mercoledì 25 marzo 2015

CLAUSURA 2.0



Poche persone conservano ancora il potere di stupirmi e tra queste, da sabato scorso, ci sono le monache di clausura che nel duomo di Napoli hanno festosamente aggredito e quasi divorato un attonito papa Francesco, infischiandosene dei rimbrotti in vernacolo stretto del cardinale Sepe (che meriterebbe un articolo e forse un universo a parte). Luciana Littizzetto le ha canzonate in tv, dando loro delle represse. E le sorelle, punte sul vivo, hanno replicato. Su Facebook. Abbiamo così scoperto che le monache di clausura non solo hanno il telecomando, ma anche una pagina sui social network. E la usano, sfoderando battute come questa: «Se avessimo voluto, avremmo scelto ben altri uomini». Un’allusione che il Papa nella sua immensa misericordia saprà perdonare, ma che a chi santo non è insufflerà il sospetto che le suore teledipendenti intendessero fare riferimento a certi naufraghi particolarmente attrezzati dell’Isola dei Famosi. 

Quel che è certo è che la tecnologia ha ammazzato l’idea stessa di clausura. Che isolamento potrà mai esserci, se si è sempre connessi? D’altra parte chi non è connesso non si sente più isolato, ma escluso. Prima di ritirarsi nel deserto, oggi il profeta biblico vorrebbe accertarsi che ci sia campo anche lì. E l’eremita pretenderebbe una caverna con il wifi. La comunicazione pervasiva facilita il peccato, però un po’ lo spoetizza. La prossima monaca di Monza risponderà alle profferte amorose dello sciagurato Egidio con un sms e forse la cosa finirà lì. 

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