Catania ha dei profumi che addormentano. Siede come Venere nella conchiglia spossata dal godimento d'un cielo, d'una campagna, d'un mare, che sembrano fondersi insieme in una sola vita per farle delizia. Si sente una soavità d'aura anacreontica; su, vino e rose! Lampeggiano gli occhi delle donne uscenti dai templi come Dee, colle vesti bianche, i manti neri di seta fluttuanti dalle trecce per le spalle, sui fianchi superbi. E noi guardiamo, noi beviamo l'incanto ammirando.
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I benedettini di Catania, tutti gentiluomini dei primi di Sicilia, vivono nell'anticamera del paradiso. Dissi questa piacevolezza ad uno di essi; egli aperse le braccia, alzò gli occhi e rispose: "Da poveri monaci!". Non l'avrà mica detto per canzonare Iddio? Ah! quella storia del cammello e della cruna dell'ago!
Gustammo le pesche degli orti del convento, tuffate nei calici di von di Xeres. I monaci attenti non ci lasciavano bere il vino così, come essi dicevano, guastato; ma ce ne mescevano dell'altro, ambra purussima e odorosa.
GIUSEPPE CESARE ABBA
"Da Quarto al Volturno"
Pagg. 185-186 di un'edizione del 1950