Non saprei dire, al momento, se il cosiddetto “dialogo” sulla “Buona scuola” che si è aperto fra il governo e i sindacati
porterà davvero a risultati concreti e positivi per la scuola italiana,
se il governo farà marcia indietro su qualche punto o no, né se siamo
di fronte a un dialogo vero o uno scontro, a una fiction o alla realtà.
So soltanto che non mi è piaciuto affatto, nei giorni
scorsi, il modo in cui i vari rappresentanti del governo hanno
apostrofato gli insegnanti e il mondo della scuola in generale, a suon
di “non capiscono”, “si sono buttati nelle proteste senza ragionare”, “sembrano extraterrestri”, “sono in mano ai sindacati”, “sono una minoranza chiassosa” e così via. Né mi è piaciuta l’accondiscendenza
di molti giornalisti italiani nei confronti di atteggiamenti e parole,
da parte dei rappresentanti del governo, che oscillavano fra arroganza, spocchia e maleducazione.
Un esempio per tutti? Il dialogo-scontro fra Giovanni Cocchi, insegnante di Bologna, e Davide Faraone, sottosegretario del Pd al Ministero dell’Istruzione, qualche sera fa a Otto e Mezzo.
Faraone, a cui hanno insegnato come si sta in tv, continuava a
interrompere Cocchi, alzava la voce, ammiccava, faceva le smorfie
tipiche di chi porta pazienza di fronte all’inferiorità altrui. Il
professor Cocchi, dal canto suo, resisteva, obiettava, precisava, ma,
non abituato al mezzo, si ritrovava troppo spesso a chiedere la parola, a
interrompersi, quasi a giustificarsi. “Non siamo stupidi, siamo tutti laureati”, ha detto Cocchi più di una volta. Certo che sono laureati, gli insegnanti di scuola. Loro sì, Davide Faraone invece? Da Wikipedia non sembra.
La conduttrice, infine, pareva contenta soprattutto per la vivacità dei
toni, perché – si sa – alza l’audience. Avrebbe potuto fare o dire
qualcosa di diverso? Forse no, dato il format. Nel complesso, però,
persino il titolo, “Renzi bocciato dai prof”, sapeva un po’ di presa in giro. Di Renzi? Certo che no. Lo sanno tutti che in Italia l’ultimo della classe è sempre il più ganzo.
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