Dal blog di Alessandro Gilioli
Un
vigile urbano di Roma, visto il post di ieri e un po’ di polemiche che
ne sono nate qui e sui social, mi ha inviato la sua versione sui fatti
di Capodanno. Per timore di ritorsioni, mi ha chiesto di mantenerne
l’anonimato. Qui si è naturalmente più che disponibili a pubblicare
versioni diverse, se il sindaco o altre autorità vorranno contraddire
questa interessante ricostruzione.
Gentile Alessandro Gilioli,
chi le scrive è uno dei circa 6000 agenti di Polizia municipale di
Roma, non sindacalista. La ringrazio se attraverso il suo blog è
possibile far sapere qualcosa di più su quanto avviene e avvenuto a
Roma.
Il contesto.
È in atto a Roma un braccio di ferro tra
il Comune e i propri 24.000 dipendenti. Oggetto della vertenza, il
nuovo contratto decentrato che il Comune ha voluto imporre e che porterà
tra le tante cose a perdite medie sugli stipendi comprese tra i 100-200
e i 400-500 euro. Parliamo di stipendi mediamente da 1200-1600 euro.
Questa rivoluzione contrattuale è stata ispirata alla legge Brunetta del 2009, che prima era rimasta inapplicata.
Le proteste dei dipendenti, tra cui il primo sciopero unitario della
loro storia, ne hanno solo rallentato l’iter ma alla fine il piano è
partito. A dicembre il livello dello scontro sui tavoli sindacali è
diventato durissimo, ed è stato vissuto con trepidazione sui posti di
lavoro: il Comune vuole, in sintesi, modificare le norme contrattuali in
modo da imporre maggior flessibilitàe disponibilità oraria, pagandola
però molto meno. La controproposta dei sindacati, per una volta tutti
uniti tra loro, è rimasta del tutto inascoltata. Sui posti di lavoro
l’assenza di una reale trattativa ha generato un crescente malcontento.
I vigili.
Per portare a termine il suo fine ultimo, il Comune ha dovuto prendere
saldamente in pugno la situazione soprattutto per quel che concerne i
vigili, il contingente più numeroso e significativo (anche
economicamente, sia in entrata che in uscita) tra i suoi dipendenti. La
nostra battaglia è diventata il vero fulcro di tutta la questione
contrattuale romana, che è poi in realtà nazionale (si noti a tal
proposito i continui interventi di Renzi e della Madia).
Marino
ha tra l’altro imposto il controllo politico totale del Corpo portando
da subito alle dimissioni l’ex comandante Buttarelli, esponente interno
della Polizia Municipale, per sostituirlo con il carabiniere Liporace
(candidatura poi saltata per assenza dei requisiti) ed infine con l’ex
Polizia di Stato Raffaele Clemente, che costa circa 170 mila euro.
La Polizia Locale a Roma dovrebbe avere 9.400 dipendenti e siamo meno
di 6000. E alle proposte di diminuire gli stipendi sono state affiancate
l’eliminazione delle indennità di disagio notturno e festivo; dunque
lavorare di più e peggio per guadagnare meno.
Capodanno.
Nessuno ha sufficientemente spiegato come funziona normalmente il
servizio di Capodanno per la Polizia Locale: necessitano infatti circa
700 unità, che di solito vengono reperite in forma esclusivamente
straordinaria (comunque ben pagata, tant’è che mai simili problemi si
erano verificati).
Il recente innalzarsi dei toni sui tavoli
sindacali ha avuto come risultato da parte dei sindacati la decisione,
quest’anno, di non iscriversi agli straordinari nel periodo compreso tra
il 20 dicembre e il 15 gennaio: così quasi nessun vigile ha dato la
propria disponibilità a lavorare inquel periodo al di fuori dei propri
turni ordinari, con conseguente rinuncia ad una buona remunerazione
aggiuntiva.
È
un risultato del tutto nuovo: mai in passato i sindacati sono stati
così uniti, e mai una forma di protesta di questo tipo (che incidesse
cioè sul salario del dipendente, come la rinuncia ai turni straordinari)
ha avuto adesioni così massicce.
