giovedì 31 luglio 2008

La donna che bocciò Bossi

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo (estratto)

La professoressa Anna Spagnuolo, originaria di Benevento che da vent’anni vive e lavora in Lombardia, ne avrà sentite tante. Cumuli di sciocchezze che feriscono ogni animo sensibile ma retto, almeno quanto le montagne di rifiuti infine spazzate via. Tante vuote ciarle sul peccato originale d’essere meridionali, accidiosi d’animo e sguaiati di parola. Terroni. E in terra lombarda questa docente avrà proseguito a lavorare nella scuola, in quell’ambiente che dovrebbe essere fucina del futuro, con impegno quantomeno pari ai colleghi d’ogni dove italiano.Succede poi che, entrata a far parte della commissione d’esame per la maturità al Liceo Scientifico Bentivoglio di Tradate, in provincia di Varese, la docente, e con lei l’intera commissione, si trova ad esaminare tra gli studenti privatisti tal Renzo Bossi, uno dei figli del Ministro delle Riforme. E succede che Renzo, per la seconda volta consecutiva, viene bocciato. Bocciato per un motivo tanto semplice, “tutte le prove scritte e orali del ragazzo, come ho già dichiarato, sono state insufficienti”, ripeteva la professoressa Spagnuolo pochi giorni fa a “Il Sannio Quotidiano”.

In molti ricorderanno il fatto; pochi giorni fa Umberto Bossi ha tuonato contro i docenti del Sud: “Non possiamo più lasciare martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord (...) Un nostro ragazzo è stato "bastonato" agli esami perchè aveva portato una tesina su Carlo Cattaneo ”. Quel ragazzo è ovviamente Renzo, suo figlio.Sono orgoglioso dell’impegno e della professionalità di quella docente, con cui divido radici meridionali, terrone, sannite. Rivolgo un invito a Renzo Bossi: coraggio, l’impegno e lo studio danno frutti; prima o poi sarà così anche per te!

Una breve nota finale: nella medesima occasione in cui si è interessato degli organici dei docenti padani, il Ministro Bossi ha innalzato il dito medio nei confronti dell’Inno che rappresenta (pur con le sue non eccelse vette di versi e musica) la forza dell’Italia come Repubblica e come Nazione. Io appartengo alla nutrita e convinta schiera di coloro i quali hanno permesso al Ministro Bossi e ai suoi colleghi Ministri leghisti di impegnarsi nella realizzazione di un programma di Governo autorevole, nella pur asfissiante situazione economica globale. Per questo motivo mi permetto di segnalare al Signor Ministro poche parole, a mo’ di promemoria. “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell’interesse esclusivo della Nazione.” È il giuramento da lui prestato all’atto di divenire Ministro. La fedeltà è anzitutto rispetto. Buone vacanze.

Marco Di Meola

Una mela al giorno…

Proibita, mitica, lustra e invitante. Ideale per la dieta e con un suo posto nella leggenda e nella storia. E’ ovvio che poi si dica: una mela al giorno………

La mela, questo frutto gustoso, invitante, bello, accompagna l’uomo nel corso della sua storia. A partire da Adamo ed Eva, quando la donna, nel paradiso terrestre, tentò l’uomo con il frutto proibito pendente dall’albero del bene e del male.
Anche nella mitologia si ritrova un fatto legato alla mela: quello relativo al giudizio di Paride, che doveva scegliere la divinità più bella tra Minerva, Giunone e Venere, e che assegnò il suo favore a quest’ultima. Sul pomo d’oro, causa della donnesca discordia, c’era scritto: “Alla più bella”. Venere per ricompensare Paride gli assegnò Elena, la moglie rapita di Menelao, re di Troia, città in cui sarebbe scoppiata la terribile guerra durata nove anni.
Alla mela è legata anche la rivoluzione svizzera: Guglielmo Tell, con precisione elvetica, con arco e freccia colpisce in pieno un pomo posto sulla testa del figlio.
Legata alla fantasia infantile, la mela ricompare nella storia di Biancaneve. Nella storia di Walt Disney, la strega cattiva, gelosa della sua bellezza, si presenta alla giovane e sotto i panni di una vecchia venditrice e le offre il frutto avvelenato.
Frutto rosso fuoco o dorato, verde o giallo, maturo o acerbo, ha offerto anche uno spunto di freschezza e giovinezza, specie nella pittura. René Magritte utilizza la mela come stile per le sue composizioni e dopo di lui molti altri pittori diventano seguaci del genere. Il cantautore Angelo Branduardi canta “Cogli la prima mela”.
Gusto del proibito, freschezza, giovinezza. La mela funziona anche in pubblicità. Nel 1929 la Piaggio cerca un’agenzia per reclamizzare il suo prodotto, la Vespa. Sui cartelloni pubblicitari appare lo slogan “Chi Vespa mangia le mele” (chi non Vespa no). Il prodotto ha una vendita eccezionale per il modo in cui viene presentato: una Vespa ed una mela morsicata da due lati, come ad indicare freschezza, giovinezza, voglia di mordere la vita e piacere di assaporare in due.

