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sabato 29 dicembre 2018
mercoledì 19 dicembre 2018
domenica 25 novembre 2018
domenica 18 novembre 2018
A MONESIGLIO LA CASA DELLA SCRITTRICE MARIA TARDITI DIVENTA UN MUSEO
Sul sito delle edizioni Araba Fenice è scritto:
Nella casa dove Maria Tarditi ha vissuto fino ai vent'anni, nel centro di Monesiglio, nasce il Piccolo Museo di Langa. In ogni stanza prendono vita i personaggi e le storie narrate nei suoi libri.
Il Museo è aperto ed è possibile visitarlo il sabato e la domenica dalle 9 alle 19.
Il Museo è aperto ed è possibile visitarlo il sabato e la domenica dalle 9 alle 19.
Maestra elementare, la Tarditi è una delle voci più limpide di Langa. Scomparsa nel 2017, la Tarditi lascia tanti libri di racconti e storie piemontesi, reperibili tutti online.
domenica 7 ottobre 2018
MAURO CORONA SUL DISASTRO DEL VAJONT
Lo scrittore-scultore-alpinista Mauro Corona, nativo di Baselga di Piné, comune montano in provincia di Trento, è uno dei pochi scampati al disastro del Vajont del 1963, che causò duemila morti. Su La Stampa di Torino ( 7 ottobre 2018, pag. 27) ha rilasciato la seguente dichiarazione: "55 anni fa duemila persone entrarono nel nulla per cinismo e interesse altrui. Questa è la verità. Lo Stato e la Sade sono stati condannati penalmente, ma nessun Presidente della Repubblica ha mai messo piede qui, nella nostra valle.
Vogliamo le scuse del governo per quello che è successo, anche se quasi tutti i ministri di oggi non erano neppure nati all'epoca dei fatti. Dopodiché esigiamo che da tutti i libri di testo si cancelli l'ignobile definizione calamità naturale riferita alla tragedia. Mi riferisco soprattutto a Giorgio Bocca e Dino Buzzati e con i salesiani di Pordenone: dicevano che ce lo meritavamo, che era un castigo di Dio, perché lì erano quasi tutti comunisti".
mercoledì 26 settembre 2018
domenica 23 settembre 2018
mercoledì 19 settembre 2018
NUOVA GUIDA TURISTICA SU BENEVENTO
Acquistala su www.youcanprint.it o richiedila in edicola/libreria
1. Arco di Traiano e chiesa di Sant'Ilario - 2. Basilica Madonna delle Grazie - 3. Santi Quaranta - 4. Ponte sul Calore - 5. Il Duomo - 6. Piazza Orsini - 7. Piazza Dogana e Chiesa di S. Francesco - 8. Piazza Roma - 9. Chiesa dell'Annunziata - 10. San Domenico e San Vittorino - 11. Palazzo Paolo V - 12. Complesso museale di Santa Sofia - 13. Biblioteca Provinciale - 14. Hortus Conclusus - 15. Camera di Commercio e Palazzo del Governo - 16. Rocca dei Rettori - 17. Ponte Leproso - 18. Piazza Vittoria Colonna e Rione Ferrovia - 19. Piazza Vari e il Trescene - 20. Piazza Sabariani - 21. Quartiere ebraico - 22. Viale Atlantici - 23. Villa dei Papi - 24. Arco del Sacramento e Triggio - 25. Corso Garibaldi
lunedì 10 settembre 2018
domenica 2 settembre 2018
NUER DEM LIEBENDEN
Nur dem Liebenden erschliesst sich der Wert einer Person voll und ganz
Edith Stein
ODE A SAN BARTOLOMEO IN GALDO
Una città incantata e nobile
in una terra dimenticata.
Conserverò questo ricordo
di San Bartolomeo in Galdo.
Se Calvino l'avesse visitata
probabilmente l'avrebbe inserita nel suo catalogo delle "città invisibili";
Se De Chirico l'avesse attraversata non avrebbe faticato a riconoscervi i tratti di una delle sue città metafisiche.
in una terra dimenticata.
Conserverò questo ricordo
di San Bartolomeo in Galdo.
Se Calvino l'avesse visitata
probabilmente l'avrebbe inserita nel suo catalogo delle "città invisibili";
Se De Chirico l'avesse attraversata non avrebbe faticato a riconoscervi i tratti di una delle sue città metafisiche.
Sì, perchè San Bartolomeo in Galdo,
città silenziosa e fiera;
città di confine,
lontana e sconosciuta;
città in salita;
città di vicoli stretti e finte arterie;
città di santi e di preghiere,
dove il sale della terra è luce nascosta;
città nata in un bosco,
popolata di lupi e di fate,
di orsi e di madonne,
è la città di nessuno e
non appartiene che a se stessa.
Mette in soggezione finanche
chi ci è nato e ci abita.
È un luogo misterioso
dove i silenzi sono corazze
gli sguardi sono lame
e l'azzurro del cielo, più intenso che altrove, brucia più del sole.
città silenziosa e fiera;
città di confine,
lontana e sconosciuta;
città in salita;
città di vicoli stretti e finte arterie;
città di santi e di preghiere,
dove il sale della terra è luce nascosta;
città nata in un bosco,
popolata di lupi e di fate,
di orsi e di madonne,
è la città di nessuno e
non appartiene che a se stessa.
Mette in soggezione finanche
chi ci è nato e ci abita.
