Massimo Recalcati, La Repubblica, 23/11/2020
venerdì 27 novembre 2020
RECALCATI: "NON CI SARA' MAI NESSUNA GENERAZIONE COVID"
martedì 24 novembre 2020
MILANO DA BERE, VIZI, MARCIO E CORONAVIRUS
La nota vicenda dell’imprenditore Alberto Genovese, guru di Facile.it, start up poi venduta nel 2014 ad altra azienda, accusato di avere stuprato una 18enne durante un festino a luci rosse a Milano, ha dato modo di scoperchiare una realtà fatta di festini, droga e prostituzione nella capitale economica d’Italia. Così nei giorni scorsi FanPage è andata ad intervistare alcune influencer disposte a raccontare il lato oscuro dei party milanesi.
Ne emerge un affresco notturno fatto di droga e prostituzione 2.0., con chat whatsapp segrete attraverso le quali si organizzano gli incontri e si reclutano le ragazze a pagamento e si sciorina tutto lo sballo possibile e immaginabile che ha per protagonisti uomini facoltosi e in vista che mai nessuno oserebbe nominare, anche perché capaci di cose al di là della portata di chiunque.
L’unico reportage sull’argomento mignotteria 2.0 è il recente libro di Maria Giovanna Maglie, dal titolo “Puttane. Il mestiere più antico del mondo ai tempi di Internet e del Covid”. Una miniera di informazioni per chi ne voglia sapere di più, anche se alcuni internauti, nel commentarlo, hanno sospettato che l’autrice abbia parlato di alcuni giornalisti e giornaliste della scena mediatica italiana.
Insomma, le influencer ascoltate, hanno detto che i festini milanesi si svolgono praticamente ogni notte e vanno avanti ad oltranza. È possibile parteciparvi attraverso contatti whatsapp dove finti agenti o altri personaggi oscuri offrono fino ai cinquemila euro a notte per una cena elegante ed inoltre offrono anche partecipazioni al Grande Fratello Vip. È molto difficile per una influencer, velina, letterina o chiunque altra muoversi in questo sottobosco frequentato da così tanti personaggi ambigui e pericolosi e più l’offerta è allettante e più c’è da stare attente.
Molte “influencer”, preoccupate di costruirsi una “reputazione” non dico da santa Maria Goretti ma da persone affidabili, sanno che bisogna stare molto alla larga da questi giri e selezionano con cura le loro serate. Certo, il sospetto che si insinua nella mente del commentatore medio di tali testimonianze, è che l’unico scopo di queste ragazze prestate all’immagine e al mondo dello spettacolo sia di realizzare allettanti guadagni facili lavorando poco e divertendosi pure.
Ma la cosa che spiazza è che a Milano ogni notte si ripetono queste scene. I luoghi dei divertimenti possono essere diversi e impensati: dentro una pizzeria, dietro una chiesa, in un anonimo locale. Una delle ragazze testimone dei festini dice che vicino alla stazione centrale si trova una piccola e anonima discesa che porta sotto il manto stradale, dentro un bunker nel quale tutte le notti si svolgono feste e festicciole di tal fatta. Il copione è sempre lo stesso: droga in quantità e bellissime ragazze reclutate per far divertire gli ospiti di turno, i quali, pagando, possono scegliersele con le caratteristiche fisiche che preferiscono: alte così, coi capelli così, con gli occhi così, con il seno così… Come se si fosse ad un supermercato della carne umana.
Ora, se assembramenti e festicciole hanno portato all’incremento del Coronavirus, basta fare due più due e spiegarsi alcuni dei motivi per cui Milano è in cima alla classifica di questa pandemia per morti e malati. Certo, non è solo colpa dei party viziosi di uomini laidi e di ragazze disponibili se la malattia ha preso a circolare così prepotentemente, ci sono altri fattori: gli spostamenti intensi, il pendolarismo inarrestabile, i traffici mondiali che attraversano la città, la densità abitativa ecc. ecc. ecc. Ma rispetto alla necessaria sobrietà dello stile di vita o, se volete e per non essere accusati di bigottismo, di ecologia comportamentale, soprattutto in questo momento storico così difficile per tutti, qualche domanda bisogna farsela, senza infingimenti e senza ipocrisie. Fermo restando che tutto il mondo è paese e che tali party sicuramente non si svolgono solo a Milano.