Ad ogni modo, non garantire del lavoro straordinario è un diritto garantito da tutti i contratti collettivi.
In questa tesissima partita a scacchi è parso fin da subito evidente
che fulcro decisivo sarebbe stato rappresentato dalla notte di
Capodanno, in quanto reperire il numero di vigili necessario a garantire
gli eventi organizzati dal Comune sarebbe stato impossibile in assenza
del lavoro straordinario, date le carenze d’organico del Corpo.
La contromossa del Comune/Comando al rifiuto degli straordinari è stata
su due binari: per via mediatica (cercando di far ricadere
sull’irresponsabilità degli addetti al Corpo un eventuale
disorganizzazione in qualche evento festivo), con articoli su tutta la
stampa locale e nazionale, dai toni duri e talvolta apocalittici; e sui
posti di lavoro, sabotando la corretta informazione sull’organizzazione
dei servizi e facendo terrorismo psicologico sull’ipotetico
utilizzo/abuso di chi fosse stato in servizio nei giorni clou.
I
sindacati hanno tentato di scardinare tale meccanismo indicendo
un’assemblea per il giorno 31 dicembre, con orario 21.00/03.00 e
sperando in un’adesione massiccia: l’intento, palese, era di mettere in
luce in una delle situazioni logisticamente più delicate per la città
quanto i vigili fossero necessari al Comune, al contrario di quanto
dimostrato dall’ente in sede di trattativa. Era una minaccia, forse un
bluff, per costringere il Comune a recedere per primo almeno in parte
dalle proprie posizioni.
Gli
ultimi giorni di dicembre hanno visto così procedere senza sosta due
treni messi l’uno di fronte all’altro sul medesimo binario: sui posti di
lavoro era dura comprendere chi avrebbe frenato prima, e se qualcuno lo
avrebbe poi realmente fatto o se si sarebbe realmente arrivati al
violento scontro frontale.
Il Comando, anziché fare mezzo passo
indietro, ha lavorato coi propri giuristi per rintracciare ogni limite
contrattuale e di legge e obbligarci a fare in ordinario ciò che in
straordinario non sarebbe stato coperto. Sono arrivate diffide dalla
Prefettura (con forti richiami all’ordine pubblico da garantire); una
lettera della commissione di Garanzia per gli scioperi, stimolata dal
Comune; e altri interventi intimidatori per farci fare lo straordinario,
sebbene questa non sia una prestazione dovuta.
Così alla fine i
sindacati hanno rinunciato all’assemblea, anche in seguito a una
minacciosa circolare del Comando in cui, citando le porzioni di legge a
proprio favore, se ne chiedeva uno spostamento e si minacciavano
sanzioni disciplinari pesanti a chi vi avesse aderito: sebbene
legalmente non fosse chiaro quanto e se fosse davvero nel giusto, i
sindacati hanno deciso di non fare l’assemblea, insomma hanno “frenato
per primi”.
A quel punto, senza assemblea, i vigili sono
rimasti fermi a capire come il Comune volesse comunque organizzare le
cose, a Capodanno, viste le scarsissime adesioni allo straordinario.
La risposta è stata questa: oltre il 50 per cento di chi era di turno
il giorno 31 o il giorno 1, anche se come propria turnazione era
previsto di mattina o di pomeriggio (e in base a questo avesse
organizzato la propria esistenza), si è ritrovato improvvisamente
spostato in orario 17-24, 18-01 o 23-06.
Un abuso?
Probabilmente sì, specie perché accompagnato da telefonate intimidatorie
al personale poche ore prima (del tipo: “Se non ti presenti sarai
punito disciplinarmente, anche i malati saranno denunciati” ecc).
Il
risultato è stato che, in maniera del tutto spontanea e slegata da
qualsiasi proposta sindacale, molti vigili hanno iniziato per conto
proprio a studiare il proprio contratto e hanno scoperto di aver diritto
da contratto, per esempio, a donare sangue in un giorno di lavoro o ad
assistere il proprio parente infermo o a effettuare una visita medica:
tutti istituti contrattuali regolari, previsti, ovviamente da
esercitarsi con giustificativo a norma di legge.
