venerdì 4 settembre 2009

COLTIVATE IL TALENTO CHE E' IN VOI

Massimo Gramellini, vicedirettore della Stampa. Io amo quest'uomo.
Leggete cosa scrive nella sua rubrica Cuori allo Specchio:

Quando ricevo lettere come la tua (il lettore che gli scrive, certa Pepe, Ndr), per fortuna più numerose di quel che si immagina, mi convinco sempre di più che a questo mondo la felicità non stia nel paesaggio, ma negli occhiali con cui si sceglie di guardarlo. Si vive malissimo senza soldi, senza lavoro, senza salute, senza una casa e un affetto decenti. Ma si vive anche peggio avendo tutte quelle cose ma non la capacità di vederle. Mi risuona nella mente una frase che la leggenda attribuisce a re Artù: «Siamo dovuti andare in cerca di avventure perché non riuscivamo più a viverle nei nostri cuori». I condizionamenti sociali e familiari sono pesanti. Ma se uno fa silenzio dentro di sé e si chiede di che cosa ha davvero bisogno, la risposta sincera è sempre la stessa: di trovare il talento che è stato disseminato alla nascita dentro il suo cuore. E, una volta trovatolo, di coltivarlo e farlo crescere. Credo sia questa l’unica felicità possibile. Le emozioni non durano, se non nei ricordi struggenti e autolesionistici con cui le alimentiamo quando non ci sono più, spesso ammantandole di una meraviglia che non avevano. Il talento invece ci tiene compagnia per tutta la vita. Purtroppo molti di noi muoiono senza averlo mai conosciuto.
Alcuni lettori contestano questo approccio, sostenendo che il talento è di pochi, e che per gli altri - tutti gli altri - la vita è solo una dura lotta per la sopravvivenza. Forse dobbiamo intenderci sul significato della parola «talento», che la propaganda televisiva tende a far coincidere con quello artistico, procacciatore di fama e denaro. No, non siamo tutti John Lennon. Ma tutti siamo il John Lennon di qualche cosa. Qualche cosa nella quale siamo i migliori e non lo sappiamo. Può essere un’attitudine manuale, un afflato dello spirito (per esempio: la compassione), una vocazione specifica che magari la nostra nevrosi ha trasformato in vizio ossessivo. Ma tutti abbiamo un talento e il valore della nostra vita, secondo me, si misura sulla nostra capacità di farlo fruttare.
Scusa se sono andato un po’ fuori tema: sull’onda di una canzone adorabile, tu mi chiedevi di esaltare le emozioni semplici che spesso diamo per scontate, perdendoci invece all’inseguimento di quelle violente e bislacche, cantate altrettanto bene da Battisti, che ci procurano scariche di adrenalina. Ma tutto si tiene, cara Pepe: le emozioni violente rispondono al bisogno disperato di colmare un vuoto e di scrivere sopra il dolore. E che cosa rappresentano, quel vuoto e quel dolore, se non la mancanza di un senso dell’esistenza che proviene proprio dal non aver ancora individuato il proprio talento?

MASSIMO GRAMELLINI

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