lunedì 30 luglio 2007

Mele marce dappertutto…

Forse mai come nell’anno in corso la classe dirigente italiana si è resa tanto protagonista di una serie di défaillances -per usare un termine gentile- e si è così tanto autoscreditata agli occhi degli elettori. L’ultimo episodio, freschissimo, è quello del deputato Udc Cosimo Mele (che io non conoscevo neppure di nome), resosi protagonista di una bollente notte di droga e sesso in un lussuoso hotel romano, in compagnia di una (due?) allegra fanciulla che la mattina dopo si è sentita male per aver fatto uso di stupefacenti. L’onorevole in questione, che a suo tempo ha anche firmato un disegno di legge contro l’uso degli stupefacenti, ha dichiarato di non aver mai fatto uso di “roba”, di essere un buon marito e padre di famiglia e di essersi concesso quest’occasione perché solo soletto da quasi una settimana… (poverino…).
Naturalmente, a noi non incuriosiscono tanto le conseguenze che le sue dimissioni potranno avere nell’Udc, difensore dei valori vita e famiglia tradizionale, quanto le ripercussioni che il fattaccio può aver prodotto nel contesto familiare, moglie in particolare, del malcapitato…
E genera molte domande, inoltre, quanto questi “innocenti momenti di debolezza” possano essere costati allo Stato in termini pecuniari. I tg hanno svelato che la noche caliente ha richiesto una camera d’albergo di 1500 euro, oltre l’extra che l’onorevole ha pagato alla ragazza. Se pensiamo che la media degli italiani quei soldi non li guadagna nemmeno in un mese di lavoro, e ci sono giovani disoccupati che non li vedono nemmeno in un anno, è legittimo avere qualche dubbio sulla bontà dell’azione politica di molti dei nostri rappresentanti.
Prima ancora c’era stata la foto che riprendeva il portavoce del Governo, Sircana, intento a sbirciare dalla sua auto un trans che batteva lungo le arterie della Capitale (anche quello “un momento di debolezza”… ma chi ci governa? Un branco di pappamolli?), e poi ancora voci su presunte presenze di imprenditori e politici su yatch dove si svolgevano party a base di coca, donnine e travestiti. Poi c’è stato il caso dell’onorevole alleatino Selva, che si è fatto trasportare in autoambulanza, fingendo un malore, agli studi televisivi di La7 dov’era atteso per un’intervista, poi ha dato le dimissioni che poi ha fatto rientrare, ed alla fine è trasmigrato nelle file di Forza Italia… Un amico mi ricordava di quando il nostro conduceva “Radio Belva” ed arringava i democristiani contro il compromesso storico, con toni da crociata. Tempi lontani…
E poi ancora, tutta la bagarre montata intorno alla questione delle intercettazioni telefoniche, la paura di dover nascondere qualcosa, il timore/terrore di darsi la zappa sui piedi. Insomma, proprio un bell’ambientino, dove la trasparenza va a farsi benedire.
Sembra aver prevalso, come ha affermato un deputato di Sinistra, “la doppia morale”: quella ipocrita dei valori di cui ci si professa portatori, e quella praticata nel segreto di segrete stanze.
Verrebbe da chiedersi come mai la Chiesa, custode dei valori della vita, non si pronunci mai sulla condotta dei politici (ma non era “libera Chiesa in libero Stato”? O dai Patti Lateranensi non è cambiato niente?…).
Infine, la gente di San Giuliano di Puglia, con un atto di grande dignità ed orgoglio, ha stracciato le tessere elettorali ed ha restituito allo Stato i 50mila euro avuti per i funerali dei figli morti cinque anni fa nel crollo della scuola elementare ”Jovine”. Ha mostrato, questa gente di un Sud da sempre considerato serbatoio di voti, che anche se non si è ricchi, anche se si passa la vita ad abbassare la testa ai potenti di turno, anche se si vive in regioni poco fortunate, ci può essere uno scatto di dignità. Purtroppo ci voleva una tragedia immane e il non aver ancora trovato giustizia, per provocare una reazione forte come questa.
Il libro più letto dell’estate, “La casta”, di Gian Antonio Stella, è una lettura amara perché svela come gli italiani sono quotidianamente frodati per mantenere un sistema politico parassitario che è ormai diventato intoccabile e la cui morale si fonda ormai su azioni di arroganza e diffuso senso dell’impunità.
Ci vorrebbe una epurazione della casta, ma non fraintendetemi: una pulizia morale, un’ecologia di tutto il sistema in sé, ed il togliersi di mezzo di certi personaggi. Ci chiediamo e chiediamo ai nostri politici: ma come volete ancora essere credibili?