È un luogo misterioso
dove i silenzi sono corazze
gli sguardi sono lame
e l'azzurro del cielo, più intenso che altrove, brucia più del sole.
Ma non farti ingannare dalle apparenze,
viandante!
Se non hai fretta di andar via,
se hai la pazienza di aspettare,
col tempo capirai che,
al di là del ponte delle luci,
niente è come sembra:
udrai un canto dove prima vedevi corazze;
sentirai la forza irresistibile delle calamite
dove prima sentivi il freddo acciaio delle lame.
E solo allora
quella città invisibile e metafisica,
solitaria e quasi inaccessibile,
ti apparirà per quello che veramente è:
l'azzurro paradiso delle nuvole.
viandante!
Se non hai fretta di andar via,
se hai la pazienza di aspettare,
col tempo capirai che,
al di là del ponte delle luci,
niente è come sembra:
udrai un canto dove prima vedevi corazze;
sentirai la forza irresistibile delle calamite
dove prima sentivi il freddo acciaio delle lame.
E solo allora
quella città invisibile e metafisica,
solitaria e quasi inaccessibile,
ti apparirà per quello che veramente è:
l'azzurro paradiso delle nuvole.
EMANUELE TROISI
venerdì 31 agosto 2018
martedì 21 agosto 2018
FEDERICO II DI SVEVIA E MELFI
Melfi nobile città dell'Apulia, circonvallata da mura di pietra, celebre per la salubrità dell'aria, per affluenza di popolazioni, per fertilità dei suoi campi.
FEDERICO II DI SVEVIA
sabato 18 agosto 2018
IL PONTE DI GENOVA, EMBLEMA DELLA NOSTRA DECADENZA MORALE
Sto leggendo l'articolo sui 12 ponti più spaventosi del mondo (qui), e chiaramente, in questo 18 agosto 2018, giornata di lutto nazionale per i morti nel crollo del ponte Morandi a Genova, il pensiero va alle vittime di quel crollo ed a tutto quello che già conoscete: la storia sulla revoca delle concessioni, la famiglia Benetton ed i suoi interessi, i fischi ai rappresentanti del PD giunti a fare passerella ai funerali, agli accordi fatti sottobanco e di notte tra la politica e gli imprenditori per vedersi affibiato l'incarico della gestione a tempo pressocché indeterminato, fino al gran rifiuto delle venti famiglie che quei funerali di Stato li hanno rifiutati, per protesta contro la politica.
Tutte cose che sappiamo tutti.
E guardo le immagini dei 12 ponti più spaventosi del pianeta. Che sono allucinanti. Ai limiti della follia umana. Eppure nessuno di loro è crollato. E' invece crollato un italianissimo ponte che passava sopra le case di tanti abitanti di Genova e vi stava appoggiato.
E c'è anche chi oggi, fra i banchi dell'opposizione, grida al complottismo e allo sciacallaggio.
Quel ponte e il suo crollo sono l'emblema della nostra decadenza morale e del fallimento della politica. Pronta a lucrare finanche sulla vita umana, pur di ottenere sempre e solo il suo tornaconto.
giovedì 16 agosto 2018
mercoledì 15 agosto 2018
I PRESIDI DI UNA VOLTA E GLI ODIERNI DIRIGENTI SCOLASTICI...
I direttori didattici e i presidi erano tutt'altro dagli attuali Dirigenti scolastici, del resto erano maestri e professori che provenivano dallo stesso tipo di scuola che dirigevano, esperti e non a digiuno di didattica, di pedagogia e di psicologia, uomini e donne di cultura e spesso dotati di grande esperienza, di buon senso e di umanità, un vero riferimento per gli insegnanti.
Questi messi a dirigere le scuole autonome sono burocrati, che non vanno al di là di una raffazzonata cultura neo aziendalista, fedeli esecutori di una didattica di Stato, veicolata da una buropedagogia infarcita da acronimi e prestiti dalla lingua inglese.
Pensano che le scuole siano un'azienda, anzi la considerano la loro azienda, credono che gli alunni e i genitori siano i loro clienti e che questi debbano essere soddisfatti in quanto il cliente ha sempre ragione e diritto al successo formativo, leggi promozione.
Gli insegnanti sono i loro sottoposti, definiti risorse umane da gestire come vogliono, da "dimansionare" all' occorrenza su potenziamento.
Gli insegnanti ridotti a risorsa umana vanno poi gerarchizzati e differenziati con una attribuzione di incarichi e retribuzione aggiuntiva che privilegia sempre più chi fa altro dal lavoro di insegnamento in aula.
Le vere risorse per questi "imprenditori" sono i progetti, gli indici di successo sono il numero dei promossi, il numero dei progetti finanziati, la buona stampa e la comunicazione, un racconto autoreferenziale che vende per eccellenza quella che è mediocre se non scadente prodotto.
Quello che erano scuole di tradizione culturale pluridecennale ed erano riconoscibili nelle città grandi e piccole per i loro professori e presidi, penso ad es. al Liceo Umberto a Napoli, al Giulio Cesare a Roma, al Parini a Milano, all' Alfieri o al D'Azeglio a Torino o anche al Giannone a Benevento e a tante altre scuole, ora sono illustrate con scaltre operazioni di marketing.
Questi messi a dirigere le scuole autonome sono burocrati, che non vanno al di là di una raffazzonata cultura neo aziendalista, fedeli esecutori di una didattica di Stato, veicolata da una buropedagogia infarcita da acronimi e prestiti dalla lingua inglese.
