Movide che imperversano. Che tristezza per i nostri giovani
(Gazzetta d'Alba) - Gentile Direttore, come genitore le chiedo la
possibilità di vedere pubblicata la seguente lettera sulle movide che
imperversano dovunque. Ognuno ha le sue ragioni e i suoi occhiali per
leggere un evento sociale di questa natura: l’incentivo del commercio
(dicono gli interessati), rivitalizzare i centri storici (dicono gli
uomini di cultura), essere al passo con i tempi e favorire i giovani
(dicono i politici). Tutto qui? Io sono uno all’antica che desidererebbe
un tessuto sociale meno rumoroso, meno invadente e soprattutto meno
trasgressivo e commerciale. Non tutto si può comprare e non tutto è
guadagno. Il commercio ha un’etica? I costi sociali di lotta e cura alle
nuove dipendenze, alle ludopatie che intaccano come un tarlo la
crescita dei nostri figli e di diversi adulti dove li collochiamo? Penso
a quella donna, che ha fatto storia e girato in rete, che nella sua
normalità ha tolto dal suo bar le slot perché stufa di vedere
gente rovinarsi e lo ha fatto perdendo degli introiti economici non da
poco. Mi pare davvero triste pensare alla vita di una città, delle
nostre piccole città e di alcuni paesotti ed essere convinti che sparare
musica, vendere alcolici a basso prezzo, abitare in strada la notte a
suon di buona o cattiva musica sia una via maestra da percorrere. Anzi,
la domanda è: tutto qui? Abbiamo ridotto le nostre vite a bolle di
sapone, che luccicano e riflettono, ma al primo soffio ci lasciano con
nulla in mano. Fosse per me che sono uno all’antica pazienza, ma la
tristezza è maggiore se penso al mondo che lasciamo e a come educhiamo i
nostri figli, clienti fedeli e succubi di una cultura del denaro e del
profitto. Buona movida a tutti.
Giona Cravanzola Torino
Il tema movida è solo la punta dell’iceberg di
un problema più profondo, che non riguarda solo i giovani. Come scrive
il lettore, i punti di vista sono diversi. Ci sono quelli favorevoli
perché si incentiva il commercio, si rivitalizzano i centri storici, si
offrono ai giovani opportunità di incontro e divertimento. Ci sono
quelli contrari perché di notte vorrebbero giustamente riposare, o sono
preoccupati per l’abuso di alcol, droga, per gli atti di vandalismo.
Tutti hanno una parte di ragione. È impensabile una sorta di
“coprifuoco” appena scende il buio, i turisti hanno diritto
all’intrattenimento, e i giovani a spazi e momenti di aggregazione.
D’altra parte il rispetto degli ambienti pubblici e di chi vive in città
è da garantire con regole chiare. Il problema però, come dicevo, è di
fondo.Non possiamo dimenticare le difficoltà in cui si trovano molti
giovani, a causa della mancanza di lavoro e di prospettive per il
futuro. Né possiamo fingere di non sapere che proprio noi adulti abbiamo
trasmesso loro valori che non sono tali: denaro, successo, potere da
ottenere a tutti i costi. C’è spesso alla base della trasgressione
giovanile un senso di vuoto, quasi di disperazione, un cupio dissolvi,
un desiderio di autodistruzione, che fa spavento. Cosa possiamo fare?
Prendersela con la movida in fondo non serve, fatto salvo il rispetto
della legge e dei diritti. Bisogna ricostruire il tessuto della società,
riscoprendo i valori veri, civili e religiosi. In questo senso la
dimensione educativa, che si realizza non solo nella scuola o in
parrocchia, ma anche in famiglia, e mediante la testimonianza di vita di
ciascuno, è fondamentale. Per questo la Chiesa italiana ha scelto
l’educazione come tema portante della sua azione pastorale in questo
decennio.Èuna sfida culturale, ma appartiene alla stessa missione
cristiana: far sì che ogni uomo possa incontrare Dio, scoprendo la forza
trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita nuova
caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero.
