(La Stampa) - Sia concesso anche a me, monferrino di antiche radici, rallegrarmi per l'ingresso, decretato dall'Unesco, di Monferrato, Langhe e Roero nel Patrimonio mondiale dell'umanità. Il riconoscimento, com'è noto, va ai "paesaggi vitivinicoli" del basso Piemonte, ed in effetti è la coltura della vite che li ha plasmati. Da secoli l'ascesa lineare dei filari sui fianchi delle colline - così dolci, così morbide - ha impresso alla natura una nuova forma di bellezza.
Una ordinata, geometrica scansione che sembra porsi metaforicamente al servizio, e al controllo, di una dionisiaca esuberanza. Molti sono infatti i vini spremuti da queste terre, in una allettante gradazione di colori, profumi e sapori. Hanno nomi misteriosamente evocativi: nebiolo, barbera, moscato, grignolino, ruché... Sono i vini che conferiscono riconoscibilità, e incremento economico, alle colline appena laureate. Ma essi aiutano ad apprezzare anche le tradizioni della cucina contadina, che da queste parti sa essere ad un tempo ruvida e superba. Non si possono dimenticare poi i segni incisivi lasciati nel paesaggio da una storia complessa ed accidentata: dai numerosi castelli eretti nelle età del ferro ai cippi che ricordano i caduti e gli episodi salienti di una guerra partigiana che qui fu particolarmente generosa.
Come trascurare infine la presenza immateriale ma segretamente feconda degli scrittori cresciuti tra queste colline? Basti ricordare, tra quelli che hanno illustrato il Novecento letterario, Pavese, Fenoglio, Arpino. Pavese che è considerato, come da suo espresso desiderio, cantore delle Langhe, ha percorso in realtà nell'arco della sua narrativa anche il Roero ("Paesi tuoi") e il Monferrato ("Il diacolo sulle colline"). Fenoglio si è rinserrato nell'assolutezza della Madre Langa. Arpino, per quanto sedotto dalle aree metropolitane, non si è negato il ritorno nella culla del Roero ("L'ombra delle colline"). L'Unesco, ovviamente, non si cura di loro, e neanche la maggior parte dei conterranei. Ma i più sensibili, oltre a farsene vanto, dovrebbero divulgarne la conoscenza e l'affetto. Non soltanto per amore dei buoni libri.
Questi scrittori, che si sono nutriti della loro terra, le offrono in cambio una decisiva, concreta lezione. In molti, in primis Carlin Petrini, figura tutelare, hanno esortato a rendersi degni del riconoscimento ottenuto, proteggendo gelosamente il territorio, rimediando agli scempi compiuti in passato. Con lo stesso rigore, vien da dire, che gli scrittori di Langa, Monferrato e Roero, quasi viticoltori della scrittura, hanno dedicato ai loro libri.
LORENZO MONDO
29 giugno 2014 - Pag 25
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