Pensano che le scuole siano un'azienda, anzi la considerano la loro azienda, credono che gli alunni e i genitori siano i loro clienti e che questi debbano essere soddisfatti in quanto il cliente ha sempre ragione e diritto al successo formativo, leggi promozione.
Gli insegnanti sono i loro sottoposti, definiti risorse umane da gestire come vogliono, da "dimansionare" all' occorrenza su potenziamento.
Gli insegnanti ridotti a risorsa umana vanno poi gerarchizzati e differenziati con una attribuzione di incarichi e retribuzione aggiuntiva che privilegia sempre più chi fa altro dal lavoro di insegnamento in aula.
Le vere risorse per questi "imprenditori" sono i progetti, gli indici di successo sono il numero dei promossi, il numero dei progetti finanziati, la buona stampa e la comunicazione, un racconto autoreferenziale che vende per eccellenza quella che è mediocre se non scadente prodotto.
Quello che erano scuole di tradizione culturale pluridecennale ed erano riconoscibili nelle città grandi e piccole per i loro professori e presidi, penso ad es. al Liceo Umberto a Napoli, al Giulio Cesare a Roma, al Parini a Milano, all' Alfieri o al D'Azeglio a Torino o anche al Giannone a Benevento e a tante altre scuole, ora sono illustrate con scaltre operazioni di marketing.
LIBERO TASSELLA
www.facebook.com/groups/professioneinsegnante/permalink/1851394938307492/
mercoledì 8 agosto 2018
lunedì 6 agosto 2018
THE GIFTS. POESIE DI IERI E DI OGGI
Incursioni poetiche e visive nel campo delle emozioni forti legate a luoghi ed occasioni speciali della vita. La generosità della Natura che ci offre quello di cui abbiamo bisogno. La vita che scorre tra le acque del fiume. La sera una lampada accesa. Il tepore della cena davanti ad una casa in campagna. L'alito dei cipressi dritti e fieri nel cielo. La fragranza dei prati verdi. La poesia degli ultimi raggi di sole che si posano sulla collina.
venerdì 27 luglio 2018
UN PENSIERO DI GEMMA GALGANI
«Se tutti gli uomini si studiassero di amare e conoscere il vero Iddio, questo mondo si cangerebbe in un paradiso.»
GEMMA GALGANI
(Dalle Estasi)
giovedì 12 luglio 2018
ROSSI DI VERGOGNA
L'intellettuale dissidente
La risposta umanitaria delle anime belle alla noia borghese del sabato pomeriggio.
Inseguire le alzate di testa del variegato mondo del progressismo italiano costituisce un esercizio realmente complesso, di titanica pazienza e di ancor più dura sopportazione. Chi legge indossi i nostri panni: vorremmo discutere di storia e politica, classe e nazione, economia e Stato; contribuire alla crescita di un dibattito che nel tempo risulta sempre più articolato e perciò degno di attenzione e considerazione. A vent’anni (e rotti, ahinoi) vorremmo gettare ponti, costruire strade, rialzare il logoro e glorioso labaro della civiltà italiana e riportarlo dove merita, sostituendo alla viltà degli ultimi trent’anni il genio di trenta secoli.
Così però non è, e pertanto ci scusiamo in anticipo con il nostro unico padrone, il lettore. Dalle alte vette della teoria scendiamo a rotta di collo verso l’afa della pianura, nel grigio meriggio di un fine settimana di luglio. Cosa troviamo? L’ennesima iniziativa “umanitaria”, con hashtag e foto su Twitter d’ordinanza. L’inziativa de #magliettarossa andrebbe bellamente ignorata, visto che il promotore (quel don Ciotti che, secondo Vangelo, dovrebbe religiosamente valutare prima di scagliare per primo le pietre del j’accuse moraleggiante) e i vari aderenti costituiscono il meglio del nulla sinistrorso, l’intellighenzia senza intelligenza di un’area borghese e liberale che semplicemente schifa le masse e da esse (e da noi) è gentilmente ricambiata. D’altro canto, chi passa da Gramsci a Sua Santità Saviano I da Nuova York, chi ogni giorno dall’alto del pied-a-terre a Capalbio ruggisce contro i proletari lazzaroni, non merita altro che lo scherno e il silenzio. Oggi preferiamo il primo dei due rimedi.
Ci soffermiamo con la mano ferma del chirurgo che incide il bubbone soltanto per cogliere, ancora una volta, come si possa discendere senza problemi verso un abisso sempre più profondo e spaventoso, che inorridisce pensando a quanto tale schiatta abbia governato e saccheggiato l’Italia in ogni suo ramo per tre decenni. A maggior ragione, se si pensa che- seppur a eoni di distanza- le legioni del bene affondino le loro radici in un terreno “marxista” (ci perdoni la bonanima di Karl) e “operaio”, sintetizzato nel santino da portafoglio di Berlinguer (eh, quando c’era il piccì…).
Andiamo ai fatti. Ci informa Repubblica che
il 7 luglio è il giorno della magliette rosse, dunque, da portare sulla pelle per non dimenticare la tragedia dei migranti. Sono quelle che indossavano i bambini morti in mare, quelli riportati cadavere e fotografati sulle spiagge della Libia; quella del piccolo Alan recuperato morto poco dopo che il gommone sul quale viaggiava affondò nel settembre nel 2015; di rosso le mamme vestono i loro bambini prima della partenza sperando che, in caso di naufragio, quel colore richiami l’attenzione dei soccorritori.
