Francesco De Sanctis (Morra Irpina, 28
marzo 1817- Napoli, 29 dicembre 1883), oltre ad essere stato grande
storico e critico letterario, giornalista ed insegnante, fu un ardente
patriota, deputato e ministro della Pubblica Istruzione, il primo
ministro dell’Istruzione dell’Italia Unita.
Intendiamo rimarcare il suo
patriottismo, il sacrificio, le sofferenze e il dolore di un uomo che
seppe essere un grande letterato ed offrire il suo notevole contributo
alla causa nazionale, diventando il primo ministro della Pubblica
Istruzione dell’Italia Unita. Lo
ritroviamo, pertanto, nei primi movimenti insurrezionali del 1848 con
alcuni suoi alunni durante la tragica giornata del 15 maggio 1848 in cui
si batté strenuamente nelle barricate a Napoli. A tal riguardo sono
esemplari le sue parole rivolte ai suoi allievi: “Ma che? La nostra
scuola è per avventura una Accademia? Siamo noi un’Arcadia? No, la
scuola è la vita” .
Quindi, successivamente, scrisse:
“Quando venne il giorno della prova, e la patria chiamò, maestro e
discepoli entrammo nella vita politica, che conduceva all’esilio, alla
prigione, al patibolo, e i miei discepoli affermarono questa grande
verità che la scuola è la vita, chi con la morte, chi con la prigione,
chi col confino, chi con l’esilio, ed io, io seguii le sorti dei miei
discepoli, gioioso di partire con loro”.
In effetti, il grande letterato e
patriota, durante la sanguinosa giornata del 15 maggio, fu fatto
prigioniero dai soldati svizzeri e rinchiuso in fondo ad una nave da
guerra, che si trovava nel porto. Egli venne poi rilasciato, in seguito
all’indulto del 17 maggio, ma non dimenticò i suoi discepoli che avevano
trovato la morte, fra cui il più amato, Luigi La Vista, lucano, ucciso
dai soldati svizzeri a Napoli, in piazza Carità.
Successivamente fece parte della “Setta
dell’Unità d’Italia” di Luigi Spaventa e Luigi Settembrini, ma il 3
dicembre dell’anno 1850 Francesco De Sanctis fu arrestato per ordine del
generale Alessandro Nunziante, subendo due anni e nove mesi di
prigionia nella prigione di Castel dell’Ovo. Tale punizione, che
considerava ingiusta ed inaccettabile, gli fecero scrivere delle parole
straordinarie sulla necessità del dolore per il progresso dell’umanità.
“Il dolore, la fatica, il male e la
morte sono le condizioni essenziali, che rendono possibile
l’esplicazione progressiva dello spirito…Gli individui soffrono:
l’umanità vince…Offriamo con orgoglio i nostro dolori alle future
generazioni…Il dolore umano è seme di libertà, né alcuna stilla di
sangue è sparsa indarno”.
Francesco De Sanctis, in seguito
all’istruttoria, affidata a Cristiano Giambarba, commissario della
delegazione marittima, fu riconosciuto innocente, ma fu liberato solo
nell’agosto del 1853 per essere condannato all’esilio perpetuo da
Ferdinando II. Pertanto il 3 agosto del 1853 fu imbarcato sul piroscafo
Hellspont, per essere trasportato negli Stati Uniti d’America. Egli,
tuttavia, sbarcò a Malta e, invece di vivere il suo esilio nell’isola,
preferì raggiungere il Piemonte , la città di Torino. Qui ritrovò il suo
discepolo Angelo Camillo De Meis, con cui si confronterà sulla
necessità della continuazione della politica rivoluzionaria mazziniana o
sul prendere atto che politicamente bisognava adeguarsi ad una visione
più realistica per il raggiungimento dell’Unità e dell’Indipendenza ,
guardando alla politica di Cavour con occhi più attenti.
A tal riguardo lo storico Sergio
Landucci ha ravvicinato la parabola politica del De Sanctis a quella di
Daniele Manin nel senso che lo stesso De Sanctis chiarirà in tal modo:
Cos’è l’uomo politico? E’ quello il quale ha una conoscenza adeguata
dello stato di fatto in cui si trova il paese, e lasciando gli ideali ai
filosofi, sa trovare le idee concrete attuabili in quelle condizioni” .
De Sanctis aveva conosciuto il sacrificio, le sofferenze, il dolore
delle idealità, ma prendeva atto delle tante sconfitte, di cui l’ultima,
più terribile, fu quella del grande Carlo Pisacane, assassinato dagli
stessi contadini che voleva liberare, aizzati dal clero oscurantista e
dalla reazione borbonica.
Da grande patriota quale era stato,
Francesco De Sanctis voleva recarsi anche a combattere contro l’Austria
nel 1859, ma era un uomo già provato e non poté parteciparvi. Quando fu
concessa la costituzione nel Regno di Napoli, De Sanctis si decise a
ritornare nella sua terra. Era terminato il suo lungo esilio di
sofferenza patriottica. Giunse a Napoli il 6 agosto 1860 con Camillo De
Meis. Il 9 settembre 1860 fu nominato Governatore della provincia di
Avellino. De Sanctis fu eletto parlamentare nella circoscrizione di
Sessa Aurunca. Nel marzo del 1861 diverrà il titolare del dicastero
della Istruzione Pubblica nel primo ministero dell’Italia Unita.
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