martedì 30 luglio 2013
lunedì 29 luglio 2013
SEQUENZA ALLO SPIRITO SANTO O SEQUENZA AUREA
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.
Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.
Consolatore perfetto,
ospite dolce dell'anima,
dolcissimo sollievo.
Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.
O luce beatissima,
invadi nell'intimo
il cuore dei tuoi fedeli.
Senza la tua forza,
nulla è nell'uomo,
nulla senza colpa.
Lava ciò che è sordido,
bagna ciò che è arido,
sana ciò che sanguina.
Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.
Dona ai tuoi fedeli
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.
Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna. Amen
mercoledì 24 luglio 2013
DIVANO CHE UCCIDE
Quattordici anni di studio e 124mila pazienti testati. Ed alla fine ecco il responso di Alpa Patel dell'American Cancer Society: stare troppo seduti accorcia la vita, o espone al rischio di tumori e malattie cardiovascolari. Ogni ora in più trascorsa davanti alla televisione accorcia la vita di 22 minuti nei soggetti oltre i 25 anni. Ed è poi impossibile recuperare, anche facendo del duro esercizio fisico. E' proprio come se si volessero cancellare gli effetti di 20 anni di sigarette facendo corsa appena possibile. Tutto ciò perché il nostro organismo non è programmato per restare inattivo. La sedentarietà accumula grassi nel corpo, la resistenza all'insulina, le malattie cardiovascolari (+9%), il rischio di diabete, di cancro al seno (+16%) e di cancro al colon (+15%), come ha già evidenziato l'Istituto Superiore di Sanità. Allora, che fare? Anche 5 minuti al giorno di passeggiata al giorno intorno a una stanza ogni ora, permettendo al corpo di bruciare fino a 16 calorie.
LA BENEVOLENZA DELLA VITA SECONDO SIRACIDE
Colui che si svia del
Creatore, costui cadrà nelle mani del medico. Non c’è un posto, non c’è
un momento in cui la benevolenza della Vita non sia totalmente e
completamente con noi, attorno a noi, dentro di noi, sopra e sotto di
noi.
Siracide 38,15
lunedì 22 luglio 2013
LETTERALTURA 2013
(LetterAltura) - Secondo
post Gran Finale LetterAltura 2013. Ancora a Santa Maria Maggiore.
Grazie al Comune. Ecco Luciano Pompilio in un grande concerto di
chitarra, virtuoso e seducente, bellissimo.
22 LUGLIO, LA FESTA DELL'AMORE
Il 22 luglio si festeggia Tu
Be' Av, la Festa dell'Amore. Secondo la tradizione ebraica in questo
giorno il mondo viene avvolto di energia positiva di amore. Anticamente gli ebrei vestivano di bianco e le donne andavano a ballare
nei vigneti seguite dai maschi.
Nella foto scattata nel 1930 circa nella citta di Hadera, bambine ballano nel giorno di Tu Be' Av con la loro insegnate di danza Penina Samsonov.
Nella foto scattata nel 1930 circa nella citta di Hadera, bambine ballano nel giorno di Tu Be' Av con la loro insegnate di danza Penina Samsonov.
domenica 21 luglio 2013
TUTTO E' UNA LEZIONE DI VITA
Tutto
è una lezione di vita, tutti quelli che incontri, tutto ciò che vivi,
quando ti svegli al mattino ed apri gli occhi tutto è una lezione di
vita.
Fà che ogni esperienza diventi la tua lezione di vita.
A volte, è facile farsi trasportare dal dolore.
Se non si ottiene un lavoro che si voleva o se un rapporto non
funziona, significa solo che c’è qualcosa di migliore là fuori che ti
aspetta!
