Si e' sempre detto: "Dormici su". Ora gli scienziati lo hanno dimostrato: dormire su un problema davvero aiuta a risolverlo. Basta un pisolino per potenziare le facolta' creative delle persone e permettere a chi ha un problema di elaborare la soluzione. L'equipe guidata dalla Professoressa Sara Mednick della University of California San Diego ha voluto verificare se "tenere in incubazione" un problema aiutasse a svilupparne una migliore visione e ha scoperto che e' proprio cosi', specialmente se si riesce a entrare nella fase del sonno nota come Rem. I volontari che sono entrati nella fase Rem - quella in cui avviene la maggior parte dei sogni - si sono dimostrati piu' capaci di risolvere un nuovo problema con il pensiero laterale. Come illustrato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, la mattina del giorno del test, a 77 volontari e' stata proposta una serie di problemi da risolvere. I volontari dovevano rifletterci fino al pomeriggio, restando svegli tutto il tempo oppure concedendosi un riposino monitorati dagli scienziati. E' cosi' emerso che i volontari che hanno dormito nella fase Rem sono riusciti a risolvere meglio i problemi rispetto a chi non ha dormito o non ha raggiunto la fase Rem. Secondo lo studio, i volontari entrati nella fase Rem hanno migliorato la loro capacita' creativa di risoluzione dei problemi di quasi il 40%. La professoressa Mednick sottolinea l'importanza della qualita' del sonno: "Solo la fase Rem potenzia la creativita'". Secondo gli scienziati dell'Universita' californiana, infatti, il sonno Rem permette al cervello di formare nuove connessioni nervose senza l'interferenza di altri percorsi mentali che ci distraggono mentre siamo svegli o non dormiamo profondamente: "Il sonno Rem e' importante per assimilare nuove informazioni all'interno dell'esperienza passata e creare una piu' ricca rete di associazioni per l'uso futuro".
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2 commenti:
A proposito di sonno della ragione...
Dopo la sbornia
Una quindicina di anni di vittorie elettorali ha provocato i molti esponenti del pensiero della Destra estrema (radicale e tradizionalista) una sorta di ubriacatura democratica, tanto che è stato dimenticato un elemento essenziale: la democrazia e la sua attuale espressione, il sistema del suffragio universale, sono un male intrinseco.
Solo una simile dimenticanza ha potuto far nutrire speranze nella capacità della massa (o, se si preferisce, della plebe) di effettuare scelte consapevoli e quindi non dettate da istinti più bassi (o dagli istinti più bassi). Eppure sono stati molti che, nel Centrodestra, hanno ritenuto possibile che alla candidatura di personaggi ambigui nelle file del PdL (in particolare Mastella in Campania) seguisse una sonora bocciatura da parte degli elettori.
Naturalmente non è stato così. Anziché rivoltarsi contro la decisione di inserire nelle liste del Centrodestra un notorio voltagabbana dal passato chiacchierato (eufemismo), gli esponenti del PdL hanno preferito cercare di giustificare l’assurda decisione, spiegandola con alti disegni politici, quali il tentativo di «evitare la rinascita del Grande Centro», anziché ammettere un poco nobile scambio di favori (la caduta del Governo Prodi, il ribaltamento delle alleanze in Campania, lo spostamento deciso dell’asse elettorale).
Ma guardiamo i numeri in concreto. Su quasi undici milioni di voti (10.778.876) i centoundicimila portati dal ceppalonese (111.710) rappresentano poco più del 1% (precisamente l’1,03%): non sono quindi serviti al grande balzo auspicato (che del resto non c’è stato) rispetto ai rivali del PD. In compenso è stato riesumato un’entità politicamente moribonda a cui questa tornata elettorale avrebbe potuto dare il tanto atteso colpo di grazia. Invece, grazie alla trovata del Cavaliere, eccolo tornato prepotentemente (nel duplice senso, anche di quello volgare, della parola) sulla ribalta.
È difficile ipotizzare (gli Inglesi lo definirebbero “wishful thinking”) che il resto degli uomini del PdL sia in grado di arginare la sua prepotenza ed arroganza (lo si è visto subito all’opera, pronto a sequestrare una piazza pubblica per una festa privata – gli altri eletti in passato hanno preferito altre modalità di festeggiamento).
Di chi è allora la colpa? Degli undicimila incauti (altro eufemismo) che hanno espresso la pessima tra le preferenze? O invece di chi ha permesso la candidatura di un politicante discutibile, consentendogli di rimettere le mani sulla città di Benevento e sul suo territorio?
Certo, data la situazione del soggetto in particolare, è prevedibile (nonché auspicabile) che a livello nazionale non possa più dettare legge, ma a livello locale tornerà ad essere il ras che è sempre stato: dimentichiamo la scomparsa reale dell’Udeur (diverrà di fatto la principale corrente sannita del PdL, sopravvivendo così a qualsiasi scioglimento formale) e rassegniamoci ad altri venti anni di politica di basso cabotaggio che sanciranno il ruolo “da provinciale” del Sannio.
E tutto questo per un misero 1, 03% in più! Che dire? Grazie, Cavaliere!
Caro De Antonellis, c'è un sola soluzione: EMIGRA
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