Ora, ferma restando la decisa condanna alla tratta di esseri umani– che a costoro sfugge, in quanto il migrante per costoro è un simbolo e non un Uomo- quello che traspare è il classico minestrone di buonismo borghese, carità un tanto al chilo e retorica da parrocchia alla moda. Ci si aspetterebbe una forte presa di posizione sui meccanismi che portano alle tragedie nel Mediterraneo; un’analisi degli effetti dei fenomeni migratori sulle popolazioni di partenza e su quelle di destinazione; un ragionamento coraggioso in merito a chi profitta di tali orrori.
Invece nulla. L’uso ossessivo dell’infanzia morta come cardine propagandistico dovrebbe già dare il segno della bassezza dell’iniziativa. Ancora una volta, la manfrina pietosa svela la truffa pecoreccia di simili iniziative, antipolitiche e perciò liberali, organiche alla narrazione delle classi dominanti reazionarie. I meccanismi di indignazione che pensavamo ormai appartenessero soltanto all’Inghilterra vittoriana e allo schifoso sistema sociale statunitense costituiscono invece l’unica forma di presenza nella scena nazionale di una legione di idioti e burattini, esponenti di una borghesia miserabile ancora in grado di annaspare con il suo tanfo di morte gli italiani. Vuoti a perdere, essi devono riempire con un impegno da sabato pomeriggio l’inutilità della loro esistenza, seguendo per convenzione da gregge i buoni maestri del moralismo più meschino.
Siamo pertanto soddisfatti che il colore scelto sia il rosso, lo stesso di due secoli di battaglie operaie, vessillo dell’orgoglio e delle lotte di generazioni di lavoratori. Indosso ai loro petti rachitici e alle panze strabordanti, in terrazzi altoborghesi e su fisionomie lombrosiane, il vermiglio accesso segnala meglio di mille articoli il pastello della loro infinita vergogna.
domenica 24 giugno 2018
LA SOVRANITA' DELLA NAZIONE PER GIOVANNI PAOLO II
14. Se, in nome dell'avvenire della cultura, bisogna proclamare che l'uomo ha il diritto di «essere» di
più e se per la stessa ragione bisogna esigere un sano primato della famiglia nell'insieme dell'opera di educazione dell'uomo a una vera umanità, bisogna anche porre nella stessa linea il diritto della nazione; bisogna porre anch'essa alla base della cultura e dell'educazione. La nazione è in effetti la grande comunità degli uomini che sono uniti per diversi legami, ma, soprattutto, dalla cultura. La nazione esiste «mediante» la cultura e «per» la cultura, ed essa è dunque la grande educatrice degli uomini perché essi possano «essere di più» nella comunità. Essa è quella comunità che possiede una storia che sorpassa la storia dell'individuo e della famiglia. E' anche in questa comunità, in funzione della quale ogni famiglia educa, che la famiglia comincia la sua opera di educazione nella cosa più semplice, la lingua, permettendo così all'uomo che è ai suoi primi passi, d'imparare a parlare per diventare membro della comunità che è la sua famiglia e la sua nazione. In tutto ciò che io proclamo ora e che svilupperò ancora di più, le mie parole traducono un'esperienza particolare, una testimonianza nel suo genere. Io sono figlio di una nazione, che ha vissuto le più grandi esperienza della storia, che i suoi vicini hanno condannato a morte a più riprese, ma che è sopravvissuta e che è rimasta se stessa. Essa ha conservato la sua identità ed ha conservato, nonostante le spartizioni e le occupazioni straniere, la sua sovranità nazionale, non appoggiandosi sulle risorse della forza fisica, ma unicamente appoggiandosi sulla sua cultura. Questa cultura si è rivelata all'occorrenza d'una potenza più grande di tutte le altre forze. Quello che io dico qui in ordine al diritto della nazione, al fondamento della sua cultura e del suo avvenire non è «eco» di alcun nazionalismo, ma si tratta sempre di un elemento stabile dell'esperienza umana e delle prospettive umane dello sviluppo dell'uomo. Esiste una sovranità fondamentale della società che si manifesta nella cultura della nazione. Si tratta della sovranità per la quale, allo stesso tempo, l'uomo è supremamente sovrano. E quando mi esprimo così penso ugualmente, con un'emozione interiore profonda, alle culture di tanti popoli antichi che non hanno ceduto quando si sono trovati di fronte alle civiltà degli invasori ed esse restano ancora per l'uomo la fonte del suo «essere» uomo nella verità interiore della sua umanità. Penso anche con ammirazione alle culture delle nuove società, di quelle che si svegliano alla vita nella comunità della propria nazione - come la mia nazione si è svegliata alla vita dieci secoli fa - e che lottano per conservare la loro propria identità e i loro propri valori contro le influenze e le pressioni dei modelli preposti dall'esterno.