Stephen Littleword
sabato 20 luglio 2013
SALVO IL TESORO DI GIOVANNI VERGA. STAVA PER ESSERE MESSO ALL'ASTA
Dopo un’odissea di 80 anni salvi i manoscritti di Verga
(La Stampa) - Sequestrate 36 tra lettere e appunti. Negli Anni 30 il figlio dello
scrittore consegnò il corpus a uno studioso che poi aveva rifiutato la
restituzione
ROMA
Il manoscritto del primissimo romanzo, quell’Amore e
Patria dedicato alla guerra di indipendenza americana che Verga aveva
scritto quando aveva solo sedici anni e che si pensava fosse andato
disperso. Ma anche la prima stesura de I Malavoglia, le bozze di Mastro
Don Gesualdo, de La Lupa, de I carbonari della montagna, le
corrispondenze con Gabriele D’Annunzio, Luigi Pirandello, Benedetto
Croce. Recuperato dai carabinieri dei beni culturali, torna alla luce
dopo un’odissea lunga oltre 80 anni un tesoro di carte autografe del
grande scrittore siciliano stimato almeno 4 milioni di euro. Anche se il
ritrovamento di queste carte - subito rivendicate dal sindaco di
Catania Enzo Bianco - ha un valore in realtà inestimabile per la storia
degli studi.
La storia, lunghissima e ingarbugliata, è di quelle che
hanno dell’incredibile. Tutto comincia negli anni Trenta quando, morto
da poco Verga (1840-1922), il figlio Giovannino affida ad uno studioso
di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) una serie di manoscritti del
padre senza mai più riuscire a riaverli indietro. A nulla valgono le
richieste, le pressioni, gli interventi dei politici, persino le
interrogazioni parlamentari presentate lungo vent’anni, dal 1957 al
1977, per chiedere l’esproprio di questo tesoro di carte in nome della
pubblica utilità.
Nel 1975 il nipote dello scrittore, Pietro, figlio di
Giovannino, in causa da anni con lo studioso di Barcellona, ottiene dal
Tribunale di Catania una sentenza che gli attribuisce il possesso legale
di tutti i manoscritti del nonno. E tre anni più tardi, ancora prima di
entrarne in possesso, Pietro Verga, anche per cercare una sponda dalle
istituzioni, offre in vendita al Comune di Catania l’intero corpo delle
carte del nonno, incluse le opere non ancora notificate. Il Comune ci
sta, investe della questione la Regione Sicilia, che a sua volta accetta
l’offerta di vendita di tutto il fondo e paga 89 milioni di lire. Anche
se di fatto - visto che lo studioso non cede - l’ente locale entra in
possesso solo di una piccola parte del Fondo verghiano, quella che era
nella disponibilità degli eredi.
Da allora, sia il comune di Catania sia la famiglia hanno
continuato la battaglia provandole tutte per riavere le carte dallo
studioso di Barcellona, che si era sempre anche rifiutato di aprire la
sua biblioteca per consentire un inventario e che nel frattempo era
morto lasciando il tesoro in eredità alla figlia.
La svolta arriva qualche mese fa, a dicembre del 2012,
quando la Soprintendenza ai Beni Librari della Regione Lombardia si
accorge di un Fondo verghiano messo in vendita in una casa d’aste di
Pavia proprio dalla figlia dello studioso messinese, A.P., oggi 76enne. A
quel punto, insieme alle indagini, coordinate dalla procura della
repubblica di Roma e affidate al reparto operativo dei carabinieri dei
beni culturali guidato dal maggiore Antonio Coppola, viene disposto lo
spostamento e il deposito temporaneo del Fondo all’Università di Pavia
(dove è ancora custodito dopo il sequestro penale disposto dai
Carabinieri Tpc). Gli investigatori perquisiscono anche la casa della
donna a Roma e lì trovano un’altra parte del tesoro, ancora carte e
manoscritti di Verga, disegni e appunti, scatole e scatole di microfilm
con le riproduzioni di lettere e manoscritti, oltre ad una serie di
reperti archeologici del V-II sec. a. C. provenienti da scavi
clandestini. La donna è stata denunciata con l’accusa di ricettazione ed
appropriazione indebita. E intanto le indagini, sottolineano i
carabinieri, proseguono per capire l’esatta consistenza del fondo ed
arrivare al suo completo recupero. Alla fine, comunque, le carte di
Verga dovrebbero tornare a casa nella disponibilità degli eredi e della
Fondazione Verga di Catania. La città le aspetta, sottolinea l’assessore
alla cultura Orazio Licandro, convinto che il lotto debba essere
ospitato dalla Fondazione Verga. Il comune è deciso: «avvieremo contatti
con le istituzioni competenti a partire dal Ministero dei beni
culturali».