La cultura del cibo

Mentre la nostra penisola dal Sud al Nord pullula di manifestazioni enogastronomiche, veniamo a scoprire che il vino sardo allunga la vita e che il superpomodoro sconfigge il cancro.
“L’uomo è ciò che mangia”, dice il filosofo… e come dargli torto.
Dalla Rai tv apprendiamo che gli studiosi hanno stabilito una relazione tra la longevità che si riscontra in alcuni posti della Sardegna ed i vini prodotti in queste zone. Una risposta definitiva non è ancora arrivata, ma pare proprio che in tali località, i consumatori abituali dei più eccellenti vini sardi abbiano superato tutti i cento anni. Pare infatti che in tali vini ci siano delle componenti molto salutari all’organismo in quantità molto maggiore rispetto agli altri vini, soprattutto d’importazione.
Il fantastico superpomodoro, poi, non è un cartone animato, ma il nome di un pomodoro recentemente ottenuto (dopo anni di studi e ricerche) da un incrocio tra il San Marzano 3 ed il Black tomato (pomodoro nero o tomato, quello che i conquistatori spagnoli “rubarono” agli Aztechi). L’incrocio, realizzato in un appezzamento sperimentale di Torre del Greco, è stato realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare del Cnr di Napoli. Nessun ogm, ma solo la classica tecnica dell’inserimento del polline nel pistillo (cioè le cellule germinali maschili del Bt in quelle femminili del San Marzano 3).
La nuova varietà di pomodoro ottenuta unisce l’elevato contenuto nutritivo e di vitamina C del Bt alle proprietà ossidanti, antivirali e antitumorali del San Marzano. Inoltre combatte il colesterlolo e non fa ingrassare. Sarà venduto in pacchetti cellofanati e sarà anche utilizzato per farne pappine per i bambini ed una linea di succhi.

