campani.

San Marco dei Cavoti 

mercoledì 15 maggio 2019

IL CONFORMISMO DI TOLSTOJ E QUELLO DI OGGI

La rivoluzione culturale della modernità e gli slogan sessantottini sulla ‘liberazione’ hanno in realtà liberato ben poco. Alla forza positiva della morale hanno sostituito quella negativa della moda. Il conformismo di oggi è infatti peggiore di quello descritto da Tolstoj: liquido ed effimero, non è in grado di dare alcun punto di riferimento ma solo distrazioni dall’unica certezza. Non sono forse la morte e il suo significato gli unici tabù oggi rimasti? Persino nei sermoni dei preti sono spariti concetti come la dannazione e il senso redentivo del dolore, in favore di una versione annacquata, modernizzata ed eretica di quel che resta del cristianesimo occidentale.

lunedì 25 marzo 2019

UN MAGICO PIANOFORTE AL CASTELLO DI GESUALDO (AV)


ADDIO A RAFI EITAN, L'UOMO CHE CATTURO' ADOLF EICHMANN




Il 23 marzo 2019 all’età di 92 anni si è spento Rafi Eitan, l’artefice della cattura di Adolf Eichmann, l’esponente delle SS responsabile della morte di milioni di Ebrei, il quale, fuggito in Argentina, fu qui catturato nel 1960 e quindi processato e condannato a morte per impiccagione, nel 1962.
La sua cattura fu possibile grazie all’azione dei leggendari servizi segreti israeliani (il Mossad), di cui Eitan era componente, anche se definirlo semplicemente una spia dell’intelligence israelita è piuttosto riduttivo, dal momento che egli fu molto di più. La sua scomparsa è stata salutata con cordoglio e con sentimenti di gratitudine dal popolo d’Israele. Un eroe, anche se non aveva nulla del fascino che l’immaginario collettivo attribuisce agli 007. Rafi Eitan era infatti un uomo minuto dal viso rotondo e dagli occhiali spessi, appena avvizzito dall’età e dall’apparenza finanche fragile. Eitan era la «master spy», la «spia delle spie» con all’attivo centinaia di operazioni portate a termine. La più famosa è stata quella di Eichmann. Lui, però, minimizzava. Diceva infatti: «è stata una delle più semplici. Magari fossero state tutte così: incroci un uomo per strada, gli metti una mano sulla spalla, gli placchi la testa, ed è fatta».
Rafi Eitan era mato a Ein Harold, un kibbutz a nord di Israele, da una famiglia di immigrati russi. Aveva frequentato la scuola agricola e per qualche tempo anche la London School of Economics. Aveva quindi aderito al Palmach, il movimento di Resistenza armata agli inglesi che nel 1948 diventerà l’esercito del neonato stato ebraico. Aveva partecipato ad un’operazione per liberare un gruppo di profughi ebrei sopravvissuti alla Shoah, che il governo inglese aveva fatto rinchiudere nel campo di raccolta di Atlit. Durante la Seconda Guerra Mondiale aveva partecipato ad una serie di operazioni legate all’immigrazione clandestina degli ebrei dall’Europa nella Palestina mandataria. Aveva poi combattuto nella guerra di Indipendenza d’Israele, nel 1947-48, rimanendo ferito.
Soldato, stratega, politico, ministro e consulente governativo, nonché uomo d’affari, Rafi Eitan poteva contare su un’intelligenza fuori dall’ordinario e su un formidabile intuito, sempre guidato, in tutte le sue operazioni, dal dovere morale di mantenere in sicurezza il popolo d’Israele. La cattura di Eichmann, alla fine, non era indispensabile alla sopravvivenza di Israele, ma era un dovere morale compierla, e Rafi Eitan sapeva di esserne capace. Insomma, un uomo eccezionale, mai desideroso della ribalta, che, anzi, ha sempre preferito rimanere nell’ombra di una normalità che era solo apparente.