"LA ROBA SI RIFA'"
LE VACANZE D'UNA VOLTA
"Ma quando, in quella Torino, i miei genitori cominciavano ad andare in ferie, io ormai andavo in vacanza da solo, negli ostelli della gioventù di mezza Europa. Così, purtroppo, non ho memoria di vacanze con la mamma e il papà. Oggi sento tanti piagnistei, sulle povere vacanze che ci attendono a causa della crisi. Mi sembra che non stiano né in cielo né in terra. Chi si lamenta non sa come abbiamo vissuto".
BRUNO GAMBACORTA
venerdì 19 luglio 2013
mercoledì 17 luglio 2013
SULLA VIOLENZA ALLE DONNE
"Io
sono contro la violenza in qualsiasi sua forma e manifestazione. La
violenza sulle donne non è altro che una conseguenza del sessismo. Credo
che la violenza non sia solo lo schiaffo o la cinghia della cintura, ma
il doversi sentir dire ogni giorno: "sei brutta" ,"sei grassa", "sei
fuori posto", "sei una troia", "se non ti trucchi nessuno ti amerà mai",
"devi mostrare e vendere il tuo corpo per vivere bene", " non amare lui,
lui è povero, non potrà mai mantenerti", "non puoi amare una ragazza, è
contro natura", "non mangiare se vuoi che qualcuno ti sposi", "non avere la
cellulite altrimenti tutti ti prenderanno in giro!". Questa è la vera
violenza sulle donne."(cit. da web)
martedì 16 luglio 2013
BENEVENTO PIANGE LA VIOLINISTA CARLOTTA NOBILE, SCOMPARSA A 24 ANNI
"Ci sono battaglie che non abbiamo scelto. Poi c'é la vita. E io quella non smetterò mai di sceglierla". E' una delle frasi che compaiono sul profilo facebook di Carlotta Nobile, giovane violinista originaria di Benevento, ma residente a Roma, scomparsa nella notte a causa di un male incurabile contro il quale aveva lottato fino alla fine. Carlotta lascia un grande vuoto nella sua città, dove era diventata direttore artistico dell'Orchestra da camera dell'Accademia di Santa Sofia dal 2010. Aveva portato in città il gusto delle serate musicali nella chiesa di San Domenico, con una programmazione ricca e articolata nella quale si era spesa senza risparmio. Scrive oggi Il Quaderno: "Aveva cominciato presto gli studi musicali e aveva conseguito a 17 anni
il Diploma di Violino in Conservatorio con il massimo dei voti, la lode e
la menzione d’onore, sotto la guida del Maestro Massimo Bacci.
Poi, gli
studi universitari, i corsi di perfezionamento presso le più
prestigiose accademie europee e i premi che ha ritirato spessissimo come
vincitrice assoluta. Carlotta Nobile aveva curato personalmente per due
anni la rubrica musicale “Righe Sonore” sul Quaderno.it e collaborato
al periodico Realtà Sannita". Ma più di tutto resta, in quanti l'hanno conosciuta, il ricordo del suo viso e la sua dolcezza. Tra i pensieri che le hanno dedicato su facebook c'è questo: "... ricordo
quella mattina che mi fermasti per strada... mi dicesti di non
arrendermi....siamo tutti cosi fieri di te... e di quello che hai
realizzato. Siamo tutti cosi fieri dell' umiltà con la quale hai vissuto
la tua vita...Tu sei e sarai una lezione di non poco conto".
Domattina le esequie nella chiesa di San Bartolomeo sul corso Garibaldi a Benevento, alle ore 10.30.
Aggiornamento del 17 luglio
L'ultimo saluto a Carlotta Nobile: 'Sono salva dove non lo ero, nell'anima'
STASERA MI RUTTO
Nella frase «Calderoli dà dell’orango alla ministra
Kyenge», la parola più nauseante è Calderoli: per la sua recidività.
