Grande Napoli
Entrare a prendere un caffè al Gran Caffè Gambrinus è un’esperienza unica. I suoi magnifici interni, i ricordi della Napoli della Bella Epoque
che non possono non toccare il cuore, ne fanno un punto di riferimento
irrunciabile per turisti e non, non solo per le prelibatezze della
pasticceria napoletana che si possono gustare assieme al caffè, ma anche
e sopratutto per il tuffo nella storia che regala.
E quella che il Gran Caffè racconta è davvero lunga: esiste in primo luogo da 150 anni,
e per un bar mi sembra davvero una bella età, non solo, qui sembra che
il primo giorno dell’anno il presidente della republica italiana, faccia
la prima colazione dell’anno per tradizione.
Ma quante cose sono accadute nella sua lunga storia?
Partiamo dalla sua fondazione, voluta nel 1860 dall’impreditore Vincenzo Apuzzo
con il chiaro intento di farne da subito un punto di riferimento per la
gente bene della città. Caffettieri, pasticceri, gelatiai, i migliori
che si postessero trovare lavoravano al Gran Caffè (che ancora non si
chiamava Gambrinus).
Per un bel po’ le cose andarono bene, ma tra il 1889 ed il 1890 il bar rischiò la chiusura e fu solo merito di Mario Vacca
che tornò a nuova vita. Il nuovo propietario volle che traformarlo in
una vera e propria galleria d’arte ed affiò la decorazione degli interni
a Antonio Curri. Il nuovo caffè prese il mome di Gran Caffè Gambrinus dal nome del re delle Fiandre
inventore della birra. Questo nuovo nome voleva essere un manifesto di
intenti, in nuovo locale si proponeva come punto di riferimento per una
fusione tra la cultura partenopea e la cultura di respiro europeo.
E così fu, perchè il caffè rinnovato divenne punto di riferimento per
intellettuali, poeti, musicisti, artisti e di ogni viaggiatore illustre
che arrivasse in città: Oscar Wilde, Ernest Hemingway, Jean Paul Sartre.
Qui si incontravano anche i protagonisti della scena culturale
napoletana come i nomi illustri della canzone e del teatro, tra cui
Ernesto Murolo, Eduardo Scarpetta, Totò, i fratelli De Filippo.
Durante la Belle Epoque fu uno dei principali ritrovi del Caffè Chantant modellato sulla tradizione francese.
Ma la scure del fascismo doveva colpire anche il
Gambrinus che nel 1938 fu chiuso con l’accusa di essere ritrovo per
movimenti antifascisti. Al suo posto fu installata una sede del Banco di Napoli, che per fortuna ne preservò i magnifici interni.
All’inizio degli anni settanta, Michele Sergio volle
riscattare i locali del Gambrinus e riuscì nella sua imprese dando vita
nuova al celebre locale. Ne fece restaurare completamente gli interni e
riuscì a poco a poco a ripristinarne l’antico spledore.
Oggi resta uno dei locali storici di Napoli, dove una sosta per un
caffè o un pasticcino è immancabile anche solo per respirarne
l’atmosfera incantata che porta subito alla mente pezzi indelebili di
storia.
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