La mela è stata definita “il frutto ideale” e rappresenta non solo il passato dell’umanità, ma anche il suo futuro. Infatti per le spedizioni nello spazio agli astronauti è stato dato in particolare questo cibo.
La mela non ingrassa, sazia, contiene pochi zuccheri e fornisce quindi pochissime calorie. Una mela media fornisce al nostro organismo la vitamina C pari al dieci percento del nostro fabbisogno giornaliero. E’ utilissima per chi ha problemi cardiaci, perché è molto ricca di potassio. Essa è quindi oggetto di molta attenzione dal punto di vista scientifico. Nell’arte si è ravvisato in tale frutto il simbolo di tentazione e peccato, ma anche di freschezza, giovinezza e semplicità.

martedì 29 luglio 2008

Poesia, Vita, Amore



La Verità è sempre quella,
la cattiveria degli uomini
che ti abbassa
che ti costruisce un santuario di odio
dietro la porta socchiusa.
Ma l'amore della povera gente
brilla più di una qualsiasi filosofia.
Un povero ti dà tutto
e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria.

Alda Merini, da "Terra d'amore"





Se io potrò impedire ad un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano -
Se allevierò il dolore di una vita o allevierò una pena -
O aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido
Non avrò vissuto invano.


Conosco vite della cui mancanza
non soffrirei affatto -
di altre invece ogni attimo di assenza
mi sembrerebbe eterno.
Sono scarse di numero - queste ultime -
appena due in tutto -
le prime molto di piu' di un orizzonte
di moscerini.

Emily Dickinson

Inno alla vita

La vita è un'opportunità, coglila.
La vita è bellezza, ammirala.
La vita è beatitudine, assaporala.
La vita è un sogno, fanne realtà.
La vita è una sfida, affrontala.
La vita è un dovere, compilo.
La vita è un gioco, giocalo.
La vita è preziosa, abbine cura.
La vita è ricchezza, valorizzala.
La vita è amore, vivilo.
La vita è un mistero, scoprilo.
La vita è promessa, adempila.
La vita è tristezza, superala.
La via è un inno, cantalo.
La vita è una lotta, accettala.
La vita è un'avventura, rischiala.
La vita è la vita, difendila.
Madre Teresa di Calcutta



Ora, tra le rose e le stelle,
Sei nella mia stanza, lasciando il tuo velo,
E la tua nudità splende.

*********

Il nostro amore partecipa alle infinite cose,
Assoluto come lo sono la morte e la bellezza
Qui, i nostri cuori sono collegati e le nostre mani sono unite
Fermamente nello spazio e l'eternità.

Renée Vivien

giovedì 24 luglio 2008

Posti di lavoro vendesi

Ha intascato qualcosa come 700mila euro promettendo alla gente posti di lavoro fisso.
Ma di questo pensionato 78enne originario della provincia di Benevento si è parlato solo sui giornali locali. Cotanta notizia avrebbe meritato l’onore della cronaca nazionale, eppure così non è stato.
Vanna Marchi docet. Se la gente si può infinocchiare vendendole sale per corrispondenza, figuriamoci abbindolarla con la promessa di un posto di lavoro.
O saranno i copioni di certi film napoletani: La banda degli onesti, Totò truffa, e così via. In una famosa pellicola il principe della risata, insieme al suo compare (Peppino De Filippo) mette su un’associazione a delinquere finalizzata alla falsa vendita di impieghi fissi. Nel nostro caso, l’arzillo vecchietto, ora agli arresti domiciliari, agiva da solo. Nella sua casa sono stati trovati documenti falsi quali lettere di assunzione e pagamenti. Il tutto ha prosperato sulla mentalità feudale ed assistenzialista di questo lembo di Meridione, dove si è convinti che basti leccare i piedi al politico di turno o farsi raccomandare dall’amico dell’amico, per sistemarsi a vita.

lunedì 21 luglio 2008

Prima di tutti vennero a prendere gli zingari...