23 NOVEMBRE 1980: IL TERREMOTO IN IRPINIA
«La morte non ci volle subito. Ci venne a prendere chi sotto una porta, chi sotto uno stipite, chi sotto una scala… Si spezzò la spina dorsale alla terra, e la terra sgranò, precipitò a falde, assieme alla pioggia. Niente rimase più al posto suo. Era una fine del mondo, e un mondo finì».
VINICIO CAPOSSELA, Il paese dei coppoloni
Pubblicato su Gli Stati Generali
Terra di lupi, terra di gente forte e resiliente, l’Irpinia, esattamente quaranta anni fa, viene devastata da una delle peggiori sciagure della storia nazionale: il terremoto del 23 novembre 1980. Domenica. Era sera e la Rai trasmetteva in differita la partita Juventus – Inter giocata quel pomeriggio.
Per essere autunno quasi inoltrato quella giornata era stata insolitamente afosa, di un caldo innaturale. Alle 19:34, senza che ci sia stato un qualche segnale di preavviso, si sente all’improvviso un boato secco ed un rumore assordante. La terra trema per novanta lunghissimi secondi tra Campania e Basilicata. L’epicentro è la verde Irpinia. Basta un secondo e mezzo per radere al suolo interi paesi e per portarsi via tremila vite umane.
La scossa fu fortissima: magnitudo 6,9 della scala Richter, fino al X grado della scala Mercalli. Ad avvertirla furono anche le province di Napoli, di Salerno, del Sannio. In migliaia si riversarono per strada per passare la notte all’aperto. La propria casa non era più un luogo sicuro. Case che si sgretolavano, edifici fatiscenti che venivano giù come niente, altri 30mila che subivano lesioni di lieve entità.
Dopo quarant’anni esatti, in un’Irpinia bellissima che conserva piccole tracce di quella tragedia ed in una Basilicata dove è stato ricostruito il 90% delle abitazioni private, è ancora vivo il ricordo di quegli attimi di terrore e del periodo difficile che ne seguì. Lo Stato non era preparato ad una tragedia di tali proporzioni ed il presidente Pertini dopo due giorni si recava in elicottero nei territori colpiti dal sisma, per poi pronunciare un discorso alle autorità e alla nazione che mobilitava gli spiriti più belli e combattivi del Paese, in una gara di aiuti e di solidarietà che rese epiche le gesta dei tanti volontari accorsi in aiuto, la cui opera fu successivamente riconosciuta con una solenne cerimonia in Campidoglio a Roma.
Il quotidiano Il Mattino il giorno successivo alla tragedia apriva con un titolo memorabile: “FATE PRESTO”. Seguì la ricostruzione, lenta, faticosa, complessa. Furono impiantate nuove aree industriali: sette in Basilicata e tredici in Campania. Molte non ebbero vita facile e dovettero chiudere. Per almeno un decennio centinaia di sfollati dovettero vivere in baracche di lamiera dove era difficile condurre un’esistenza dignitosa.
Il terremoto in Irpinia è una delle grandi catastrofi del XX secolo in Italia, insieme ai terremoti di Messina e Reggio Calabria nel 1908, di Avezzano nel 1915 e del Friuli nel 1976. Per magnitudo è stato uno dei più forti degli ultimi cento anni. È stato quasi eguagliato da quello del 30 ottobre 2016 in centro Italia, con magnitudo 6.5.
giovedì 19 novembre 2020
TUTTE LE BUFALE DI BRUNO VESPA SU MUSSOLINI
(Ancora Fischia il Vento) - Incredibile ma vero, nell’Italia del 2020 c’è ancora chi afferma che il dittatore fascista Benito Mussolini abbia fatto anche cose buone, basando tutto ciò su una serie di inesattezze storiografiche che continuano a trovare diffusione ancora oggi.
Questa volta è addirittura il noto giornalista Bruno Vespa a compiere questa “leggerezza” in occasione della pubblicazione del suo ultimo libro “Perché l’Italia amò Mussolini”, ospite della tv di Stato per presentare la sua ultima opera che sembra contenere, stando alle sue affermazioni, una serie di gravi inesattezze storiche sulle presunte gesta del regime fascista in Italia.
