Secondo
una ricerca condotta presso l’ University College di Londra dalla
neuroscienziata Eleanor Maguire, il passato è strettamente connesso al
futuro, tanto che chi soffre di amnesia e quindi dimentica il passato,
non riesce più nemmeno ad immaginare e a prospettarsi un futuro. Ebbene,
forse per attenerci un po’ alle recenti scoperte, o forse perché in
fondo il mondo e nello specifico la città in cui viviamo è fatta di
storia e di aneddoti passati, che da questo mese dedicheremo una
“rubrica” a Torino e agli avvenimenti più curiosi e che più l’hanno
segnata nel corso degli anni, se non addirittura dei secoli precedenti
Era il 19 maggio del 1947 ed
erano passate da poco le h. 18.00 quando, durante un violento
nubifragio abbattutosi sulla città di Torino, un filmine colpì la
vettura tramviaria 2572 mentre si trovava in via Garibaldi all’angolo
con C.so Valdocco. Per un attimo il tram venne avvolto in un gran
bagliore di fiamme che si trasformò qualche secondo dopo in una nuvola
di fumo. Immediatamente i passeggeri all’interno della vettura
cominciarono a schiantare i finestrini e le portiere bloccate dal
cortocircuito, riuscendo a precipitarsi fuori dal tram. Solo il
manovratore fu investito dalla fiammata; fortunatamente ne uscì illeso e
con i soli pantaloni bruciacchiati. Tuttavia una quindicina di persone,
vittime del panico, rimasero ferite nel tentativo di uscire dalla
vettura. [ Gazzetta del Popolo ]
Era il 24 maggio sempre del 1947 quando
si ebbe finalmente l’epilogo della tragedia di C.so Vercelli che ebbe
come spietato protagonista Ugo Tiengo e che segnò nel profondo
l’opinione pubblica torinese. Qualche mese prima, esattamente la sera
del 30 dicembre 1946, Ugo Tiengo andò a trovare la moglie Maria Greggio
(che nei mesi precedenti aveva più volte manifestato la volontà di
volersi separare e rifarsi una vita con un altro uomo), nell’abitazione
di C.so Vercelli 88, dove la donna viveva con i loro tre
figli. Il Tiengo, dopo un primo tentativo fallito di convincere la
moglie a tornare con lui, estrasse la rivoltella, la puntò contro il
volto della giovane donna e poi sparò un colpo uccidendola. La stessa
sorte toccò allo zio di Maria, Carlo Maistardi e al nuovo compagno di
lei, Giustavo Nibale che in quel momento si trovavano nell’abitazione di
Maria. Il tragico delitto si svolse davanti agli occhi innocenti
e terrorizzati dei tre bambini Marisa, Franco e Sergio. Il
24 maggio 1947, dopo un difficile processo (soprattutto per la bambina
più grande che dovette anche testimoniare l’accaduto) la Corte
d’Assiseritenne l’uomo colpevole di omicidio continuato, condannandolo
definitivamente ad una pena di 26 anni di carcere. [Gazzetta del Popolo]
Era il 4 maggio 1949 quando
un drammatico fatto sconvolse la città di Torino e l’Italia
intera. Quel pomeriggio si attendava, sul campo dell’Aeritalia, l’aereo
con a bordo la squadra di calcio del Torino che era reduce dal
Portogallo perché lì aveva sostenuto un incontro con il Benfica. Nonostante
le condizioni di mal tempo presenti a Torino quel giorno (raffiche di
vento, pioggia e fitta nebbia), si decise ugualmente di far partire
l’aereo e di farlo giungere a Torino. Fu un attimo, il tempo di un
secondo ed avvenne la catastrofe: l’aereo con a bordo 18 calciatori,
dirigenti, giornalisti e tre membri dell’equipaggio,
si schiantò tragicamente sul colle di Superga, proprio dietro alla
Basilica. Poco
dopo le h.17.00 un imponente boato e nuvoloni di fumo e fiamme invasero
la collina torinese lasciando la città completamente senza fiato.
Subito dopo il forte impatto non si sapeva ancora né cosa fosse successo
né di chi fosse l’aereo; quando giunsero i primi soccorsi trovarono
accanto ad alcuni corpi delle maglie granata con inciso sopra lo
scudetto tricolore. In quel momento si ebbe la conferma che l’aereo
coinvolto nel tragico incidente era proprio quello del Torino. Si
ipotizzò che la fitta nebbia e le pessime condizioni atmosferiche
avessero impedito al pilota di scorgere e quindi di conseguenza evitare
il colle della Basilica. [La Stampa]
Era il 2 maggio 1966 quando
la torinese Fulvia Ferrero, di 23 anni, laureata in legge alla Facoltà
di Giurisprudenza di Torino, divenne la prima donna-funzionario
d’Italia. Dopo
aver vinto un concorso al quale parteciparono 900 candidati, la
Dott.ssa Ferrero si aggiudicò il ruolo di “funzionario” all’interno
della Prefettura di Torino, ruolo fino ad allora ricoperto
esclusivamente da persone di sesso maschile. Questo evento rappresentò
un importante e significativo passo all’interno della lunga battaglia
per la parità dei diritti tra donne e uomini. [Gazzetta del Popolo]
L’ 8 maggio sempre del 1966 il
“reuccio della canzone italiana”, Claudio Villa,si recò nella città di
Torino per eseguire il “Padre Nostro” di Tortorella, durante la Messa in
San Francesco D’Assisi. Chiamato dagli universitari della Conferenza di
San Vincenzo, Villa cantò il “Padre Nostro” durante la Messa delle h.
11.00 nella Chiesa di San Francesco da Paola, situata in via Po. Un’ora
prima della funzione la Chiesa era già gremita di persone e quando
l’amato cantante (al termine della Messa) uscì da una porta laterale, i
numerosi “fans” si scatenarono bloccando il traffico in via Po e
cercando di scavalcare con irruenza il cordone teso dalla polizia.
Furono tre quarti d’ora di tensione tra urli, strilli e qualche ferito. [Gazzetta del Popolo]
Il 3 maggio 1980 venne
ritrovata Adriana Tromboni, la bambina torinese di 10 anni che il 30
aprile, dopo essere uscita per giocare con gli amichetti, non aveva più
fatto ritorno a casa. La bambina venne ritrovata (dopo tre giorni di
completo silenzio) in Calabria, a quasi 1000 km di distanza dalla sua
città. Quello che la bambina raccontò appena venne ritrovata dalla
polizia, fu che un uomo molto più grande di lei l’aveva rapita e
costretta a prendere un treno con lui e che lei, qualche giorno dopo,
approfittando di un momento di distrazione dell’uomo, era riuscita a
scappare da lui. La polizia si mise subito sulle tracce del presunto
maniaco ma qualche ora dopo, appena la bimba rivide la sua mamma
(precipitatasi in Calabria), scoppiò in un pianto liberatorio e confessò
di essersi inventata tutto. Raccontò di essersi allontanata da casa per
paura di essere sgridata poichè non aveva rispettato l’orario di
rientro e che, dopo essere giunta a Porta Nuova, decise di prendere il
primo treno che le era capitato: quello per la Calabria. Una volta
giunta in Calabria era rimasta all’interno della stazione del comune di
Paola finché la polizia non riuscì a trovarla. Nicoletta Tromboni, mamma
della bambina, si scusò a nome di sua figlia e fece ritorno a Torino
insieme alla piccola Adriana che, capita la gravità dell’accaduto,
promise di non scappare più e di non dire bugie. [La Stampa]
Simona Pili Stella
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