Fenoglio purtroppo è morto giovane (era il febbraio del 1963), nel pieno della maturità di uomo e scrittore: e sulla sua “fortuna” postuma, sul ritardo e sulla distrazione di gran parte della critica, sulla sua situazione di volontaria marginalità rispetto a una ufficialità letteraria fatta di premi e correnti, vetrine ideologiche o mondane, mode e militanze si sono spesi molti discorsi, più o meno approfonditi. Oggi Fenoglio compie novant’anni da scrittore ormai accolto nei manuali di storia della letteratura, nelle conversazioni letterarie (dove l’aggettivo “fenogliano” è qualcosa di riconosciuto), in percorsi turistici e manifestazioni culturali che a volte lo interrogano con intensa passione, altre volte lo espongono come una bandiera, una decorazione conveniente e obbligatoria. Là dove, per piacere e necessità, continua a essere favorevolmente ospitato, è sugli scaffali dei suoi lettori – che sono tantissimi e fedeli, con sempre nuovi giovani a ingrossarne le file. Giovani del resto sono i personaggi canonici di Fenoglio: Johnny, Milton, Agostino… per tacere dei bambini, straordinarie incarnazioni dello scrittore puro, che rendono possibili alcuni dei suoi racconti più belli. Ma – particolare decisivo – Fenoglio non mette in scena i suoi protagonisti pensando di doversi rivolgere per forza alla platea giovanile, ponendosi in condizione di superiorità; non sale in cattedra e neppure fa il “giovanilista”, non studia ammiccamenti da finto compagnone.
Edoardo Borra
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