Ospite alla trasmissione televisiva Agorà, il conduttore di Porta a Porta afferma infatti che:
“Mussolini ha avuto un consenso enorme, all’estero e anche in Italia, per le sue opere sociali, parliamoci chiaro. Mussolini ha fatto la settimana di quaranta ore: chi lo sa tra gli italiani che la prima settimana di quaranta ore l’ha fatta Mussolini? Non lo sa nessuno. L’INPS l’ha inventato Mussolini: quanti lo sanno? I contratti nazionali, anche quello giornalistico – i giornalisti erano pagati benissimo -, c’erano tutti gli intellettuali antifascisti che stavano a libro paga del regime. Era un sistema complesso.”
Peccato che si tratti di una serie di inesattezze, se non addirittura di falsità, che è opportuno correggere prima che qualche compatriota ci creda per davvero:
– Il primo contratto nazionale dei metalmeccanici fu firmato 1919, mentre il golpe del Re che portò al potere Mussolini fu nel 1922. Quindi è assolutamente falso che Mussolini introdusse in contratto nazionale.
– L’INPS nacque nel 1898 come “Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e per la vecchiaia degli operai” (Legge 17 luglio 1898, n. 350) e nella forma attuale nel 1919. Nel 1933, sotto il regime, gli venne semplicemente cambiato nome.
– Le 40 ore settimanali in Italia furono raggiunte dopo l’autunno caldo del 1969. Nel 1923 una legge già voluta da Giolitti a seguito dei contratti nazionali già firmati stabilì orario giornaliero di 8 ore per 6 giorni cioè 48 ore settimanali più gli straordinari.
– Nel 1925 Mussolini ABOLÌ la contrattazione nazionale libera, vietò i sindacati indipendenti e obbligò tutti i lavoratori ad aderire ai sindacati fascisti di cui facevano parte anche i padroni. Quindi non solo l’affermazione di Vespa è falsa, ma è vero l’esatto contrario.
– Nel 1927 Mussolini stabilì per legge che le donne prendessero il 50% della paga di un uomo.
– Nel 1929 per sostenere la quotazione della lira ( austerità monetaria) Mussolini decise il taglio dal 15 al 30% delle retribuzioni nominali.
Anche se non si è uno storico, e senza ombra di dubbio Bruno Vespa non lo è, sarebbe stato sufficiente fare delle veloci ricerche in rete (non diciamo sulle fonti originali, per carità) per appurare questi fatti prima di scrivere un libro su Mussolini. Ma Vespa, evidentemente, non ha trovato il tempo necessario.
La TV di Stato, pagata con le tasse di noi cittadini, ha oltretutto ritenuto opportuno dare eco a queste inesattezze senza alcuno spirito critico e alcuna volontà di verifica.
lunedì 16 novembre 2020
GOOGLE CELEBRA ELIŠKA JUNKOVÁ, PILOTA AUTOMOBILISTICA CECOSLOVACCA (1900-1994)
Oggi 16 novembre Google, a 120 anni dalla sua nascita, celebra con un Doodle questa affascinante signora che ha lasciato un segno nel mondo delle corse automobilistiche: Eliška Junková, nata ad Olomuc nel 1900, morta a Praga nel 1994. Il suo nome di battesimo era Alžběta Pospíšilová ed è nota anche come Elisabeth Junek. Ho provato a cercare traccia di lei nell’Enciclopedia delle Donne, senza però trovare nulla, ma sono sicura che le eccellenti redattrici non tarderanno ad inserire tra le biografie di donne anche quella della Junková. Figlia di un fabbro, era sesta di otto figli ed in casa la chiamavano smíšek, per via del suo tenero sorriso. Fu tra le prime donne del suo Paese ad ottenere una patente di guida (dopo aver preso lezioni di guida clandestina a Praga) e fu la prima in assoluto a vincere una gara del Grand Prix.