I cento anni dello scoutismo

La parola scout significa “esploratore”. A fondare il movimento degli scoutisti fu, il 29 luglio 1907, uno dei più grandi esploratori della storia, sir Robert Baden-Powell (nome intero Robert Stephenson Smyth Lord Baden-Powell). Soldato e scrittore, figura controversa della storia militare inglese (per i motivi che ci apprestiamo a dire), in quel giorno di cento anni fa egli tenne un campo sull' isola di Brownsea con 20 ragazzi di diverse estrazioni sociali, per verificare la praticabilità di alcune delle sue idee relative alle tecniche di sopravvivenza in situazioni difficili. Nel 1922 gli scout erano un milione ed erano distribuiti in 32 Paesi. Nel 1939 erano oltre 3 milioni. Oggi si contano 30 milioni di scout in 300 paesi.
Nato nel 1857 a Paddington, Londra, dal reverendo Baden Powell e da Henrietta Grace Smyth, figlia dell'ammiraglio britannico William Henry Smyth e nipote di Joseph Brewer Smyth che era stato il colonizzatore del New Jersey, Robert univa in sé due mondi: quello ecclesiastico e quello colonizzatore del nuovo mondo. Non fu uno studente brillante, ma aveva grandi doti come attore ed era musicista di un certo talento. Fallito l’esame di ingresso all’Università, vinse un concorso per diventare sottotenente di cavalleria. Divenne capitano a soli 26 anni, fu in India, in Afghanistan, tra gli Zulu del Sudafrica, a Malta. Lavorò nei servizi segreti britannici. Per le sue capacità esplorative era molto temuto dagli indigeni. Durante la guerra in Sudafrica si trovò intrappolato nell’assedio di Mafeking e circondato dall’esercito Boero, in soprannumero di circa 8000 unità. Grazie alle sue tecniche di addestramento il suo esercito resistette per 217 giorni fino alla liberazione. Durante tale assedio, Baden-Powell non fu tenero con la popolazione di colore: oltre a servirsi di una milizia di colore (caso unico nel conflitto e riprovato dagli avversari), fece fustigare, fucilare e morire di fame centinaia di indigeni di colore. E precedentemente, in Rhodesia (1896), oltre a commettere azioni per noi vicine ai crimini di guerra (ma naturali a quei tempi), fece uccidere il capo africano Uwini.
Fu decorato da 28 Paesi e nel 1900, dopo l’assedio di Mafeking, proclamato eroe nazionale.
All’età di 55 anni sposò Olave Soames, una ragazza di 23 anni incontrata sul transatlantico Arcadia in rotta per New York. La sposò in gran segreto, per evitare l’intrusione della stampa. I due condividevano la stessa data di nascita, il 22 febbraio, che è diventato il giorno in cui gli scout di tutto il mondo si riuniscono per la loro festa. Ebbero tre figli e nove nipoti, alcuni dei quali ancora oggi attivi nello scoutismo. La bibbia degli scout è il manuale "Aids to Scouting" (Scoutismo per ragazzi), che Baden-Powell pubblicò nel 1908, ma scrisse molto prima. Sir Robert morì in Kenya nel 1941.
I valori dello scoutismo sono lo spirito d’avventura, l’interesse per la natura e la fratellanza fra i popoli.

mercoledì 25 luglio 2007

Clementina Forleo, giudice con le palle

Nell’estate che arroventa l’Italia (nel senso letterale del termine, viste le centinaia di ettari boschivi andati in fumo), la vicenda delle intercettazioni telefoniche richieste dal gip di Milano Clementina Forleo nell’ambito di bancopoli, rende incandescente il clima politico nostrano. Incandescente e litigioso. E tutta la vicenda, come tangentopoli di tre lustri fa, tiene gli italiani incollati al televisore per vedere se alla fine Senato e Parlamento daranno al gip Forleo l’autorizzazione ad utilizzare le intercettazioni che vedono coinvolti 68 tra politici e indagati nella scalata ad Antonveneta, Unipol-Bnl e Rcs. Per intanto il Tribunale di Milano ha richiesto il rinvio a giudizio di tutti questi 68, tra cui rispuntano i nomi di Fazio, Consorte e Gnutti.
Anche oggi, come accadde quindici anni fa, la magistratura viene criminalizzata, accusata di protagonismo, diventa finanche “suscettibile di querela”. Se Bertinotti invita i deputati ad essere “al di sopra delle parti”, subito Fassino giudica “sgradevoli le sue parole”.
Chissà perché ognuno che svolga un lavoro, anche misero, deve rendere conto del proprio operato a questo e a quello, ed i parlamentari, che ci rappresentano, oltre ad avere immunità di vario tipo, non dovrebbero rendere conto del proprio operato a coloro che li eleggono.
Per cui via, i politici facciano i politici ed i magistrati facciano i magistrati. E i politici mettano i magistrati nelle condizioni di fare i magistrati, ossia di svolgere il loro dovere di ricercare la verità e punire eventuali colpevoli.
In questi giorni sui giornali vediamo la Forleo sempre sorridente. I diessini Fassino e D’Alema sempre più tirati. Mastella e Di Pietro sempre più litigiosi.
Sulla Stampa di ieri (24 luglio 2007) c’era una simpatica battuta di Jena, che vi riporto: “Se addirittura un Presidente della Repubblica come Napolitano si schiera contro di lei, significa che il giudice Forleo ha proprio sbagliato tutto. Oppure viceversa”…