15. Indirizzandomi a voi, signore e signori che vi riunite in questo luogo da oltre trent'anni, ora, in nome del primato delle realtà culturali del luogo, delle comunità umane, dei popoli e delle nazioni, vi dico: vigilate, con tutti i mezzi a vostra disposizione, su questa sovranità fondamentale che possiede ogni nazione in virtù della sua propria cultura. Proteggetela come la pupilla dei vostri occhi per l'avvenire della grande famiglia umana. Proteggetela! Non permettete che questa sovranità fondamentale diventi la preda di qualche interesse politico o economico. Non permettete che diventi vittima dei totalitarismi, degli imperialismi o delle egemonie, per i quali l'uomo non conta che come oggetto di dominazione e non come soggetto della sua propria esistenza umana. Per essi anche la nazione - la loro propria nazione o le altre - non conta che come oggetto di dominazione ed esca di interessi diversi, e non come soggetto: il soggetto della sovranità che proviene dalla cultura autentica che le appartiene in proprio. Non ci sono forse sulla carta d'Europa e del mondo delle nazioni che hanno una meravigliosa sovranità storica che proviene dalla loro cultura e che sono tuttavia e allo stesso tempo private della loro piena sovranità? Non è questo un punto importante per l'avvenire delle cultura umana, importante soprattutto nella nostra epoca, quando è quanto urgente eliminare i resti del colonialismo?
Dal
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE
PER L'EDUCAZIONE, LA SCIENZA E LA CULTURA (UNESCO)
ALL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE
PER L'EDUCAZIONE, LA SCIENZA E LA CULTURA (UNESCO)
Parigi
Lunedì 2 giugno 1980
Lunedì 2 giugno 1980
mercoledì 20 giugno 2018
domenica 17 giugno 2018
venerdì 15 giugno 2018
FRYDA CILETTI. STORIA DI UNA PITTRICE
Fryda Laureti (1905-1987), artista italo-svizzera, moglie del famoso pittore Nicola Ciletti (1883-1967), madre di tre figli, è considerata «la più grande pittrice italiana del Novecento». Questa elegante pubblicazione dal grande formato è un omaggio alla sua opera e alla sua vita. La prima in assoluto che le sia dedicata. L'autrice scava pazientemente nel vissuto di questa affascinante e sensibilissima figura di artista ed intellettuale dal respiro mitteleuropeo, ascoltando testimonianze di famiglia, raccogliendo impressioni di chi l'ha conosciuta, esaminando i giornali dell'epoca, esplorando l'archivio privato, che in quest'opera viene per la gran parte restituito al pubblico dei lettori, completo di molte corrispondenze private. Fryda scrisse anche moltissimo per circa trenta riviste diverse. Particolare è la sua vicenda spirituale, che vide la conversione dal protestantesimo al credo cattolico. Tormentato fu il suo rapporto con l'aspro ambiente del paesino di San Giorgio la Molara, nel quale si spense e dove oggi riposa a fianco al marito. Proprio nella casa al Serrone, i coniugi Ciletti diedero vita ad un cenacolo culturale con i più importanti personaggi della loro epoca.
martedì 5 giugno 2018
sabato 2 giugno 2018
sabato 12 maggio 2018
mercoledì 2 maggio 2018
LA STORIA DI RACHELE IZZO. DIVENTERA' LA SANTA DI MERCOGLIANO?
Le tracce della sua singolare storia sono state rinvenute nell'archivio parrocchiale di Mercogliano (AV) dall'arciprete Giuseppe Iasso, il quale prima ha scritto a tutti i sacerdoti irpini per avviare una raccolta di firme tra i fedeli, e poi ha indirizzato una lettera al prefetto per Congregazione della Causa dei Santi, ravvisando molte somiglianze con la vicenda di Santa Maria Goretti. Don Giuseppe Iasso ha anche pensato, in occasione del prossimo 5 maggio 2018, anniversario del martirio di Rachele Izzo, di consegnare tutta la documentazione raccolta al Vescovo di Avellino, monsignor Arturo Aiello. "Il resto lo farà la mano del Signore", ha detto l'arciprete di Mercogliano.
Questi i fatti. Il 5 maggio 1799, giorno funesto per la cittadina irpina, durante un raid dell'esercito francese, in conflitto con la dinastia dei Borbone e del suo re Ferdinando IV, la popolazione fu travolta dall'assalto degli invasori. Come documentano le carte, scritte dall'allora arciprete Nicola Maria Manzi, e riportate alla luce da don Giuseppe Iasso, la 48enne Rachele Izzo, mentre si trovava in casa di una sua zia inferma, per prestarle assistenza, "fu assalita nell'onore da quei scostumati soldati: non avendo voluto condiscendere alle di loro sfrenate voglie è restata vittima gloriosa del loro furore, per la sua parità; ed il di lei cadavere è stato seppellito nella Chiesa della Santissima Annunziata, in pace. In fede".
La chiesa si trova poco lontana dal Municipio di Mercogliano ed è un edificio sconsacrato e in rovina.
Don Giuseppe ha scovato l'elenco dei morti ed i particolari del sacrificio di Rachele Izzo.
Don Giuseppe Iasso negli anni ha sostenuto tantissime opere di beneficenza e si è speso per la popolazione dello Sri Lanka. Oggi fa voti perché alla concittadina mercoglianese sia riconosciuto l'atto di eroismo in difesa della sua purità e quindi per dichiararla Serva di Dio.
lunedì 23 aprile 2018
sabato 21 aprile 2018
GLI INSEGNANTI MERITANO RISPETTO E RICONOSCENZA DA TUTTI NOI
Leggete queste poche righe che stanno girando fra i gruppi di insegnanti.
