Memorie di una signorina per bene, di Angela Russo, beneventana di adozione toscana, è un libro di memorie ed allo stesso tempo uno spaccato dell’Italia di cinquant’anni fa, attraverso la storia personale e familiare rievocata dall’autrice, che ci introduce con garbo in un mondo, quello di una cittadina di provincia, meglio di quanto saprebbero fare decine di trattati sociologici.
Appartenente ad una delle famiglie più facoltose e in vista di Benevento, la Russo rievoca l’infanzia protetta nell’entourage familiare, tra padre, madre, zie, nonni, cugini, sorella, governanti, donne di servizio, autisti, giardinieri. Una sorta di “curtis medievale”, con rari momenti di vita fuori dal contesto domestico, su cui si stagliano, possenti e prepotenti, le figure maschili, a cominciare dal papà sempre urlante ed il nonno silenzioso, entrambi con il debole per le donne e viveur patentati. La madre, donna di gran carattere, mai piegata dalla prepotenza del marito. Le altre figure femminili, giovani e vecchie, tutte con la propria storia ed il proprio temperamento, descritto con estrema precisione.
La fabbrica Russo, che produce legnami, creata dal nulla dall’intraprendente nonno Marino, gran cervello, molto versato negli affari. Distrutta dai bombardamenti del ’43 e subito ricostruita grazie all’immensa fortuna accumulata dal suo fondatore. I privilegi legati al censo. L’educazione alle buone maniere, le inquietudini dell’adolescenza, le prime sigarette fumate di nascosto ed i bikini indossati quando si poteva. L’avversione per la scuola, o meglio, per i professori che non amavano quello che insegnavano, e l’incontro col grande Gianni Vergineo, docente di filosofia, ma prima ancora maestro di vita, che finalmente le schiude nuovi orizzonti di conoscenza. Gli studi universitari compiuti a Roma, l’incontro con il primo marito, un timido medico figlio della buona borghesia romana. La vita con il nuovo compagno.
Appartenente ad una delle famiglie più facoltose e in vista di Benevento, la Russo rievoca l’infanzia protetta nell’entourage familiare, tra padre, madre, zie, nonni, cugini, sorella, governanti, donne di servizio, autisti, giardinieri. Una sorta di “curtis medievale”, con rari momenti di vita fuori dal contesto domestico, su cui si stagliano, possenti e prepotenti, le figure maschili, a cominciare dal papà sempre urlante ed il nonno silenzioso, entrambi con il debole per le donne e viveur patentati. La madre, donna di gran carattere, mai piegata dalla prepotenza del marito. Le altre figure femminili, giovani e vecchie, tutte con la propria storia ed il proprio temperamento, descritto con estrema precisione.
La fabbrica Russo, che produce legnami, creata dal nulla dall’intraprendente nonno Marino, gran cervello, molto versato negli affari. Distrutta dai bombardamenti del ’43 e subito ricostruita grazie all’immensa fortuna accumulata dal suo fondatore. I privilegi legati al censo. L’educazione alle buone maniere, le inquietudini dell’adolescenza, le prime sigarette fumate di nascosto ed i bikini indossati quando si poteva. L’avversione per la scuola, o meglio, per i professori che non amavano quello che insegnavano, e l’incontro col grande Gianni Vergineo, docente di filosofia, ma prima ancora maestro di vita, che finalmente le schiude nuovi orizzonti di conoscenza. Gli studi universitari compiuti a Roma, l’incontro con il primo marito, un timido medico figlio della buona borghesia romana. La vita con il nuovo compagno.
Nessuna nostalgia, niente giudizi o bilanci. “Solo riconoscenza”.
Il libro, godibilissimo, si legge tutto d’un fiato e l’effetto è esilarante.
ALCUNI ESTRATTI
Il libro, godibilissimo, si legge tutto d’un fiato e l’effetto è esilarante.
ALCUNI ESTRATTI
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Padre padrone
Mio padre ebbe sempre il sesso come sua croce e delizia. Lo consumava avidamente, come le sigarette. E non lo nascondeva.
- un’estate in cui eravamo in vacanza al mare a Manfredonia, correvano gli anni ’50, mio padre portò mia madre ed i suoi di lei genitori da Padre Pio. Tutti si confessarono ed ebbero l’assoluzione. Quando fu il turno di mio padre, entrò nel confessionale e ne uscì stralunato pochi minuti dopo. Padre Pio gli aveva chiesto, prima che lui aprisse bocca, in dialetto, come lui faceva “Uagliò, quanti soldi e’ spennuto pe’ femmene?”. Mio padre, interdetto, rispose “Non me lo ricordo” “Ce vedimm’ quann’ t’è turnata a’ memoria”. Per mio padre questo evento, di cui furono testimoni mia madre e i miei nonni, fu un dramma. Cominciò a frequentare assiduamente la basilica della Madonna delle Grazie. (…). Molti anni dopo un operaio della ditta si recò a San Giovanni Rotondo. Padre Pio gli disse “Di’ a u’ padrone ca u’ sto’ aspettann’”. (…)
Il sesso tanto era frequentato e praticato da lui, tanto doveva essere tenuto a distanza siderale da tutte, dico tutte, le donne di casa.