Sono vent’anni che l’Italia si deve occupare delle bizze razziste dei
leghisti da bar, vent’anni che molti cittadini non ancora del tutto
imbarbariti schiumano d’indignazione, vent’anni che viene loro risposto
che si tratta di battute innocenti e che chi non ride a crepapelle è un
buonista o un ipocrita. Vent’anni, un surplace infinito, fatto di
canottiere, ombrelli, diti medi, deodoranti spruzzati sui treni,
tricolori umiliati, incitazioni allo stupro. Non c’è mai un orlo in
questo bicchiere che continua imperterrito a ingoiare porcate.
Ogni volta ci si stupisce come se fosse la prima, ogni
volta la si rimuove come se fosse l’ultima. E invece tornerà, perché
torna sempre, e fra un mese o un anno ci sarà un altro orango, un’altra
canottiera, un altro rutto mediatico per il quale indignarsi invano.
Ci fu un tempo in cui questi spregiatori indefessi del buongusto
avevano i voti. Ora nemmeno quelli. Solo una manciata di nostalgici e un
potere spropositato: la presidenza delle tre regioni più grandi del
Nord. Ma non sanno che farsene, perché su una cosa i padani sono
identici al popolo con cui confinano (gli italiani): nel coltivare il
demone dell’immobilismo e dell’impotenza. Vent’anni ed eccoci ancora qui
a parlare di oranghi. Per tacere dei giaguari.
P.S. Il 16 luglio 2007 cinque operai morirono nell’esplosione del
Molino del Cordero, a Fossano. Si chiamavano Valerio Anchino, Marino
Barale, Antonio Cavicchioli. Massimiliano Manuello e Mario Ricca. Hanno
lasciato undici orfani. Il Buongiorno di oggi è dedicato a loro.
lunedì 15 luglio 2013
domenica 7 luglio 2013
PENDOLARE SU DUE RUOTE, SUCCEDE IN SVIZZERA
Andare al lavoro in bicicletta fa sempre più
tendenza, in Svizzera come altrove. Ma Olivier Staub non è un pendolare
come gli altri: ogni giorno deve percorrere 34 chilometri, poco importa
se fuori splende il sole o c'è la neve. E sulla sua sella recita poesie
ad alta voce.
La sveglia suona alle 4 e 30 del mattino. Olivier Staub si alza,
mangia un birchermuesli con frutta fresca, riempie la borraccia, chiude
la porta e inforca la bicicletta, più o meno infagottato a seconda
della stagione e della meteo. Accende il suo potente fanalino LED e si
mette in moto. Sono le 5 e 15.
«In questo modo riesco ad approfittare del tragitto senza stress», spiega Olivier Staub, occhi azzurri e sguardo sveglio.
È attraverso una lunga serie di strade secondarie, che questo ingegnere elettrotecnico di 43 anni, lascia Herrenschwanden – vicino a Berna – per recarsi a Kriegstetten, nel canton Soletta. Il tutto in un'ora e un quarto. «È il momento migliore della giornata», racconta.
«Adoro questi tragitti, perché in giro non c'è praticamente nessuno», confessa Olivier Staub. Pedalare non è soltanto un'occasione per muoversi, ma anche per lasciar vagare i pensieri. I suoi volano alla moglie Petra e ai quattro bambini. Il maggiore ha 13 anni; il più piccolo sette e mezzo.
«In questo modo riesco ad approfittare del tragitto senza stress», spiega Olivier Staub, occhi azzurri e sguardo sveglio.
È attraverso una lunga serie di strade secondarie, che questo ingegnere elettrotecnico di 43 anni, lascia Herrenschwanden – vicino a Berna – per recarsi a Kriegstetten, nel canton Soletta. Il tutto in un'ora e un quarto. «È il momento migliore della giornata», racconta.
«Adoro questi tragitti, perché in giro non c'è praticamente nessuno», confessa Olivier Staub. Pedalare non è soltanto un'occasione per muoversi, ma anche per lasciar vagare i pensieri. I suoi volano alla moglie Petra e ai quattro bambini. Il maggiore ha 13 anni; il più piccolo sette e mezzo.
A volte ne approfitta per prepararsi ai colloqui che lo attendono in
giornata. «Mi capita anche di recitare poesie, quelle di Paul Éluard ad
esempio. È il mio poeta preferito». La bicicletta diventa così una
specie di ponte tra due mondi, la famiglia e il lavoro.