“A tutti quelli che criticano la mancanza di reazione da parte del docente di Lucca, vorrei unicamente far presente che
1) se sbatti fuori il ragazzo, sei ripreso perché è vietato dal regolamento scolastico (sono minori e devono essere sorvegliati)
2)-se alzi la voce , puoi essere accusato di abuso di mezzi correttivi e ti prendi pure la sanzione disciplinare
3) se alzi le mani contro il minore, vai direttamente in galera
4) se chiami i collaboratori scolastici, quelli non è detto che ci siano o che possano prontamente venire, perché nella stragrande maggioranza delle scuole sono neanche un paio per piano
5) se chiami le forze dell'ordine, sei un incompetente che " non sa tenere la classe", come se insegnare significasse obbligatoriamente avere capacità circensi.
Sì, circensi, perché di fronte a certi studenti,ti aspetti di avere l'immediato sostegno dei tuoi studenti e non l'approvazione di scimmie ridenti.
Cosa avrei fatto io? Non lo so.
So di essermi trovata in passato più volte sul punto di piangere in classe per la frustrazione, la rabbia, l'impossibilità di reagire.
Poi il mio carattere ha preso il sopravvento e, in un modo o nell'altro, sono riuscita a uscirne senza avere abbassato lo sguardo.
Stessa dinamica davanti a certi genitori, coi quali il rischio di essere aggredita è stato (e tuttora è) reale.
Nervi saldissimi, ma non è facile
Perché non sta scritto da nessuna parte che questo lavoro debba comportare simili umiliazioni, rischi all'incolumità personale ed esaurimento nervoso dietro l'angolo.
A tutti quelli che commentano contro il docente inadeguato, pochi sanno che la categoria degli insegnanti è la più colpita dal burn out, e più passano gli anni, peggio è.
Questi sono anni in cui la delegittimazione dei docenti è diventata uno sport nazionale, con campagne stampa diffamatorie di cui si stanno raccogliendo i frutti avvelenati.
E allora nulla mi leva dalla testa che, a furia di dire che siamo dei privilegiati, incompetenti, con metodi didattici contestabili ( assegna poco/troppo/non sa spiegare/perché quel libro di testo?/perché questo argomento e non quello?) da parte di chi si permette di criticare senza avere nessuna competenza didattica - se non un'antica frequentazione delle aule da studenti, i risultati non possono che essere questi.
Mettici riforme scellerate come la scuola-azienda in cui il cliente ha sempre ragione, pena la riduzione degli iscritti e la conseguente contrazione delle cattedre, e il disastro è servito".
(Tristana Telesco)
“A tutti quelli che criticano la mancanza di reazione da parte del docente di Lucca, vorrei unicamente far presente che
1) se sbatti fuori il ragazzo, sei ripreso perché è vietato dal regolamento scolastico (sono minori e devono essere sorvegliati)
2)-se alzi la voce , puoi essere accusato di abuso di mezzi correttivi e ti prendi pure la sanzione disciplinare
3) se alzi le mani contro il minore, vai direttamente in galera
4) se chiami i collaboratori scolastici, quelli non è detto che ci siano o che possano prontamente venire, perché nella stragrande maggioranza delle scuole sono neanche un paio per piano
5) se chiami le forze dell'ordine, sei un incompetente che " non sa tenere la classe", come se insegnare significasse obbligatoriamente avere capacità circensi.
Sì, circensi, perché di fronte a certi studenti,ti aspetti di avere l'immediato sostegno dei tuoi studenti e non l'approvazione di scimmie ridenti.
Cosa avrei fatto io? Non lo so.
So di essermi trovata in passato più volte sul punto di piangere in classe per la frustrazione, la rabbia, l'impossibilità di reagire.
Poi il mio carattere ha preso il sopravvento e, in un modo o nell'altro, sono riuscita a uscirne senza avere abbassato lo sguardo.
Stessa dinamica davanti a certi genitori, coi quali il rischio di essere aggredita è stato (e tuttora è) reale.
Nervi saldissimi, ma non è facile
Perché non sta scritto da nessuna parte che questo lavoro debba comportare simili umiliazioni, rischi all'incolumità personale ed esaurimento nervoso dietro l'angolo.
A tutti quelli che commentano contro il docente inadeguato, pochi sanno che la categoria degli insegnanti è la più colpita dal burn out, e più passano gli anni, peggio è.
Questi sono anni in cui la delegittimazione dei docenti è diventata uno sport nazionale, con campagne stampa diffamatorie di cui si stanno raccogliendo i frutti avvelenati.
E allora nulla mi leva dalla testa che, a furia di dire che siamo dei privilegiati, incompetenti, con metodi didattici contestabili ( assegna poco/troppo/non sa spiegare/perché quel libro di testo?/perché questo argomento e non quello?) da parte di chi si permette di criticare senza avere nessuna competenza didattica - se non un'antica frequentazione delle aule da studenti, i risultati non possono che essere questi.
Mettici riforme scellerate come la scuola-azienda in cui il cliente ha sempre ragione, pena la riduzione degli iscritti e la conseguente contrazione delle cattedre, e il disastro è servito".
(Tristana Telesco)
martedì 17 aprile 2018
venerdì 6 aprile 2018
MAFALDA CARUSO, STORIA DI UN'INTELLETTUALE IRPINA
In una edicola/libreria di Dentecane, graziosa frazione di Pietradefusi (AV), mi sono procurata il libro di MAFALDA CARUSO "Monografia del Comune di Pietradefusi", opera del 1936 e ristampato nel 2004 dal Corriere Quotidiano dell'Irpinia.
Mafalda Caruso era una giovane intellettuale irpina (Grottaminarda, 1911 - Avellino, 1943), scomparsa tragicamente, a soli 31 anni, nel corso dei bombardamenti aerei del settembre 1943.