martedì 12 marzo 2019

LA MADONNA DEL RIPOSO DI ROBERTO FERRUZZI - IL MISTERO

La dipinse il pittore italo-croato Roberto Ferruzzi, nato nel 1853 a Sebenico, in Dalmazia, antica terra della repubblica di Venezia che nel XIX secolo faceva parte dell'Impero asburgico. Non un grande della pittura, ma capace di guadagnarsi fama imperitura per avere raffigurato questa ragazzina dei Colli Euganei, Angelina Cian, seconda di quindici figli, intenta a tenere in braccio il fratellino. Non una Madonna, ma semplicemente, nelle intenzioni dell'autore, una "Maternità", titolo col quale nel 1897 vinse la Biennale di Venezia.
Il problema è che il quadro non è stato mai trovato. Ragione per cui è stata lanciata una ricerca sul popolare programma Chi l'ha visto?
Il quadro fu acquistato, dopo varie compravendite, sempre ad alto prezzo, dai Fratelli Alinari, i celebri fotografi di Firenze, che lo rivendettero a loro volta, ma non si sa a chi. Pare che sia finito nelle mani di un ambasciatore americano, il quale lo inviò negli Stati Uniti su una nave nel corso della Seconda Guerra Mondiale. La nave fu affondata dai tedeschi ma alcuni vogliono che il quadro si sia salvato e sia giunto a destinazione, conservato in una collezione privata in Pennsylvania. Intanto, gli Alinari si erano riservati tutti i diritti di riproduzione.
Angelina, nel frattempo cresciuta, sposò il veneziano Antonio Bovo, dal quale ebbe dieci figli e con cui si trasferì in California. Morto prematuramente il marito, Angelina visse una situazione non facile e, forse per via di un crollo nervoso, finì in manicomio, dove morì nel 1972. I suoi figli crebbero in un Istituto per orfani. La secondogenita, Mary, si fece suora, col nome di Angela Maria Bovo. Suor Angela, venuta in Italia nel 1984 in cerca dei suoi parenti, scoprì che sua madre aveva posato per la Madonna più famosa del mondo. A Venezia oggi lavora un pronipote di Roberto Ferruzzi, che si chiama come lui.

lunedì 4 marzo 2019

LO STATO E LA SOVRANITA' STATALE IN EDITH STEIN

Una ricerca sullo Stato di Edith Stein, la geniale filosofa che Husserl volle come sua assistente, atea fino ai 30 anni, poi convertitasi al cristianesimo e divenuta suora carmelitana, indaga struttura e funzioni dello Stato in un’ottica pluridisciplinare, in cui confluiscono storia, filosofia, giurisprudenza, psicologia, sociologia. Un testo originale e complesso, venutosi a sviluppare sul terreno della Fenomenologia. Proclamata santa e compatrona d’Europa, Edith Stein fu al centro di una affascinante vicenda spirituale, che la portò ad abbracciare il Cristianesimo, pur sentendosi e rimanendo figlia del popolo ebraico, dal quale proveniva. Edith Stein è una Santa intellettuale. La Santa e la filosofa del dialogo e dell’empatia. Conobbe gli orrori del Nazismo e fu uccisa in una camera a gas ad Auschwitz insieme alla sorella Rosa, anche lei convertita. Nella sua opera, qui analizzata insieme a molte notizie di contorno, è rimarcata nel senso più pregnante del termine l’idea di “sovranità” dello Stato. Ad essa fa da sfondo la coscienza di comunità, dell’appartenenza ad un popolo ed ai suoi valori. Senza questa coscienza non può neppure esservi sovranità, che è proprio quell’elemento che identifica lo Stato in maniera essenziale, propria e inconfondibile.