Fu soprannominata “la donna più veloce dell’automobilismo”. La Junková, però, non iniziò la sua carriera dal mondo delle gare sportive. Grazie alla sua conoscenza delle lingue trovò impiego presso presso la Banca di credito di Praga, nella filiale della sua città, subito dopo la Grande Guerra. La passione per le automobili le venne grazie alla frequentazione con un giovane banchiere di nome Vincenc “Čeněk” Junek, di diversi anni più grande di lei, he poi diventò il suo compagno. Dopo il matrimonio cambiò il suo nome di battesimo in Eliška (“Beth”) e il suo cognome Junková (il femminile di Junek in ceco). Dopo alcuni viaggi all’estero per lavoro, Eliška tornò dal suo compagno che nel frattempo aveva accumulato una discreta fortuna e che le disse: “Se sarai l’amore della mia vita, è meglio che impari ad amare questi dannati motori”. Infatti Čeněk aveva cominciato a partecipare alle corse automobilistiche, ma Eliška non dovette farsi pregare poi molto, perché anche lei fu travolta dalla passione per i motori (amava molto le Bugatti), mentre Čeněk veva iniziato a correre sul serio, vincendo la cronoscalata Zbraslav-Jíloviště nel 1922, l’anno in cui finalmente i due si sposarono. La coppia acquistò subito una Mercedes e poi una Bugatti Tipo 30 già usata nel Gran Premio di Francia. Sulle prime Eliška servì come meccanico di guida al marito, poi, dopo un infortunio capitato a costui, decise di prendere il volante al suo posto. Nel 1923, con Čeněk al suo fianco, affrontò la sua prima gara professionale. L’anno successivo vinse da sola una gara importante e da allora cominciò a collezionare un primato dietro l’altro, prendendo parte a gare in tutta Europa e guadagnandosi l’appellativo di “Regina del volante”.
Nel 1928, a causa della morte del marito in un incidente automobilistico durante il Gran Premio di Germania, Eliška si ritirò a vita privata e poi si dedicò ai viaggi, altra sua grande passione. Nell’immediato dopoguerra sposò lo scrittore Ladislav Khás e visse l’ostracismo dovuto alle autorità comuniste del suo Paese. Nel 1973 pubblicò la sua autobiografia, Má Vzpomínka je Bugatti (“La mia memoria è Bugatti”), che le ridiede notorietà. E’ rimasta memorabile la sua partecipazione alla Targa Florio, la corsa stradale italiana più famosa nel mondo, nelle edizioni 1927 e 1928, nelle quali portò la sua Bugatti T35B quinta al traguardo. Fino alla fine mantenne quel dolce sorriso e quella soavità che facevano intimamente parte della sua persona, come si può vedere in questo filmato tratto da Youtube.
domenica 15 novembre 2020
DIECI ANNI FA LA DIETA MEDITERRANEA DIVENTAVA PATRIMONIO UNESCO. MA…
mediterranea veniva inserita nella lista del patrimonio culturale e immateriale dell’umanità dell’Unesco. Ne sono ingredienti principali l’olio d’oliva, cereali, verdure, frutta di stagione, pesce, prodotti lattiero caseari, carne, vino. A farla apprezzare nel mondo sono stati gli studi dello scienziato americano Ancel Keys, vissuto per oltre 40 anni ad Acciaroli, in provincia di Salerno. L’Italia è protagonista assoluta di questo modello alimentare. Oggi una tesi di laurea dell’Università di Bologna rivela che la dieta mediterranea fa bene anche al portafoglio, perché permette di risparmiare 7 euro a settimana. Lo fa sapere l’Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market/Swg) che ha pubblicato un’indagine realizzata in occasione del decennale. Tuttavia non ci sono solo notizie positive. Su questo tipo di dieta unica al mondo sta per abbattersi il ciclone delle etichettature a semaforo, come quella inglese, il Nutriscore francese (che da sempre scoraggiano il consumo dei suoi elementi base, come avverte Coldiretti) ed anche i bollini neri cileni, che gettano ingiustamente discredito sui prodotti di base della dieta mediterranea. Questi tipi di etichettatura rimpiazzano l’olio extravergine di oliva con bevande gassate dietetiche prodotte con sostanze artificiali e di cui alle volte non è dato nemmeno conoscere la ricetta. La Coldiretti è quindi più che mai impegnata nella difesa della dieta mediterranea e lancia l’hastag #MangiaItaliano, «per avere a disposizione prodotti di qualità e sostenere allo stesso tempo le imprese del territorio, l’occupazione e l’economia della nostra regione».
"AMMONITE", UN FILM CHE SCAVA NEL DESIDERIO FEMMINILE
Il film “Ammonite”, interpretato da Kate Winslet e Saorse Ronan, è uscito negli Stati Uniti lo scorso 13 novembre ed uscirà poi in digitale il prossimo 4 dicembre. Lo ha annunciato il regista Francis Lee dalla piattaforma Twitter.
