venerdì 24 aprile 2015

LE DONNE DI GAGLIANO (ALIANO)



Dal libro “Cristo si è fermato a Eboli”, di Carlo Levi. Einaudi, Torino, pagg. 89-90





Le donne, chiuse nei veli, sono come animali selvatici. Non pensano che all’amore fisico, con estrema naturalezza, e ne parlano con una libertà e semplicità di linguaggio che stupisce. Quando passi per la via, ti guardano con i neri occhi scrutatori, chinati obliquamente a pesare la tua virilità, e le odi poi, dietro le tue spalle, mormorare i loro giudizi e le lodi della tua nascosta bellezza. Se ti volti, celano il viso tra le mani e ti guardano attraverso le dita. Nessun sentimento si accompagna a questa atmosfera di desiderio, che esce dagli occhi e pare riempire l’aria del paese, se non forse quello della soggezione a un destino, a una potenza superiore, che non si può eludere. Anche l’amore si accompagna, più che all’entusiasmo o alla speranza, a una sorta di rassegnazione. Se l’occasione è fuggevole, non bisogna lasciarla svanire: le intese sono rapide e senza parole. Quello che si racconta, e che io stesso credevo vero, della severità feroce dei costumi, della gelosia turchesca, del selvaggio senso dell’onore familiare che porta ai delitti e alle vendette, non è che leggenda, quaggiù. Forse era realtà in tempo non molto lontano, e ne resta un residuo nella rigidezza dei formalismi. Ma l’emigrazione ha cambiato tutto. Gli uomini mancano e il paese appartiene alle donne. Una buona parte delle spose hanno il marito in America. Quello scrive il primo anno, scrive ancora il secondo, poi non se ne sa più nulla, forse si fa un’altra famiglia laggiù, certo scompare per sempre e non torna più. La moglie lo aspetta il primo anno, lo aspetta il secondo, poi si presenta un’occasione e nasce un bambino. Gran parte dei figli sono illegittimi: l’autorità delle madri è sovrana. Gagliano ha milleduecento abitanti, in America ci sono duemila gaglianesi. Grassano ne ha cinquemila e un numero quasi uguale di grassanesi sono negli Stati Uniti. In paese ci restano molte più donne che uomini: chi siano i padri non può più avere un’importanza così gelosa: il sentimento d’onore non si disgiunge da quello di paternità: il regime è matriarcale. Nelle ore del giorno, che i contadini sono lontani, il paese è abbandonato alle donne, queste regine uccelli che regnano sulla turba brulicante dei figli. I bambini sono amati, adorati, vezzeggiati dalle madri, che trepidano per i loro mali, che li allattano per anni e anni, non li lasciano un minuto, li portano con sé, sulla schiena e sulle braccia, avvolte negli scialli neri, mentre, ritte con l’anfora in testa, vengono dalla fontana. Molti ne muoiono, gli altri crescono precoci, poi prendono la malaria, si fanno gialli e melanconici, e diventano uomini, e vanno alla guerra, o in America, o restano in paese a curvare la schiena, come bestie, sotto il sole, ogni giorno dell’anno.

Se i figli illegittimi non sono un reale vergogna per le donne, tanto meno lo sono, naturalmente, per gli uomini. I preti hanno quasi tutti dei figli, e nessuno trova che la cosa porti disdoro al loro sacerdozio. Se Dio non li riprende, da piccoli, li fanno allevare nei collegi di Potenza o di Melfi.


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