Siamo ricchi
Ogni nucleo familiare aveva in dotazione due donne di servizio ed una governante/bambinaia. Una lavandaia lavava a turno per tutti e quindi era in comune. La lavandaia si chiamava Giovannina. Era magra, nodosa nel corpo e nelle mani, vestita di nero. Le mani le ricordo deformate dall’artrosi e dall’uso, erano rosse e gonfie. Aveva i capelli raccolti sulla nuca, il tuppo… Non parlavamai, era sempre incupita, presa soltanto dalla sua fatica immane. Lavava, in un locale che era nel giardino dei miei nonni e che dava sulle prime propaggini della ditta. Piccolo giardino che nessuno frequentava se non Giovannina. Lavava con la soda e i suoi bucati erano bianchissimi.Nutro ancora per lei un profondo e doloroso affetto.
Il tango col caschè
Anche io avevo i miei numerosi corteggiatori. Si incapricciavano dei miei dinieghi, della mia sfuggevolezza, del mio erotismo in fiore presente e negato. Li ponevo sempre tutti in difficoltà con domande esistenziali mutuate da Jaspers, Heidegger… Sbarcavo poi, ogni mattina, davanti la scuola dalla Alfa 1900 color argento con autista. Il fatto mi donava irraggiungibilità ed io aggiungevola mia spocchia. Mi sono anche “fidanzata” due volte.
EDIZIONI REALTA’ SANNITA BENEVENTO
Padre padrone
Mio padre ebbe sempre il sesso come sua croce e delizia. Lo consumava avidamente, come le sigarette. E non lo nascondeva.
- un’estate in cui eravamo in vacanza al mare a Manfredonia, correvano gli anni ’50, mio padre portò mia madre ed i suoi di lei genitori da Padre Pio. Tutti si confessarono ed ebbero l’assoluzione. Quando fu il turno di mio padre, entrò nel confessionale e ne uscì stralunato pochi minuti dopo. Padre Pio gli aveva chiesto, prima che lui aprisse bocca, in dialetto, come lui faceva “Uagliò, quanti soldi e’ spennuto pe’ femmene?”. Mio padre, interdetto, rispose “Non me lo ricordo” “Ce vedimm’ quann’ t’è turnata a’ memoria”. Per mio padre questo evento, di cui furono testimoni mia madre e i miei nonni, fu un dramma. Cominciò a frequentare assiduamente la basilica della Madonna delle Grazie. (…). Molti anni dopo un operaio della ditta si recò a San Giovanni Rotondo. Padre Pio gli disse “Di’ a u’ padrone ca u’ sto’ aspettann’”. (…)
Il sesso tanto era frequentato e praticato da lui, tanto doveva essere tenuto a distanza siderale da tutte, dico tutte, le donne di casa.
Siamo ricchi
Ogni nucleo familiare aveva in dotazione due donne di servizio ed una governante/bambinaia. Una lavandaia lavava a turno per tutti e quindi era in comune. La lavandaia si chiamava Giovannina. Era magra, nodosa nel corpo e nelle mani, vestita di nero. Le mani le ricordo deformate dall’artrosi e dall’uso, erano rosse e gonfie. Aveva i capelli raccolti sulla nuca, il tuppo… Non parlavamai, era sempre incupita, presa soltanto dalla sua fatica immane. Lavava, in un locale che era nel giardino dei miei nonni e che dava sulle prime propaggini della ditta. Piccolo giardino che nessuno frequentava se non Giovannina. Lavava con la soda e i suoi bucati erano bianchissimi.Nutro ancora per lei un profondo e doloroso affetto.
Il tango col caschè
Anche io avevo i miei numerosi corteggiatori. Si incapricciavano dei miei dinieghi, della mia sfuggevolezza, del mio erotismo in fiore presente e negato. Li ponevo sempre tutti in difficoltà con domande esistenziali mutuate da Jaspers, Heidegger… Sbarcavo poi, ogni mattina, davanti la scuola dalla Alfa 1900 color argento con autista. Il fatto mi donava irraggiungibilità ed io aggiungevola mia spocchia. Mi sono anche “fidanzata” due volte.
EDIZIONI REALTA’ SANNITA BENEVENTO
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