"Così si uccide il centro storico"
(Otto Pagine) - Benevento – E’ un coro unanime di proteste: non solo le regole del progetto “Movida”, ma anche i metodi di applicazione, troppo da “sceriffi” secondo i gestori dei locali, vengono stigmatizzati nel “day after”. Il titolare dell’Opera di Piazzetta Vari, Gino Cocozza, infatti commenta: «La situazione è assolutamente assurda: quando non si riesce a gestire un problema la via più semplice è la repressione, ne prendiamo atto». Cocozza, inoltre, critica i metodi con cui si è chiesto di far rispettare le norme: «E’ arrivata una persona in borghese, con atteggiamento da sceriffo, e senza qualificarsi ha preteso che la musica venisse spenta. Preciso che mi sono attenuto alle regole senza dir nulla: non ho rifiutato di abbassare la musica, non ho preteso di tenerla accesa. C’era tanta gente che può confermare». Ne ha anche per l’assessore al Commercio, Nicola De Luca, il titolare dell’Opera di Piazzetta Vari: «Dovrebbe essere il nostro sindacalista, invece sembra più ambire a fare il questore o il prefetto». Come Razzano anche Cocozza rifiuta l’associazione movida uguale violenza: «Che cosa c’entra? Se così fosse allora si dovrebbero chiudere tutti i luoghi in cui avvengono litigi o scontri: discoteche, stadi… Non capiscono che è una questione di rilancio: l’amministrazione dovrebbe capirlo. In questo modo invece non si fa altro che espellere la gente dal centro storico, è un’operazione completamente sbagliata. Ci dovrebbero ascoltare un po’ di più, invece, se un consiglio comunale decide all’unanimità di varare queste regole vuol dire una cosa sola: i consiglieri non vivono questa città». Ipotizza una manifestazione di protesta, ma pacifica, Cocozza: «L’idea è di mobilitare tutti, tenendo chiusi i locali, per riappropriarsi del quartiere: una serata di gioia e divertimento per dire che la movida è gioia, non delinquenza».
Benevento
– E’ un coro unanime di proteste: non solo le regole del progetto
“Movida”, ma anche i metodi di applicazione, troppo da “sceriffi”
secondo i gestori dei locali, vengono stigmatizzati nel “day after”. Il
titolare dell’Opera di Piazzetta Vari, Gino Cocozza, infatti
commenta: «La situazione è assolutamente assurda: quando non si riesce a
gestire un problema la via più semplice è la repressione, ne prendiamo
atto». Cocozza, inoltre, critica i metodi con cui si è chiesto di far
rispettare le norme: «E’ arrivata una persona in borghese, con
atteggiamento da sceriffo, e senza qualificarsi ha preteso che la musica
venisse spenta. Preciso che mi sono attenuto alle regole senza dir
nulla: non ho rifiutato di abbassare la musica, non ho preteso di
tenerla accesa. C’era tanta gente che può confermare». Ne ha anche per
l’assessore al Commercio, Nicola De Luca, il titolare dell’Opera
di Piazzetta Vari: «Dovrebbe essere il nostro sindacalista, invece
sembra più ambire a fare il questore o il prefetto». Come Razzano anche
Cocozza rifiuta l’associazione movida uguale violenza: «Che cosa
c’entra? Se così fosse allora si dovrebbero chiudere tutti i luoghi in
cui avvengono litigi o scontri: discoteche, stadi… Non capiscono che è
una questione di rilancio: l’amministrazione dovrebbe capirlo. In questo
modo invece non si fa altro che espellere la gente dal centro storico, è
un’operazione completamente sbagliata. Ci dovrebbero ascoltare un po’
di più, invece, se un consiglio comunale decide all’unanimità di varare
queste regole vuol dire una cosa sola: i consiglieri non vivono questa
città». Ipotizza una manifestazione di protesta, ma pacifica,
Cocozza: «L’idea è di mobilitare tutti, tenendo chiusi i locali, per
riappropriarsi del quartiere: una serata di gioia e divertimento per
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«Così si uccide il centro storico»
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