L’anno scorso Beppe Grillo organizzava il V-day ed invece quest’anno Umberto Bossi manda a stendere l’inno nazionale scritto da Mameli.
Periodicamente, nel nostro Paese, qualcuno manda a quel paese qualcun altro.
Verrebbe da chiedersi che cosa resta di tutta la tensione morale che portò all’unificazione italiana, prima, ed alla nascita della Repubblica, poi.
Apriti cielo quando Di Pietro ha dato del “magnaccia” a Berlusconi: lo hanno accusato di volgarità e cafoneria. Adesso, al gestaccio di Bossi sull’inno nazionale (medio alzato – con maschia eleganza leghista – sulle parole “schiavi di Roma”), qualche blanda richiesta di scuse da parte delle forze politiche.
Ma il senatur non si ferma qui: accusa i docenti meridionali (“questa gente”) di maltrattare gli alunni del Nord e vuole che siano rispediti a casa, in nome dello splendido isolamento padano.
Dimentico, forse, che “questa gente” paga regolarmente gli affitti, fa la spesa nelle nordiche cittadine ed impartisce l’istruzione ai ragazzi padani. A proposito: tra questi ce ne è sicuramente qualcuno figlio di quegli imprenditori che, amici dei camorristi, vengono a sversare rifiuti tossici in Campania a prezzi stracciati. Al senatur va ricordato che questi suoi compaesani sono autori di un disastro ambientale che non finirà nei secoli a venire. I professori del Sud portano al Nord istruzione e cultura. Le aziende del Nord portano al Sud monnezza.
Allora, caro senatore, se la Padania deve essere indipendente, si tenga a casa la sua immondizia.

Prima di tutti vennero a prendere gli zingari
e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me

e non c'era rimasto nessuno a protestare.
Bertol Brecht




giovedì 17 luglio 2008

Assassinio al Museo del Sannio - La vendetta

La città di Benevento si distingue per la vivacità scrittoria dei suoi molti intellettuali. Trovate in circolazione molta carta stampata ed iniziative editoriali a gogo, nonché riviste telematiche e quant’altro.
Da anni la stampa locale deplorava le miserevoli condizioni delle istituzioni culturali cittadine – cioè Biblioteca Provinciale e Museo del Sannio – e nessun politico o preposto al settore degnava i giornalisti di uno straccio di risposta. Ci si faceva scivolare tutto addosso, quasi che non fosse affare di nessuno o che nessuno avesse tempo da perdere dietro le chiacchiere dei giornalisti locali.
Dopo anni di dibattiti e provocazioni sui giornali cittadini, tutte regolarmente cadute nel vuoto, è bastato che un notabile di rara sensibilità, quale l’avvocato Mario Collarile, presidente provinciale del Coni e noto per il suo salotto culturale, sulla pubblica piazza facesse atto di accusa circa il degrado del Museo che il presidente della Provincia Aniello Cimitile, il giorno dopo, decidesse di affidare il commissariamento straordinario del Museo a chi per tanti anni l’aveva gestito, il prof. Elio Galasso, ormai in pensione. E tanto è bastato perché qualcuno dicesse – pane al pane e vino al vino – che il problema vero è che manca un team di esperti che mandi avanti in maniera competitiva e professionale queste due istituzioni. Dove, appena entrati, è facile che uscieri e scopini vi diano del “tu”, denotando il grande stile sannita nell’approccio con i visitatori. Ma non è tanto questo, quanto un discorso di statue sparite e mal collocate, di spazi utilizzati senza criterio, di guide e gruppi che non vengono più perché non si ha di cosa parlare: è questo che sottolineava Collarile dopo un giro al Museo che gli aveva lasciato l’amaro in bocca.
Una mia amica, giornalista da tanti anni, una volta mi ha detto che “non c’è speranza di scuotere i beneventani”. Parlava con cognizione di causa. Tant’è vero che, adesso che il settimanale “Sannio Week” ha pubblicato l’elenco delle decine e decine di esperti profumatamente pagati dall’Ateneo Sannita per consulenze varie e non si sa quanto utili nessuno batte ciglio. Come nessuno si scomoda per capire come una gestione museale così approssimativa sia stata pagata anch’essa fior di quattrini e quali siano stati i criteri nella scelta degli esperti... Dallo spreco di soldi alla disoccupazione che affligge questa terra il passo è breve.
E poi non vi meravigliate che i giornalisti seri, quelli che spesso ci rimettono di tasca con il mestiere, a Benevento non li ascolti nessuno. Fanno più audience quelli che curano questo o quell’ufficio stampa, preferibilmente di un politico, intasandovi la posta elettronica di comunicati sgraditi, perché a Benevento l’unico modo per campare con questo mestiere è tale.
Intanto voglio ringraziare l’avvocato Collarile per avere reso un servizio utile ed intelligente alla città ed ai suoi cittadini.

