domenica 28 gennaio 2024

FAUSTA CIALENTE: MEGLIO LA GUERRA CHE IL SOCIALISMO

Continuava a bollire e a fumare la pozzanghera della guerra ch’esalava l’odore soffocante del sangue, un ininterrotto fiume di sangue giacché erano in tanti a morire; e per quanto la
propaganda ufficiale seguitasse a presentarci la sua quotidiana mistificazione degli avvenimenti bellici e mentisse spudoratamente sulla psicologia del fronte e dell’interno, cioè dei combattenti e della popolazione, la verità si faceva strada, se non altro attraverso le lettere che giungevano dalle trincee alle famiglie. Non so in che modo riuscissero a gabellare l’arcigna censura giacché erano piene di rabbiosa amarezza e denunciavamo lungo il corso di quell’atroce 1916 l’inutilità e il grottesco d’una guerra che non era affatto per una “nobile causa”, scrivevano, e che serviva sopra tutto ad arricchire i pescicani, a saziare la loro ingordigia e a tener quieta una borghesia che ipocritamente li trattava da eroi e li colmava di lodi, ma era ben contenta, sotto sotto, che fossero occupati a scannarsi con gli austriaci e non liberi, invece, di sviluppare il temuto socialismo da cui si era sentita minacciata; ma essi, al fronte, pagavano con la vita quell’ignobile commedia, e le famiglie, all’interno, la pagavano con privazioni e stenti sempre maggiori. Poi si cominciò a dire di diserzioni e fucilazioni, probabilmente queste erano notizie che nessuno osava scrivere, le portavano dal fronte i soldati in licenza, ma poi non restavano sospese come nebbia nel chiuso delle famiglie, insidiosamente le parole circolavano, circolavano, erano come un orlo di fango che arrivava dappertutto.


Le quattro ragazze Wieselberger, Club degli Editori, Milano 1976, pp. 179-180

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