martedì 25 aprile 2017

LIBERARE I PAESI DALLE ABITUDINI

Bisogna starci, nei paesi.
Bisogna arrivarci, nei paesi. Bisogna camminarli, attraversarli, parlare con i vecchi, con un cane, con un papavero che sta sul ciglio della strada.
La vera liberazione - in un paese - è quella dall'abitudine, dal parlare sempre con le stesse persone, vedere le cose sempre con gli stessi occhi e produrre - sempre - gli stessi sguardi. Dobbiamo liberare i paesi dalle abitudini. Dobbiamo liberare i paesi da quelli che qualche illuminato ha definito il "ripetente" e lo "scoraggiatore militante": colui che ripete sempre le stesse cose, lo stesso ruolo, dice le stesse cose con la medesima voce stridula e colui che declina il mantra del "non cambierà mai niente" o del "qui non c'è nulla".
I paesi hanno bisogno di costanza e ardimento; i paesi hanno bisogno - come l'acqua - di altri occhi con cui guardare le cose del paese; i paesi hanno bisogno di connessioni con le altre comunità e con le persone che li abitano; i paesi hanno bisogno di sperimentazioni e di invenzioni: i paesi devono liberarsi della "coazione a ripetere".
I paesi devono liberarsi del mito della lamentazione: devono dire cosa possono fare loro per il mondo e non cosa vorrebbero che il mondo facesse per loro (e che il mondo non farà perché mai lo ha fatto).
I paesi si devono liberare della vergogna di parlare la propria lingua, della vergogna di avere le mani sporche di terra, della vergogna di dire le poesie ad alta voce e di cantare le canzoni nei bar.
I paesi si devono liberare dei medici che non curano, dei politici che non ascoltano, dei preti che non pregano. 

(Franco Arminio)

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