mercoledì 16 luglio 2008

Pablo Neruda: "Nella notte"


Nella notte entreremo
per rubare un ramo fiorito.
Nella notte entreremo fino
al suo tremante firmamento
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E furtivamente, in casa
nostra, nella notte e
nell'ombra, entrerà con i
tuoi passi il silenzioso
passo del profumo e con i
piedi stellati il corpo chiaro
della Primavera.

Pablo Neruda

giovedì 10 luglio 2008

"Le cose che vuole il Signore riescono sempre”

La comunità piemontese “Il Cenacolo” compie venticinque anni. Migliaia di ragazzi tossicodipendenti in tutti questi anni sono usciti dalla droga ed avviati al lavoro. 56 strutture in oltre 30 Paesi, un modello esportato in tutto il mondo.
Pioniera di questa esperienza che ha del miracoloso è la mitica suor Elvira, che nel 1983 prende possesso di una cascina diroccata sui colli piemontesi. Al suo seguito alcuni giovani, che trasformano la struttura in comunità. Il 16 luglio è festa grande al Cenacolo.
Racconta suor Elvira: “Non sapevo dove sarebbe andata la mia esistenza nel 1983. avevo una sola convinzione, che le cose che vuole il Signore riescono sempre, per il bene di tutti. I giovani che ho incontrato in questo quarto di secolo hanno solo bisogno di fiducia. Non ho mai programmato nulla né voluto fare previsioni. Ci siamo sempre “abbandonati” a Dio che è amore e i ragazzi l’hanno sperimentato. Pensate che in tutti questi anni non siamo mai andati a fare la spesa , e non ci è mai mancato nulla. L’amore provvede a tutti. Se la gente si lasciasse andare di più al Signore soffrirebbe in misura minore. Si sentirebbe dire meno in giro che non si arriva alla fine del mese”.


“Quel che Dio è Padre lo avevo scoperto quando ero ancora bambina e lì ho imparato a fidarmi di Lui”. (Madre Elvira)

Santanché: “Da un anno sono casta, non mi pesa”

Fonte: La Stampa, 10 luglio 2008-07-10

Con un elogio alla castità, Daniela Santanché prende le distanze dalla pornopolitica al centro delle cronache di questi giorni. «Sono felicemente casta da quando non ho più un legame sentimentale. E non mi pesa», rivela la leader della Destra, da un anno separata da Canio Mazzero, con cui ha avuto un figlio, ora dodicenne. «L’idea che una donna senza un uomo sia un’insoddisfatta – racconta– è una baggianata: io sono soddisfatta del mio essere madre, imprenditrice e politica. Di questi tempi un po’ di castità farebbe bene a tutti…». E dopo il «tanto non gliela do» rivolto a Berlusconi in aprile, sembra pace fatta con il premier, «un signore gentile, rispettoso, un interlocutore intelligente. Del resto non poteva essere diversamente. Gli uomini sanno con chi possono concedersi certe cose e con chi no. Mi spiace ammetterlo ma l’orizzontalità è più colpa delle donne che degli uomini». S.P.

lunedì 7 luglio 2008

Una poesia anche per te



DA http://tostato.blogspot.com/ una dedica piena di amore e poesia che vi riportiamo...


