domenica 6 luglio 2008

Cosa significa essere straniero

Questo è un tema svolto da un ragazzo albanese, immigrato in Italia, durante la prima prova dell’esame di maturità di quest’anno. Uno scritto con il cuore. Ve lo propongo perché contiene interessanti spunti di riflessione.

Si può essere straniero in diversi modi e per differenti motivi. Alcuni lo sono perché obbligati a migrare in terre lontane in cerca di fortuna, alcuni perché fuggono da qualcosa, e altri, che non fuggono, lo sono e nulla più. Questi si sentono stranieri nella terra in cui sono cresciuti; sentono estranea la lingua del proprio paese e non si riconoscono nel proprio popolo. La loro esistenza è tormentata e non trovano pace poiché percepiscono la società come estranea e nel contempo la stessa società percepisce loro come forestieri.
Munch fa parte di questa schiera di persone. In una famosa tela egli rappresenta la sua solitudine e la sua estraneità ad un mondo borghese non convenzionale. Il pittore non si riconosce nella società europea e si sente uno straniero rispetto ad essa. Nel quadro egli raffigura una folla di gente che percorre una via di Oslo ed egli, unico e solo, percorre la stessa via in verso contrario. Munch si sente straniero nel proprio paese e come il pittore, così Baudelaire si sente estraniato dalla società europea di fine Ottocento.
Il poeta maledetto ne prende le distanze e rimedita la sua diversità che trasforma la sua diversità in un richiamo alla libertà: non a caso ama le nuvole: esse sono libere, non hanno vincoli di nessun genere e fuggono alle catene della convenzionalità. Ma se da una parte la parola straniero è associata alla libertà della responsabilità, è anche vero che essa è spesso, in modo quasi ossimorico, diversità, diffidenza, irrazionalismo e razzismo. In ciò si può trovare una convergenza tra l’estraneità di Brown (in “Sentinella”) e l’irrazionalismo di Buzzati (in “Non aspettavamo altro”). Benché con molte differenze: due autori presentano “gli altri” come qualcosa da eliminare e umiliare.
Soprattutto il secondo è in grado di descrivere l’irrazionalismo che pervade la storia del novecento e il rapporto con lo straniero. D’altra parte il forestiero, soprattutto nell’antichità, era l’ospite; colui a cui non si può rifiutare un riparo e un posto. Egli era potatore di arcani racconti riguardanti terre lontane.
Lo straniero era una figura affascinante e misteriosa che conquistava con il proprio esotismo.
Non a caso qualità come generosità ospitalità e onore compaiono nelle opere più arcane.
Nel Deuteronomio il valore della generosità viene innalzato e fatto sacro e la condivisione del cibo con lo straniero bisognoso diventa un obbligo morale.
La stessa devozione si trova in Omero, il quale narra di Nausicaa; la figlia di Alcinoo, coraggiosamente, non fugge davanti a quel ramingo e anzi, decide di ospitarlo e offrirgli rifugio.
Nella statua romana viene esaltato l’onore verso il nemico sconfitto: il Galata morente, benché sia un guerriero straniero ai Romani, merita una morte onorevole perché si è battuto con onore.
Definire oggi cos’è lo straniero è un problema complesso e assai moderno. La paura suscitata dal diverso si trasforma in violenza e questa radicalizza le convinzioni bigotte e ottuse di una società che vede nel diverso un pericolo.
Il fatto che il problema dello straniero abbia una rilevanza così ampia è quantomeno ossimorico in quanto le politiche economiche internazionali sviluppate dai vari stati, dovrebbero trasformare i cittadini di una nazione in cittadini del mondo. Ma ciò non avviene e anzi, vi è un movimento in senso opposto che porta a un riconoscimento totale nella propria società.

F. P.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

imparato molto

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