martedì 19 febbraio 2019

STORIA DELLE DONNE NEL SANNIO

Un’altra importante pubblicazione a cura di Realtà Sannita è il nuovo libro di Lucia Gangale, “Storia delle donne nel Sannio”, frutto di un’appassionata ricerca pluriennale, che consegna definitivamente alla città e alla provincia di Benevento tutta la storia al femminile del territorio, dalle origini fino a oggi. In 352 pagine sono contenute 55 biografie di donne, scritte in modo divulgativo, ma supportate da una ricca e puntuale documentazione, che dona al volume il rigore della ricerca scientifica.
L’indagine ha coinvolto diversi archivi e testimoni sparsi in tutta Italia, consentendo all’autrice di reperire notizie di prima mano e anche di tracciare integralmente, per la prima volta, la storia di donne che hanno lasciato un segno nel territorio sannita. Il dato che emerge in modo più palese è che, da sempre, è stata la provincia ad esprimere le energie migliori, e questo lo si nota dalle storie di donne intellettuali, imprenditrici, artiste, religiose, scrittrici, politiche, nobildonne e popolane che affollano le pagine di questo libro appassionato e appassionante.
La prefazione è a cura di Maria Buonaguro, dirigente scolastica all’Istituto de La Salle di Benevento e presidente dell’Accademia di Santa Sofia, che scrive: «Queste storie consentono di vedere e conoscere la città e l’intero territorio sannita seguendo i percorsi di vita e le vicende personali di tante donne dal vissuto significativo e ricco di fascino che, anche a livello toponomastico, restano impresse nella memoria collettiva, segnano un passaggio, colorano la storia, quella più nota, con pennellate stilistiche che sanno di verità, di esperienze vissute, di impegno in svariati settori.
Attraverso le immagini proposte da Lucia Gangale si colgono spaccati della storia locale non sempre conosciuti, momenti lasciati in ombra per dare visibilità ad altri protagonisti, vicende peculiari, presenti e vive nel patrimonio conoscitivo dell’intera collettività, ricordi sfumati di un passato molto lontano o piuttosto recente che offrono nuove prospettive proprio perché affondano le radici in biografie significative, raccontate in maniera ben costruita sotto l’aspetto stilistico e strutturale, utilizzando sempre immagini icastiche ma arricchite di sfumature
sottili e delicate, storie vere e appassionanti che trasmettono sensazioni ed emozioni, perché hanno dentro lo sguardo delle donne».
Lucia Gangale, docente, autrice, conferenziera, videomaker, blogger, già alcuni anni fa inaugurò in città gli studi su tematiche di genere, con una prima pubblicazione sulle donne nel Sannio. Ora, questo libro, dalla scrittura assai scorrevole ma supportata sempre da documentazioni precise e puntuali, rappresenta il completamento di quel lavoro iniziato tanti anni fa. Un libro di notevole interesse storico, che non può mancare nelle case di ogni sannita. Il libro si può già ordinare presso le Edizioni Realtà Sannita, Via Piermarini 61, Benevento, telefono 0824.54224, email realta@realtasannita.it.

Le biografie riportate
Donne di ieri

Artelaide - Gariperga e Adelperga - Vittoria Colonna - Emmannuella Caracciolo - Maria Pacifico Rampone - Domenica Capocelata - Tonina Ferrelli - Laura del Balzo - Margherita Sonnino - Concetta Blatta - Maria Penna - Irene Campone - Tina Ferlini - Lola Cammarota - Emilia Capozzi - Lucia Maria Riccio - Albertina Vieri - Rosa Febbraro - Giuseppina Sorgente - Maria Antonia Casamassa - Margherita Corsi - Fryda Laureti Ciletti - Mariannina Cocchiarella Serio - Maria Valeria Zazo - Maria Luisa d’Aquino - Marcella Silenzi Minieri - Gaetana Intorcia - Clementina Perone - Floriana Tirelli - Teresa Manganiello - Elda Rubbo - Raffaellina Borruto - Emilia Cuomo Tartaglia Polcini - Venere Delli Veneri Prozzo - Domenica Zanin - Serafina Pascarella - Caterina Cassella Crafa - Carlotta Nobile

Donne di oggi

Maria Pia Calzone - Pina Luongo Bartolini - Patrizia Bonelli - Debora Capitanio - Paola Caruso - Rossella Del Prete - Carmela D’Aronzo - Danila De Lucia - Angela Ianaro - Lucia Lamarque - Sandra Lonardo Mastella - Elisabetta Matarazzo - Sabrina Ricciardi - Sara Ricciardi - Marialaura Simeone - Antonella Tartaglia Polcini - Emilia Tartaglia Polcini

mercoledì 6 febbraio 2019

UNA FAVOLA DI BEPPE FENOGLIO PER SUA FIGLIA MARGHERITA

"Poi gli alberi finirono, ma per fortuna il lumino era così vicino che pareva a Chica di poterlo spegnere con la zampetta. Solo più un breve spiazzo la separava da quel benedetto lumino. E' vero che il lupo poteva averla seguita in tutti quegli spostamenti e tenderle nello spiazzetto l'ultimo agguato, ma Chica doveva pur osare."
Beppe Fenoglio, La favola delle due galline, Einaudi.

Beppe Fenoglio e la figlia Margherita, oggi avvocato in Alba
Foto Aldo Agnelli, Archivio Centro Studi Beppe Fenoglio onlus, Alba.

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