Il padre, carabiniere, era solito spostarsi con la famiglia laddove il servizio lo richiedesse, per cui la giovane Mafalda dimorò presso la sorella a Dentecane, per studiare presso il prestigioso Liceo Classico "Emilio Pascucci". L'illustre giureconsulto Dionisio Pascucci, ben prima dell'unità d'Italia, volle una scuola nel borgo irpino, che mise a disposizione della collettività e che dedicò alla memoria del figlio, Emilio, scomparso nel fiore degli anni (un dispiacere che lo condusse alla morte).
La Caruso si sentì parte della comunità di Pietradefusi e volle dare il suo personale contributo alla conoscenza della sua storia. Il libro si presenta scritto in modo chiaro ed accattivante, con numerosi cenni sulla storia del paese, profili biografici di personaggi illustri ed una sezione finale dedicata ai ritrovamenti archeologici.
Laureatasi in Lettere, Mafalda Caruso cominciò ad insegnare prima nel suo paese di adozione, poi ad Avellino. Durante i bombardamenti di cui si è detto, morì mentre cercava riparo tra la Chiesa del SS. Rosario e la Villa Comunale. Il suo corpo, orrendamente straziato, fu riconosciuto a fatica dai familiari.
Dopo avere degustato i fantastici torroncini di Dentecane, apprezzato quello che offre un Liceo all'avanguardia e visitato la Chiesa di San Paolo, il mio giro è proseguito verso Venticano. Altro grazioso paese di cui ho apprezzato il decoro, la pulizia, l'aspetto nobile, il cielo aperto e la disposizione strutturale. Un'Irpinia fatta di storie complesse, di isole di profonda spiritualità, di paesaggi mozzafiato.
Poi ho chiesto dei materiali turistici in giro, un po' in tutti i paesi e paesini di questa parte di Irpinia, che si snoda scendendo dalla montagna di Montefusco, alta e fiera sul comprensorio circostante, a guardia di ben tre regioni italiane.
E purtroppo molti mi hanno detto che questi graziosi ed appetibili luoghi, così belli da vedere e con tante cose da offrire, scontano un ritardo atavico nella promozione delle loro bellezze.
Non siamo in Umbria, né in Trentino, ma magari abbiamo cose più belle che non sono conosciute perché mancano piani turistici adeguati. Così, la struggente bellezza dell'Irpinia, resta ancora un gioiello nascosto dal valore inestimabile, perché non sa parlare di se stessa.
mercoledì 4 aprile 2018
MONTEFUSCO, LA STORIA DI SUOR RAFFAELLA SUSANNA
C'è una storia tenerissima che è dato scoprire tra le mura del convento domenicano di Montefusco. Quella di suor Raffaella Susanna, che, ammalata dall'età di 13 anni e preda di violente convulsioni, aveva perso l'uso del braccio e della mano destra. Con l'età il male progrediva ed era dichiarato inguaribile. Ma le suore, fiduciose, implorarono la Vergine del Carmelo, di cui era conservata statua nel loro convento, ed il prodigio si ebbe. Il 5 Agosto 1864, quando la prostrazione di suor Raffaella era al suo punto più alto, ella si pose ai piedi della Vergine e pregò intensamente. Il miracolo fu istantaneo. Suor Susanna in quel momento recuperò l'uso della mano destra, che, come si vede nel quadro che riporta l'episodio, aveva appoggiato proprio sul simulacro. La paralisi si sciolse e l'uso dell'arto fu pienamente riacquistato.
Ai piedi del quadro, che abbiamo gentilmente fotografato grazie alla disponibilità delle suore, è scritto: "A futura memoria del segnalato benefizio la Comunità religiosa di Santa Caterina da Siena di Montefusco con animo devoto e riconoscente alla Gran Madre del Carmelo offre, dedica e consagra e mette sotto la sua materna protezione e custodia l'Educande presenti e future".
giovedì 29 marzo 2018
UNA LEGGE CONTRO LA VIOLENZA SUGLI INSEGNANTI
Basta fare un rapido giro in rete e di episodi di violenza fisica contro gli insegnanti ne potete contare a bizzeffe. L'ultimo riguarda l'aggressione di una decina di bulletti di una scuola superiore di Alessandria ai danni di una professoressa disabile, malmenata, forse imbavagliata con lo scotch, incapace di difendersi. La figura dell'insegnante, già messa in crisi dalla scuola dell'autonomia, è stata defraudata completamente del suo valore e della sua autorevolezza grazie alla famigerata legge 107, che ha trasformato la scuola in un diplomificio e in un luogo di intrattenimento, dove l'importante è fare l'alternanza scuola-azienda, non formare teste e cuori pensanti e persone responsabili.
Per punizione cosa si fa? Si sospende per un mese questi indifendibili e li si fa svuotare i cestini della spazzatura durante l'intervallo. Esemplare, non c'è che dire...
La solita dirigente userà i soliti sistemi ben collaudati per difendere se stessa ed il buon nome della scuola, affermando che la docente non sa fare il suo lavoro, che i ragazzi vanno capiti, che servono dei corsi a pagamento sulla tematica del bullismo bla bla bla bla bla.
Ci meravigliamo che i giovani italiani si dichiarino inamovibili, che "il 60% degli italiani senza lavoro, in un’età compresa tra i 20 ed i 34 anni, non ha alcuna intenzione di fare i bagagli per far posto a qualche sfaccendato proveniente da chissà quale remoto angolo della Terra, sleale usurpatore dell’italico patrimonio"?
