L'altro giorno il prof. Orsini - che nell'Occidente libero sta rischiando di rimanere per strada per aver ricordato fatti ed espresso motivate valutazioni - ha ricordato incidentalmente che l'anno scorso la Nato ha fatto tre gigantesche manovre militari in Ucraina.
(Informazione nostrana sul tema non pervenuta).
Ma non essendo l'Ucraina ufficialmente nella Nato di cosa si sarebbero mai dovuti preoccupare i russi?
Dopo tutto l'adesione alla Nato è stata sì inserita dal 2019 nella Costituzione ucraina, ma senza una data.
E la Nato - dopo essersi continuamente allargata ad Est dal 1999, contravvenendo alla parola data - aveva offerto l'ingresso a Ucraina (e Georgia) sin dal 2008, ma senza definire il momento dell'ingresso.
Dunque perché preoccuparsi anzitempo?
Era più saggio che Putin aspettasse la firma ufficiale del trattato di adesione, così la guerra del Donbass o qualunque altra tensione confinaria sarebbe diventata automaticamente un casus belli da Terza Guerra Mondiale tra Nato e Russia.
Ora, la verità trasparente a chiunque non si sia bevuto il cervello è che questo conflitto è stato pervicacemente voluto, provocato e sollecitato dagli amministratori delegati della Nato, cioè dagli USA, che da esso avevano e hanno tutto da guadagnare sul piano economico e strategico, quale che ne sia l'esito.
La colpa di Putin è di aver abboccato, o meglio, di aver visto il bluff con caratteristica spregiudicatezza, il che implicava accettare costi umani ed economici immediati, ma prevedibili, invece di temporeggiare oltre, rinviando quei costi verso un futuro in cui sarebbero potuti essere insostenibili.
Non c'è dubbio che Putin sia uno col pelo sullo stomaco. E
d'altro canto se fosse stato diverso non sarebbe durato un mese come successore
di Eltsin, in una Russia che era divenuta il regno di mafiosi e oligarchi
beneficiati dalla famiglia Eltsin. E' uno che, con metodi autoritari, ha
rimesso in piedi un paese morente e ha implementato un relativo grado di
rispetto delle leggi, e anche un grado di libertà personale maggiore che in
passato.
Mentre la parabola storica della Russia è crescente sul piano sociale, economico e persino democratico (pur essendo assai lontani da una democrazia decente), la parabola storica dell'Occidente en bloc è quella di una pluridecennale contrazione sociale, economica e soprattutto democratica, con una costante riduzione della rappresentatività della politica e degli spazi di agibilità della libera espressione.
E come accade sempre nelle situazioni di grave crisi, in Occidente ci preoccupiamo costantemente di spostare lo sguardo pubblico fuori di noi, dipingendo il nemico (Venezuela, Corea del Nord, Cina, Iran, ecc.) con i colori più tetri, in modo da far sospirare di sollievo le proprie cittadinanze ("per fortuna non siamo così!"), distogliendo l'attenzione dalla devastante e perdurante crisi interna.
In questo contesto si staglia per incapacità e autolesionismo l'Unione Europea, che, fallimento dopo fallimento, dalla crisi subprime a oggi, sta preparando per le proprie popolazioni un futuro di miseria e irreggimentazione.
Andrea Zhok
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