lunedì 23 luglio 2007

Carmen Lasorella non lavora più in Rai. Intervengono 43 parlamentari

Mala tempora currunt. Da qualche anno, a seconda di come soffia il vento elettorale, apprendiamo di casi di giornalisti allontanati dal video o relegati a fare altro. Santoro, BiagiNuzzolillo (vedi post in basso). Da anni non vediamo più sugli schermi due capaci giornaliste come Donatella Raffai e Maria Giovanna Maglie. Da tre anni è toccato a Carmen Lasorella, giornalista di punta del TG 2, essere allontanata dagli schermi televisivi, un fatto, questo, che nei giorni scorso ha spinto 43 senatori a fare un’interpellanza al Ministro dell’Economia ed a quello delle Finanze per conoscere i motivi del mancato utilizzo di Lasorella in video. La quale si è detta lusingata dell’interessamento dei senatori, ma ferita del fatto che, dopo 20 anni di collaborazione, la Rai non abbia dato risposta alle sue proposte né l’abbia convocata. L’ex direttore del TG1, Mimun, ha scritto una dura lettera alla Repubblica (con replica dell’interessata), definendo in qualche modo la giornalista incapace di fare il suo lavoro. Insomma, giornalisti ostaggi di volta in volta di politici, editori, direttori di testate. Se non sei schierato non lavori. Se sei in qualche modo “scomodo” ti appiccicano addosso il marchio dell’incapace. Sembra di essere a scuola, quando i genitori, per fare il gioco dei loro sfaticati ed intoccabili figli, accusano i docenti di essere degli incompetenti (e poi si fa tanta microsociologia sul bullismo e maleducazione varia…).
Il bavaglio messo all’informazione dimostra che nel sistema Paese qualcosa non va. Non soltanto un problema legato all’informazione, ma a chi la produce, a chi ne detta in qualche modo le regole, al modo di confezionarla per servire interessi di altro tipo. Chissà se questo lo insegnano nelle Scuole di Giornalismo…
E così mi sono detta: sono contenta di avere intrapreso un percorso diverso da quello del professionismo giornalistico. Ho la mia tessera da pubblicista, che mi è costata sette camicie, non ho padroni, non devo fare genuflessioni per andare avanti nella vita, scrivo quel che cavolo mi pare, quando mi pare. E conservo sempre gelosamente una lettera ricevuta da Carmen Lasorella in persona quando avevo diciotto anni e le chiedevo come diventare giornalista. Uno scritto pieno di verità (ed i giovani vogliono sempre verità), da parte di una grande donna del giornalismo italiano, che per me è e resta un mito.