A MIA MADRE
TU: la sola ancestrale essenza donata di puro amore,l'unico possibile infinito.Simona. Pubblicato da Tremenda. a 6/27/2008 07:36:00 PM

domenica 6 luglio 2008

Cosa significa essere straniero

Questo è un tema svolto da un ragazzo albanese, immigrato in Italia, durante la prima prova dell’esame di maturità di quest’anno. Uno scritto con il cuore. Ve lo propongo perché contiene interessanti spunti di riflessione.

Si può essere straniero in diversi modi e per differenti motivi. Alcuni lo sono perché obbligati a migrare in terre lontane in cerca di fortuna, alcuni perché fuggono da qualcosa, e altri, che non fuggono, lo sono e nulla più. Questi si sentono stranieri nella terra in cui sono cresciuti; sentono estranea la lingua del proprio paese e non si riconoscono nel proprio popolo. La loro esistenza è tormentata e non trovano pace poiché percepiscono la società come estranea e nel contempo la stessa società percepisce loro come forestieri.
Munch fa parte di questa schiera di persone. In una famosa tela egli rappresenta la sua solitudine e la sua estraneità ad un mondo borghese non convenzionale. Il pittore non si riconosce nella società europea e si sente uno straniero rispetto ad essa. Nel quadro egli raffigura una folla di gente che percorre una via di Oslo ed egli, unico e solo, percorre la stessa via in verso contrario. Munch si sente straniero nel proprio paese e come il pittore, così Baudelaire si sente estraniato dalla società europea di fine Ottocento.
Il poeta maledetto ne prende le distanze e rimedita la sua diversità che trasforma la sua diversità in un richiamo alla libertà: non a caso ama le nuvole: esse sono libere, non hanno vincoli di nessun genere e fuggono alle catene della convenzionalità. Ma se da una parte la parola straniero è associata alla libertà della responsabilità, è anche vero che essa è spesso, in modo quasi ossimorico, diversità, diffidenza, irrazionalismo e razzismo. In ciò si può trovare una convergenza tra l’estraneità di Brown (in “Sentinella”) e l’irrazionalismo di Buzzati (in “Non aspettavamo altro”). Benché con molte differenze: due autori presentano “gli altri” come qualcosa da eliminare e umiliare.
Soprattutto il secondo è in grado di descrivere l’irrazionalismo che pervade la storia del novecento e il rapporto con lo straniero. D’altra parte il forestiero, soprattutto nell’antichità, era l’ospite; colui a cui non si può rifiutare un riparo e un posto. Egli era potatore di arcani racconti riguardanti terre lontane.
Lo straniero era una figura affascinante e misteriosa che conquistava con il proprio esotismo.
Non a caso qualità come generosità ospitalità e onore compaiono nelle opere più arcane.
Nel Deuteronomio il valore della generosità viene innalzato e fatto sacro e la condivisione del cibo con lo straniero bisognoso diventa un obbligo morale.
La stessa devozione si trova in Omero, il quale narra di Nausicaa; la figlia di Alcinoo, coraggiosamente, non fugge davanti a quel ramingo e anzi, decide di ospitarlo e offrirgli rifugio.
Nella statua romana viene esaltato l’onore verso il nemico sconfitto: il Galata morente, benché sia un guerriero straniero ai Romani, merita una morte onorevole perché si è battuto con onore.
Definire oggi cos’è lo straniero è un problema complesso e assai moderno. La paura suscitata dal diverso si trasforma in violenza e questa radicalizza le convinzioni bigotte e ottuse di una società che vede nel diverso un pericolo.
Il fatto che il problema dello straniero abbia una rilevanza così ampia è quantomeno ossimorico in quanto le politiche economiche internazionali sviluppate dai vari stati, dovrebbero trasformare i cittadini di una nazione in cittadini del mondo. Ma ciò non avviene e anzi, vi è un movimento in senso opposto che porta a un riconoscimento totale nella propria società.

F. P.

Lettori fissi