sabato 14 aprile 2012

I NOVANT'ANNI DI FENOGLIO, SCRITTORE CIVILE

«Sono nato in Alba il 1° marzo 1922 e in Alba vivo da sempre, a parte le lunghe assenze impostemi dal servizio militare e dalla lotta partigiana…». Il 1° marzo 2012, Beppe Fenoglio compirebbe – ancora, probabilmente, “in” Alba, come direbbe un anglofono – novant’anni. Un’età veneranda, ma non irraggiungibile: l’avevano toccata e superata, ad esempio, Giorgio Bocca e Oscar Luigi Scalfaro; li ha appena compiuti Mario Lodi, il maestro elementare che ha operato nella sua vita per reinventare una scuola sempre più aperta, libera, democratica. Figure pubbliche, più o meno note alla nostra attualità frettolosa, tra le quali, non solo per un fatto generazionale, ci sembrerebbe naturale ritrovare il nostro scrittore: sono uomini (e donne) che, da prospettive e culture diverse, non hanno mai perso di vista la libertà (per parafrasare il personaggio Pietro Chiodi sulla pagina de Il partigiano Johnny).

Fenoglio purtroppo è morto giovane (era il febbraio del 1963), nel pieno della maturità di uomo e scrittore: e sulla sua “fortuna” postuma, sul ritardo e sulla distrazione di gran parte della critica, sulla sua situazione di volontaria marginalità rispetto a una ufficialità letteraria fatta di premi e correnti, vetrine ideologiche o mondane, mode e militanze si sono spesi molti discorsi, più o meno approfonditi. Oggi Fenoglio compie novant’anni da scrittore ormai accolto nei manuali di storia della letteratura, nelle conversazioni letterarie (dove l’aggettivo “fenogliano” è qualcosa di riconosciuto), in percorsi turistici e manifestazioni culturali che a volte lo interrogano con intensa passione, altre volte lo espongono come una bandiera, una decorazione conveniente e obbligatoria. Là dove, per piacere e necessità, continua a essere favorevolmente ospitato, è sugli scaffali dei suoi lettori – che sono tantissimi e fedeli, con sempre nuovi giovani a ingrossarne le file. Giovani del resto sono i personaggi canonici di Fenoglio: Johnny, Milton, Agostino… per tacere dei bambini, straordinarie incarnazioni dello scrittore puro, che rendono possibili alcuni dei suoi racconti più belli. Ma – particolare decisivo – Fenoglio non mette in scena i suoi protagonisti pensando di doversi rivolgere per forza alla platea giovanile, ponendosi in condizione di superiorità; non sale in cattedra e neppure fa il “giovanilista”, non studia ammiccamenti da finto compagnone.

Edoardo Borra

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