mercoledì 18 luglio 2007

Giornalista trombato dai politici

Benevento è una piccola ed amena città campana dove i giri sono sempre gli stessi, basta uscire durante qualche festa cittadina per impararli subito, o frequentare i soliti ambienti…
Da ieri sta tenendo banco una notizia bomba, che ha lasciato di stucco un’intera categoria professionale della quale solitamente non interessa niente a nessuno, e cioè la categoria dei giornalisti, di cui ci si ricorda solitamente solo per denigrarli. L’attuale amministrazione di Centro-Sinistra, capeggiata dal sindaco Fausto Pepe, di area mastelliana, ha rimosso dall’incarico di capo ufficio stampa il giornalista Billy Nuzzolillo, un ragazzo del ’61, tra i più bravi giornalisti della provincia sannita, e lo ha destinato all’Ufficio Relazioni con il Pubblico. La sua grave colpa? Quella di aver sostenuto, una decina di anni fa, il concorso che lo ha portato a ricoprire tale incarico, quando era in auge in città un governo di Centro-Destra.
Se una volta, e parliamo di decenni fa, i governi al potere a livello locale licenziavano i dipendenti di schieramento politico opposto (a mio nonno, democristiano, i fascisti fecero perdere il posto che ricopriva presso un ente comunale), oggi la tattica è più sottile: si trasferisce il dipendente ad altro incarico.
Tutta la stampa beneventana, politici e sindacalisti sono insorti con toni accorati in difesa dell’illustre e stimato collega, smuovendo gli organi della Stampa regionale e nazionale. Rammentando la qualità dell’informazione istituzionale beneventana che ha fatto da modello anche per altre amministrazioni. Evidenziando le gravi scorrettezze che l’Ente Comune sta da tempo adottando nei confronti della stampa locale nel suo complesso (vedi l’esclusione dei periodici locali dalla raccolta pubblicitaria relativa alla manifestazione “Quattro notti di luna piena”). E sottolineando anche le tensioni tra giornalisti ed esponenti di Palazzo Mosti che mai in passato avevano raggiunto toni così aspri. In una lettera di solidarietà è anche scritto: “Billy si è sempre dichiarato, anche quando fu assunto sotto il sindacato di Pasquale Viespoli (che, lo ricordiamo, nominò, in nome di quella politica da lui portata avanti e che vede privilegiare la testa e non la tessera, anche un altro addetto stampa che certamente non era e non è di centrodestra, Gabriella Debora Giorgione) uomo dalle idee di Sinistra. Figurarsi se non lo fosse stato...”
“Epicentro Benevento” parla di “purghe staliniane” e ricorda che l’ufficio stampa “è istituzionale”. Si rammenta anche che altri sono stati licenziati in quanto non dipendenti di ruolo.
Insomma, una vicenda destinata nei prossimi giorni a fare scalpore e che costituisce senza dubbio un precedente: in nessuna provincia italiana si era finora vista una cosa del genere.
Viene da pensare che fanno più danni gli umori dei politici che le catastrofi naturali. Quando un governo mette mano alla libertà di stampa siamo in presenza di una dittatura. E la storia, eterna maestra di vita, ci insegna che a voler privare della libertà i cittadini sono uomini che, di per sé, non sono affatto liberi.

Incollati alla poltrona

E ti pareva. Il senatore alleatino Gustavo Selva, ex direttore del GR 2, che il 9 giugno scorso aveva dato le sue dimissioni reo di aver usato un’autoambulanza per raggiungere uno studio televisivo in una Roma paralizzata dall’arrivo del presidente Usa Busch, le ha improvvisamente ritirate. Ha accampato la seguente spiegazione: “I cittadini mi invitano a restare”. Ed ancora: “Il pensiero che un voto in meno del centrodestra possa concedere un giorno in più al governo Prodi travolge ogni ragione che mi spingerebbe alle dimissioni”. Un vago senso di disgusto ci assale, sapendo che il suo posto sarebbe stato immediatamente rimpiazzato dal primo dei non eletti in Veneto del suo partito. Circostanza accuratamente omessa dal senatore nella sua dichiarazione. Certi lati del carattere con l’età si cronicizzano. Il nostro Paese ha un primato non lusinghiero: il governo più anziano d’Europa. Non meravigliamoci, se i suoi esponenti sono l’espressione del vegliardo italiano sempre pronto a puntare i piedi ed a pestare quelli degli altri, a sgomitare pur di imporsi, ad incollarsi alla poltrona pur di non mollarla………………………