Oltre a dichiararsi “molto fiera” della scena di sesso girata all’interno del film, Kate Winslet ha anche rivelato un altro retroscena in merito, in quanto tale sequenza è stata dall’attrice riprogrammata proprio in coincidenza del compleanno di Saoirse. La Winslet ha detto: «Volevo solo che avesse un grande ricordo nella sua vita cinematografica, a prescindere da come andava la scena o dal film».
Il critico cinematografico Justin Chang sul portale della National Public Radio scrive: «Lee ha realizzato un’altra splendida storia di amore proibito spazzata dal vento, ambientata negli anni 1840 e incentrata su due donne. Si chiama Ammonite, e sembra un passo avanti in scala e ambizione, in parte perché si tratta di personaggi della vita reale, e in parte perché vede protagonisti Kate Winslet e Saoirse Ronan. Ma il cinema di Lee è ancora crudo, intimo e senza fretta come lo era in God’s Own Country. Si prende il suo tempo per farti entrare nel mondo dei suoi personaggi, il che è importante, dal momento che quel mondo non è un posto facile in cui vivere».
Poi, a proposito della passione che sboccia tra la geniale paleontologa Mary Anning e la giovane e sofferente Charlotte (depressa in seguito ad un aborto spontaneo), aggiunge: «E mentre Mary la trova inizialmente gravosa, cura la povera donna per rimetterla in salute. Presto si accende una scintilla e le due iniziano a godersi la reciproca compagnia. Charlotte aiuta Mary con il suo lavoro, che la affascina e la stimola allo stesso tempo. In un certo senso, Ammonite suggerisce un pezzo complementare a Portrait of a Lady on Fire, un’altra storia d’amore lesbica del XIX secolo ambientata in un paesaggio costiero spoglio. Entrambi i film sottolineano anche punti importanti sui risultati intellettuali delle donne e sul modo in cui così tante di loro sono state ignorate e persino cancellate dagli uomini nel corso della storia. Nel film, alcuni dei reperti più notevoli di Mary sono esposti nei musei sotto il nome di un uomo, un cenno al fatto che alla stessa Anning è stato spesso negato il merito del suo lavoro.
Charlotte Murchison divenne lei stessa una geologa ben considerata, e sebbene lei e Anning fossero amiche intime, non è chiaro se fossero davvero amanti. Ammonite è una libera immaginazione della vita romantica di Mary e, a parte l’accuratezza storica, è roba avvincente: la tensione erotica si sviluppa con una deliberazione così squisita che quando alla fine esplode, la sua forza praticamente frantuma lo schermo. Ronan e Winslet conferiscono alle scene di sesso una fisicità sorprendente, il che è appropriato, dal momento che l‘intero film è così intensamente fisico».
Il critico sottolinea anche che “Ammonite” appartiene per davvero alla Winslet, che offre la sua performance più ricca dopo anni.
Alla fine le sue donne cercheranno la possibilità di vivere una vita insieme, superando lo stigma legato all’omosessualità. Il film è ambientato nell’epoca vittoriana, e cerca di indagare l’esistenza delle donne in un periodo storico in cui dominava il patriarcato che le rendeva proprietà di soggetti maschili, negando alle stesse una vita vera. È anche un film sullo sguardo e sull’intensità del desiderio, attraverso il quale il regista Francis Lee cerca di immaginare un mondo libero da sovrastrutture sociali ed in cui dunque le donne possano essere libere di decidere per loro stesse, per se stesse e per coloro che amano. La stampa americana ha definito “Ammonite” un film “sbalorditivo” e “ipnotico”.
Pubblicato su Gli Stati Generali
lunedì 9 novembre 2020
NEGLI USA VINCE LA DEMOCRAZIA, MA NON E’ IL 25 APRILE
C’è stato un forte confronto democratico vinto da un democratico sincero.
