Dal libro “Cristo si è fermato a Eboli”, di Carlo Levi.
Einaudi, Torino, pagg. 89-90

Le donne, chiuse nei veli, sono
come animali selvatici. Non pensano che all’amore fisico, con estrema
naturalezza, e ne parlano con una libertà e semplicità di linguaggio che
stupisce. Quando passi per la via, ti guardano con i neri occhi scrutatori, chinati
obliquamente a pesare la tua virilità, e le odi poi, dietro le tue spalle,
mormorare i loro giudizi e le lodi della tua nascosta bellezza. Se ti volti,
celano il viso tra le mani e ti guardano attraverso le dita. Nessun sentimento
si accompagna a questa atmosfera di desiderio, che esce dagli occhi e pare
riempire l’aria del paese, se non forse quello della soggezione a un destino, a
una potenza superiore, che non si può eludere. Anche l’amore si accompagna, più
che all’entusiasmo o alla speranza, a una sorta di rassegnazione. Se l’occasione
è fuggevole, non bisogna lasciarla svanire: le intese sono rapide e senza
parole. Quello che si racconta, e che io stesso credevo vero, della severità
feroce dei costumi, della gelosia turchesca, del selvaggio senso dell’onore
familiare che porta ai delitti e alle vendette, non è che leggenda, quaggiù. Forse
era realtà in tempo non molto lontano, e ne resta un residuo nella rigidezza
dei formalismi. Ma l’emigrazione ha cambiato tutto. Gli uomini mancano e il
paese appartiene alle donne. Una buona parte delle spose hanno il marito in
America. Quello scrive il primo anno, scrive ancora il secondo, poi non se ne
sa più nulla, forse si fa un’altra famiglia laggiù, certo scompare per sempre e
non torna più. La moglie lo aspetta il primo anno, lo aspetta il secondo, poi
si presenta un’occasione e nasce un bambino. Gran parte dei figli sono
illegittimi: l’autorità delle madri è sovrana. Gagliano ha milleduecento
abitanti, in America ci sono duemila gaglianesi. Grassano ne ha cinquemila e un
numero quasi uguale di grassanesi sono negli Stati Uniti. In paese ci restano
molte più donne che uomini: chi siano i padri non può più avere un’importanza
così gelosa: il sentimento d’onore non si disgiunge da quello di paternità: il
regime è matriarcale. Nelle ore del giorno, che i contadini sono lontani, il
paese è abbandonato alle donne, queste regine uccelli che regnano sulla turba
brulicante dei figli. I bambini sono amati, adorati, vezzeggiati dalle madri,
che trepidano per i loro mali, che li allattano per anni e anni, non li
lasciano un minuto, li portano con sé, sulla schiena e sulle braccia, avvolte
negli scialli neri, mentre, ritte con l’anfora in testa, vengono dalla fontana.
Molti ne muoiono, gli altri crescono precoci, poi prendono la malaria, si fanno
gialli e melanconici, e diventano uomini, e vanno alla guerra, o in America, o
restano in paese a curvare la schiena, come bestie, sotto il sole, ogni giorno
dell’anno.
Se i figli illegittimi non sono
un reale vergogna per le donne, tanto meno lo sono, naturalmente, per gli
uomini. I preti hanno quasi tutti dei figli, e nessuno trova che la cosa porti
disdoro al loro sacerdozio. Se Dio non li riprende, da piccoli, li fanno
allevare nei collegi di Potenza o di Melfi.
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