I furbi

Un manipolo di persone, tra medici, infermieri ed amministrativi, si assentava regolarmente dai posti di lavoro all’ospedale di Perugia, facendo timbrare i cartellini a compiacenti amici e conoscenti. Sono scattati i primi arresti, ma non è il primo e non sarà l’ultimo caso di truffa ai danni dello Stato e degli utenti. Stipendi rubati e completa assenza di umanità e di senso del dovere. Fatto che colpisce di più, quando ci sono di mezzo le professioni mediche e la salute dei cittadini. Secondo una recente ricerca della Deutsche Bank soldi e lavoro fanno la felicità. In questo caso solo i soldi. Giusto per far vedere a quale livello di abiezione umana siano arrivati certi esponenti delle professioni mediche, anche a discapito dell’intera categoria, tra la quale vi sono innumerevoli persone che invece il loro dovere lo fanno. Purtroppo, come dicevo, il caso non è isolato e non interessa solo la professione medica, ma tutte le professioni. Anche se nel caso della sanità si percepisce la gravità della situazione perché vi è di mezzo il bene più prezioso: la salute dei cittadini.

sabato 14 luglio 2007

Benevento rende omaggio a Modugno. E feste varie...

Ieri sera la Rai1 ha trasmesso in prima serata lo spettacolo alla memoria di quel grande artista che è stato Domenico Modugno. In platea si sono alternati cantanti rinomati come Simone Cristicchi, Concato, Gigliola Cinguetti, attori come Giancarlo Giannini, oltre alla presenza di un coro spettacolare. Il tutto tra le mura e le suggestioni del Teatro Romano che si trova in quel di Benevento e che è spesso utilizzato come location delle più prestigiose manifestazioni culturali della città. Città campana che in tal modo ha goduto, come ha anche affermato il sindaco Pepe, di “un ritorno di immagine senza precedenti”. Attraverso le canzoni del grande Modugno (“Volare”, “Meraviglioso”, “L’uomo in frac”, “Tu si ‘na cosa grande”, e tante altre) si è parlato di un’Italia che non c’è più, ponendo l’accento sull’identità di un popolo che proviene dalla propria storia e che ne evita la deriva e la mancanza di prospettive.
L'evento è stato organizzato da Provincia, Regione e Rai.
Parallelamente si è svolta la kermesse “Quattro notti”, sulla quale in questi giorni sulle testate locali (alcune) è un tripudio di articoli e di affermazioni. La manifestazione inonda di spettacoli la città ed è ideata niente poco di meno che dalla signora Sandra Lonardo, la quale, oltre ad essere la presidente del Consiglio Regionale della Campania, è moglie del ministro della Giustizia Clemente Mastella, che proprio in questi dì si sta affannando sulla riforma della giustizia. Da 11 anni la signora Mastella porta avanti questa manifestazione insieme all’associazione Iside Nova, curando la sua creatura con un impegno ed una costanza tale da farla diventare quella che è diventata oggi: una vetrina di prim’ordine per la città ed un evento attesissimo dai suoi cittadini. Nonostante tutte le critiche della parte politica opposta, che va ad indagare sul modo di spendere i soldi per realizzare l’evento, e tirando dritto tra le critiche di coloro che relegano tale evento tra le sagre paesane. Lady Mastella va avanti per la sua strada, puntando su due armi che ne hanno determinato, secondo me, il successo che riscuote: una maniacale e continua cura dell’immagine della propria persona (dietro la quale si intravede forse una mano esperta?) e l’aver ideato un contenitore che contiene proprio di tutto, per cui la kermesse soddisfa i gusti dell’operaio e dell’intellettuale. Ampia libertà di scelta, dunque, per tutti. Senza fare troppi distinguo. Il che sembra essere molto political correct.

Andrea Osvart, attrice ungherese

E’ uno dei volti più belli ed espressivi della tivù italiana. La giovane attrice ungherese Andrea Osvart è da quattro anni a Roma e l’abbiamo vista negli sceneggiati “Pompei” ed “Exodus”, ma aveva già avuto una piccola parte ne “La squadra”. In questi giorni la Osvart sta lavorando a due film, “2061” dei Vanzina e “Sound Track” di Francesca Marra. Esordisce come modella a 16 anni, perché non ne poteva più di stare nella campagna ungherese nella quale era nata, inizia a girare il mondo, sua madre la prega di continuare gli studi. E così si laurea in lingua e letteratura italiana a Budapest. Il lavoro di modella le serve per guadagnare qualche soldo, ma la sua grande aspirazione resta il cinema impegnato. Oltre al suo fascino di donna dell’est, la Osvart ha la capacità di trasmettere emozioni, il che è il traguardo principale per ogni artista che voglia dirsi tale. Sentiremo ancora parlare di lei…