Alle 6 e 30 arriva in ufficio. Una doccia veloce prima di mettersi all'opera, la mente libera e le idee in chiaro. Da undici anni, lavora come capo sviluppo in una società internazionale di telecontrollo.
Per lui, la bicicletta non è soltanto un mezzo di trasporto. In inverno, quando aprendo la finestra scopre il paesaggio imbiancato, ha il cuore che batte all'impazzata. «Il tragitto sulla neve che brilla sotto la luce dei fari è una semplicemente meraviglioso». In quel periodo però rimpiazza la sua bici da corsa con una mountain-bike, i cui pneumatici chiodati aderiscono meglio al terreno. «Se la strada è scivolosa o ghiacciata, è un po' pericoloso», riconosce Olivier Staub.
La sera, lascia il lavoro alle 17 e 30 e arriva a casa verso le 19, con 70 chilometri nelle gambe. Nelle giornate di bel tempo, allunga il percorso di qualche chilometro, per puro piacere.
Alle 6 e 30 arriva in ufficio. Una doccia veloce prima di mettersi all'opera, la mente libera e le idee in chiaro. Da undici anni, lavora come capo sviluppo in una società internazionale di telecontrollo.
Per lui, la bicicletta non è soltanto un mezzo di trasporto. In inverno, quando aprendo la finestra scopre il paesaggio imbiancato, ha il cuore che batte all'impazzata. «Il tragitto sulla neve che brilla sotto la luce dei fari è una semplicemente meraviglioso». In quel periodo però rimpiazza la sua bici da corsa con una mountain-bike, i cui pneumatici chiodati aderiscono meglio al terreno. «Se la strada è scivolosa o ghiacciata, è un po' pericoloso», riconosce Olivier Staub.
La sera, lascia il lavoro alle 17 e 30 e arriva a casa verso le 19, con 70 chilometri nelle gambe. Nelle giornate di bel tempo, allunga il percorso di qualche chilometro, per puro piacere.
Ogni giro in bicicletta è diverso dall'altro ed è proprio il fatto di
non sapere mai cosa aspettarsi a sedurre Olivier Staub. «Il ritmo
tranquillo permette di avere una maggiore consapevolezza del paesaggio e
di poterne così approfittare. L'automobile, al contrario, è pratica ma
noiosa».
E la bicicletta elettrica, Olivier Staub ci ha già pensato? No, perché sarebbe tecnicamente troppo semplice. In più guadagnerebbe soltanto mezz'oretta. «Andare al lavoro con la bici elettrica però sarebbe come scalare l'Everest con una maschera d'ossigeno!».
Leggi il resto su SwissinfoE la bicicletta elettrica, Olivier Staub ci ha già pensato? No, perché sarebbe tecnicamente troppo semplice. In più guadagnerebbe soltanto mezz'oretta. «Andare al lavoro con la bici elettrica però sarebbe come scalare l'Everest con una maschera d'ossigeno!».
Renat Kuenzi, swissinfo.ch
(Traduzione dal tedesco, Stefania Summermatter)
TAGLI ALL'ISTRUZIONE, A RISCHIO IL 'TEODORO GAZA', INNOVATIVA SCUOLA DEL CILENTO
di Andrea Degl'Innocenti - 5 Luglio 2013
(Il Cambiamento) - Si chiama istituto Teodoro Gaza e negli anni, sotto la guida della
preside Maria De Biase, è diventato un punto di riferimento in Italia e
non solo per quanto riguarda l'educazione ecologica, la transizione, i
rifiuti zero, la permacultura. Ora questo bellissimo esperimento rischia
di finire nel tritacarne dei tagli all'istruzione.
Maria De Biase mi risponde col tono un po’ affannato di chi è immerso
in un vortice di telefonate. Da qualche giorno si è avverato ciò che
tutti temevano da tempo: l’istituto scolastico Teodoro Gaza verrà
sottodimensionato e accorpato, e Maria, che di quell’istituto è preside,
rischia di perdere il posto e dover abbandonare quel “piccolo miracolo” che ha contribuito in maniera così forte a costruire.