Che genitori degeneri e che società fallimentare sotto tutti i profili.
lunedì 26 marzo 2018
LA COMUNICAZIONE TURISTICA NEL MONDO GLOBALIZZATO
Questo breve saggio intende dimostrare la potenza del fattore comunicativo e promozionale nell'incremento dei flussi turistici, con riferimento ad alcuni casi specificatamente italiani. Vengono passati in rassegna gli strumenti utilizzati in quelle località turistiche che si "vendono" meglio. Fare comunicazione turistica è diverso da qualsiasi altro genere di comunicazione ed è uno strumento che, se opportunamente adoperato, può generare ampie ricadute economiche su di un territorio. Un testo consigliatissimo anche per gli Istituti Alberghieri.
lunedì 12 marzo 2018
venerdì 9 marzo 2018
venerdì 2 marzo 2018
DODICI RAGIONI PER STUDIARE LE DISCIPLINE UMANISTICHE A SCUOLA
DODICI RAGIONI PER LE QUALI SI DEVONO STUDIARE LE DISCIPLINE UMANISTICHE A SCUOLA
Giuseppe Artusi, Tutor Coordinatore Scienze della Formazione Primaria, Università di Padova, risponde alla provocazione di Emma Bonino esponente di +Europa, che ha affermato che “la scuola è buona se prepara anche al lavoro, non solo allo sviluppo personale e intellettuale”. Da qui il monito:
Uno. Il compito della scuola è formare persone, non lavoratori, il che significa innanzitutto avere consapevolezza dei sentimenti, della natura e del significato delle emozioni: nostre e altrui. Significa conoscere noi stessi, e gli altri. Gli altri, e noi: cioè l’insieme delle persone con le quali passiamo l’intero tempo della nostra vita.
Due. Una versione di greco, un testo di filosofia, una poesia, un brano di letteratura inglese, non sono uno sterile esercizio meccanico, del tutto privo di utilità pratica: sono attività che ti costringono a pensare, a interrogarti; che ti sfidano a comprenderli per dare una tua interpretazione sensata, e che per questo ti obbligano a crearti un tuo metodo di studio. E quando te lo sei creato, con quello puoi affrontare qualunque testo, qualunque manuale, qualunque legge scientifica, qualunque problema teorico e pratico, con la certezza che li affronterai con capacità di comprensione, di riflessione e con responsabilità.
Tre. Filosofia, greco, latino, teatro, letteratura e poesia, lingue straniere, storia, musica, storia dell’arte…: sono queste le discipline che ci insegnano a pensare. E pensare significa capire ciò che è, ciò che succede: significa saper discernere e scegliere. Capire il presente e immaginare il futuro, che poi è il posto nel quale passeremo il resto della nostra vita.
Quattro. La scienza è l’arte dell’immaginare le ragioni per le quali il reale è come è: il vero scienziato è colui che disegna scenari possibili. Se gli scienziati non avessero immaginazione, curiosità e fantasia, la scienza non avrebbe mosso un passo in avanti in tutta la sua esistenza; semplicemente non sarebbe esistita. I padri della scienza – Aristotele, Bacone, Cartesio, Galileo, Darwin, Freud, Einstein, Bertrand Russell… – furono tutti filosofi.
Cinque. La scienza e la tecnologia che impari a scuola o all’Università, saranno già obsolete nel momento in cui entrerai nel mondo del lavoro. Devi essere preparato ad andare oltre ciò che sai, a sostituirlo con nuove conoscenze, nuove metodologie; ad essere elastico, ricettivo, aperto e immaginifico. Le discipline umanistiche non insegnano il mondo come è: insegnano a impararlo. Se sai imparare, puoi imparare qualunque lavoro, in qualunque momento della tua vita.
Sei. Un lavoro lo impari davvero al lavoro. Il bello, il giusto, la capacità di discutere, di motivare le tue opinioni e di rispettare quelle altrui, quelli puoi impararli davvero solo a scuola.
Sette. Un bue, un trattore, un computer svolgono il loro compito immensamente meglio di un uomo. Ma un uomo sa fare una cosa che un bue, un trattore e un computer non possono fare: pensare a come migliorare il lavoro di un bue, di un trattore e di un computer. La scuola non deve produrre uomini buoi, uomini trattori o uomini computer, cioè individui che devono svolgere un compito: deve formare uomini capaci di pensare.
Otto. Solo un ingegnere sa costruire un’auto, ma solo se ha studiato arte sa costruire un’auto bella e ti sa spiegare e far capire perché è bella. I grandi progettisti hanno studiato arte e design.
Nove. Un uomo si realizza innanzitutto e perlopiù nel lavoro. Un tecnico che possa svolgere il suo lavoro con competenza sarà un uomo realizzato. Un tecnico che possa svolgere il suo lavoro con competenza e che sappia riconoscere il valore della cultura, dell’arte e del bello sarà un uomo felice.
Dieci. Se non leggi, non sai scrivere. Se non sai scrivere, non sai parlare. Se non sai parlare, non sai pensare. Se non sai pensare, non sai capire. Se non sai capire, non sarai mai un buon tecnico.
Undici. Fabiola Gianotti, direttrice del CERN – il più importante centro di ricerca scientifica d’Europa – si è diplomata al Liceo Classico e riconosce a quella formazione il merito fondamentale del suo successo.
Dodici. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino. Noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento. Ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita.
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