Il ritorno di Vanna


Abbiamo visto la teleimbonitrice Vanna Marchi (senza figlia e senza il maestro Donaiscimento) parlare di nuovo in tv. Anticipare la sua prossima conduzione in radio. Parlare del suo processo. Non sapere se dirsi pentita di quello che ha combinato. Ovvero truffe milionarie ai danni di centinaia di disperati, in cambio della promessa di disgrazie o di risoluzioni ai problemi della propria vita tramite pozioni a base di sale. E fa specie che persone che hanno speculato senza ritegno sui guai altrui, che non avrebbero più alcun diritto alla parola o ad esibire la propria faccia, ritornino in questo modo ed in tali platee ad ammorbarci la vita. Ma vada via al c…!

Vergogne italiane

Cinque anni fa il terremoto sconvolgeva il Molise e spazzava via la generazione di ragazzini nati nel’96. Nel crollo della scuola elementare “Jovine” morirono 27 bambini ed una maestra e dopo cinque anni, in un’aula di tribunale ricavata dalla sala di un albergo il giudice ha assolto tutti gli imputati per quel disastro: il sindaco (la cui bambina morì nella stessa scuola), i tecnici e gli imprenditori coinvolti nella costruzione dell’edificio. La colpa è quindi del destino e del terremoto. La sentenza è stata accolta tra urla, grida, insulti ed il lancio di una sedia, e fa riflettere quel cartello “La legge è uguale per tutti”, venuto giù poco prima della lettura perché fissato male alla parete. Dunque, non conta nulla che la scuola fosse stata costruita in dispregio di tutte le norme di sicurezza. Non conta che il solaio fosse così pesante da compromettere l’equilibrio della struttura sottostante. Non che un solo pilastro sostenesse l’intero edificio, e neppure che le troppe finestre indebolissero i muri, o che la scala non avesse strutture di sostegno. Il pm Magrone ha commentato: “Continua la storia per cui in Italia ogni disastro è dovuto alla natura e gli uomini sono tutti santi”. Per i genitori delle vittime si apre un nuovo doloroso capitolo di questo dramma. Ed infatti essi annunciano già il ricorso contro la sentenza.

venerdì 6 luglio 2007

"Emergenza" rifiuti?

Ha ancora senso parlare di una “emergenza rifiuti” in Campania, o non sarebbe meglio parlare di uno stato di malessere cronico che si trascina oramai da tredici anni?
Per definizione l’emergenza è qualcosa che si svolge in un lasso temporale limitato, che richiede interventi seri ed urgenti, che fa prevedere l’imminente risoluzione di una situazione di stallo. In realtà l’immondizia staziona lungo le strade campane senza essere rimossa, proprio come alcuni personaggi politici che da trent’anni stazionano nei palazzi del potere, senza trovare un minimo ricambio generazionale. Puzza di stantio dovunque, insomma. Bertolaso fa il cornuto e mazziato ed abbandona l’incarico di commissario straordinario, perché esausto di una situazione più grande di lui. E poco dopo si scopre che degli abusivi si servono dei liquami degli scarichi per concimare i terreni. Ma nessuno batte la Campania in quantità di feste organizzate da questo o quel partito a scopo elettorale. Fumonegliocchi del popolo sovrano. E poi ci si lamenta che la regione è diventata lo zimbello dell’opinione pubblica europea. Ma, si dice, vogliamo piangere? No, certo. Nemmeno di fronte al rincaro delle tariffe per la “munnezza”. Ed allora viva i tricchebballacche. Sissignore, viva i tricchebballacche.

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