Ora,
vi starete chiedendo, cosa ha di speciale questa scuola? L’Istituto
scolastico comprensivo Teodoro Gaza di San Giovanni a Piro, nel cuore
del Cilento, non è una scuola come le altre. Certo, come nelle altre
scuole gli alunni (l'istituto comprende scuola materna, elementari e
medie) imparano la grammatica, la matematica, la geografia e la storia.
Ma a differenza degli altri istituti imparano anche a vivere senza produrre rifiuti,
a fare a meno (per quanto possibile) del petrolio e dei suoi derivati, a
coltivare le piante secondo i principi della permacultura. Il Teodoro
Gaza infatti è la prima e forse unica scuola “di transizione” e a
“rifiuti zero” d’Italia.
Tutto è iniziato sei anni fa, quando
Maria De Biase decise di andar via dalla sua cittadina, Marano,
nell’hinterland napoletano, “terra dei fuochi e di drammatico degrado
umano, terra di camorra e di rifiuti tossici” come essa stessa la
definisce, per trasferirsi nel Cilento e provare a lavorare in
condizioni di “normalità”. Aveva appena vinto il concorso per dirigente
scolastico e le era stato assegnato l’Istituto Comprensivo “T. Gaza”.
Da
allora il percorso personale di Maria e quello della scuola hanno
proceduto di pari passo. Qui Maria De Biase ha potuto applicare e
sperimentare la sua passione per l’ambiente, le sue idee sulla
resilienza, sulla sovranità alimentare, sull’educazione e quella
voglia di cambiamento e di rinascita che chi ha toccato con mano il
degrado ed il disfacimento sociale avverte forse con più forza degli
altri. L’istituto ha fin da subito fatto propri i principi di Paul
Connet relativi alla strategia rifiuti zero, e quelli del movimento
Transition Town a cui ha aderito.
Nel corso dei sei anni sono stati portati avanti talmente tanti
progetti che meriterebbero un libro intero, piuttosto che le poche righe
di un articolo. Oggi la scuola ha quattro orti – più uno
sperimentale su balle di fieno -, che i ragazzi coltivano assieme ai
genitori sotto la supervisione di dieci docenti e due collaboratori che
si sono formati facendo corsi di permacultura. Nel giardino sono stati
piantati ben trenta alberi da frutto autoctoni, donati dal Parco
Nazionale del Cilento e Vallo di Diano.
Parte dei prodotti degli
orti e del frutteto diventano la merenda quotidiana degli alunni e degli
insegnanti. Il pane con l’olio dell’albero millenario che sta nel
giardino della scuola, pane e broccoli, pane e marmellata; il tutto
consumato in piatti di ceramica, con posate di metallo e bicchieri di
vetro. Un’abitudine che è diventata un progetto, EcoMerenda, diventato presto oggetto di interesse nazionale al punto di meritare, a Torino, il premio "Agricoltura Civica Award 2013".
I
bambini di quinta elementare hanno imparato a costruire delle
compostiere domestiche; quelli di elementari e medie hanno dato il via
alla raccolta dell'olio alimentare esausto realizzando migliaia di
saponette assieme alla collaborazione delle nonne. Ogni anno alunni e
insegnanti allestiscono un mercatino della solidarietà nel quale
vendono i prodotti realizzati nei laboratori scolastici per sostenere
vari progetti di solidarietà: da una scuola e un laboratorio medico in
Senegal, a un orfanotrofio in India, all’aiuto alle famiglie in
difficoltà per l’acquisto di libri, materiale scolastico, ticket mensa,
trasporti ecc.
Ma torniamo di nuovo al presente, alla telefonata, e
alla voce tesa di Maria de Biase, che pian piano si scioglie mentre mi
racconta di tutti i meravigliosi progetti che ha portato avanti assieme
ai suoi alunni, agli insegnanti, a genitori e parenti. Interrotti d’un
tratto da una comunicazione del Ministero dell’istruzione, brutale come
solo i numeri freddi possono essere, insensibili alla sostanza delle
cose. Il prossimo anno la scuola non raggiungerà gli alunni necessari
per poter proseguire autonomamente il proprio percorso, dunque verrà sottodimensionata.
Finirà accorpata a qualche altro istituto, assegnata ad un reggente che
potrebbe arrivare da molto lontano, forse da un’altra provincia, e
recarvisi una volta al mese, giusto per firmare i documenti, sancendo di
fatto la morte del progetto.
