La particolare vicenda (frutto della fantasia popolare romana) dell’unica donna che, secondo la leggenda, ha ricoperto il soglio di Pietro, si dipana attraverso ingiustizie secolari, che vogliono il “sesso debole” sottomesso all’uomo, senza alcun diritto di istruirsi perché “incapace” ed “inferiore”, e che, quando lo fa, è perché ispirato dal demonio.
Siamo nella Franconia del IX secolo d.C. . Giovanna nasce nello stesso giorno in cui muore re Carlo Magno. Suo padre è un prete e sua madre un’umile donna senza istruzione. Vivono nella miseria nera di un villaggio sperduto, nel quale, un giorno, arriva il vescovo Esculapio, docente della Cattedrale, dove il padre di Giovanna vuol far studiare uno dei suoi due figli maschi. Giovanna, dotata di una mente acuta e logica oltre ogni misura, in segreto (il padre prete non accetterebbe) ha già imparato da uno dei fratelli a leggere e a scrivere. Affascinato dalla sua intelligenza e dalla sua sapienza biblica, Esculapio la prende sotto la sua protezione, insegnandole anche il greco. “Non voglio che i tuoi talenti rimangano sprecati”, le dice.
Nel film è ben tratteggiata la figura del di lei padre prete, dispotico e fanatico, e quella della madre amorevole che le insegna l’arte di curare con le erbe, dote che le servirà, una volta giunta a Roma per un disegno provvidenziale, per curare il papa in persona (Leone IV), affetto da una terribile gotta.
Lo stesso papa che lei salverà dall’invasione dei soldati di Lotario, col trucco delle porte del Vaticano che si chiudono agli invasori per volontà di Dio (mentre invece si tratta di un congegno progettato da ingegneri).
Dopo essere vissuta per anni e anni come un uomo nella comunità di monaci di Fulda, Giovanna ascende al soglio pontificio, spuntandola – a sua insaputa - sugli altri due contendenti.
Nel frattempo di lei si è innamorato il nobile cavaliere che l’aveva accolta adolescente nella sua casa per farla studiare. Un amore difficile. L’uomo è già sposato e la moglie, per scacciare il pericolo, vuol far sposare Giovanna ad un umile fabbro, volgare e senza istruzione. Ed il piano quasi riesce, se non fosse che i Normanni irrompono nella chiesa, mandando a monte il matrimonio e perpetrando ai danni dei presenti un’orrenda carneficina.
Il cavaliere, per tutta la vita, si contenderà con Dio in persona la donna. E poi morirà, per difendere Giovanna da degli emissari inviati da Anastasio (uno dei contendenti al soglio pontificio). Lei, invece, nella ricostruzione filmica (un po’ diversa dalla storia narrata) morirà dissanguata, di parto, nel corso di una processione papale. La sua fine incarna la duplice vocazione di Giovanna, definita, per la sua benevolenza, “pontifex populi”: quella di donna di Dio e quella di madre.
Il film è un vero e proprio colossal, che cattura e vola via in fretta. Scene ben girate, incipit ben concepito, centinaia di figuranti per scene di guerra e devastazione, ottima scelta sui costumi d’epoca e ambientazione storica.
Dopo la pellicola su Ipazia, anche qui si vede bene come nel corso dei secoli, l’intelligenza femminile sia stata sempre repressa e soffocata dall’invidia penis (in senso figurato, ovviamente) degli uomini.
Che in nome della presunta superiorità del loro sesso hanno invocato e variamente interpretato la volontà di Dio per giustificare i misfatti contro donne perpetrati nella storia.