L’azzardo del mandato presidenziale Trump che si chiude in modo miserevole, ha dimostrato le capacità di resistenza della democrazia americana, fatta di pesi e contrappesi, come diceva Tocqueville. Anche il ciclone Trump non è riuscito a diminuire il valore e la forza della democrazia americana. Trump ha tentato in tutti i modi di scardinarla e di compromettere la stessa pace mondiale con atti dissennati , ma paradossalmente le sue scelte smargiasse e avventuriste in politica estera hanno invece garantito una pace che altri presidenti non sono riusciti a preservare. Ha inoltre rilanciato un’economia stagnante in un grave momento di recessione, limitando la concorrenza cinese e la stessa collaborazione con l’Europa che Trump ha visto in chiave concorrenziale e conflittuale, mettendo a rischio la stessa alleanza atlantica. E’ stato un uomo rozzo, grossolano, persino violento. Se consideriamo che è stato a capo degli Stati Uniti per quattro anni, c’è da rimanere piacevolmente stupiti che non sia riuscito a provocare i disastri internazionali che avrebbe avuto la possibilità di determinare. E‘ stato il volto arcigno di un liberismo aggressivo ed illiberale che comunque piace e continua a piacere a metà degli Americani che apprezzano i risultati economici raggiunti. Il tipico magnate che crede di governare un paese complesso come gli USA come una sua azienda personale. C’è chi, scrivendo della sua sconfitta, ha parlato di un 25 aprile per gli USA e addirittura per il mondo. Una semplificazione antistorica che falsifica la realtà. Il fascismo è altra cosa dal populismo, anche se è molto pericoloso per la democrazia liberale. Trump è stato eletto dagli Americani in libere elezioni ed è stato sconfitto in libere elezioni. Chi pensa al 25 aprile forse vorrebbe Trump come Mussolini a piazzale Loreto, ma la forza delle istituzioni americane ha impedito a Trump di devastare la democrazia e saprebbe impedire orrori che l’America non conobbe neppure nella Guerra civile, come ha dimostrato il sommo Raimondo Luraghi, che visse da partigiano il 25 aprile, ma scrisse di America da storico super partes. Oggi c’è un nuovo presidente che rappresenta non i democratici arrabbiati che hanno spianato la strada a Trump ma i democratici moderati. Biden è un uomo che ha sofferto ed ha un età in cui i colpi di testa sono impensabili. E’ stato una seconda o una terza fila della politica americana che ha avuto delle prime file non certo esaltanti, in primis Bush figlio, Clinton e Obama, per non dire della signora Clinton che nella sua arrogante presunzione ha involontariamente collaborato all’ascesa elettorale di Trump. Ma Biden è stato senatore per quarant’anni e quindi è un uomo corazzato di politica: anzi, è l’esatto opposto di quell’antipolitica che tanti danni ha provocato negli USA e in Europa. Biden è uomo delle istituzioni e questo dato di fatto rappresenta la sua maggiore credenziale. La politica degli avventurieri e dei magnati non gli appartiene. Ha scelto una vicepresidente donna molto preparata ed esperta, che potrebbe diventare la prima donna presidente degli Usa. In più Kamala Harris è una donna di colore in un paese in cui le tensioni razziali restano molto forti anche perché Trump le ha favorite invece di attutirle. Non diamo giudizi preventivi favorevoli, frutto di ideologismi fuori luogo. I tempi dei giudizi ideologici sono finiti da un pezzo e la retorica vetero kennediana rappresenta un qualcosa a cui si possono richiamare solo i vecchi nostalgici di un’era che ebbe le sue luci ma anche le sue ombre. In America in ogni caso non c’è stato nessun 25 aprile. C’è stato un forte confronto democratico vinto da un democratico sincero. Trump non accetta il risultato delle urne, ma i ricorsi legali annunciati – non quelli di stampo populistico e peronista alla piazza – sono legittimi, anche se poco fondati. Non riconoscere la vittoria dell’avversario per un presidente in carica è segno di scarso spirito democratico e potrebbe diventare perfino un atto eversivo. Ma Trump che è stato un grande spaccone per quattro anni non può uscire di scena senza un’ultima sceneggiata. Il suo più grande errore è stato quello di sottovalutare la pandemia e di non averla saputa affrontare. Ma in questo campo purtroppo è in buona compagnia. E il redde rationem di un nuovo 25 aprile che non mi auguro, potrebbe venire proprio dalla pandemia non affrontata in modo adeguato neppure in Europa. La Cina che ha provocato la diffusione del virus, sembra aver saputo risolvere il problema. Un vero paradosso che Trump nella sua scarsa intelligenza politica non ha saputo vedere, pensando in modo meschino ad un vaccino ad uso dei soli americani che tarda ad arrivare. Se fosse riuscito a trovare il vaccino forse Trump avrebbe vinto.sabato 7 novembre 2020
NON VIVETE SENZA ENTUSIASMO
Non accontentarti mai di una vita senza entusiasmo. Chi ambisce al possibile sopravvive, chi sogna l'impossibile scrive il suo nome nel cielo sacro dell'eternità.
Emanuele Dalcesti