“La cosa ironica di tutta questa situazione – mi spiega Maria – è che
la nostra scuola ha sempre portato avanti le linee volute dallo stesso
ministero. Siamo all’avanguardia in molti campi, potevamo essere un
fiore all’occhiello, un esempio da seguire e da esportare. Ma
quando vai ad inserire i dati nel form telematico, tutto il lavoro che
hai fatto, tutta la qualità che hai espresso si perde in una serie di
numeri. Numeri che dicono che, per soli 15 alunni, non raggiungiamo la
soglia necessaria a restare autonomi”.
“Mi dicono che devo rendere
conto della perdita di alunni. Ma qui è la miseria che si porta via la
gente, intere famiglie costrette ad emigrare, soprattutto coppie giovani
con bambini piccoli. E nonostante tutto ci sono persone che si
trasferiscono a San Giovanni a Piro apposta per far frequentare ai loro
figli la nostra scuola. Due famiglie di Napoli ad esempio, e una ricca
signora inglese trasferitasi qui nei dintorni che appena ha scoperto
quello che facevamo ha voluto iscrivere qui il proprio figlio.”
Maria
De Biase sarà costretta, entro il 6 luglio, a fare domanda di
trasferimento presso un’altra scuola. I tagli all’istruzione potrebbero
uccidere uno dei progetti più belli e all’avanguardia che il nostro
paese conosca. Ma non è ancora il momento di gettare la spugna. Preside,
insegnati e amici dell’istituto hanno ancora qualche carta da giocare. È
online una petizione, che invitiamo tutti a firmare,
nella quale si chiede che la scuola sia data in reggenza per il
prossimo anno proprio alla De Biase, che sarebbe disposta a gestirla a titolo gratuito
per tutto l’anno, per procedere in seguito all’accorpamento con la
scuola che la preside andrà a dirigere in seguito alla domanda di
trasferimento.
Maria mi racconta che quando Jairo Restrepo Rivera,
uno dei maggiori esperti mondiali di agricoltura organica, venne a
parlare al Gaza, rimase talmente colpito che affermò “una pequeña
escuela puede cambiar el mundo!” (una piccola scuola può cambiare il
mondo). Ora è il mondo che deve dare una mano alla piccola scuola, diamoci da fare.
sabato 6 luglio 2013
UFFICIO SFOGHI
Lo relegheranno a caso di ordinaria follia.
Un vigile urbano avanti con gli anni che viene accusato di timbrare il
cartellino anche per i colleghi. Il processo, la condanna, la
destituzione dall’incarico. E intanto il virus nazionale del vittimismo
che gli monta dentro, fino a catalizzarsi intorno a un bersaglio in
carne e ossa: la sindaca di un paese del Varesotto, teatro di tutta
vicenda. Per trasformarla in tragedia manca l’ultimo requisito: il porto
d’armi che consente a quest’uomo di mantenere un arsenale di carabine e
fucili a pompa. Giuseppe Pegoraro si presenta in Comune, spara al primo
cittadino, ferisce anche il secondo, e quando viene infine messo nelle
condizioni di non nuocere, le sue prime parole sono quelle di un
giustiziere della notte cresciuto a rancore e telefilm: «Adesso ho
regolato i miei conti».
Ordinaria follia. E però quanti Pegoraro, per fortuna senza
porto d’armi, solcano ogni giorno le strade del nostro scontento? Quanta
rabbia intrisa di mania di persecuzione, alla ricerca spasmodica di un
capro espiatorio da sacrificare sull’altare di un regolamento di conti
scambiato per giustizia? L’essere umano funziona così da quando
frequenta il mondo. A non funzionare più è la comunità che un tempo
assorbiva un po’ di questo disagio. Il prete, il medico condotto, il
circolo comunista, la famiglia patriarcale. Non facevano miracoli, ma
erano camere di decompressione, sfogatoi legalizzati in cui scaricare
malumori e risentimenti prima che montassero fino all’impazzimento.
Oggi gli sfogatoi sono i social network, ma senza contatto fisico la
solitudine fa in fretta a diventare malattia.
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