Dunque, quale
che sia la motivazione con cui questi diritti sono stati usufruiti
(fosse anche vero l’intento di voler smascherare il Re Nudo), essi
rappresentano un legale esercizio delle proprie facoltà, proprio quelle
norme opposte impugnate a proprio favore dal Comando sulla base del
medesimo dettato contrattuale per impedire l’assemblea e per spostare i
turni.
E i malati? Ammalarsi falsamente, è chiaro, è
invecereato (reato anche per il medico che scrive il falso, s’intende);
dunque chi ha fatto esercizio di un simile pretesto per non andare a
lavorare lo ha fatto non usufruendo di un proprio diritto ma
“delinquendo”.
Aggiungo tuttavia che la maggior parte dei malati ha ricevuto regolare visita del medico fiscale.
E, soprattutto, veniamo ora ai numeri reali, quelli non detti dal Comune.
I vigili a Roma sono circa 6000, di questi la stragrande maggioranza
(oltre 4000, forse quasi 5000) erano già assenti il 31 dicembre perché
in precedenza regolarmente autorizzati (si fa perlopiù riferimento ai
piani ferie e riposi che ogni dirigente vaglia, modifica e sottoscrive
come in ogni posto di lavoro); io stesso ero in ferie e dunque assente
giustificato.
Dei circa 1000 e spiccioli rimanenti, con cui il
Comune/Comando sperava di fare “le nozze coi fichi secchi”, circa 800
erano gli assenti per altre ragioni al di fuori dalle ferie di cui
sopra: il dato del cosiddetto «83% di assenteismo» deriva quindi da
questo calcolo.
Di
questi 800 circa, i dati circolati parlano di meno della metà di malati
(tutti gli altri hanno usufruito di diritti contrattuali di altra
natura), e più d’uno da ben prima che il 31 dicembre venisse imposto il
“servizio coatto” in centro: il numero degli ipotetici fannulloni quindi
scende in modo vertiginoso. Tra l’altro, se invece di limitarsi al dato
del 31 dicembre ci si sposta a verificare il lavoro del primo gennaio,
si scopre che degli oltre 300 previsti a lavorare nella fascia oraria
fino alle 6 di mattina solo 115 sono venuti a mancare per le ragioni già
spiegate (siamo intorno al 30-35% del totale, e circa la metà significa
una cifra tra il 10 e il 20% di malati, cifra in linea con la stagione e
con la situazione meteorologica cui sono stati costretti gli agenti a
fine dicembre).
Un ultimo dato significativo a cui è stato dato
pochissimo risalto: il ricorso all’istituto della reperibilità dal
Comando per coprire i servizi del 31 dicembre.
Si tratta di un
istituto per cui i dipendenti, suddivisi in squadre lavorative, devono
farsi eventualmente trovare pronti ad intervenire quanto prima in caso
di estrema necessità. Il dipendente riceve un’indennità a tal proposito,
e viene poi pagato (ad ore, diciamo con le stesse modalità dello
straordinario) nel caso in cui venga chiamato effettivamente a prestare
servizio. E’ un istituto da usarsi solo per estreme emergenze, molto
costoso una volta attivato per il Comune, e utilizzato in tempi recenti
solo per una delle nevicate romane degli ultimi anni con Alemanno (ma
non, per esempio, per l’alluvione del 31 gennaio 2014). E’ corretto
averne fatto uso per un evento ampiamente programmabile e meglio
gestibile, non di certo una calamità, come un concerto in piazza? O è
stato costosamente utilizzato per far fronte alla disorganizzazione per
cui si era fatto affidamento su lavoro non dovuto dei dipendenti, si
erano sbagliati i piani ferie, il personale è sotto organico ecc?
Comico,
poi, il fatto che siano stati erroneamente contattati anche dipendenti
in pensione, trasferiti in altro Comune o addirittura deceduti: si è
perso tempo che sarebbe stato prezioso nel caso di un’emergenza vera a
causa di elenchi mal aggiornati, responsabilità imputabile a chi dirige
il Corpo.
Cordiali saluti.