L'abbraccio al Papa a Piazza Vittorio (foto La Stampa)
Oggi è stata la giornata di Papa Francesco a Torino, in quel Piemonte che ha prodotto tanti preti e santi sociali, come san Giovanni Bosco, di cui quest'anno ricorre il bicentenario della nascita. Al di là di tanti discorsi di vicinanza ad immigrati, disoccupati, cassintegrati, a noi pare che la reale forza di Bergoglio stia nel culto delle tradizioni, che costituiscono la perenne ancora di salvataggio nelle nostre precarie vite ed in una società sempre più liquida, per dirla col sociologo polacco Zigmunt Bauman. Ed è così che ripercorre i ricordi e le uscite effettuate con nonna Rosa e recita a memoria, sorprendendo tutti, il dimenticato poeta Nino Costa, i cui versi dialettali gli furono trasmessi sempre dall'indimenticabile nonna:
– rassa nostrana libera e testarda –
tüt el mund a cunoss ch’i ch’a sun lur
e, quand ch’a passo … tüt el mund a-j guarda:
Biund canavesan cun j’öj colur del cel
robüst e fier parej d’ij so castej.
Dritti e sinceri, quel che sono, appaiono:
teste quadre, polso fermo e fegato sano,
parlano poco ma sanno quel che dicono,
anche se camminano adagio, vanno lontano.
Gente che non risparmia tempo e sudore
e che va a cercarsi il pane.
I versi sono tratti dalla poesia "Rassa Nostrana". Nino Costa nacque a Torino nel 1886 da famiglia originaria di Ciriè. Frequentò il Liceo Classico "Cavour" e poi si laureò in Lettere e Medicina Veterinaria. Per tutta la vita fu bancario alla Cassa di Risparmio di Torino. Morì nella sua città il 5 novembre 1945, un anno dopo la prematura scomparsa del figlio
diciannovenne Mario, ucciso durante un’azione partigiana in Val Chisone. Padre e figlio sono sepoliti l'uno accanto all'altro nel cimitero di Ciriè. Il Comune gli ha dedicato una scuola media ed una via del centro.
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